Fabrizio De André - cantautore - a cura di mariano brustio

Quadro di Egidio Marullo

  © Egidio Marullo - conservato dall'autore di questo sito

 



Indice
- questa sezione non è esaustiva ed è in costante aggiornamento.

 


Introduzione


19 febbraio 1958:
    l'esordio sul palcoscenico

 çimma
    traduzione e libera interpretazione. Le favole e le antiche tradizioni

 cúmba
    un volo fra le località dell'entroterra genovese

Adamo II
    la commedia di Remo Borzini

Amico Fragile
    storia e analisi del testo, L'arrivederci e i gelatai

Ave Maria
    la sua origine settecentesca. La Mamma Soberana del 1763

Caterina Bueno
    la filastrocca della Donnina che semina il grano

Charles Martel retourne de la bataille de Poitiers
   
appunti per una traduzione in francese


Cielito Lindo
    nelle Carte  De André

Coumboscuro
    il convegno sulla Maggioranze

Crêuza de mä
    una libera interpretazione. La via che dal mare sale verso casa e non scende al mare

Cronologia dei fatti principali 1950-1960

Cronologia dei fatti principali 1961-1965

Cronologia dei fatti principali 1966-1970

Cronologia dei fatti principali 1971-1981

Cronologia dei fatti principali 1982-1999

Disamistade
    il suo significato nel libro di Antonio Pigliaru

Eva a gogó – Dalla parte di lui
    le prime canzoni di Brassens

Edward Neill
    il musicologo genovese amico di Tenco e De André e il suo studio in via San Luca a Genova

Fernanda Pivano 
    breve colloquio nella sua casa di Milano 2003


Folklore e dialetti

Fotografie


Georges Brassens
    Anarchia e Argot


Hotel Supramonte 
    analisi del testo e una libera interpretazione

Il De André apocrifo 
    il rapporto con la spiritualità e la letteratura cristiana

Il debutto in TV nel 1963
    nello speciale di Line Renaud

Il Festivalbar
    a sua insaputa

Il gorilla
    riflessioni, analisi del testo e la strofa eliminata da Georges Brassens

Il mistero del nome

Il rapporto con il folklore
    da "Volta la carta" a "Disamistade"

Il Sardo e la Sardegna
    il dialetto, il suo mondo e le donne di Barbagia

Intervista di Jacky Marti per la Radio SVIZZERA a Fabrizio De André 
    circa Natale 1971

I primi dischi

    storia di una casa discografica creata ad hoc: la Karim

John Lennon   
    le traduzioni scomparse  (o nascoste) di Fabrizio De André

La borsa di Arlecchino
    la prima canzone composta per lo spettacolo

La buona novella  
    breve analisi dell'opera

La buona novella 
    breve storia dell'idea iniziale e controversie

La buona novella   
    la genesi raccontata da un sacerdote

La canzone del Maggio
    il mistero della cassetta mai apparsa in commercio nel settembre '73

La canzone di Marinella  
    riflessioni sul testo e lo spunto di cronaca che ne diede origine

La cattiva strada   
    analisi del testo

La città vecchia 
    riflessioni sul testo

La domenica delle salme 
    libera interpretazione e  il Partito Socialista di Craxi

La guerra di Piero   
    libera interpretazione. "The Captain" di Leonard Cohen

La laurea ad honorem
    vero o falso?

La leggenda indiana   
    la disputa tra Coyote e la Donna Ragno nel ritornello di
"Se ti tagliassero a pezzetti"

La lingua Mediterranea

La pittima
    traduzione e libera interpretazione; il vocabolario del Casaccia e Venezia

Le canzoni scomparse
    e la
"Ninna Nanna"incisa su disco e mai ritrovata

Luigi Tenco
    il funerale


Lunfardia e Faccia di cane  
    Celentano, Milva e i ricordi di Roberto Ferri

Mamadodori  
    i testi di Fabrizio De André e gli autori ancora oggi poco chiari: una gran confusione

Michele Maisano
    il musicista di Tito e il suo Spoon River mancato

Mis Amour - Belo Calho   
    il canto provenzale

Non al denaro non all'amore ne' al cielo   
    9 canzoni, oppure 10, oppure 12. "Un malato di cuore" un po' più lungo...

Ottocento 
   
l'album dal titolo cambiato che si doveva intitolare così 


Rambleway
    di Shirley Collins e la sorpresa degli archivi SIAE

Sanremo e Joan Baez
    la partecipazione mancata al Festival e il duetto che non c'è mai stato

Scipione Cicala
    storia di un genovese nell'Impero Ottomano e del suo sontuoso palazzo ad Istambul

Se ti tagliassero a pezzetti
   
Il manifesto politico di Fabrizio De André. L'inno alla Libertà

Slide show


Tieni la vita mia
    "L'infanzia di Maria" e le canzoni francesi di Vittorio Centanaro

Tutti morimmo a stento
    l'album in lingua inglese mai finito

Una storia sbagliata
    una melodia di Leonard Cohen


Via del campo   
    Dario Fo, Enzo Jannacci o più probabilmente Oscar Prudente

Volta la carta 
    una filastrocca per tutte le regioni

Zirichiltaggia

    e il Baddu tundu


Il riassunto, la citazione o la riproduzione dei testi dei brani o di altre parti di opere presenti su questo sito,  sono effettuati esclusivamente per uso di critica e di discussione, ai soli fini di insegnamento e di ricerca  scientifica. Il loro utilizzo avviene per finalità esclusivamente illustrative e non per fini commerciali

 

 

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Introduzione  



Di Fabrizio De André, tutti hanno detto tutto, a modo proprio, tracciandone un profilo che propendesse dalla propria parte, dalla parte dell’interlocutore per intendersi, per (presunta) amicizia o convenienza, salvo rare o uniche eccezioni. Ricostruire la carriera artistica e l'opera di Fabrizio De André, perché solo di questa si vuole parlare, è obiettivamente difficile, per via di informazioni giornalistiche scarne, per via del non volere apparire, per via della volontà di presentare un prodotto e non una immagine, volontà cara a Fabrizio De André sin dagli anni cinquanta. Quello che segue è frutto delle mie ricerche, della mia curiosità e in qualche caso delle mie scoperte, senza alcuna pretesa di essere esaustivo. L'interpretazione di alcuni testi è strettamente personale e non ho pretese che il lettore sia sempre d'accordo. Anzi, da qualche parte c'è un mio recapito e-mail e sarò ben lieto di ricevere critiche o altro. Queste pagine che abbondano di link tutti da scoprire, (in prevalenza sono in corsivo) sono redatte seguendo di massima l'ordine temporale degli accadimenti, riportando anche quei fatti di cronaca più salienti ed inquadrando le notizie relative a Fabrizio De André esattamente nel tempo e nel modo in cui ci sono giunte. Per fare un esempio, la notizia del 1952 che riguarda la prima composizione di Le gorille di Georges Brassens, si contrappone al contemporaneo successo di Papaveri e papere di Nilla Pizzi, entrambe citate da Fabrizio De André nel corso di successive interviste, tutte ovviamente da scoprire. Buona lettura.

Il testo "Archivio d’Autore: le carte di Fabrizio De André - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI - DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI a cura di Marta Fabbrini e Stefano Moscadelli - Roma 2012" sarà citato per brevità nelle seguenti pagine come "Carte De André".

Il riassunto, la citazione o la riproduzione dei testi dei brani o di altre parti di opere presenti su questo sito, sono effettuati esclusivamente per uso di critica e di discussione, ai soli fini di insegnamento e di ricerca scientifica. Il loro utilizzo avviene per finalità esclusivamente illustrative e non per fini commerciali.

 

 

Che tenerezza, che gioia, sapere che uno straordinario studioso, uno
scopritore ansioso come Mariano Brustio potrà farvi conoscere i
segreti, le scoperte, le ansie di Fabrizio. Perché Fabrizio ha in-
ventato il personaggio del cantautore, il suo modo di “porgere”, la
sua funzione liberatoria; ma questo non gli ha impedito di
eggereleggereleggere versi di ogni lingua e paese, e sceglierne, coglierne
alcuni come petali di fiori, e farli vivere per sempre nel loro pro-
fumo, i loro colori, le loro passioni.
I segreti di questa scelta, la realtà di queste poesie, anche quelle
più arcane, sono qui, in queste pagine preziose di Mariano
Brustio, dove brevi versi asciutti, peruviani o americani, diventano
immagini immortali affondate nell’umanità inesauribile
di Fabrizio e si mescolano nel loro lessico indistricabile che è la
sua poetica.
Il nostro felice stupore, la nostra orgogliosa scoperta, la nostra
totale fiducia accogliendo nel nostro cuore, forse prima che nella
nostra mente, il dollaro d’argento del generale nato da un tem-
porale barattato dall’uomo sotto la sua coperta e ora sul fondo
del fiume dove i bambini giocano, inconsapevoli di corruzione e
di tradimenti, è un trionfo di immagini ignara di ispirazioni di
qualsiasi nazionalità - ma anche il poeta francese e il poeta ameri-
cano sono estranei - qui, e dovunque, l’ispirazione di Fabrizio è
stata totale e soltanto affondava in una umanità che era
soltanto sua.
Grazie, Fabrizio, di quello che ci hai dato.

Nanda Pivano

Pace e amore

 

Dedica Fernanda Pivano


 

 

 

 

 

 

condoglianze da Leonard Cohen

Massimo Bernardini su Avvenire
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Cronologia e commenti




Cronologia dei fatti principali 1950-1960


Siamo negli anni della nascita del Rock & Roll, della prima trasmissione radio del Festival di Sanremo, dell’arrivo al trono della Regina Elisabetta, della prima trasmissione RAI, dell’annessione dell’Ungheria da parte dell’URSS, della nascita della energia atomica europea e di Laika, la cagnetta nello spazio. Nasce l’autostrada del Sole e Fidel Castro entra vittorioso all’Avana, mentre John Lennon e Paul McCartney si incontrano per la prima volta.

Nel 1952 Georges Brassens pubblica la canzone “Le Gorille” (la cui musica appartiene a Eugène Météhen) su un disco a 78 giri (
Polydor 540.460) e successivamente sul suo primo disco a 33 giri dal titolo “Georges Brassens chante les chansons poétiques (...et souvent gaillardes) de... Georges Brassens”. Una prima versione della canzone consigliava ai magistrati di "changer de métier, cambiare lavoro". Brassens la cambiò per evitare le grinfie della censura. Ma resterà comunque la canzone più censurata nella storia musicale francese. La Hit Parade italiana quell’anno vedeva Nilla Pizzi in classifica con quattro brani fra i dieci singoli più venduti e fra questi “Papaveri e Papere”.

Nel 1953 la cantante francese Patachou pubblica un disco 78 giri (Philips N72122H) dal titolo “Le Bricoleur (La boite à outils) e “La Priere” sulla facciata “B”, due canzoni composte da Georges Brassens. Quest’ultimo brano vanta il testo tratto da una poesia di Francis Jammes. Vedremo più avanti il perché di questa citazione.

Nel 1954 Georges Brassens pubblica la canzone “Brave Margot”. Fabrizio De André riprenderà molti anni dopo la trama della canzone per il suo brano “Bocca di Rosa”.

Nel 1955 muore James Dean e in Italia i locali ed i bar si riempivano per seguire Lascia o Raddoppia, presentata da un giovanissimo Mike Bongiorno e il Musichiere. La TV nazionale aveva inaugurato le trasmissioni regolari da poco più di un anno.

Nel 1956 la DC è il primo partito e la sinistra la incalza, con poco distacco, al secondo posto.

Nel 1957 Jack Kerouac esordisce con il romanzo ‘On The Road’ e in Italia esordisce la Fiat 500. A San Marino il Partito Socialista Indipendente insedia un governo provvisorio con una sorta di colpo di stato. I carabinieri italiani circondano la piccola repubblica, sostenuta militarmente dall’Italia.

Nel 1958 le case di tolleranza vengono dichiarate illegittime dalla legge Merlin. Mina, in uno spettacolo nel cremonese, ruba il bis sulla scena al famoso cantante genovese Natalino Otto, al secolo Natale Codognotto, cantante fra i più prolifici nella storia della canzone italiana per aver inciso oltre duemila brani. Aïché Nana,
ballerina di origine armenalibanese di nascita, si esibisce a Roma in uno strip-tease e dà origine alla Dolce Vita.





19 febbraio 1958

In un trafiletto del Corriere Mercantile del 19 febbraio 1958 compare la notizia di un interessante concerto Jazz tenuto al teatro intitolato a Vittorino Da Feltre presso l'Istituto Scolastico retto dai padri Barnabiti di Genova, dove fra gli altri un giovane Fabrizio De André esordisce con successo alla chitarra elettrica.


Teatro Vittorino da Feltre



Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno è al primo posto dei dischi più venduti.

Fabrizio De André è studente presso il Liceo Colombo a Genova: come ci riferisce Repubblica in un articolo del 2008 per bocca del presidente della "Associazione Amici del Colombo" Ferruccio Bertini che ripercorre la sua carriera artistica e la sua biografia. "Fabrizio già componeva canzoni. Studiava poco ma le se la cavava sempre. E noi compagni lo adoravamo".

Nel 1959 a Ispra in provincia di Varese è in funzione il primo reattore nucleare italiano. Fidel Castro entra all’Avana con le sue truppe, dopo la fuga del dittatore Batista. Si incontrano per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale il presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower e il segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, Nikita Khrušèëv, posando le basi per la fase di distensione nelle relazioni internazionali.

"
Fabrizio De André, iscritto al Liceo classico “Cristoforo Colombo”, dependance del convento dei Francescani dell’Annunziata, ottiene la maturità, senza mostrare un particolare impegno negli studi, ma rivelando comunque una decisa preferenza per le materie letterarie”[1].

Il tuo bacio è come un rock” di Adriano Celentano non è che all’undicesimo posto dei dischi più venduti.

Nel 1960 il film “La dolce Vita” di Federico Fellini che vincerà la Palma d’oro a Cannes, mentre la Chiesa Cattolica chiede l’intervento della censura. A Genova la celere (Polizia) causa 83 feriti durante un corteo antifascista in occasione del congresso del Movimento Sociale Italiano, MSI. John Kennedy batte Richard Nixon per la presidenza degli Stati Uniti. Il 4 luglio gli Stati Uniti adottano ufficialmente l’attuale bandiera astelle e strisce. In RAI debutta il programma di alfabetizzazione “Non è mai troppo tardi" di Alberto Manzi.



"Fabrizio De André
compone un abbozzo del testo per “Ballata per Miché”, ritrovato scritto sul retro di una busta intestata 'F.I.I.N.S.E.I. Federazione Italiana Istituti non Statali di Educazione ed Istruzione'" [2].
La canzone sarà eseguita dal vivo l’anno successivo nello spettacolo “Eva a gogò – Dalla parte di lui” presso il locale "La borsa di Arlecchino" a Genova. La canzone “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli cantata da Mina è al primo posto dei dischi più venduti. Solo dopo molti anni l’autore svelerà che si tratta di una canzone meno romantica di quel che poteva apparire, raccontando di un incontro nella stanza di un bordello. “La Gatta”, sempre di Gino Paoli è solo al 41° posto.
Georges Brassens pubblica nel suo Album “n.7” le canzoni “Le Père Noël et la petite fille” e “Le verger du roi Louis”. La prima sarà ispirazione per Fabrizio De André nella canzone “Leggenda di Natale” (ma non sarà la sola canzone che riporta ispirazioni al testo di Brassens. Si veda più avanti la nota su Mamadodori) mentre la seconda, conosciuta come una poesia pubblicata con il titolo “Ballade des Pendus” e scritta da Théodore de Banville, viene pubblicata nel 1967 nell’album “Vol.1” con il titolo “La morte”, con un testo del tutto nuovo.


[1] Carte De André pag. 42
[2] Carte De André pag. 73







Cronologia dei fatti principali 1961-1965

Nel 1961 Ernest Hemingway si suicida con un colpo di fucile, a Sun Valley nell'Idaho. La Germania Est chiude il confine con la Germania Ovest e costruisce il Muro di Berlino. I Beatles tengono il primo concerto in un locale ad Amburgo, dove fra gli altri si esibisce anche Mino Reitano. Gli USA intervengono per la prima volta in Vietnam.



A Genova prende il via lo Spettacolo “Eva a gogó – Dalla parte di lui” presso il locale “La borsa di Arlecchino”: Fabrizio De André canta “La priere” di Georges Brassens e “Le bricoleur” sempre di Brassens, "Les coqueliquote" di autore incerto, "Merci mon Dieu" di Charles Aznavour, le sue canzoni “Ballata per Miché” (Fabrizio-Petracchi); “Canzone di tutti i tempi” (Fabrizio-Petracchi); “La Nina del ‘Gambero blù” (Fabrizio-Petracchi); “Nuvole barocche” (Fabrizio-Gianni Lario).
Di questo anno è la pubblicazione del primo 45 giri “Nuvole barocche” e “E fu la notte”, con la casa discografica Karim di Genova. Si veda nella sezione "I primi dischi" la storia completa di questa pubblicazione e della casa discografica

Nico Fidenco ha ben 6 dischi fra i più venduti in classifica, di cui ben due al secondo e terzo posto. Adriano Celentano è al primo posto con la canzone “Nata per me”. Elvis Presley non sale oltre il 25° posto.


Georges Brassens
pubblica la canzone Dans l’eau de la claire fontaine. La canzone non è altro che la parziale riscrittura della canzone popolare francese “À la claire fontaine molto popolare anche nel Canada francofono. La versione fu tradotta in spagnolo, in arabo e in mandarino e a partire dal 1917 eseguita da molteplici interpreti, utilizzata per cartoni animati (Heidi) e lungometraggi sino al 2021. Georges Brassens ne riprese parzialmente testo e musica e la pubblicò sul suo album “n.8”.

Fabrizio De André pubblica la versione tradotta ed adattata in italiano in un 45 giri solo qualche anno più tardi, nel 1968 in abbinamento alla canzone “Il Gorilla”, sempre di Georges Brassens. Si veda più avanti la sezione dedicata.

Nel 1962 Fidel Castro viene scomunicato da Papa Giovanni XXII. Marilyn Monroe viene trovata senza vita a casa sua. Il presidente americano. Nasce il Premio Campiello per la letteratura.
Adriano Celentano
guida la classifica della Hit Parade ed ha almeno 5 canzoni fra i primi cinquanta posti. La canzone “La ballata dell’eroe” di Fabrizio De André viene resa nota da una toccante interpretazione di Luigi Tenco nel film “La cuccagna” di Luciano Salce (Euro International Films) e dalla successiva pubblicazione della relativa colonna sonora. Fabrizio De André dichiara che Luigi Tenco ha dimenticato una parola del testo originale e l'ha sostituita con un' altra.



Nel mese di luglio del 1962 troviamo il testo di una canzone di mano di Luisa Amerio De André “Ninna nanna” scritta da Fabrizio per la nascita di Maurizio Fracassi, incisa su disco, ma che non figura nella discografia di Fabrizio De André [Carte De André pag. 123].

Dal Corriere Mercantile del 27 luglio, si apprende del matrimonio di Fabrizio De André, con la contessina Enrichetta Rignon, celebrato nella chiesa di Quarto. Lo stesso articolo mette in risalto la figura paterna, il prof. Giuseppe De André, presidente della Fiera internazionale di Genova.
Nasce nel mese di dicembre il figlio Cristiano.

Georges Brassens pubblica per la prima volta la canzone “La marche nuptiale”.

Nel 1963 In Francia sei persone vengono condannate a morte per l’attentato a De Gaulle. Cinque verranno graziate, ma il sesto verrà fucilato. La condanna a morte a quel tempo prevedeva la ghigliottina, ad eccezione del reato contro la sovranità dello Stato. Rita Pavone domina la classifica dei dischi. I Beatles debuttano con il loro primo Long Playing. Muoiono Edith Piaf e Papa Giovanni XXIII. John Kennedy viene assassinato a Dallas.

Fabrizio De André pubblica con la casa discografica Karim, il 45 giri “Il fannullone – Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” entrambi a firma Fabrizio - Villaggio. Vede anche la luce un disco che contiene “La ballata del Miché” e “Il testamento” dove l’autore si firma per la prima volta con nome e cognome. 

Georges Brassens pubblica per la prima volta la canzone “L’assassinat



Il debutto in TV nel 1963

Il settimanale Alba nel numero del 23 giugno riporta la notizia che un ventunenne genovese ricchissimo, impegnato alla maniera di Brassens è stato ospitato nella trasmissione televisiva di Line Renaud, che ne è rimasta affascinata. Si tratta in effetti del debutto televisivo di Fabrizio De André che canta “Il fannullone”, appunto il 2 maggio 1963, nella penultima puntata del programma Rendez-Vous, condotto da Line Renaud, Renato Carosone e Paolo Poli. La regia è di Vito Molinari e trasmesso dal secondo Canale RAI.



Charles Martel

Fra le pagine delle Carte De André pag. 226 al comma 15 si ritrova il testo con correzioni di “Charles Martel retourne de la bataille de Poitiers”, traduzione in lingua francese di Laurence de Ballaigue della canzone "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers". Nello stesso capoverso compare anche il "testo con correzioni de La Ballade de l’Amour aveugle (ou de la vanité)", traduzione in lingua francese della canzone "La ballata dell’amore cieco (o della vanità)". Purtoppo non è dato di capire e non è indicato se la seconda traduzione sia ad opera dello stesso traduttore oppure di Fabrizio De André. Nonostante tutti i tentativi fatti per la consultazione delle Carte presso l'Univerità di Siena, non mi è stato possibile e concesso l'accesso per la consultazione delle carte stesse.

Nel 1964 Giuseppe Saragat diviene presidente della Repubblica.

Vedono le pubblicazioni “La guerra di Piero”, “La ballata dell'eroe” e “Valzer per un amore” dove espressamente viene dichiarato essere tratto dal “Valzer Campestre” della “Suite Siciliana” di G. Marinuzzi, oltre a “La canzone di Marinella”. Pur riscuotendo anni dopo un notevole successo nella interpretazione di Mina, questo ultimo brano non entrò mai nelle classifiche di vendita. La Hit Parade è dominata da Gianni Morandi.





1964 - La canzone di Marinella -
Edizioni musicali Leonardi S.r.l. – La Cascina S.r.l.

riflessioni sul testo e libera interpretazione


Lo spunto di cronaca che diede origine alla canzone si apprende da un quotidiano di Genova del 1966 per bocca di Fabrizio  De André: "La storia di Marinella la trassi da un articolo di cronaca apparso su un quitidiano di Torino. L'episodio era avvenuto ad Asti".

Mina nel tardo 1967 incise la “Canzone di Marinella”, regalando a Fabrizio quella notorietà di cui ha goduto per tutta la sua vita. E per combinazione questa canzone è stata proprio l’ultima incisione di Fabrizio De André, guarda caso proprio nel famoso duetto con Mina. Conosciamo forse tutti la trama della canzone, di quella prostituta caduta in un torrente, non importa nemmeno poi tanto qule torrente o fiume. Ebbene stiamo parlando di una prostituta che agli occhi della “gente”, la Maggioranza della gente, qualla che Georges Brassens definiva “Les Braves Gents” (ma alle brave persone non piace che seguiamo una strada diversa dalla loro) non gode di particolare attenzione e considerazione, proprio per il mestiere che ha scelto, o in tanti altri casi, è obbligata a fare e non certo, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, dalla famiglia, bensì da una maggioranza che si arroga il potere di vessare e sfruttare persone come lei. Per fortuna Fabrizio De André ha avuto l’illuminazione di regalarle almeno una morte decente. Abbiamo già fatto accostamenti fra il senso della canzone "Via del Campo" e "La canzone di Marinella".
Entrambi i testi raccontano di una prostituta bambina, da una parte, che sogna un giorno l’Amore ma è costretta a ridere per essere compiacente nei confronti dell’avventore di turno e piangere perché l’Amore vero non arriva. Dall’altra parte invece Marinella è probabilmente una prostituta ormai avanti con l’età che viveva rassegnata di non trovare più il vero Amore. Dalle cronache e per bocca dello stesso Fabrizio De André sappiamo che, forse, cadde in un fiume, proprio quando l’Amore si era presentato nei panni di un non identificato "Re" senza una scorta e senza titoli. Che ci fa sospettare che fosse l’ennesimo avventore in cerca di piacere. E che infatti non ha remore nel prenderla già stanca in una notte buia e metterle le mani sui fianchi, come già abbiamo scritto, come il Babbo Natale nella traduzione da Georges Brassens "Le pére Noël e la petite fille": ti ha messo le mani sui fianchi. E nessuno si sa spiegare come sia potuta scivolare nel fiume mentre lui non smetteva di cercarla credendola ancora viva. Viva per un giorno solo nello splendore di una rosa che per bocca di Francoise de Malherbe:

Del mondo ella era dove le più leggiadre cose
Hanno il peggior destino
E rosa ella è vissuta quanto vivon le rose
Lo spazio di un mattino

Ma proviamo a cercare quel testo alternativo che Fabrizio De André saltuariamente, nel corso delle prove dei tour. Curiosamente proprio Fabrizio De André in alcuni casi modificava alcune parole della canzone, cantandoli in questo modo:

Ma lui che non ti volle creder morta
Bussò cent’anni ancora alla tua porta

Questo verso diventava in maniera più sprezzante:

e invece tutti vennero a sapere,
ti aveva dato un calcio nel sedere
 
a rimarcare proprio il “corpo-oggetto" usato solo per un unico scopo. E allora la figura della Rosa che ha vissuto almeno un mattino come nella poesia citata qua sopra, ne addolcisce la morte, divenendo nei versi colei che ha vissuto almeno un giorno come l’immenso splendore delle rose.





1964 - La Guerra di Piero
- Edizioni musicali Leonardi S.r.l. – La Cascina S.r.l.

commento e libera interpretazione

Dormi sepolto in un campo di grano,
Non è la rosa non è il tulipano,
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,
 Ma sono mille papaveri rossi.

La chiave di lettura del testo è orientata verso l’antimilitarismo, il rifiuto globale della violenza, ma già dai primi versi del testo si potrebbe interpretare così:

“Adesso tu soldato, morto perché ti sei preso la libertà di pensare prima di premere il grilletto del tuo fucile, sei sepolto sotto una coltre di terra dove cresce il grano, ma sappi che non è l’autorità, imbellettata e profumata di rosa o il gerarca di turno, tronfio e altero come un tulipano, che piangono la tua mancanza, ma siamo noi semplici e umili popolani, inutili come i papaveri, che non vorremo più che un nostro simile muoia perché ha dovuto obbedire ad un ordine, e allora sfamaci con  la farina ed il pane che dal tuo grano sapremo ricavare, e vedrai che la tua morte non sarà inutile, perché saremo noi che un giorno trionferemo e sconfiggeremo il male che verrà”.

Mi piace pensare che Fabrizio De Andrè volesse darne una interpretazione simile, spronandoci a non lasciarci sopraffare dal potere.

Fabrizio visse da bambino vicino ad Asti, in una cascina dove aveva per compagna di giochi Nina, la Ninetta della canzone, ed erano gli anni della guerra, e con i racconti della guerra che sentiva dallo zio, anni dopo deve avere composto questa ballata che volle commentare così in una intervista degli anni sessanta:

“Quando è uscita la “Guerra di Piero”, nel 1964, rimase praticamente invenduta; divenne un successo solo cinque anni dopo, con il boom della protesta, con Bob Dylan, Donovan e compagnia. Penso che finirò col scrivere una canzone a favore della guerra, che naturalmente venderò nel 1980 quando ci sarà qualche “guerra sacra” in nome di qualche non meglio identificato ideale”.

Il testo della canzone fu preso a simbolo della non violenza e dell’antimilitarismo, tanto da essere inserito nelle antologie scolastiche:

“Fa un certo effetto - dice De André in una intervista - sfogliare quel libro e vederci roba mia». Non è difficile capirlo. A pagina 78, per esempio, c'è Giacomo Leopardi con “La donzelletta vien dalla campagna” e a pagina 102 Giovanni Pascoli con “L'aquilone”. De André sta a pagina 167. Indubbiamente, è un segno di mutamenti che premono sulla scuola nozionistica e tradizionale e che tengono conto, seppure con molta cautela, di fenomeni nuovi”.

L’esitazione di Piero a sparare ad un suo simile coglie la sua rivincita negli ultimi versi:

E mentre il grano ti stava a sentire,
Dentro le mani stringevi il  fucile
Dentro la bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole.

Dormi sepolto in un campo di grano,
non è la rosa non è il tulipano,
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,
 ma sono mille papaveri rossi.
 
Ovvero:

Mentre il popolo inerte, impotente davanti alla autorità, vessato in ogni suo gesto, pensiero, azione, ti stava solo a sentire, senza poterti veramente ascoltare perché l’autorità impedisce anche solo l’uso più banale degli strumenti di comunicazione, tu soldato hai sotterrato con te la tua ascia di guerra, hai restituito al popolo la tua immagine di uomo che porta con sé nella tomba il suo strumento di guerra, ma nel tuo cuore, e dalla tua bocca dovranno uscire quelle parole che tu soldato non hai potuto gridare ai tuoi superiori, le parole di pace che adesso tu popolo dovrai gridare al mondo, che tu popolo dovrai sempre usare per far valere il tuo ruolo, e allora attenti gerarchi, attenti perchè  ora io soldato morto e sepolto sotto la terra di un campo coltivato, sarò il simbolo della fine della immobilità e non sarete più voi gerarchi a nascondermi nell’ombra, saranno tutti quelli come me, impavidi papaveri rossi che non si piegheranno più al potere, che un giorno vi spiazzeranno e daranno fine alla guerra e al potere.

Una visione della simbologia di Cristo c’è anche nella strofa:

dei morti in battaglia ti porti la voce
a chi diede la vita ed ebbe in cambio una croce”.

Se vogliamo ripercorrere il canzoniere di Fabrizio De André non possiamo fare a meno di citare un’altra canzone “Si chiamava Gesù”:

Venuto da molto lontano
 a convertire bestie e gente
 non si può dire non sia servito a niente
 perché prese la terra per mano
 vestito di sabbia e di bianco
 alcuni lo dissero santo
 per altri ebbe meno virtù
 si faceva chiamare Gesù

Un uomo simbolicamente venuto da molto lontano, accendendo le stelle, che ha alzato nella notte una tenda fra le nostre tende silenziose e morte. È venuto a dire la sua storia alle nostre generazioni. Anche se apparentemente allora la sua morte non servì a molto, lui allora vestito solo di bianco, diverso dal soldato nella sua divisa, ha fatto sì che, generazioni dopo, il suo nome potesse raccogliere attorno a sé milioni di persone, unite nella ideale della pace. Ma anche a quell’uomo fu riservato il destino degli sconfitti, la morte e la croce in cambio della vita che spese per gli altri, in cambio dell’ideale di pace e amore che voleva offrire.
 
Vorrei fare a questo punto un' azzardata similitudine con questa canzone:

The Captain - © Sony/atv Songs Llc

Non ci sono posti decenti dove stare,
quando c’è un massacro
ho lasciato una moglie nel Tennessee
e un figlio a Saigon
ho rischiato la vita
e non per ascoltare qualche sorta
di canzone country o western
e sono finiti i giorni degli ordini
e lei Capitano non mi chiamerà più a raccolta
e non so più nemmeno
per cosa abbiamo combattuto
e da che parte eravamo.

Nel 1984 Leonard Cohen scrisse questi versi nella canzone "The Captain", a sottolineare l’inutilità della guerra. L’infondatezza della forza sulla ragione. L’aberrazione del genere umano. La rivincita della razionalità dell’uomo che si ribella alla gerarchia e all’autorità, ed in una sorta di rinascita riscopre il suo individualismo e rifiutando la violenza ritorna ad essere se stesso, col pensiero alla sua famiglia dalla quale è stato strappato e a forza catapultato in un vortice di potere che non gli appartiene.


Nel 1965 Giuseppe Saragat e Charles De Gaulle, che viene rieletto poco dopo presidente della Repubblica francese, inaugurano il Traforo del Monte Bianco.

Fabrizio De André pubblica il 45 giri “Per i tuoi larghi occhi” e “Fila la lana”. Di questo ultimo brano egli dichiara apertamente che deriva probabilmente dalla ballata di un trovatore francese della Lorena del 1400, forse Bertrand de Villecroix, ma per l’incertezza della provenienza, Fabrizio De André chiede che sia indicato come autore un “anonimo del XV secolo”. Nello stesso anno Fabrizio De André compone i testi per la canzone “Stringendomi le mani” di Giuliana Milan per la stessa casa discografica Karim cui lui stesso apparteneva, tanto che le foto delle copertine dei due 45 giri hanno in comune lo stesso sfondo. Regna la confusione nella Karim, tanto che sullo stesso 45 giri il titolo e il brano hanno diciture diverse sulla copertina e sul vinile: Stringendoti e Stringendomi.

Nini Rosso guida la classifica dei 45 giri venduti, prima di Gianni Morandi e di Jimmy Fontana con “Il Mondo”.

Nel dicembre di quell’anno viene pubblicato il 45 giri “La città vecchia” e “Delitto di paese”, fedele traduzione da Georges Brassens di “L’assassinat” pubblicato due anni prima. Più avanti una nota sulla prima canzone.





1965 - La città vecchia - Edizioni musicali Leonardi S.r.l. – La Cascina S.r.l.

riflessioni sul testo e libera interpretazione

Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
Ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi
(La città vecchia, Fabrizio De André)

Le soleil du bon dieu ne brill’ pas de notr’ côté
Il a bien trop à faire dans les riches quartiers

Il sole del buon Dio non brilla mai dalle nostre parti
Ha ben troppo da fare nei quartieri dei ricchi…
(dalla canzone Embrasse-moi, autori Wal-Berg-Jacques Prévert, 1935)

Se stiamo alle cronache ed alle parole per bocca dello stesso Fabrizio De André, la canzone "La città vecchia" venne scritta nel 1962. Una prova si trova a pag. 223 delle Carte De André comma 7 che fa risalire un incipit del testo ai primi anni ’60. Ulteriore conferma da Fabrizio De André stesso nella presentazione della canzone in occasione del concerto al Teatro Brancaccio di Roma, nell’agosto del 1998 dove dichiara essere una canzone che risale al 1962. In ogni caso non se ha notizia sino al 1965, incisa in un disco 45 giri apparso fugacemente con una strofa volgare: “quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia quella che di notte stabilisce il prezzo alla tua gioia”, ristampato successivamente nella versione più conosciuta.

Per via della data indicata dall’autore, 1962, non si può che confermare l’ipotesi che l’ispirazione dei versi riportati in corsivo all’inizio di questa mia riflessione, provenisse dalla canzone (Embrasse moi) eseguita da Marianne Oswald ed incisa su disco nel 1935, musicata da Voldemar Rosenberg (Wal-Berg) sul testo di Jacques Prévert. Infatti il testo trascritto della canzone, poi divenuta una poesia, fu pubblicato solo nel 1963 nella raccolta "Histoires et d'autres histoires".

Se volessimo trovare in questi versi un’analogia con i testi di altre opere di Fabrizio De André, non potremmo non citare quanto apparirà qualche anno dopo, nel 1967, nel testo di "Via Del Campo":

Una bimba canta la canzone antica della donnaccia
Quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia
(La città vecchia, Fabrizio De André)

Via del Campo c’è una bambina

Via del Campo, c'è una puttana
Gli occhi grandi color di foglia
Se di amarla ti vien la voglia
Basta prenderla per la mano
(Via del campo, Fabrizio De André)

Un’altra analogia fra il testo della canzone di Fabrizio De André e la poesia di Umberto Saba, con lo stesso titolo, si può trovare dove si narra di pensionati al tavolino, supponendoli al tavolo di un'osteria:

Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino
Quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
Li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno
A stratracannare a stramaledire le donne il tempo ed il governo
(La città vecchia, Fabrizio De André)

Qui tra la gente che viene che va
Dall’osteria alla casa o al lupanare
Dove son merci ed uomini il detrito
Di un gran porto di mare,
Io ritrovo, passando, l'infinito
Nell’umiltà
.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega,
Il dragone che siede alla bottega
Del friggitore.
La tumultuante giovane impazzita d'amore,
Sono tutte creature della vita
E del dolore;
S’agita in esse, come in me, il Signore
(Città vecchia, Umberto Saba)

L’immagine forse più evidente e contrastante rispetto alla poesia di Saba, è da una parte “il Signore” che appare presente ed evidente nell’autore triestino (Sono tutte creature della vita e del dolore, s’agita in esse, come in me, il Signore ) dove le creature descritte sono comunque permeate dell’immagine divina, ma dall’altra parte, sia in Jacques Prévert così come in Fabrizio De André, si ribadisce l’appartenenza ad un mondo ove la presenza di Dio è totalmente assente per questi poveri derelitti, agli occhi di una maggioranza borghese e benpensante.

Se tu penserai, se giudicherai
Da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni più le spese
Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre figli
Vittime di questo mondo
(La città vecchia, Fabrizio De André)

E l’assenza di Dio
Il sole del buon Dio non brilla mai dalle nostre parti
(Embrasse-moi, Jacques Prévert 1963)

Anche la figura del professore alla ricerca di una prostituta è presente in entrambi i testi (gente che da casa va al lupanare, ovvero casa di piacere, bordello) ma è singolare in De André il doppio significato che si potrebbe attribuire alla parola “lezione”. Ovvero, il professore che ha dispensato lezioni agli alunni o agli studenti per tutta la sua vita, è ora in procinto di apprendere una “lezione di vita” ricercando fra i vicoli della città vecchia colei che sia disposta, almeno per denaro, a soddisfarlo. Il senso di “micio bello e bamboccione” permette invece di far trasparire il senso di lezione in quanto punizione o di scherno nei confronti di un incapace.

Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone
Forse quella che sola ti può dare una lezione
Quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie
Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie

Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notte
Ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette
Quando incasserai delapiderai mezza pensione
Diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione"
(La città vecchia, Fabrizio De André)

Non posso fare a meno di citare di nuovo i versi presenti nella prima stesura del brano e in alcuni 45 giri mai ritirati dal commercio, e mai ufficialmente censurati ove era presente questa strofa:

Quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia
Quella che di notte stabilisce il prezzo della tua gioia

Che il brano sia stato colpito dalla censura, non è detto di saperlo con precisione, ma in ogni caso il testo fu cambiato con quello più edulcorato che oggi conosciamo.

Ma veniamo invece alla strofa successiva in Fabrizio De André:

Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli
In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano
Quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano

Abbiamo già ritrovato questa analogia in Umberto Saba

Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega,
Il dragone che siede alla bottega
Del friggitore.

Ma ricercando più a fondo nei testi di altri autori, nella canzone di Georges Brassens “Le bistrot” (1960) troviamo esattamente la stessa immagine:

In un angolo marcio
della Parigi povera,
Su una piazza
c'è un vecchio bistrot
tenuto da un bestione
di merda

Troverai lì
Il fior fiore della
Plebaglia,
Tutti gli sfortunati,
I disgraziati
Del posto
Che vengono in fila
Come le aringhe
(Le bistrot, traduzione della versione originale di Georges Brassens da “Brassens- tutte le canzoni tradotte", a cura di Nanni Svampa – Mario Mascioli. Franco Muzzio Editore 1991).

Ed ancora, sia nella canzone di Georges Brassens che nella poesia di Umberto Saba, ritroviamo la figura della ‘bella’ e disponibile fanciulla del bar e la figura della 'prostituta' in Umberto Saba. Sono ambedue riconducibili alla prostituta tanto ricercata dal professore in Fabrizio De André.

Per vedere in faccia
La bella del bistrot…
La moglie di quell’omaccione
Schifoso…
Se, da oggi in poi,
Non sarai sedotto
Dalla grazia
Di questa bella fata
(Le bistrot, traduzione della versione originale di Georges Brassens)

La tumultuante giovane impazzita d'amore
(Città vecchia, Umberto Saba)

Da ultimo, l’immagine della figura del giglio (se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo) come simbolo di purezza si ritrova nella "Buona novella" cucita sopra il vestito di Maria bambina che viene condotta al Tempio ed ancora nell’immagine di Gesù morente sulla croce che sbianca come un giglio. Ma è interessante far notare che nell’articolo da Panorama del 6 giugno 1968, "Un cantautore scandalizza i benpensanti" non viene riportato correttamente il testo integrale, tralasciando l’immagine del giglio (il testo riporta vedrai che sono i figli vittime di questo mondo) il giglio appunto, che nell’antichità era il simbolo di purezza e fierezza e per la caratteristica stessa del fiore regalato alla nobiltà che ne fece una figura araldica. Forse per non offendere troppo la nobiltà benpensante?

Il fatto che all’origine la canzone “La città vecchia” apparisse in un disco 45 giri del 1965 la cui seconda facciata contiene un’altra canzone tradotta da Georges Brassens, “Delitto di paese”, dal titolo originale “L’assassinat” apparso nel 1963, mi fa propendere più verso l’ispirazione brassensiana di Fabrizio De André, anche per il ritmo di mazurca della canzone stessa, sebbene la melodia sia differente. Senza ovviamente tralasciare le ispirazioni e le analogie figurative in Umberto Saba e Jacques Prevert.
Anche Stampa Sera del 28 maggio 1966 riporta l'accostamento della "Città Vecchia" alle opere di Georges Brassens "imitato nei contenuti ma anche nelle cadenze". Inoltre nello stesso articolo è curiosa la premonizione alle versioni in dialetto di alcune canzoni, cosa che Fabrizio De André realizzerà anni dopo.



Fabrizio De André
dichiara in due interviste a Cesare G.Romana, una delle quali è tratta da Musica e Dischi del settembre 1965, di essere al lavoro su una colonna sonora per una commedia di Remo Borzini: "Adamo II" è il titolo citato, ma anche,  "Lo scarafaggio".

"I due scarafaggi"
compaiono ripetutamente sulle Carte De André pag. 226 comma 14 anche come "Scarafaggi" ma in tempi diversi, 1960/62: non pare siano riferiti a Remo Borzini.



Tieni la vita mia

Ma la notizia più originale si apprende da Stampa Sera di lunedì 14-martedi 15 giugno 1965 nell'articolo "L’umanista della canzone" a firma Ornella Rota. Compare la notizia della imminente uscita di un long-playing e di due canzoni, una delle quali ha il titolo “Tieni la vita mia composizione omonima francese del 1500, il cuoi titolo originale era “Belle qui tiens ma vie captive dans tes yeux”. Per la prima volta nelle cronache compare il nome di Vittorio Centanaro che con Fabrizio De André avrebbe trovato le canzoni (l'altra era "Fila la lana") nello sgabuzzino di una vecchio negozio di musica. In realtà la melodia del brano francese del '500 è assonante a quella del brano "L'infanzia di Maria" scritto anni più tardi.

De André - Vittorio Centanaro







Cronologia dei fatti principali 1966-1970


Nel 1966 Frank Sinatra ruba le classifiche dei dischi con “Strangers In The Night”. Simon and Garfunkel pubblicano “Sound Of Silence”. Muore Walt Disney e Mao Tze-tung pubblica a Pechino il Libretto Rosso.

Fabrizio De André pubblica “Geordie” in duetto con la sua insegnante Mauren Rix (dichiarando che è tratto da una ballata tradizionale inglese); “Amore che vieni, amore che vai” ed anche “La canzone dell'amore perduto
in cui Fabrizio De André non si impossessa dalla musica, del “Concerto per tromba ed archi” di Georg Philipp Telemann, come tanti maldicenti hanno affermato, ma per sua stessa ammissione dichiara di averne fatto una sua elaborazione musicale, come si evince dagli spartiti originali dell’epoca. Compare in quell’anno anche “La ballata dell'amore cieco (o della vanità)”. Questo ultimo titolo è espressamente indicato sugli spartiti originali ( Le canzoni di Fabrizio De André - Edizioni Leonardi - Milano 1968) per volere di Fabrizio De André stesso, “ispirato da una poesia di J.Richepin”. Il testo in questione è "La Chanson de Marie-des-Anges". Vede la luce quell’anno la prima raccolta in Long Playing delle canzoni composte sino ad allora per l’etichetta Karim, con il titolo “Tutto Fabrizio De André”, come precedente accennato dall'articolo di Ornella Rota. Il disco non contiene la canzone "Tieni la vita mia". Di questo brano non vi è alcuna traccia negli archivi Siae.



Il mistero del nome


In un articolo di un quotidiano genovese del 1966 viene fatta una precisa domanda a Fabrizio De André: "Perché in arte ti chiami solo Fabrizio?" "Perché in un primo momento mi vergognavo di essere un cautautore (qualche anno fa i cantautori erano al bando), poi anche per preservare il cognome della mia famiglia dall'ignominia...".





Nel 1967 muore in circostanze misteriose Luigi Tenco, durante il Festival di Sanremo. In un articolo da Stampa Sera del 30 gennaio del ’67 in modo polemico si afferma che i cantanti che la notte del suicidio avevano pianto, urlato e imprecato, sono rimasti a dormire senza inviare neppure un fiore. E la sola persona nota ai funerali è stato il cantautore De André, insieme alla moglie di Gino Paoli.

Funerale Luigi tenco
da Archivio Storico La Stampa - Stampa Sera Lunedi 30 - Martedì 31 gennaio 1967

Leonard Cohen pubblica il suo primo Long Playing la cui più famosa canzone rimane “Suzanne”, che sarà ripresa e tradotta anni dopo da Fabrizio De André.

Fabrizio De André pubblica il suo “Volume 1” dove riprende una melodia di Georges Brassens “Le verger du roi Louis” con testo completamente nuovo, dando comunque i crediti all’autore originale, in aggiunta a “La marcia nuziale” tradotta ancora da Brassens. Compaiono due pezzi che diverranno storici come “Via del Campo” e “Bocca di Rosa”. È presente “Preghiera in Gennaio” mutuata nel testo dalla poesia di Francis JammesPrière pour aller au Paradis avec les ânes”. Un articolo riporta che Fabrizio De André avrebbe composto la canzone ancora sotto choc, dopo aver visto Luigi Tenco steso in quel piccolo obitorio vicino a Sanremo. Nell'articolo Fabrizio De André afferma che il suo testo vuole sottolineare l'umanizzazione di Dio che perdona il suicida. Nell’album sono presenti due canzoni
Spiritual” e “Si chiamava Gesù” dove si fa chiaro di nuovo nell'autore il desiderio della umanizzazione di Dio. La RAI TV censura le canzoni, diversamente da Radio Vaticana. I dirigenti RAI rivedono poco dopo le proprie posizioni sulla censura delle canzoni del cantautore e programmano uno special che si realizzerà poco dopo con la presentazione di Enza Sampò.





1967 - Via del campo  - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.- Impala S.r.l.- Nuvole S.a.s.

Storia di un brano e una contaminazione con Marinella
.

Nel 1962 Dario Fo compone il testo “La mia morosa la va a la fonte”.
Nel 1965 Enzo Jannacci canta la canzone “La mia morosa la va a la fonte” nel suo spettacolo teatrale “22 canzoni”, utilizzando una melodia che Dario Fo dice provenire da una raccolta di canti medievali.
Nel 1966 Enzo Jannacci, incide la canzone “Ninna nanna per un bambino” in cui compare come solo autore, con una melodia che ricorda parzialmente la precedente composizione.
Nel 1967 Dario Fo mette in scena la commedia “La passeggiata della domenica” di Georges Michel e ne cura traduzione, riduzione, scene, costumi e regia.

“Dario Fo, che l’ha tradotta e ridotta disegnandone scene e costumi, e assumendone la regia, contaminazione della Salomè di Oscar Wilde, già presentata nel 1963 al Teatro delle Muse: in platea, invece di file di poltrone, gli spettatori questa volta hanno trovato un allineamento di vecchi banchi scolastici. Il panorama dei piccoli teatri romani, come si vede, è notevolmente confuso, ma non povero di sorprese: il problema è quello di sapere se tanta confusione è l’indice di una sincera per quanto disordinata ricerca o semplicemente il documento di una superficiale e provinciale acquiescenza a modelli già consumati dalle scene straniere” [IL DRAMMA – mensile di commedie di grande interesse diretto da Lucio Ridenti – Febbraio Marzo 1967 – n. 365-366]

Lo musiche dello spettacolo “La passeggiata della domenica” in quella occasione erano state composte dallo stesso Dario Fo con l’ausilio di un artista genovese, Oscar Prudente. Questo artista frequentava ritrovi genovesi dove aveva conosciuto e collaborato con Luigi Tenco. La commedia conteneva la canzone “La mia morosa la va a la fonte”, cantata sul testo scritto nel 1962 da Dario Fo, tratto da una canto popolare veneto, di un innamorato che si immaginava di ritrovarsi dentro il contenitore d’acqua che portava la ragazza sul suo capo. Era musicata su una melodia antica, forse medievale, che lo stesso Dario Fo disse di aver ritrovato.
Lo stesso Oscar Prudente nella commedia canta la canzone "Dormi Dormi", sulla stessa melodia di “La mia morosa la va a la fonte”, simile quindi alla canzone di Enzo Jannacci del 1965.

Nel 1967 Oscar Prudente incide la canzone "Dormi Dormi", insieme ad altri due brani, dove è specificato, sul retro del 45 giri “Esecuzioni originali della commedia La passeggiata della domenica di George(s) Michel adattamento e regia di Dario Fo, Compagnia stabile di Palazzo Durini”.
Non risulta Oscar Prudente fra gli autori, perché come egli stesso ha dichiarato non era ancora iscritto alla Siae.

Nel 1967 Fabrizio De André pubblica un 45 giri con la canzone "Via del Campo", la cui melodia è tratta da una musica del ‘500 (XVI secolo) tratta da una ricerca di Dario Fò, come espressamente indicato sulla etichetta del disco del tempo.

Nel 1968 Enzo Jannacci incide nel suo album "Vengo anch’io no tu no" la canzone "La mia morosa la va alla fonte", dove gli autori risultano Fo-Jannacci.

Anche Vittorio Centanaro dichiara che la musica era stata tratta da una ninna nanna rinascimentale che Dario Fo aveva utilizzato nella sua commedia. Riguardo ai commentatori più maligni che sostennero poco tempo fa che quello di Fabrizio De André fu un vero e proprio plagio, credo personalmente che non abbiano avuto abbastanza curiosità per leggere interamente l’etichetta del brano sul disco. Oscar Prudente racconta che fu lo stesso Fabrizio De André a chiedere personalmente a Dario Fo l’utilizzo della musica, come del resto lo stesso artista conferma in una sua recente intervista:

“Quella volta De André, che non conoscevo ancora bene, venne a vedere una commedia chiamata La passeggiata della domenica che musicai e dove cantavo questa canzone, arrangiata più che scritta perché questa canzone era un canto delle mondine. (Dario Fo) me la cantava e io cercai di metterla in musica ed adattarla per quella commedia. Fatto sta che io non sapevo nulla di Siae, Fabrizio De André arrivò in camerino a salutare Dario Fo e chiese se poteva usare quella canzone cantata da quel ragazzo e farne una cosa sua. Dario Fo che allora aveva un successo strepitoso praticamente gli regalò tutto ed è per questo che non c’è la mia firma” [Intervista di Marta Cagnola Radio 24 - 8 gennaio 2020. a Oscar Prudente dal titolo Oscar Prudente: da Tenco e Fossati al coro più amato dai tifosi. Sono stato autorizzato all'uso direttamente da Marta Cagnola il giorno 22 dicembre 2012].

Un’altra testimonianza in un altro articolo/intervista a Oscar Prudente si trova nell'articolo "Oscar Prudente di nome e di fatto e autore di 'Pensiero Stupendo'" – su La Stampa  a firma Marinella Venegoni del 23 Marzo 2008 dove lo stesso autore dichiara che le musiche della commedia di Dario Fo erano di Carpi, ma che Dario Fo gli chiese di scrivere una musica su un accenno medievale di ‘Donna Lombarda la va alla fonte’. Venne scritta e diventò il brano  "Dormi dormi". Inoltre Oscar Prudente ricorda che dopo lo spettacolo Fabrizio De André chiese a Dario Fo se potesse utilizzare la canzone cantata da quel ragazzo. Il brano diventò ‘Via del Campo’”. Oscar Prudente allora non era preparato a rivendicarla e che ancora dopo anni ci sono fin troppe discussioni intorno a "Via del Campo".

Rimane, fortunatamente, il fatto che le parole di Fabrizio De André, perché di testi stiamo trattando in questo elaborato, hanno toccato la mente ormai di almeno un paio di generazioni di persone. La figura della prostituta è letta da un punto di vista diverso rispetto alla maggioranza delle persone che non hanno freni a definire “puttane” quelle poveracce che per necessità vendono il proprio corpo sulle strade. Oggi forse più attuale di una volta, dove le cronache ci informano di vere e proprie bambine gettate sulla strada da compiacenti sfruttatori. Dal suo punto di vista, Fabrizio De André racconta che nascono fiori sulla strada dove queste poveracce camminano. La canzone recita in maniera identica, per certi versi in una similitudine, alla Marinella caduta nel fiume dove Marinella era “Sola e senza il ricordo di un dolore” e come la bimba di Via del Campo, “Vivevi senza il sogno d'un amore” quindi rassegnata ad un futuro irrealizzabile, ma fu la Marinella a seguire il suo ‘principe’ mentre all’illuso, a qualcuno che vive solo di immaginazione, basta seguire la bimba sino al balcone per immaginarsi un giorno di poterla maritare. Da una parte quindi la fine tragica di una vita, dall’altra l’immaginazione che una vita potrebbe incominciare. L’una aveva gli occhi belli, l’altra occhi grandi color di foglia. L’una è sufficiente prenderla per la mano per amarla, all’altra basta imporre le mani sui fianchi, un po’ come nella "Leggenda di Natale" dove il Babbo Natale ‘la volle baciare dai piedi ai capelli’, meglio espressa nel testo di Brassens dove in "Le Père Noël et la petite fille" letteralmente ‘ti ha messo le mani sui fianchi’. Né l’una né l’altra sono la Bocca di rosa portata in processione come in un quadro di Tiziano, fra l’Amore Sacro e Amor Profano, anzi, l’una vende la sua rosa, il suo corpo, sempre e a tutti nello stesso modo, ed è costretta (per sempre) a piangere disperatamente se non trova l’amore, l’altra visse un giorno solo come le rose: come diceva Francois de Malherbe “Ma lei era del mondo dove le più belle cose hanno il peggior destino: Da rosa ha vissuto quanto vivono le Rose, lo spazio d’un mattino”.

E come ebbe anche a ripetere molto tempo prima Leonard Cohendal fango putrido nasce il fior di loto’. No mud, no lotus.

Via del Campo, c'è una graziosa
Analizzando il testo, la prima strofa sembra recitata da un passante distratto che al secondo, terzo passaggio si accorge di quella graziosa che ogni sera incontra, di ritorno da chissà dove e si rende conto, forse solo al suo quarto passaggio, di quale professione svolga.

Via del Campo, c'è una bambina

Nella seconda strofa sembra prendere coscienza delle fattezze di quella creatura e non si spiega perché una bambina dovrebbe essere abbigliata in quel modo, ma proprio perché ancora una bimba, dovrebbe camminare sui fiori, simbologia di purezza dell’anima.

Via del Campo, c'è una puttana

È nella terza strofa, richiamata sempre dall’anafora Via del Campo, che il suo istinto si accende e dimenticando le sue considerazioni precedenti, accende il desiderio di possesso nelle parole basta prenderla per la mano, nel senso opposto al tenerla per mano per alleviare il suo dolore.

E ti sembra di andar lontano
E immediatamente si scatena la fantasia, l’immaginazione erotica e la compiacenza scaturita da un solo sorriso, per raggiungere il suo paradiso sensuale.

Via del Campo, ci va un illuso
Ritorna nell’anafora iniziale il senso della pura illusione, della fantasticheria del passante nella facilità di potersi rinchiudere dentro quella stanza al fondo del balcone. Come nella canzone di Gino Paoli, "Il cielo in una stanza", dove il soffitto viola del postribolo scompare e lascia vedere gli alberi infiniti e il cielo sopra gli amanti.

Ama e ridi se amor risponde
E la canzone si sposta di nuovo sulla bambina, costretta per vivere ad amare e ridere compiacente all’amante passeggero del momento, piangendo in cuor suo di non aver trovato l’Amore, quello vero,

Dai diamanti non nasce niente
non importa se ricco,

Dal letame nascono i fior
basta che le restituisca quel fiore sul quale dovrebbe camminare, perché la purezza dell’anima è tutt’altra cosa rispetto ad un corpo venduto per necessità.

Dal fango putrido nasce il fior di loto


Nel 1968 Andy Warhol viene ferito a colpi di pistola davanti al suo studio. Viene assassinato Robert Kennedy. A Milano l'apertura del teatro alla Scala viene duramente contestata dagli studenti con lancio di uova e ortaggi. Il Movimento Studentesco di Pisa e i militanti di Potere Operaio che protestavano di fronte al locale notturno "La Bussola" nei pressi di Lucca vengono duramente malmenati e feriti dalle forze dell'ordine.

Fabrizio De André compone le musiche di Gulliver, programma televisivo per la RAI. Umberto Simonetta ed Enrico Vaime, autori per la televisione di una riduzione dei Viaggi di Gulliver ne sottolineano la professionalità sua e del maestro Reverberi nella realizzazione delle canzoni che faranno da colonna sonora al programma, sul settimanale Alba del 22 settembre 1968.

Viene dato alle stampe e commercializzato il disco  “Volume III” con canzoni già parzialmente edite, ma con un arrangiamento diverso.

“Azzurro” di Adriano Celentano è in testa alle classifiche di vendita.

Fabrizio De André pubblica il suo secondo album: “Tutti morimmo a stento”, con la collaborazione dei fratelli Reverberi, di Riccardo Mannerini che firma parte dei testi e di Giuseppe Bentivoglio. Mannerini regala a Fabrizio la sua poesia “Eroina” che insieme firmeranno in musica con il titolo “Il cantico dei Drogati”.
La Leggenda di Natale” per volere stesso di Fabrizio De André è indicata come ispirata dalla canzone di Georges Brassens "Le Père Nöel et la petite fille" proprio durante lo special televisivo citato.



Tony Casetta
, titolare della etichetta Blue Bell Record, poi Produttori Associati con la quale viene pubblicato l’album, pensa ad una versione inglese dell’album "Tutti morimmo a stento" per lanciare Fabrizio De André negli Stati Uniti. Ne vengono registrate alcune tracce a Roma sempre con la supervisione di Giampiero Reverberi (per stessa dichiarazione di Reverberi stesso al sottoscritto nel corso di un convegno a Garessio, suffragata anche dalla foto presente nel libro "E poi il futuro" - Mondadori 2001 dove alle pagine 64-65 c'è una foto con la seguente didascalia:"Fabrizio durante le registrazioni della versione inglese di "Tutti morimmo a stento", presso gli studi romani della RCA, con Giampiero Reverberi, 1968", ma il progetto viene abbandonato da Fabrizio De André stesso in sala d’incisione e mai completato. I titoli depositati in Siae dell’album originale non contemplano alcuna versione in lingua non italiana, diversamente da sedicenti collezionisti che a suo tempo dichiararono di aver trovato su una bancarella negli Stati Uniti l’album completo, come riportato dal quotidiano La Repubblica del 22 settembre 2007 a firma Bruno Persano.

Viene pubblicato inoltre l’album “Senza orario senza bandiera” dei New Trolls, che vede come autori delle canzoni ancora Fabrizio De André e Riccardo Mannerini, oltre ai componenti del complesso.
Fabrizio De André sul libro di Roberto Cotroneo "Come un'anomalia" - Einaudi tascabili 2002 alle pag 59-60 dichiara che: “Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati”.

A proposito della canzone di Georges Brassens "Le Père Nöel et la petite fille" che è stata l'ispirazione per la canzone “La Leggenda di Natale”, è curioso notare che il brano “Era Notte” cantato da Dori Ghezzi nell’album “Mamadodori” del 1980, riporta questi versi: “Caro Babbo Natale, un'altra volta che vieni non truccarti da vecchio per toccarmi i seni”. Inoltre per sua stessa ammissione sul settimanale “Bolero” n. 1748, 2 novembre 1980 a proposito di Mamadodori, Dori Ghezzi dichiara che Fabrizio De André ha scritto tutti i testi del 33 giri, salvo le parole di "Stringimi piano stringimi forte", attribuendola a Cristiano Minellono che ha ricreato molto bene con il suo testo la situazione disgraziata del sequestro.
Ma non è l'unica frase dei testi di Mamadodori che ha assonanza con i testi delle composizioni di Fabrizio De André. Vedremo più avanti.

La Domenica del Corriere del 10 dicembre 1968 annuncia l'assoluzione per la denuncia della canzone "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers", denunciato anni prima per oscenità, oltre all'uscita del primo concept album "Tutti morimmo a stento".  Notizia di un altro periodico riporta che la presentazione del disco doveva essere affidata a Eugenio Montale.





Sanremo e Joan Baez

Ma la notizia sfuggita ai più è che Fabrizio De André avrebbe inviato agli organizzatori del Festival di  Sanremo, la canzone "La stagione del tuo amore" e che Joan Baez sarebbe interessata a cantarla in duetto con lui. Già nel corso del 1968 Fabrizio De André seguì il Festival di Sanremo in veste di cronista per conto del Corriere Mercantile con vari articoli.
La stessa notizia è confermata da Stampa Sera di lunedi 2-martedi 3 dicembre 1968 che titola così:

"Joan Baez debutterà al festival. La cantante americana della protesta verrebbe abbinata a Fabrizio De André".


Festival Sanremo Joan Baez




Nel 1969 i Beatles si esibiscono per l’ultima volta sul tetto della casa discografica Apple a Londra. Jim Morrison leader dei Doors viene arrestato per atti osceni. Una donna, Il Manifesto vede la sua prima uscita in edicola. Brian Jones dei Rolling Stones viene trovato morto per overdose ed i Rolling Stones tengono un concerto gratuito a Londra che vede la partecipazioni di oltre 500.000 persone. Neil Armstrong è il primo uomo a sbarcare sulla Luna dal modulo Lem portato in orbita dall’Apollo 11. Charles Manson compie una strage negli Stati Uniti, nella villa del regista Roman Polansky ed uccide Sharon Tate, la compagna del registra incinta di nove mesi. Si tiene negli Stati Uniti il festiva di Woodstock con 500.000 spettatori presenti.

Nel giugno del 1969, Leonard Cohen si stabilisce in in Italia, in una villa alla periferia di Roma, dove insieme al musicista Leonard Bernstein si apprestano alla composizione della colonna sonora per la versione in lingua inglese del film di Franco Zeffirelli "Fratello Sole Sorella Luna" "Brother sun, Sister moon", sulla vita di San Francesco d'Assisi. Il progetto fallisce dopo tre mesi e la colonna sonora viene affidata a Ken Thorne che a sua volta affida al cantautore scozzese Donovan l'interpretazione di alcune canzoni, cantate nella versione italiana del film da Claudio Baglioni.
Leonard Cohen parte quindi per Hydra in Grecia in compagnia di Suzanne Elrod, la madre dei suoi figli.

Scoppiano in meno di un'ora cinque bombe in Italia, a Roma e Milano che sarà tristemente nota come Strage di Piazza Fontana. A Roma una bomba deflagra davanti all’Altare della Patria. I morti saranno ventuno ed i feriti oltre cento. Viene arrestato Pietro Valpreda come esecutore della strage di Milano. Giuseppe Pinelli, fermato e portato in questura a Milano, cade dal quarto piano nel corso dell’interrogatorio.

Georges Moustaki è in vetta alle classifiche con “Lo Straniero”. Georges Brassens pubblica il suo decimo album.

Una anticipazione dei lavori futuri di Fabrizio De André si legge sul Corriere del Ticino del 14 maggio 1969 a firma Mariuccia Ferrari, dove si parla di un disco a due facciate, la prima sul Medio Evo e la seconda sui Vangeli Apocrifi, sottolineando il punto di vista dei narratori non ufficiali, diversi da quelli dell' ufficio stampa della chiesa, i Vangeli Canonici.

Fabrizio De André nel frattempo pubblica un 45 giri che contiene due canzoni tradotte da Georges Brassens: “Il Gorilla e Nell’acqua della chiara fontana”.





1969 - Il gorilla  - Edizioni Musicali Warner Chappel Music Italiana S.p.a.

riflessioni sul testo

Sul testo dissacrante del potere e dell’autorità dello Stato, nella persona dei suoi rappresentanti, anche questa canzone del 1969 è la traduzione della canzone di colui che Fabrizio De André era solito chiamare, “Il mio unico Maestro, Georges Brassens” scritta nel 1947 e comparsa sulla prima raccolta del 1952.
Questa canzone Georges Brassens la scrisse a ghigliottina funzionante e probabilmente la scrisse per un amico a cui era stato tagliato il collo per via di una sentenza probabilmente ingiusta, quindi penso che Brassens l’abbia scritta proprio a buon diritto” [ Introduzione alla canzone durante un concerto del 1992.].

Il tema del giudizio, ma soprattutto della pena di morte che Georges Brassens nel 1947 venne quasi costretto a cantare sul palcoscenico. Fu composta nel 1943 durante i lavori obbligatori che Brassens fu costretto a svolgere in Germania. Una fra le più censurate canzoni nel dopoguerra dalle radio di tutta Europa. Una prima versione di Brassens, che si autocensurò, contiene una strofa eliminata dallo stesso autore.
Nel testo si evidenzia da parte dei due interpreti, Brassens e De André, l’esigenza di non esprimere giudizi o sentenze, in ragione del rifiuto della autorità di cui il Brassens anarchico, e di riflesso lo stesso De André, erano estremamente convinti. Soprattutto per il fatto non irrilevante che una sentenza potrebbe rivelarsi del tutto sbagliata, così come il gorilla, non avendo mai visto una scimmia, si lascia prendere dalla confusione e decide di togliersi la verginità correndo dietro ad un “magistrato con la toga” piuttosto che ad una vecchietta.


Dirò soltanto che sul più bello
Dello spiacevole e cupo dramma,
Piangeva il giudice come un vitello,
Negli intervalli gridava "Mamma!".
Gridava mamma come quel tale
Cui, il giorno prima, come ad un pollo
Con una sentenza un po' originale
Aveva fatto tagliare il collo.
Attenti al gorilla!


Il tema del “giudizio” quindi affiora nella dichiarazione stessa di Fabrizio De André riportata a proposito dell’esecuzione dal vivo nel 1992, citata qualche riga sopra in corsivo, ma soprattutto è più evidente nel contesto della sua interpretazione nella successiva canzone "Il Giudice", dove piccoli uomini mossi dal rancore si ergono dopo notti insonni “vegliate proprio al lume del rancore” ad arbitri della vita altrui. Fabrizio De André stesso, dopo il rapimento del quale fu vittima insieme alla compagna Dori Ghezzi nel 1979, non ebbe mai parole di giudizio nei confronti degli esecutori materiali, bensì li perdonò con un atto di comprensione che all’epoca suscitò scalpore. Tanto quanto il pescatore che nella sua canzone non ebbe dubbi nel “non guardarsi intorno”, ma offrendo vino e pane a chi aveva sete e fame, ben comprendendo comunque la natura del suo interlocutore inseguito dalle guardie.
È doveroso sottolineare che la canzone “debutto” di Georges Brassens fu eseguita nel 1952 nell’ambito di uno spettacolo dell’artista francese Patachou che quasi costrinse Georges Brassens ad eseguirla dal vivo sul palco prestandogli una chitarra ed affiancandogli il suo contrabbassista Pierre Nicolas. Pierre e Georges si conoscevano da tempo e fu proprio Nicolas ad invitarlo quella sera allo spettacolo. Pierre Nicolas nacque nella stessa strada dove Georges Brassens abitava in quel periodo, L’impasse Florimont a Parigi. A quell’epoca la pena di morte era in vigore ed i malcapitati venivano giustiziati con la ghigliottina, come peraltro Fabrizio De André ricordò nella sua presentazione citata.

Il Gorilla (traduzione fedele dal francese)

È attraverso ampie griglie,
Che le femmine del cantone,
Contemplavano un potente gorilla,
Senza curarsi da ciò che la gente diceva.
Con spudoratezza, spettegolavano
Guardando anche un posto specifico
Che, rigorosamente mia madre
Mi ha proibito di nominare qui...
Attenti al gorilla!





Improvvisamente la prigione ben chiusa
Dove viveva il bellissimo animale
Si apre, non sappiamo perché. Credo
Che dovevano averla chiusa male.
La scimmia, che esce dalla sua gabbia
Disse "È oggi che la perdo!"
Stava parlando della sua verginità,
Hai indovinato, spero!
Attenti al gorilla!




Il padrone del serraglio
Gridò, sconvolto: "Nel nome del Signore!
È un guaio perché il gorilla
Non ha mai conosciuto una scimmia!"
Non appena le donne
Capirono che la scimmia era vergine,
Invece di approfittare della fortuna,
Scapparono a gambe levate
Attenti al gorilla!






Gli stessi che in passato
Lo commentavano con occhio deciso,
Fuggirono, dimostrando di avere poco
Coerenza con le idee;
Tanto più vana era la loro paura,
Ritenendo il gorilla un burlone
Superiore all'uomo nell'abbraccio,
Molte donne te lo diranno!
Attenti al gorilla!

Tutti corrono
Fuori dalla portata della scimmia in calore,
Salvo una vecchia decrepita
E un giovane giudice tutto d’un pezzo;
Vedendo che tutti se la squagliavano,
Il quadrumane accelerò
In direzione dell’ondeggiare dei vestiti
Della vecchia e del magistrato!
Attenti al gorilla!






“Bah!” sospirò la centenaria,
"se quello può ancora desiderarmi,
Sarebbe fantastico,
E, a dire il vero, inaspettato!";
Il giudice pensò, impassibile,
"Confondermi con una scimmia,
È completamente impossibile..."
Quello che seguì gli dimostrò che si sbagliava!
Attenti al gorilla!






Supponiamo che uno di voi debba essere,
Come la scimmia, obbligato
A stuprare un giudice o una vecchietta,
Quale dei due scegliereste?
Che una tale alternativa,
Supponendo che in uno di questi quattro giorni, mi accada,
Ne sono convinto, la vecchia
Sarà l'oggetto della mia scelta!
Attenti al gorilla!






Ma, purtroppo, se il gorilla
Nei giochi d'amore vale il suo prezzo,
Sappiamo che d'altra parte non brilla
Né per gusto né per spirito.
Quindi, invece di optare per la vecchia,
Come chiunque avrebbe fatto,
Afferrò il giudice per l'orecchio
E lo trascinò in una boscaglia!
Attenti al gorilla!





Il seguito sarebbe molto divertente,
Purtroppo non posso dirlo
Ed è un peccato,
Ci avrebbe fatto ridere per un bel po'
Perché il giudice, nel momento supremo,
Piangeva: "Mamma!", ho pianto molto,
Come l'uomo al quale, lo stesso giorno,
Avevo fatto tagliare il collo.
Attenti al gorilla!


Il Gorilla versione tradotta da Fabrizio De André

Sulla piazza d'una città
La gente guardava con ammirazione
Un gorilla portato là
Dagli zingari di un baraccone
Con poco senso del pudore
Le comari di quel rione
Contemplavano l'animale
Non dico come non dico dove
Attenti al gorilla!

Nota: appare già evidente dalle prime righe la libertà di traduzione del testo francese, arricchendo il testo italiano di immagini non presenti in Brassens, gli zingari e il baraccone.

D'improvviso la grossa gabbia
Dove viveva l'animale
S'aprì di schianto non so perché
Forse l'avevano chiusa male
La bestia, uscendo fuori di là
Disse: "Quest'oggi me la levo!"
Parlava della verginità
Di cui ancora viveva schiavo
Attenti al gorilla!

Nota: il verso “hai indovinato” non viene tradotto, ma viene usata una frase del tutto assente nel testo francese.

Il padrone si mise a urlare
"Il mio gorilla, fate attenzione!
Non ha veduto mai una scimmia
Potrebbe fare confusione"
Tutti i presenti, a questo punto
Fuggirono in ogni direzione
Anche le donne dimostrando
La differenza fra idea e azione
Attenti al gorilla!


Nota: l’espressione tradotta dal francese ‘nel nome del Signore’ è considerata nella lingua francese a livello di una blasfemia che De André elide nella sua traduzione.











Tutta la gente corre di fretta
Di qua e di là, con grande foga,
Si attardano solo una vecchietta
E un giovane giudice con la toga
Visto che gli altri avevan squagliato
Il quadrumane accelerò
E sulla vecchia e sul magistrato
Con quattro salti si portò
Attenti al gorilla!

Nota: la prima delle due strofe della traduzione fedele dal francese viene del tutto eliminata e l’espressione francese ‘bois brut’ tradotta ‘tutto d’un pezzo’ viene rafforzata da De André con ‘giudice con la toga’.

"Bah", sospirò pensando la vecchia
"Ch'io fossi ancora desiderata
Sarebbe cosa alquanto strana
E più che altro non sperata"
"Che mi si prenda per una scimmia"
Pensava il giudice col fiato corto
"Non è possibile questo è sicuro!"
Il seguito prova che aveva torto
Attenti al gorilla!

Nota: il giudice ‘impassibile’ nella traduzione francese viene rafforzata da De André con l’espressione ‘col fiato corto’ a rimarcare comunque la sicurezza del togato nel non essere scelto, anche dopo la corsa per scappare dall’animale.

Se qualcuno di voi dovesse
Costretto con le spalle al muro
Violare un giudice od una vecchia
Della sua scelta sarei sicuro
Ma si dà il caso che il gorilla
Considerato un grandioso fusto
Da chi l'ha provato però non brilla
Né per lo spirito né per il gusto
Attenti al gorilla!

Nota: Brassens usa il termine stuprare rispetto al termine più addolcito di De André, "violare". L’espressione della strofa successiva in francese "per gusto e per spirito" viene anticipata in questa strofa.

Infatti lui sdegnata la vecchia
Si dirige sul magistrato
Lo acchiappa forte per un'orecchia
E lo trascina in mezzo ad un prato
Quello che avvenne fra l'erba alta
Non posso dirlo per intero
Ma lo spettacolo fu avvincente
E la suspense ci fu davvero
Attenti al gorilla!

Nota:
ancora la traduzione dal francese ‘nei giochi d’amore vale il suo prezzo’ viene tradotta nella strofa precedente da De André con l’espressione ‘considerato un grandioso fusto

Dirò soltanto che sul più bello
Dello spiacevole e cupo dramma
Piangeva il giudice come un vitello
Negli intervalli gridava "Mamma!"
Gridava mamma come quel tale
Cui il giorno prima come ad un pollo
Con una sentenza un po' originale
Aveva fatto tagliare il collo
Attenti al gorilla!

Nota: De André cambia la traduzione francese da ‘ho pianto molto’ e ‘piangeva’ in ‘gridava’ ed aggiungendo l’espressione ‘come un vitello’. Inoltre se Brassens si limita a descrivere l’atto supremo in un solo atto, De André nella sua traduzione lascia intendere che l’atto fu ripetuto varie volte ed il grido ‘Mamma’ si ripete ogni volta.


La strofa seguente appartiene alla prima versione originale (1947) del testo di “Le gorille” che Georges Brassens stesso censurò, fornendoci la versione che ora conosciamo. Nonostante il suo aggiustamento la canzone fu la più censurata dalle radio francesi ed europee. Risulta comunque una delle più tradotte, in inglese, spagnolo, greco, tedesco, russo, ebraico, ed in una miriade di dialetti.


Termineremo questa storia
Con un consiglio a tutti quelli all’antica
Ripensino al famigerato accaduto
Di colui che pianse in quel boschetto:
Quando una scimmia in calore
Dovesse infestare le strade del loro quartiere
Dovrebbero solo togliersi la toga
O meglio ancora, cambiare mestiere.
Attenti al gorilla!


Sempre nel 1969 viene premiato al Lido di Genova con la Caravella D’Oro per “Tutti morimmo a stento”, così come riportato da La Stampa del 25 luglio 1969, dove Fabrizio De André viene presentato come cantautore noto per le sue canzoni-ballate che si ricollegano al filone della musica medievale da una parte e alla 'protesta' dall'altra.
Un altro premio arriva con “La maschera d’argento” nell’ottobre del 1969 al Sistina a Roma come miglior autore di testi.

In quello stesso anno sul giornale “Il Verbano” dell’aprile 1969, compare un articolo a firma “I preti della comunità giovanile di Intra” che annunciano un incontro del tutto inaspettato con Fabrizio De André al cinema “Impero”.





1969 - Vi racconto come è nata "La buona novella" di DE ANDRÉ.


Sul periodico Famiglia Cristiana del 7 marzo 2019 a firma Emanuela Citterio, appare un ricordo dell’incontro nel 1969 di un sacerdote della Diocesi di Novara, DON CARLO SCACIGA. Ho avuto modo di conoscerlo molto bene e si riporta, il suo racconto sull'incontroa casa di Fabrizio De André a Genova.

“La porta si aprì e ci trovammo davanti la governante. Con timore, le dicemmo: ‘Avremmo una lettera per il signor De André’. Intravedemmo un pigiama giallo e dentro c’era Fabrizio. Erano circa le 11 del mattino, probabilmente si era appena alzato, e comunque stava già fumando. Mai visto nessuno fumare come lui. Non ci disse ‘Chi siete?’ o ‘Cosa volete?’, ma solo: ‘Prego, accomodatevi’. Posso dire che Fabrizio aveva una sensibilità spirituale acuta e profonda. Aveva parole puntute contro la religione ingessata e interessata al potere e il perbenismo di chi giudica gli altri. Ma in lui non c’era acredine, c’era questa visione anarchica e scapigliata, però sostanzialmente rispettosa. E per certi versi profetica. Aveva una spiritualità semplice, da un lato, e molto complessa dall’altro. Quando l’abbiamo incontrato aveva già scritto la canzone Si chiamava Gesù. Io ero un giovane prete di 26 anni ed ero stato destinato a Intra, una frazione di Verbania, sul Lago Maggiore, De André era già noto. Con i ragazzi ascoltavamo le sue canzoni e ne discutevamo volentieri. Era il clima del post-concilio e anche noi sacerdoti ci sentivamo interpellati, a volte interpretati da lui. Io, prima di entrare in seminario avevo vissuto anni molto belli nel movimento studenti dell’Azione cattolica, avevo respirato una fede libera e aperta alle domande. A un certo punto insieme agli studenti del pensionato decidemmo di invitarlo, per confrontarci con lui a partire dai testi del suo disco Tutti morimmo a stento. Non avevamo alcun contatto e non c’era internet, per cui partimmo dalla ricerca più banale: l’elenco telefonico di Genova. Fummo fortunati, c’era il suo indirizzo: De André Fabrizio, Corso Italia. Il numero non lo ricordo. Scrivemmo una lettera, poi decidemmo di portarla di persona. Dopo averla letta, Fabrizio ci disse: ‘Allora siete dei preti’. Fece una serie di telefonate, convocò a casa alcuni suoi collaboratori e restammo a discutere fino al pomeriggio. Alla fine concordammo che la cosa si poteva fare. Sarebbe venuto a Intra la Domenica delle Palme. ‘Sia chiaro, però, che non canto’, ci avvisò. Le cose non andarono esattamente così. La voce si era sparsa, e quella domenica di marzo del ’69, ad aspettare De André al cinema Impero di Intra c’erano circa 800 giovani. Era terrorizzato, voleva andarsene. In quel momento mi sono reso conto di quanto fosse emotivo e ipersensibile. Alla fine lo convincemmo a salire sul palco, ma era terreo in volto, gli tremavano le gambe. Prima dell’evento avevo avvisato tutti che non avrebbe cantato, sennonché alla prima domanda dal pubblico si alzò un ragazzino che, spudorato, gli chiese: ‘Ci canta una canzone?’. Ricordo di averlo fulminato con gli occhi. Fabrizio provò a glissare, poi prese la chitarra malmessa che il ragazzino gli porgeva e cantò Si chiamava Gesù, in un silenzio irreale. La sua voce sembrava salirci dentro a partire dai piedi. Ci fu un’ovazione da far venire giù il teatro. Alla fine, lui che non voleva iniziare non si sarebbe mai staccato dai ragazzi, che continuavano a fargli domande. Dovemmo cacciare tutti fuori dopo tre ore e mezza. Da quel convegno a Intra nacque una frequentazione che durò alcuni anni. Fu a casa sua, a Genova, che ci disse che voleva fare un disco su Gesù. Io lo prendevo in giro: ‘Per forza, hai dietro i Gesuiti e le Marcelline’. Suo padre, infatti, lo aveva iscritto a scuole cattoliche, sia alle elementari che al liceo, io invece avevo frequentato scuole pubbliche. ‘Poi cosa ti è successo?’, mi incalzava lui, ironizzando sulla mia vocazione. Per il disco che aveva in mente cercava dei testi ai quali ispirarsi. I Vangeli li conosceva ma, ci diceva, ‘quelli sono l’ufficio stampa ufficiale del Paradiso’. Gli spiegai che esistevano i Vangeli apocrifi, che raccolgono alcune tradizioni e a volte le infiorano, ma che sono comunque molto interessanti e hanno una valenza sia spirituale che storica. ‘Se vuoi partire dal Protovangelo di Giacomo è particolarmente ricco, c’è tutta la storia di Maria’, conclusi. Dei Vangeli apocrifi, che lui non conosceva, era appena uscita un’edizione economica e, nell’incontro successivo, gliela portammo. Non oserei mai dire che abbiamo ispirato La buona novella, ma gli abbiamo regalato un libro che forse a lui è servito. E anche le nostre chiacchierate credo siano servite. Ne La buona novella De André legge i Vangeli a partire dalla prospettiva delle donne, innanzitutto della madre di Gesù e della Maddalena, oltre che del ladrone in croce e di un vecchio falegname. È curioso come in tutto il disco non parli mai direttamente di Gesù, nonostante l’intenzione che ci aveva esplicitato fosse proprio fare un disco su di lui. Aveva questa esigenza di scavare, di leggere la realtà dalla parte nascosta. Nella canzone Si chiamava Gesù, precedente a La buona novella, De André aveva scritto: ‘Non intendo cantare la gloria / né invocare la grazia o il perdono / di chi penso non fu altri che un uomo / come Dio passato alla Storia / ma inumano è pur sempre l’amore / di chi rantola senza rancore / perdonando con l’ultima voce / chi lo uccise tra le braccia di una croce’. De André vedeva Gesù come un maestro di vita ma io sono convinto che ci sia stato molto di più, che è riassunto in quell’aggettivo ‘inumano’. Nel 45 giri uscito nel 1970, insieme a Si chiamava Gesù c’è Preghiera in gennaio, scritta dopo il suicidio di Luigi Tenco, in cui Fabrizio canta: ‘Dio di misericordia / il tuo bel Paradiso / l’hai fatto soprattutto / per chi non ha sorriso / Ascolta la sua voce / che ormai canta nel vento / Dio di misericordia / vedrai, sarai contento’. Non c’era ironia in quelle parole. Sant’Ireneo, del resto, diceva che Gesù è venuto ‘per insegnare all’uomo chi è Dio e per insegnare a Dio chi è l’uomo’. L’umanità che Fabrizio cantava era quella degli ubriachi, gli impiccati, le prostitute o le vittime della violenza e del potere. Gli ‘scartati’, direbbe oggi papa Francesco. Non ho dubbi che la sua ispirazione fosse autenticamente evangelica. Con gli anni perdemmo i contatti e non so come è proseguito il suo percorso, ma sono convinto che un po’ di stupore ‘in quel guazzabuglio che è il cuore umano’, per citare una frase di Alessandro Manzoni, gli sia rimasto”


Nel 1970 i Beatles pubblicano "Let It Be", ultimo lavoro prima dello scioglimento. Muore Janis Joplin. La London Valour, nave battente bandiera britannica, viene sbattuta dai forti venti verso la diga foranea del porto di Genova e si spezza. Muoiono venti marinai, compreso il capitano e la moglie. Albano sposa Romina Power. Jimi Hendrix viene ritrovato cadavere a Londra.

Domenico Modugno è in testa alle Hit Parade con “La Lontananza” seguito a ruota da Mina, con “Insieme” brano di Lucio Battisti.

Piero Parodi pubblica l’album in genovese “Canta Zena” che contiene tre composizioni di Fabrizio De André di cui due inedite “A famiggia di Lippe” e “Ballata triste” ed una versione di “Bocca de Reusa” tradotta in genovese dall’amico giornalista Cesare G. Romana.

Fabrizio De André pubblica “La buona novella”, album tratto dai Vangeli apocrifi, preceduta di qualche mese dal singolo “Il pescatore”, apparso come una meteora nelle prime edizioni del “Volume III” del 1968. Ancora non è chiaro il motivo per il quale la canzone venne eliminata dalle stampe successive.






1970- La buona novella
- Breve storia della idea iniziale (e controversie)

Non è facile risalire all’idea iniziale di questo album. Da una parte Roberto Dané, l’allora produttore di Fabrizio De André, nel libro "Belin sei sicuro?", intervistato da Riccardo Bertoncelli, asseriva che l’idea fu sua. Anzi voleva realizzare un disco sui Vangeli Apocrifi, sulle storie di Gesù tramandate e non accettate ufficialmente dalla Chiesa, con Duilio Del Prete. Ma il discografico Tony Casetta, era il 1969, lo dirotta da Fabrizio De André ed in un successivo incontro proprio Roberto Dané regala il libro dei Vangeli Apocrifi a Fabrizio De André. Un’altra testimonianza, ampiamente riportata dai quotidiani dell’epoca ed ancora presente negli archivi degli stessi quotidiani nazionali e locali, fa risalire il primo contatto di nuovo al 1969.

Tante altre testimonianze del periodo si ritrovano su innumerevoli giornali e periodici che ne annunciavano per bocca dell’autore l’imminente uscita.

Una dichiarazione di Fabrizio De André compare su Sorrisi e Canzoni TV dell'agosto 1970 in cui dichiara che i Vangeli Apocrifi sono divisi grosso modo in due parti: una dedicata al semplice racconto dei fatti che riguardano la vita di Gesù, l’altra soprattutto la vita finale del Redentore. Il suo scopo è di offrire un’immagine non divinizzata di tutti i personaggi del Vangelo.
Sul  Corriere Mercantile del 3 dicembre 1970 Fabrizio De André dichiara che il testo parlerà della storia di Maria, Cristo, Giuseppe e dei due ladroni (Dimaco e Tito), ed afferma che considera Cristo il più grande rivoluzionario della storia ausicando il bisogno di considerarlo come uomo, e come umana tutta la sua storia. Il suo pensiero è che se lo si considera un Dio non lo si può imitare, se invece lo si considera un uomo, sì.

Un ricordo della composizione dei brani si legge libro di Riccardo Bertoncelli per bocca di Roberto Dané.
“Il lavoro si svolgeva a Genova, sul lungomare, nella sua casa di corso Italia. Un anno, fu un lavoro lungo, lunghissimo, di bulino. Qualche musica l’ha composta davanti a me, qualcuna l’ho trovata pronta. Poi Giampiero Reverberi ci metteva i colori e gli arrangiamenti. Giocavano due elementi fondamentali del carattere di Fabrizio. Il primo era l’insicurezza sua tipica, esasperata. Si lavorava a certe ipotesi di frasi, di verso, e poi ci si tornava su, una due dieci volte. Sempre così. ‘Belin, ma sei sicuro che così vada bene?’ diceva lui con quella sua cantilena genovese, e ricominciava. Il secondo elemento, strettamente legato al primo, era la volontà di non licenziare mai, ma proprio mai, un verso senza che fosse più che perfetto, secondo le sue intenzioni e i suoi convincimenti”.
[Roberto Dané, da Belin, sei sicuro? Giunti 2003]

Altri articoli del tempo, ricordano che all'album collaborano il produttore Roberto Dané, l'arrangiatore Giampiero Reverberi, Corrado Castellari e Michele Maisano che hanno lavorato con Fabrizio alla musica del “Testamento di Tito”, più una nutrita schiera di musicisti.

Interessante a questo punto leggere quanto lo stesso Michele Maisano (amico genovese di Fabrizio De André, Luigi Tenco, Bruno Lauzi e Gino Paoli, l’unico presente ai funerali di Tenco con Fabrizio) ci ha raccontato a proposito:

“Una sera eravamo a casa sua (di Fabrizio a Genova) insieme a Sergio Bardotti, il mio produttore. Fabrizio mi fece ascoltare il Testamento di Tito. Il testo era talmente bello che gli dissi, Faber, lo chiamavamo così, sei il migliore di tutti. Lui disse “No, il più bravo è Luigi (Tenco) perché io scrivo in rima e Luigi no, è più moderno ed è più difficile”. Io presi le parole perché lui aveva cantato il brano sulla musica di Bob Dylan Blowin’ In The Wind. Ci voleva una musica originale e Faber in quel periodo non era molto avvezzo al folk e al country americano. Prendo le parole e vado a Milano da Corrado Castellari che sapevo fosse molto bravo in quel genere. Il giorno dopo Fabrizio andava in studio a registrare ed in una notte è nata la musica del Testamento di Tito. Io non sono comparso nei crediti e quindi Fabrizio si è voluto sdebitare perché i genovesi non vogliono avere debiti. Mi ha regalato il testo di Susan dei Marinai. (Parzialmente scritto durante un viaggio di ritorno in auto da Milano a Genova)”.
[Intervista parzialmente tratta da trasmissione RAI. L'autorizzazione telefonica all'uso mi è giunta dallo stesso Michele Maisano il 25 ottobre 2022]





1970 - La buona novella
- Breve analisi dell’opera

Il secondo album di Fabrizio De André, se consideriamo la veste del progetto come un vero e proprio “concept album”, è proprio La buona novella. La prima impressione che se ne può trarre, dopo aver letto le cronache dell’epoca per bocca dello stesso Fabrizio De André, è che più che un opera sul Gesù Cristo umanizzato, sia un’opera su Maria la madre di Gesù. Non si trova in tutta l’Opera una sola parola riferita a Gesù Cristo. La sua figura è tratteggiata a partire dalla vita di Maria sua madre, parzialmente da Giuseppe, ma dai ladroni e dalle loro madri.
L’opera nel suo complesso, composta da nove brani in totale, è incastonata fra due composizioni che appaiono, facendomi perdonare il paragone poco elegante, fra i titoli di inizio e la fine di un film, che sono rispettivamente il "Laudate dominum", della durata di pochi secondi che altro non è che un coro di lode al Signore, troppo breve perché l’ascoltatore sicuramente colpito da questo coro si possa rendere conto di ciò che andrà ad ascoltare. Il "Laudade hominem", conclusione dalla quale si trae il messaggio della figura di un Cristo umano. L’opera va presa in tutto il suo insieme, non per singoli brani o canzoni, seppur i dettagli che ne vengono tratteggiati arrivino a rappresentare quella attenzione quasi seicentesca del compositore ai particolari ed alle situazioni (es. il giglio ricamato sul vestitino “alla buona” di Maria bambina). Le musiche, l’uso degli strumenti che ad esempio in un brano, "Il ritorno di Giuseppe", evocano gli strumenti del mediterraneo e delle popolazioni del deserto (la chitarra suonata alla maniera del sitar) ne sono una delle prove. Inoltre l’attenzione che l’autore pone sui personaggi che vengono descritti nell’opera, convince il fruitore più attento a voler conoscere e dotarsi di fonti di informazione diverse ad esempio dai vangeli canonici. Mi chiedo quanti fra coloro che hanno ascoltato il disco siano prima o poi giunti in libreria ad acquistare il protovangelo di Giacomo. Arte quindi, perché di opera di ingegno si tratta, ovvero opera creata da un Artista, come strumento per la conoscenza e la divulgazione secondo le propensioni del fruitore. Mi spiego meglio, l’ascoltatore o il fruitore dell’opera potrebbe essere interessato a conoscere gli strumenti musicali auto-costruiti dal popolo del deserto, piuttosto che andare a ricercare a cosa si riferisce la guerra di Nubia. Partiamo dunque dall’Infanzia di Maria. Su una musica ed una melodia sviluppata da Vittorio Centanaro anni prima, (“Belle qui tiens ma vie captive dans tes yeux”) si insinua prima il dubbio che fosse l’ora terza o la nona, quando Maria bambina viene vestita con un fiore e portata al tempio. Soprattutto la seconda ipotesi istiga il dubbio (errato in quanto la famiglia era allora considetata benestante) che la famiglia di Maria non avesse la possibilità di allevarla e sarebbe un’ipotesi plausibile, ma il “buon esempio” lascia trasparire la mancanza assoluta dell’affetto familiare, che pur di dare il buon esempio alla “comunità” preferisce l’abbandono e la privazione dell’amore verso la creatura. In realtà si tratta di cosa diversamente opposta. È il ringraziamento per la maternità di Anna. Cercheremo di spiegare meglio, ma dobbiamo permetterci una breve digressione per comprendere meglio il testo di Fabrizio De André.
Il protovangelo di Giacomo riporta che Gioacchino, il padre di Maria, fosse un uomo ricco. Sposato con Anna non ebbero figli per molti anni, sino a quando Gioacchino, pesantemente redarguito per questo motivo da un sacerdote del Tempio, rimane nel deserto per quaranta giorni ad invocare Dio per avere una discendenza. Anna e il marito ricevono la visita di un angelo che annuncia loro la maternità e si baciano sotto la porta Aurea di Gerusalemme, dove si sarebbe dovuto manifestare il Messia. Nelle promesse fatte a Dio sia Gioacchino che Anna avrebbero destinato il nascituro al servizio del Tempio. Cosi fecero e al compimento del dodicesimo anno quando Maria diventò donna, il Sacerdote del Tempio ordinò di radunare tutti i vedovi di Giudea portando un bastone. Giuseppe prese l’ultimo bastone dal quale uscì una colomba che si pose sul suo capo ed il sacerdote del Tempio affidò a lui Maria bambina. Il protovangelo di Giacomo riporta anche che Anna visse molto a lungo, oltre gli ottanta anni, e le sue spoglie prima conservate in Terra Santa vennero trasferite in Francia, dove ancora oggi esiste la Cathédrale Sainte-Anne ad APT Vaucluse in alta Provenza. Poco distante da questa cattedrale esiste anche la Basilica di Santa Maria Maddalena, precisamente a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, sempre in Provenza, dove la leggenda vuole che Maria Maddalena, si sia trasferita dopo il lungo viaggio con un’imbarcazione dalla Terra Santa insieme alle altre due Marie, Maria Salome' e Maria Jacobé. Approdarono Les Saintes Maries de la Mer, proprio il paese della Camargue ove si svolge la festa degli zingari nel mese di Maggio, quando nel periodo della ricorrenza di San Giorgio si svolge lo sposalizio degli zingari (Khorakhanè) fra la processione a mare delle tre Marie e le feste ed i falò che durano nottate intere.
Secondo i Vangeli, Maria si sarebbe addormentata in un sonno profondo (la Chiesa lo definisce Dormizione di Maria) dopo la morte di Gesù e venne poi assunta in cielo. La festa della Assunzione che si celebra il 15 agosto è esattamente questo. Tutto ciò per spiegare meglio il dubbio all’inizio del testo di Fabrizio De André. Privata quindi dell’affetto e dalle sicurezze di una casa (le mura discrete) e anche del cibo, ma soprattutto dell’amore materno, quindi abbandonata per precetto e portata nel Tempio, dove pare fosse solo un angelo a tenerle compagnia nei pochi momenti liberi dalla preghiera, interrotti solo dalla necessità di doversi alimentare. Passa il tempo, torna la stagione della libertà, salvo per Maria costretta alla preghiera per altri lunghi anni, sino a quando diventando ormai donna viene offerta agli uomini (d’ogni età, d’ogni villaggio) un popolo intero di senza spose. Maria offerta in moglie viene squadrata e guardata dalla testa ai piedi, obbligata a dodici anni a porgersi con le fattezze di una donna, come se fosse stata una colpa essersi ritrovata adulta, sciogliendo i capelli e mostrando i fianchi ad un coro di maschi che non fanno altro che ammirarla languidi, ma privandola di nuovo dell’amore cui sarebbe andata incontro se fosse rimasta a crescere con Anna. Il coro degli uomini è emblematico della loro prepotenza, si fa chiassoso, irrispettoso e commenta il corpo di Maria senza pudore, benché avesse solo dodici anni. In dieci, in cinquanta, in cento o chissà quanti, tutti rivolti verso una creatura che era solo una sola bimba, forse messa al centro del tempio per essere comprata. E di nuovo compare il destino, lo stesso destino sgarbato occorso a Maria bambina, che la vede assegnata ad un uomo già con figli, impegnato nel lavoro di falegname (forse il falegname che più tardi costruirà le tre croci ?) che stanco e spossato la prende per mano ripensando ai sacerdoti del Tempio che la vollero assegnare ad un povero uomo ormai senza più forze, ad un cuore troppo vecchio, reduce per professione (se consideriamo il Giuseppe falegname lo stesso falegname che dopo trenta e più anni costruisce le croci, Giuseppe poteva avere circa 40 anni o anche meno).
È proprio in questa frase che si intuisce la bontà di Giuseppe che nonostante abbia dovuto obbedire agli ordini dei sacerdoti se ne curerà con la devozione e l’affetto di un vero padre, padre per professione, che tiene Maria per mano incamminandosi verso casa. Si presume quindi che Giuseppe, partito per un lungo viaggio o per lavoro, affidi la bambina agli atri suoi figli per prendersene cura durante la sua assenza.
Nel viaggio di ritorno Giuseppe attraversa il deserto fra gli sguardi dei predoni, imprigionati nella distesa di sabbia che per Giuseppe è come la montagna di segatura che rappresenta l’enorme lavoro eseguito dal quale sta tornando. Guidato meticolosamente dalla luce delle stelle per indicargli esattamente la strada verso casa e dal suo asino che dà lui il ritmo del cammino (il nai nai nai cantato da Fabrizio ne rappresenta la lunghezza infinita del percorso del ritorno) per giungere da Maria con un regalo per lei. Quando finalmente si avvicina casa, a Gerusalemme pone la mano su una bambola di legno che lui stesso aveva intagliato per regalarla a Maria che non può che ricordare ancora bambina. Il dono rappresenta il primo gesto di affetto per Maria, quasi a sovvertire le pene del passato, sino a sfogarsi in pianto liberatorio per aver forse avuto il coraggio per la prima volta di alzare lo sguardo verso Giuseppe e implorare un sorriso. Un gesto di affetto ed un abbraccio di Giuseppe dapprima fatto sulle spalle poi verso il ventre che però svelano gli la maternità di Maria, che comprendendo il suo imbarazzo per quello che lui ritiene un inganno, le racconta del ricordo di un sogno. Di quel sogno dell’angelo che tutte le sere alla fine delle preghiere veniva da Maria a insegnare nuove preghiere, ma che in realtà erano favole e insegnamenti di una nuova vita, a portala a ‘volare’ con la sua fantasia verso immagini che non aveva mai visto nella realtà (il colore del vento, gli ulivi, la vite) e come se fosse stata un’altra preghiera, usava le vertebre della sua schiena come fossero stati i grani di un rosario. Sino alla scoperta della materinità da parte dei sacerdoti scuri in viso e poco indulgenti che di nuovo la allontanano dal Tempio per farla piombare più tardi fra la gente, dove si sentirà ripetere parole sconosciute, sarai la madre del figlio Dio, senza doversene dare spiegazione.
E Maria immobile dopo aver riferito del sogno resta di nuovo in attesa di un gesto di affetto da parte di Giuseppe e le lacrime le bagnano il volto. Gesto che ancora una volta giunge da Giuseppe con tutte le attenzioni che le sa portare con il perdono rappresentato da una carezza sul volto.
L’arrangiamento musicale della canzone si sta lentamente trasformando arricchendosi di nuovi accordi e nuovi strumenti, la voce stessa di Fabrizio De André pare meno grave dell’inizio dell’album. L’Ave Maria della canzone successiva è cantata da una moltitudine di persone che finalmente accolgono la fanciulla mentre attraversa il villaggio:
(Ave come saluto e augurio) incoraggiandola e accogliendola fra le donne madri, anzi, fra la più importante di tutte le donne madri, quella che sarà la madre del figlio di Dio (il Messia che si attende sotto la porta Aurea di Gerusalemme). Finalmente il terzo atto d’amore di tutta la sua vita, che la riempie di felicità. Espressa dapprima da un pianto liberatorio con la mano sopra la bocca a nascondere i singhiozzi che si trasformano presto in sorrisi a che illuminano il viso di Maria.
La voce cupa di Fabrizio De André si trasforma, la musica si arricchisce ancora di altri strumenti, compaiono i violini e gli archi, l’accompagnamento al pianoforte si fa gradatamente più ricco e i cori femminili insieme ad una overture di violini accompagnano e concludono la prima parte.
A questo punto anche nella narrazione di questo album facciamo un salto di oltre trenta anni e insieme all’accompagnamento musicale che di nuovo si fa tetro, più che all’inizio della prima parte. Note gravi di pianoforte introducono rumori gravi scanditi da una ritmica davvero da funerale. Quel bambino nel grembo che sino a pochi attimi prima (nella canzone) ha donato sollievo, gioia e innalzato Maria al rango di principessa, quel bambino ormai adulto fa ripiombare Maria nell’angoscia del dolore e di nuovo dell’abbandono. Maria si ritrova nella bottega di un falegname (Giuseppe stesso?) con gli strumenti che simulano il rumore degli attrezzi. Maria è spaventata, ma si capisce essere ben in confidenza con il falegname e lo incalza con mille domande e soprattutto chiede per chi fossero quei lavori, quei legni. Forse per chi torna dalla guerra di Nubia? Ma ecco svelato a Maria che il lavoro che si sta compiendo sarà per “tre dolori”, ovvero tre croci per due ladri di cui vengono svelati i nomi, Dimaco e Tito, ed una per Gesù, suo figlio, colpevole di aver insegnato a disertare per evitare la guerra.
L’arrangiamento musicale rivela l’opposto della solennità dell’Ave Maria precedente invadendo ogni valle e strade del rumore degli attrezzi del falegname, per far conoscere alle genti in ogni valle di Giordania, la fine che faranno i tre morituri. La musica si dota di severi battiti di tamburo mentre un flauto sembra a raccogliere le genti come il suono di un pifferaio per far conoscere loro quanto sta per accadere. Ognuno ormai è a conoscenza della condanna a morte di Gesù, gli apostoli si rifugiano nelle loro paure senza poter e saper far nulla (gruppi di dolore inquieti) e i soldati attendono di dare l’aceto ai tre che saranno crocefissi. Ecco che compare, come sarà nella strofa successiva, il primo riferimento storico, la guerra di Nubia forse al tempo di Tiberio, ma ritengo sia la guerra in generale e il discorso privo di un soggetto di chi nomina Pilato ed Erode. La voce narrante impersonale si rivolge a Gesù dicendo che la crocifissione sarà un gesto quasi di attenzione perché sarebbe stato peggio morire sbranato dai cani e lo esorta a ringraziare la benevolenza di Pilato che lo vuole crocifisso, perché lungo la strada, la via crucis, troverà persino i padri vestiti a festa di tutti quei neonati uccisi da Erode, i padri che attendono impazienti l’ultimo respiro e quindi i rantoli del moribondo, di quello che oggi chiamano ciarlatano. Ma troverà anche tutte le donne grate a Gesù per aver sorretto e perdonato Maddalena per essersi smarcata dalla condizione di schiava insieme a tutte le altre donne e soprattutto guardano chi da umano, non da divino, ha saputo insegnare un gesto di indulgenza al Padre eterno. Ovvero l’umanizzazione di Cristo.
Appaiono di nuovo gli Apostoli nascosti e silenziosi fra la folla, pronti a divulgare quella che Gesù chiamava la buona novella, ma non in quel momento, sono troppo terrorizzati (dal potere che ora vivono sulla loro pelle), nessuno ammetterà di conoscerti (nemmeno Pietro che rinnegherà di conoscerlo per ben tre volte) e in fondo è già sufficiente il suo sangue piuttosto che il nostro. Ed il compiacimento di coloro che hanno finalmente ottenuto la supremazia del proprio potere uccidendoti, rendendoti incapace di nuocere di nuovo, vedendoti sanguinare e ormai senza più vittime eccetto te ormai morente, (il potere vestito di umana sembianza) si rivolge ora verso quegli straccioni venuti a salutarti, alla ricerca di nuove vittime. Ma a vederti morire non ci sono coloro che hanno seguito il tuo insegnamento, coloro che ti amano quanto amano se stessi, perché è stato loro proibito l’ingresso al Calvario. Ma sulla Via Crucis ci sono quei due ladri che moriranno accanto a te, pallidi e stupiti di vederti trascinare ancora la croce sotto quegli immani sforzi ma con tanto vigore, hanno il volto diverso da coloro che aspettano la tua morte. A loro sarà riservato il posto d’onore accanto a te e già da ora chiedono il tuo perdono se sotto alla croce non ci saranno i loro sostenitori, ma solo le loro madri.
La musica si fa più ritmata, accompagnata da rumori e accordi di chitarra, i violini e gli archi compaiono in crescendo, il violoncello compare e introduce i fiati prima della presentazione dei ladri. Solo un accompagnamento di chitarra e tamburello compare quando Fabrizio De André introduce, con variazioni più basse nella voce, la frase riguardante “Il potere vestito d’umana sembianza”, a sottolineare l’importanza stessa della frase per essere ben compresa da tutti. Segue il dolore e la lamentela rappresentato delle madri dei ladroni verso Maria, mentre a loro saranno tolti per sempre i loro figli. Maria piange solo l’agonia di suo figlio, ben sapendo che la sua resurrezione sarà vicina. Emblematico a questo punto lo stop del pianoforte che accompagnava le madri mentre si ferma la narrazione a vantaggio di una strofa interamente musicale, quasi a dar tempo a Maria di riflettere sulle parole che starà per dire. E Maria risponde alle madri, dicendo che piange un figlio uomo, fatto di carne, figlio che ha portato in grembo come qualunque altra madre, ma a lei è toccato generare l’uomo figlio di Dio. Maria chiama Amore il figlio, sia da quando era nel grembo ed ora che è in croce, cambiando tono di voce e rammaricandosi per aver generato il figlio-uomo di Dio che muore in croce. La sua figura di madre associa il dolore alla maternità cambiando completamente la prospettiva rispetto alla maternità gioiosa che le aveva aperto i varchi fra le genti addossate ai lati della strada nel rispetto del passaggio del figlio di Dio.
Gli archi nel finale accompagnati dal pianoforte sottolineano in maniera esemplare il dolore della madre. Cambiano ora la prospettiva del racconto, la musica si fa incalzante e più veloce, l’arrangiamento diventa un susseguirsi di ritmi scanditi nella seconda parte da una batteria incalzante, gli archi accompagnano la melodia. Le parole scandiscono la rivisitazione dei dieci comandamenti liberamente interpretati da Tito il ladrone. Si sottolineano i Templi pieni di schiavi e di Sacerdoti padroni. Rubare in nome proprio è meno grave che rubare nel nome di qualcuno, in questo caso di Dio. Scanditi uno ad uno i comandamenti ribadiscono che i malfatti sono stati tutti generati dall’invidia nei confronti di chi si poteva permettere casa, donne, soldi, sino ad invidiare la vita di chi non è sul Calvario crocifisso insieme a loro. Ma è nell’ultima frase, quando la musica si interrompe quasi bruscamente (solo una chitarra accompagna con qualche accordo le parole, mentre gli archi si sottolineano il momento) che Tito il ladrone ottiene una sorta di redenzione mostrando un inaspettato dolore proprio nel momento in cui per lui sta per finire la vita (adesso che viene la sera ed buio) per chi, uomo, muore accanto a lui, ritrovando quel sentimento di pietà (cristiana?) più forte dell’odio e del rancore nei confronti dei suoi trucidatori. Confessando alla propria madre, quasi a volerla vedere più sollevata, di aver finalmente imparato e ritrovato l’Amore, sganciandosi in maniera definitiva da quella società intrisa di odio e raggiungendo la propria libertà nell’amore riscoperto. Il Laudate Hominem inizia con Laudate Dominum, il potere che nel nome di Dio uccide un uomo e alla fine assolve se stesso, cambiando poi le proprie convinzioni e chiamando di nuovo Dio quell’uomo ucciso per poter uccidere ancora. Non si può identificare con chiarezza chi vuole pensarti fratello anche mio, figlio dell’uomo.
Ma se nel nome di Dio possiamo abbracciare la fede per ottenere il perdono, potremo ottenerlo solo nelle nostre vesti di uomini. Gesù morente è uomo che ha cercato di imitare Dio. Un Dio va lodato e temuto perché Dio è potere. Qualche anno prima Fabrizio De André cantava nella sua Si chiamava Gesù queste parole: “Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia o il perdono di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia, ma inumano è pur sempre l'amore di chi rantola senza rancore perdonando con l'ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce”. Inumano, quindi divino, quindi implicitamente dotato una dualità Dio-Uomo.
L’uomo si assolve solo se non imita e se non rincorre il potere. Laudate Hominen quindi.





IL DE ANDRÉ APOCRIFO
- il rapporto con la spiritualità e la letteratura cristiana.

“I versi di un cantautore italiano, Fabrizio de André, che raccontano di quartieri malfamati dove ‘il sole del buon Dio non dà i suoi raggi’ perché troppo impegnato a ‘scaldar la gente di altri paraggi’” [Dalla prefazione del libro “Quarantena - Cuarentena: Diario dalla ‘peste’ in una bidonville argentina” di Alver Metelli a firma papa Francesco.
[Dalla prefazione del libro “Quarantena - Cuarentena: Diario dalla ‘peste’ in una bidonville argentina” di Alver Metelli a firma papa Francesco]

Questa breve frase di papa Francesco ci restituisce l’attenzione che sino ai massimi livelli è stata dedicata all’opera di questo autore, Fabrizio De André. Il tema della religione, di Gesù e di Dio sono presenti sin dai primi scritti di Fabrizio De André.
Prendiamo ad esempio la Ballata del Miché, che come ebbe a dire Fabrizio De André stesso fu la sua prima composizione all’inizio degli anni ’60. “Senza il prete e la messa perché di un suicida non hanno pietà”. Analizzando la frase, il soggetto espresso in maniera impersonale dovrebbe essere indicato come coloro che appartenendo ad una determinata religione, esprimono un concetto teologico, ovvero la pietà come uno dei sette doni dello Spirito Santo. Ma il Cristianesimo condannava il suicidio sin dal quinto secolo e a partire dal sesto secolo viene negata la sepoltura cristiana al suicida poi abolita da Giovanni Paolo II con il “Nuovo Codice di Diritto Canonico” entrato in vigore il 27 novembre del 1983. In questo senso prende forma la condanna del suicidio. Non si può quindi negare l’educazione cattolica ricevuta da Fabrizio De André trasposta in questa frase. Come pure ne Il testamento compare la frase “Non maleditemi non serve a niente tanto all'inferno ci sarò già”. Ed anche la monetizzazione della figura di Gesù Cristo “A te che sei costretta per tirare avanti costretta a vendere Cristo e i santi”.  Ne "La guerra di Piero" sono presenti le frasi “E come gli altri verso l'inferno te ne vai triste come chi deve” e “Chi diede la vita ebbe in cambio una croce”, con un preciso monito nei confronti del soldato nel non raggiungere l’inferno anzitempo. “Ninetta bella, dritto all'inferno avrei preferito andarci in inverno”.  Ed anche in questa altra frase il riferimento all’inferno non è che la condanna cristiana per l’atto che è una violazione cristiana del quinto comandamento. Arriviamo quindi al testo, che seppur tradotto da Georges Brassens, non può che restituirci altre immagini religiose nelle sue composizioni: “Si inginocchiarono sul poveruomo chiedendogli perdonofu qualche lacrima sul viso a dargli il paradisoe quando furono impiccati volarono fra i beati qualche beghino di questo fatto fu poco soddisfatto. L’atto di inginocchiarsi per poter ricevere il perdono cristiano non è da intendersi altro che la remissione dei peccati per poter giungere al Paradiso. Arriviamo quindi al testo composto per la morte di Luigi Tenco, nel 1967.

Fabrizio De André si rivolge direttamente al Signore, implorando di accogliere l’anima del suicida. “Venite in Paradiso là dove vado anch'io perché non c'è l'inferno nel mondo del buon DioDio di misericordia il tuo bel Paradiso l'hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso per quelli che han vissuto con la coscienza pura l'inferno esiste solo per chi ne ha paura… Dio di misericordia vedrai, sarai contento”. Oltre alla intera frase dove il soggetto si rivolge direttamente al Dio misericordioso, si coglie comunque nell’ultimo verso la volontà di umanizzare Dio nel verso ‘sarai contento’, come a dire che l’accoglienza in Paradiso dell’anima del suicida porterà appagamento anche a chi ne permetterà l’ingresso stesso, ovvero il Dio “umano.

Umanizzazione del Cristo che viene espressa in maniera essenziale nel brano "Si chiamava Gesù", dove l’autore ribadisce che “Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia e il perdono di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia”, ma contestualmente ammette che il ‘perdono e l’ultimo gesto d’amore’ verso coloro che stanno provocando la morte sulla croce del morituro stesso (che geme fra i rantoli e gli ultimi respiri) sono atti che solo un essere divino può compiere:  “Ma inumano è pur sempre l'amore di chi rantola senza rancore perdonando con l'ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce”. Tuttavia nello stesso album del 1967 la canzone "Spiritual" manifesta un doppio significato: da una parte c’è l’invocazione affinché il Dio in cielo scenda fra gli umani per amarli o almeno per donare loro un attimo di gioia, ma dall’altra parte la precisa richiesta dell’uomo a far sì che il Dio scenda in terra perché senza di lui l’uomo stesso non saprebbe più dove andare. L’ultima frase del testo riporta esattamente “Nel cielo e sulla terra io ti cercherò”, ovvero ti cercherò fra gli umani, ma volgerò anche il mio sguardo al cielo, tua dimora. Che dire poi della figura di "Bocca di rosa" che viene portata in processione dal parroco che regge l’immagine della Vergine in prima fila, in una sorta di quadro che Fabrizio De André chiama espressamente amore sacro e amor profano rifacendosi probabilmente al celebre dipinto di Tiziano.
Veniamo ora alla canzone "Il Pescatore". “Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno, non si guardò neppure intorno, ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame”. Il simbolo della celebrazione cristiana dell’Eucarestia sono il pane ed il vino, rispettivamente rappresentano il Corpo ed il Sangue di Cristo dove nella funzione dell’offertorio nella Santa Messa si rende grazie al Creatore. Il pescatore rappresenta in questo senso da una parte il Celebrante della funzione e Gesù stesso nell’immagine dell’ultima cena, ma anche la figura di un essere più umano, un pescatore diventato un vecchio, che si rifiuta di denunciare il colpevole di un misfatto ribellandosi, con un sorriso di compiacimento, alla autorità umana rappresentata dai gendarmi armati. E notiamo da questo testo che la canzone è il semplice racconto di un fatto accaduto, magari nella fantasia, totalmente assente di un giudizio morale, lasciando a noi l’interpretazione ed il nostro punto di vista.
In uno dei primi giornali e settimanali dell’epoca, Sorrisi e Canzoni TV, (23 agosto 1970) appare questa domanda da parte del giornalista Antonino Buratti: “Qual è il suo scopo in questa versione musicale dei Vangeli apocrifi?” - “Offrire un’immagine umana, anticonformista, non-divinizzata di tutti quei personaggi del Vangelo. Gesù, ad esempio, sarà visto più che altro come Figlio dell’Uomo, anziché Figlio di Dio: voglio riconsiderate sulla scorta dei Vangeli Apocrifi, tutta la narrazione della nascita, vita e morte di Gesù Cristo”.

Facciamo a questo punto un salto temporale di quasi trenta anni e rivolgiamo la nostra attenzione alla canzone "Ho visto Nina volare". Luce, luce lontana, più bassa delle stelle sarà la stessa mano che ti accende e ti spegne? Luce, luce lontana, che si accende e si spegne, quale sarà la mano che illumina le stelle? Non c’è e non ci può essere una risposta né alla domanda che si Fabrizio De André ci pone, né al significato che Fabrizio De André avrebbe dato a questi versi. Certo è che una domanda di questo genere non può che derivare da una profonda analisi anche del proprio essere, della propria spiritualità.

Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti”. Contenuta all’interno della canzone "Smisurata preghiera", costruita sulle poesie e sui romanzi di Álvaro Mutis, scrittore colombiano, è la trasposizione in canzone della preghiera del marinaio Maqroll, protagonista dei suoi molti romanzi. Si tatta proprio di una preghiera che il marinaio rivolge al Signore: ‘Ricorda Signore che il tuo servo ha osservato pazientemente le leggi del branco. Non dimenticarne il suo volto. Amen’. Così Fabrizio De André presentava questa canzone/preghiera durante il suo ultimo tour del 1998.
“L'ultima canzone dell'album è una specie di riassunto dell'album stesso: è una preghiera, una sorta di invocazione. Un'invocazione ad un'entità parentale, come se fosse una mamma, un papà molto più grandi, molto più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità parentali, immaginate così potentissime come una divinità; le chiamiamo Dio, le chiamiamo Signore, la Madonna. In questo caso l'invocazione è perché si accorgano di tutti i torti che hanno subito le minoranze da parte delle maggioranze. Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi... dire 'Siamo 600 milioni, un miliardo e 200 milioni' e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze. La preghiera, l'invocazione, si chiama 'smisurata' proprio perché fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi ci proviamo lo stesso”.








Cronologia dei fatti principali
1971-1981

Nel 1971 viene svelato il tentativo del golpe in Italia del 1970 ad opera di Junio Valerio Borghese che fugge in Spagna. A Londra viene aperto il primo Hard Rock Café. Jim Morrison viene trovato privo di vita. I Pink Floyd registrano a Pompei il loro famoso live. Lucio Battisti è in testa alla Hit Parade.

Fabrizio De André riceve a Reggio Emilia il 4° Premio Nazionale del Paroliere.

Viene pubblicato l’album “Non al denaro, non all’amore né al cielo” reinterpretando liberamente l’opera di Edgar Lee MasterAntologia di Spoon River”. Si avvale della collaborazione di Nicola Piovani e Giuseppe Bentivoglio. L’album contiene nove delle dieci canzoni precedentemente annunciate.





1971 - NON AL DENARO NON ALL’AMORE NÉ AL CIELO

Una breve storia

Si tratta dell’album a mio avviso più enigmatico di Fabrizio De André. Album per il quale è davvero difficile capirne e conoscerne la genesi e soprattutto il contenuto completo. Partiamo da una dichiarazione ufficiale del cantante Michele, celebre a partire dagli anni ’60 per il successo della sua canzone "Se mi vuoi lasciare". Lombardo di nascita ma trasferitosi in tenera età a Genova, diventa amico dei cantautori della futura scuola genovese, Luigi Tenco, Gino Paoli, Bruno Lauzi e lo stesso Fabrizio De André. Aveva già collaborato con Fabrizio De André nell’album "La Buona Novella", occupandosi della ricerca di un compositore per la musica del "Testamento di Tito". Come ebbe a confermare lo stesso Michele, Fabrizio De André lo ringraziò componendo per lui i testi del suo successo "Susan dei Marinai" apparso nel 1971, dove sul retro del 45 giri appare proprio "Il Testamento di Tito". Qui di seguito una sua recente intervista che mi ha rilasciato tempo fa.





Michele Maisano
- il  cantautore genovese

“Fabrizio mi regalò il libro l’Antologia di Spoon River, avuto da Sergio Bardotti, dicendo di leggerlo perché si sarebbe potuto farne un disco. Sergio Bardotti che era il produttore di entrambi contattò Giampiero Reverberi per farne l'arrangiamento.
Ma Tony Casetta [1] affida invece la produzione a Roberto Dané, con il quale Reverberi ebbe alcuni screzi al tempo di "Tutti morimmo a stento". Giampiero Reverberi viene quindi estromesso dal progetto in favore di Nicola Piovani (amico intimo di Roberto Dané) che ne cura gli arrangiamenti. Dopo qualche settimana, con la canzone "Un malato di cuore" quasi composta, piaceva ad entrambi, Fabrizio cambiò idea dicendomi che si era innamorato del libro e il disco lo avrebbe fatto da solo, ma avremmo fatto altro insieme. A proposito della decima canzone di cui mi hai chiesto e della quale c’è notizia sul 45 giri promozionale, una volta i dischi 45 giri uscivano poco prima dell’album, non ricordo con esattezza, ma pare sia stata scartata da Fabrizio pochi giorni prima di mandare in stampa l'LP, forse quella canzone non lo soddisfaceva abbastanza” [2].

È curioso rileggere i periodici del tempo dove si parla prima di dodici, poi dieci canzoni dell’album.

Giugno 1971 - Sul periodico Qui Giovani 17 giugno 1971, in un articolo firmato Giuliana Bonomo risulta molto strano che Fabrizio De André attribuisca l’arrangiamento a Reverberi. Non è escluso che si riferisca alla collaborazione con Michele, che come dichiarò lui stesso, stava progettando il disco con Fabrizio De André con la produzione di Sergio Bardotti, prima che il discografico Tony Casetta ne affidasse la produzione a Dané. Nell'articolo Fabrizio De Andrè dichiara che sono dodici pezzi tratti dalla ‘Antologia di Spoon River’ e tradotti direttamente da lui e musicati con l’arrangiamento del maestro Reverberi.

Settembre 1971
- Sul periodico Ciao 2001, 29 settembre 1971 in un articolo a firma Fabrizio Cerqua si legge che  Fabrizio De André sta lavorando in preparazione di un disco che proporrà dodici pezzi poetici tratti dalla antologia di ‘Spoon River’ e tradotti in maniera personale dallo stesso cantautore.

Settembre 1971
Appare un articolo con l'elenco di tutti i brani prossimi alla pubblicazione, dieci canzoni fra cui quella omessa sull'album poi pubblicato.

Dormono sulla collina’; ‘Un matto (dietro ogni scemo c'è un villaggio)’; ‘Un giudice (dietro ogni giudice c'è un nano)’; ‘Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato)’; ‘Canzone dell’invidia o del giardino incantato’;Un malato di cuore’; ‘Un medico’; ‘Un chimico’; ‘Un ottico’; ‘Il suonatore Jones’

Ottobre 1971 - Per avvalorare la tesi di Michele Maisano, Fabrizio De André dice di aver riletto L'Antologia di Spoon River l'anno scorso  scoprendone nuovi e più profondi significati. E da lì l'idea di farne un microsolco”. Articolo apparso su BOLERO TELETUTTO ottobre 1971 a firma Ruggero Bossi

Novembre 1971 – Su Qui Giovani a caratteri cubitali si scrive che Fabrizio De André ha scelto dieci tra le più belle poesie scritte da Edgar Lee Masters. Un anno di lavoro. L'idea di mettere in musica dieci tra le più belle pagine dello ‘Spoon River’

Ma quello che è più sorprendente è la conferma di dieci brani in queste brevi righe:

“Nella galleria degli innumerevoli personaggi di Masters, De André ha identificato dieci modi di un vivere tipo di dieci esseri umani e ne sono uscite dieci canzoni nuove, graffianti, pienamente immerse nel nostro mondo. Un disco che cambia ancora una volta la faccia della musica leggera italiana”.

Dal 45 promozionale di Non al denaro non all'amore ne' al cielo - Un matto-Un giudice

Ebbene, questo breve ultimo passaggio non è altro che la presentazione dell’intera opera di Fabrizio De André ed è stampato sulla copertina del disco 45 giri che contiene Un Matto/Un Giudice, proprio dalla stessa casa discografica che aveva prodotto, stampato e venduto il Long Playing. Chi meglio quindi dei discografici avrebbe conferma di dieci brani?

Un'altra curiosità su questo album riguarda la canzone "Un malato di cuore" che nella versione del 33 giri dura circa 30 secondi in meno della stessa versione comparsa sul Cd stampato anni dopo. La parte finale con chitarra è completamente omessa nell'LP. La spiegazione potrebbe risalire al fatto che ogni lato del vinile può contenere sino 25 minuti circa di suono. Oltre questo limite il volume generale scenderebbe sensibilmente. Questo potrebbe essere il motivo, non tanto dei circa 30 secondi persi nel "Malato di cuore", ma soprattutto dell'omissione della decima canzone tanto reclamizzata.





Mi sembra inoltre doveroso segnalare che  la canzone “Un blasfemo” ricalca la melodia della canzone "Rambleaway" della cantante inglese Shirley Collins, ma che l'archivio SIAE ha registrato come segue:

archivio Siae Rambleway





1971 - Intervista di Jacky Marti per la Radio SVIZZERA a Fabrizio De André
[
Autorizzazione all'uso di questa intervista ottenuta da Jacky Marti nel Novembre 2022, con l'invio di foto e altri stralci (non pubblicati) della intervista]

Natale 1971

Buongiorno sig. De André mi chiamo Jacky Marti sono della Radio Svizzera. Scusi se la disturbo, senta, noi vogliamo fare una trasmissione sul suo ultimo disco. Mi sono permesso di telefonarle per avere qualche informazione. Sì, so che lei di solito non vuole rilasciare interviste


Buongiorno, perché no, perché no,

ah sì? Ma non so, sono notizie che arrivano qui, vuol dire che sono false,
Sì penso di sì. Master dipingeva dei personaggi della piccola borghesia americana del ’18-’21 che sono rimasti pressappoco gli stessi che si muovono qui da noi adesso in Italia, in Svizzera da voi, in Francia, dovunque, quindi pensavo che ci fosse un materiale umano simile a quello con cui abbiamo a che fare al giorno d’oggi e che ha dipinto in modo poetico incredibilmente giusto. A questo punto si è trattato di riesumare la poesia di Masters, di metterla in rima e di darle la possibilità di essere musicata e lavorare. Di un materiale umano trattato così poeticamente non potevo neanche pensare di farlo io, voglio dire, avrei potuto metterci anche tre anni e non mi veniva bene come era venuto a Masters. L’album si snoda secondo due filoni: il primo è quello dell’invidia, il sentimento dell’uomo che porta l’uomo stesso a comportarsi in modo appunto disumano; il secondo filone è quello della scienza che non serve, né a chi se ne serve a migliorare la propria vita, né serve alle persone nei confronti delle quali viene esercitata, o come minimo non basta a risolvere i problemi esistenziali che continuano a mettere l’uomo in condizioni di vivere soffrendo. Le situazioni fondamentali erano queste, come due alternative, una la scienza l’altra l’invidia. Avevo messo nella prima facciata quello dell’invidia per questioni d’amore: era un malato di cuore che pur avendo tutti i requisiti necessari per invidiare, infatti era uno che stava su una carrozzella, con uno slancio d’amore e anche di coraggio riesce a superare questa sua crisi e muore, però muore felice, contento. È riuscito a divincolarsi da questo suo guardare il mondo con gli occhi e ha voluto provare ad affrontare la realtà anche se andava incontro ad un suicidio detto chiaramente. Nella seconda parte, proprio in contrapposizione alla scienza ho messo il suonatore Jones che non fa praticamente nessun calcolo speculativo ma semplicemente si comporta e agisce come nella sua natura di testa, a seconda della sua forma biologica, gli piace suonare e lascia perder le terre che possono andare tranquillamente alle ortiche. La differenziazione fondamentale fra tutti i personaggi che sono morti di morte violenta o come minimo innaturale, contrapposti ad uno invece che muore di morte naturale anche perché è uno che si è scelto appunto la vita pensando di viverla come gli conveniva dal punto di vista umano, biologico, senza cercare di prendersi lauree e di farsi ingannare da falsi onori militari o roba del genere, soprattutto la difficoltà di comunicare fra la gente. Poi la cosa fondamentale, la grossa idea di Masters è quello di aver fatto parlare delle persone già morte non più in grado di competere, di avvilirsi attraverso dei tentativi di cannibalismo. Quando una persona è morta si presume non abbia più nulla da combattere e quindi è particolarmente sincera, e quindi in grado di comunicare. Perché secondo me solo con la sincerità si può comunicare altrimenti si sta zitti, voglio dire, se si hanno delle riserve mentali. Ora questi morti non hanno più riserve mentali. Questa è l’idea che mi è piaciuta molto. Questi morti dovrebbero insegnare ai vivi come comportarsi.
Lo conosceva da molto Masters?
Da quando ho diciotto anni. Lo si rilegge in maniera diversa, si rilegge con uno spirito diverso, anche confortati da un certo tipo di realtà con cui siamo stati a confronto quindi quei personaggi che si è incontrati per strada. Anche lui, il matto, fa parte dell’invidia, è un invidioso, perché tenta di studiare e qui viene anche presa abbastanza in giro la mania della cultura da supermercato…
Io cercai di imparare la Treccani a memoria…
Esatto, lui tenta di adeguarsi alle persone che lo circondano e finisce per diventare pazzo, però la sua pazzia è frutto della carogneria della gente che gli stava intorno che continuava a dirgli sei lo scemo del villaggio. Bisogna sempre andare dietro agli altri per cercare di mostrarsi all’altezza della situazione. Ora può darsi benissimo che uno scemo del villaggio abbia un modo interiore tale per cui può tranquillamente da fregarsi degli altri che magari sono più colti di lui.  Pur sempre una colpa di un certo tipo di società che ci costringe a passare per scemi del villaggio.
Ho letto da qualche parte che lei non ha voluto fare un disco, diciamo, politicizzato, ma piuttosto un discorso umano, non ha voluto intromettere il discorso politico ma proprio un discorso umano universale.
Io ho cercato di evitare un discorso politico perché oltretutto quando si parla di individui riferiti ad un certo tipo di società si parla necessariamente della politica, quindi partire dalla politica per arrivare all’individuo direi che è sbagliato, caso mai si parte dell’individuo per arrivare poi ad un tentativo di forma politica in cui l’individuo riesca a vivere meglio, quindi il mio non è mai un discorso politico. Intendendosi come politica appunto il partitismo, un certo modo di strutturare la società dall’alto verso il basso, io parto sempre dal basso verso l’alto, cioè parto dall’individuo. Il giudice è il contrario, lui sfrutta il fenomeno d’invidia per diventare a sua volta un invidiato, cioè uno che ce la fa, arriva, come si dice al giorno d’oggi e a questo punto la cattiveria di cui era stato vittima prima la usa nei confronti degli altri, quindi è l’altra faccia della medaglia. Il lavoro peggiore da un punto di vista della fedeltà all’autore, a Masters, è stato quello di “realtalizzarlo”, cioè di renderlo digeribile da molte persone che lo avevano conosciuto. Il blasfemo viene ammazzato dalle botte di due infermieri, di due guardie cattoliche perché viene incriminato per libertinaggio, cioè hanno “musicato” leggi antiblasfeme. E a questo punto si rende conto però che siccome la morte gli è stata data non da cause naturali ma dalle botte di due infermieri cattolici, probabilmente questo dio che lui ha bestemmiato non soltanto non esiste, ma è stato addirittura inventato da un certo tipo di sistema politico che lo ha fatto crescere e poi sfruttarlo. Le ultime parole del blasfemo sono ci costringe a sognare in un giardino incantato, quindi ad invidiarci. Non è certo in possesso di quella famosa mela per cui, pare, un paio di persone avessero nel paradiso terrestre. Il malato cuore è il sinonimo d’invidiare a quel punto, cioè avevo tutti i requisiti per invidiare il mio prossimo essendo seduto su una carrozzella, improvvisamente però un fatto d’amore mi ha fatto attraversare la grande acqua e così… sono morto d’accordo, ero consapevolissimo del fatto che si lascia le penne se si fa l’amore. Jones. A lui piace suonare, vede che la gente è contenta di sentirlo suonare, non gli va assolutamente di prendere in mano l’aratro perché gli vengono i calli, vive tranquillo, non gliene frega niente della terra che ha ereditato visto che sono infestata da corvi, da pettirossi, non gliene frega nulla. Edgar Lee Master finisce la poesia, come potevo coltivare le mie terre, non parliamo d’ingrandirle, perché questa in fondo era la forma mentis di quella gente, cioè di cercare d’ingrandire la proprietà. Questo è un attacco alla proprietà secondo me, poi sulla proprietà si possono fare tutti i discorsi che si vogliono, secondo me la proprietà si può dimostrare che è libertà e nello stesso tempo che è un furto. Dov’è che la libertà diventa furto, dov’è che diventa libertà. Diventa libertà nella misura in cui la propria proprietà permette anche agli altri di averne una per loro, diventa furto invece laddove invece impedisce agli altri di averne una anche per loro, bisognerebbe conciliare questi due concetti. E per quanto riguarda Jones mi sembra che per lui la proprietà sia una libertà oltretutto abbastanza inutile perché lui se la va a cercare al di fuori della propria terra, cioè al di fuori della sua proprietà. Per lui la proprietà vera insomma è quella di sentirsi libero di essere se stesso, nel senso di fare quello che ti accomoda, suonare per la gente e per se stesso.
Si è sentito identificato con il Suonatore Jones
No no no, non mi sono identificato affatto col suonatore Jones, perché lui è uno che suona gratis, io sono uno invece che fa della musica un astuto mestiere per fare dei denari, non ho niente da vedere con Jones. Il prossimo disco è preso da un processo ad un anarchico fatto nel 1880 a Parigi.
Un tema d’attualità..Non proprio perché questo qua la bomba l’aveva buttata sul serio, quindi non è che sia molto attuale.

intervista di Jacky Marti radio Svizzera





Fernanda Pivano -
breve colloquio nella sua casa di Milano 2003

“Io avevo un registratore, tipo così, che mi avevano dato in Giappone una settimana prima, l’avevo messo in tasca, ero entrata in questa camera da letto e l’avevo messo sotto il letto, lui non se n’era accorto perché… faceva vedere che era tanto stanco, era un commediante, allora avevo fatto questa intervista e Roberto Dané era nella stanza vicina e quando ha capito che lui non aveva più voglia si è affacciato alla porta e mi ha fatto “No!”, allora io ho smesso di fare l’intervista, poi il coso, l’ha raccolto Roberto Dané, il registratore, sai non c’erano ancora in Italia…”.
“Ma i testi che lui ha scritto te li ha fatti leggere prima di far le canzoni?”
“Della traduzione? Quel giorno che è venuto a chiedermi se poteva farlo, perché, pensa, uno scrittore come lui che viene a chiedere ad una bambina come me se poteva fare la traduzione, lui mi aveva detto”, ‘Io vorrei fare queste cose…’ e io ah… hai capito, non credevo ai miei occhi, alle mie orecchie, sai, ero veramente sbalordita, allora lui ha pensato che non ero contenta. Allora lui mi ha detto: ‘Lei magari non mi conosce, e vorrebbe sapere che cosa ho in mente di fare, io adesso non ho la chitarra, ma se vuole le posso accennare come sono queste cose che vorrei musicare’ e mi ha cantato una delle canzoni, una delle cinque canzoni, io non credevo a quello che stava succedendo, sai per me era…e poi l’ho accompagnato, dopo un po’ lui ha voluto andare via, e l’aveva lasciata sul pianerottolo davanti all’ascensore, e dico, ma sei matto, ormai sai ci davamo del tu, ma sei matto? E se te la rubavano?
"Eh…ne cercavo un’altra", "ma perché non l’hai portata dentro?", ah dice "Avevo paura di disturbare", e… hai capito e io mi sono innamorata di De André, su portatela via prima che qualcuno te la rubi in ascensore”.

Audio originale della intervista di Mariano Brustio a Fernanda Pivano, Milano 2003



Nel 1971 Leonard Cohen pubblica il suo terzo album che contiene la canzone "Avalanche". Vedremo più avanti il perché di questa citazione. Nello stesso album compaiono "Joan of Arc" e "Famous Blue Raincoat", riprese da Fabrizio De André la prima e affidata ad Ornella Vanoni la seconda, con il titolo "La famosa volpe azzurra".



Nel 1972 Paolo VI nel mese di giugno parla del fumo di satana che sta invadendo pian piano i Palazzi Sacri, e nell’udienza di novembre ’72 cita undici volte il demonio, una volta satana, una volta il diavolo. (Fabrizio De André ne parlerà per la spiegazione della genesi di "Amico Fragile"). Bill Gates fonda la Microsoft. Nicola di Bari vince il Festival di Sanremo. Il film "Il giardino dei Finzi Contini" di Vittorio De Sica trionfa agli Oscar. Luigi Calabresi viene assassinato a Milano. Il partito dei monarchici confluisce nel Movimento Sociale Italiano. Il film "Il Padrino" vede le sue prime proiezioni e la canzone della colonna sonora domina anche la Hit Parade.



La Laurea ad Honorem

Nel gennaio 1972
il settimanale "Sorrisi e canzoni TV" recenscisce a firma di Gigi Vesigna il disco su Spoon River e compare la notizia di una imminente Laurea ad honorem che gli verrebbe conferita da una università della Svizzera.

Georges Brassens pubblica il suo 33 giri che contiene “Fernande”, “Mourir pour des idées” e “Les Passantes” tratta da una poesia di Antoine Pol. Più avanti la spiegazione della citazione di "Fernande".

Fabrizio De André pubblica il 45 giri “Suzanne-Giovanna d’Arco” traducendo due brani del cantautore canadese Leonard Cohen.


 

Il
Festivalbar

Sui magazine dell’epoca e sul Corriere della Sera dell'aprile 1972 compare una notizia che si rivelerà del tutto priva di fondamento, ovvero di una prossima partecipazione al Festivalbar del 19 agosto con la canzone "Un chimico". Ma non solo, che il cantante accetterebbe un fuorigara. Non sopporta di essere stato trattato come un "ortaggio" prendendosi gioco della sua libertà e che per difendersi sarebbe disposto ad arrivare alla Corte Costituzionale.

Nel 1973 i Pink Floyd pubblicano l’album “The Dark Side Of The Moon”. A New York vengono inaugurate le Torri Gemelle. Nasce il telefono cellulare. A Belfast esplodono contemporaneamente 19 bombe. Salvador Allende si suicida durante il colpo di stato del generale Augusto Pinochet. Henry Kissinger diventa segretario di Stato negli Stati Uniti. Juan Domingo Perón è eletto presidente in Argentina.

Fabrizio De André pubblica “Storia di un Impiegato”.

Una presa di posizione politica che Sorrisi e canzoni TV del 28 ottobre 1973 a cura di Luigi Bianco“ considera un discorso difficile, che ricorda le lotte anarchiche, ma Fabrizio de André dichiara invece che vuole far conoscere agli operai qualche parola in più, perché solo imparando altri vocaboli gli operai potranno difendersi dai padroni. Una storia di una presa di coscienza.



1973 - La canzone del maggio  - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

una personale interpretazione

Da discussioni politiche con Roberto Dané, il produttore, e su ispirazione di una canzone francese di Dominique Grange "Chacun de vous est concerné" nasce il progetto di un disco “politico”. La canzone citata nel titolo ricalca abbastanza fedelmente, seppur con adattamenti deandreiani, la traduzione dal francese. Ma curiosamente esiste una versione abbastanza diversa e non fedele al testo originale, che vede la luce il 3 settembre 1973 con una versione su cassetta K7 della Canzone del Maggio diversa da quella poi ripubblicata ufficialmente il successivo 3 ottobre 1973.  Lui stesso richiese espressamente l’interruzione della produzione di quanto era già in stampa e quindi di non pubblicare la versione qua sotto riportata. Esistono sul Web molti siti che riportano questa versione, a volte definendola una versione eseguita solo dal vivo, oppure ancora registrazione non ufficiale o versione censurata. La realtà è diversa. La già avviata produzione della prima cassetta venne interrotta per volere stesso dell’autore e non risulta commercializzata, sebbene ne esistano copie autentiche datate appunto 3 settembre 1973. Quello che segue non è quindi il testo conosciuto dai più, ma un testo dello stesso Fabrizio De André che ha ritenuto di farne alcune correzioni e modifiche. Cercheremo comunque di commentare la versione seguente omettendo le parti già conosciute.

Versione poi cambiata dall’autore:

se la paura di guardare/vi ha fatto guardare in terra/se avete deciso in fretta/che non era la vostra guerra/voi non avete fermato il vento/gli avete fatto perdere tempo

Una libera interpretazione. Se voi popolo di benestanti avete avuto paura dei cambiamenti nella realtà negli anni ’70, sappiate che non serve chinare la testa per nascondervi, oppure per non voler vedere la realtà stessa che cambiava, voi non ci avete comunque fermato, anzi non avete fermato il vento del cambiamento ormai in atto,

voi siete stati lo strumento
per farci perdere un sacco di tempo

ma ci avete ostacolato nel nostro comune desiderio di cambiare.

Se avete lasciato fare
ai professionisti dei manganelli
per liberarvi di noi canaglie
di noi teppisti di noi ribelli
asciandoci in buonafede
sanguinare sui marciapiede
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c’eravate

E se per non vedere quanto stava accadendo avete voltato la faccia dall’altra parte quando la polizia ci bastonava ritenendoci solo teppistelli da castigare o canaglie da internare, voi ora non potete dire… non lo sapevamo.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
se sono rimasti a posto
perfino i sassi nei vostri viali
se avete preso per buone
le “verità” dei vostri giornali
non vi è rimasto nessun argomento
per farci ancora perdere tempo.
Lo conosciamo bene
il vostro finto progresso
il vostro comandamento
“Ama il consumo come te stesso”
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
voi non potete fermare il vento
gli fate solo perdere tempo
 
Persino se dove abitate non è accaduto nulla di violento, se non avete fatto altro che credere all’informazione (manipolata) dei quotidiani e avete confuso il progresso con il consumismo, nemmeno il vostro immobilismo intellettuale che ha perdonato le violenze della polizia potrà fermare il vento del cambiamento.

È interessante invece analizzare il testo francese

1968 - Chacun de vous est concerné
(traduzione dall’originale di Dominique Grange)

Nonostante che il mese di maggio
Non vi abbia quasi toccato
Anche se non c’erano
Dimostrazioni nelle vostre strade
Anche se la vostra auto
Non è stata incendiata
Anche se non ti interessa
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se avete fatto finta
Di credere che non è successo nulla
Quando in tutto il paese
Le fabbriche hanno chiuso
Anche se non avete fatto niente
Per aiutare chi stava lottando
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se avete chiuso
La vostra porta sul nostro naso
Quella notte che avevamo
Le guardie repubblicane alle calcagna
Se voi avete permesso che
Ci bastonassero sui pianerottoli
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se nelle vostre città
Tutto è rimasto calmo
Senza sassi, senza barricate
Senza feriti e senza granate
Anche se vi siete bevuto
Quel che ha detto la televisione
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se adesso pensate
Che tutto vada bene come prima
Perché avete votato
L’ordine e la sicurezza
Anche se voi non volete
Che noi possiamo farlo di nuovo
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto

È del tutto evidente la fedeltà del testo definitivo al testo originale francese, seppur con le licenze traduttive adottate da Fabrizio De André.

Rimane comunque incomprensibile il perché, in una versione che sembra un provino cantata da Fabrizio De André con il solo accompagnamento di chitarra e pianoforte, il testo, seppur con l’inversione di una strofa e di una ulteriore strofa non presente nella versione definitiva, sia sostanzialmente identico alla pubblicazione ufficiale. Vediamo quindi le differenze riscontrate dal “provino”:

Versione pubblicata

 1^ strofa identica
2^ strofa
E se vi siete detti
Convinti che fosse un gioco
3^ strofa identica
4^ strofa
5^ strofa
E grideremo ancora più forte
Versione del provino

1^ strofa identica
2^ strofa
Anche se avete detto
Credendo che fosse un gioco
3^ strofa identica
4^ strofa invertita con la 5^ con la sola variazione di una parola

E busseremo ancora più forte
5^ strofa identica alla 4^ della versione pubblicata
6^ strofa non presente nella versione originale
Sono identificabili
I vostri sbirri fuori città
Gli stessi impermeabili
La stessa mentalità
E poi anche dalle prigioni
Faremo uscire dalla porta
Le nostre più belle canzoni
A ricordarvi un’altra volta
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti



Nel 1974 Iva Zanicchi vince il Festival di Sanremo. A Genova avviene il primo sequestro delle Brigate Rosse, quello del giudice Mario Sossi. Il Vaticano scomunica l’abate di San Paolo Fuori le Mura, a Roma, perché si dichiara a favore del divorzio, che nel maggio del ’74 diventerà legge. Carlo Alberto Dalla Chiesa diviene comandante della sezione dei Carabinieri espressamente costituita per l’antiterrorismo. Il giorno dopo viene liberato Mario Sossi. I fascisti di ordine Nuovo fanno esplodere la bomba di piazza della Loggia a Brescia e le Brigate Rosse a Padova uccidono due persone nella sede del Movimento Sociale Italiano. A Pinerolo viene arrestato Renato Curcio. La Banca d’Italia garantisce il salvataggio della banca di Sindona, che poi fugge negli Stati Uniti. Silvio Berlusconi inaugura la sua prima tv privata con Telemilano. L’ex capo del Servizio Informazioni della Difesa, il Gen. Vito Miceli, viene accusato di cospirazione contro l’Italia per aver favorito il fallito colpo di Stato Borghese. Paolo VI inaugura l’Anno Santo, ma il Diavolo si mette di mezzo e cade un pezzo di soffitto mentre apre la Porta Santa.

Claudio Baglioni
domina la Hit Parade.

Fabrizio De André pubblica l’album “Canzoni” che contiene una sua interpretazione nella traduzione di Bob DylanVia della Povertà” oltre a tre traduzioni da Georges Brassens e due da Leonard Cohen.

Gianni Boncompagni su Sorrisi e Canzoni TV 25 agosto 1974 scrive che Canzoni" ha il pregio, di riportarci questo De André poeta delle piccole grandi cose rese suggestive dalla sua voce evocativa. Oltre ai vecchi motivi accenna ai pezzi inediti, ‘Morire per delle idee’, e ‘Le passanti’ da Brassens, ‘Via della povertà’ di Bob Dylan che De André ha tradotto con la collaborazione di Francesco De Gregori, ‘Suzanne’ e Giovanna D'Arco’, di Leonard Cohen, due motivi già usciti a 45 giri.

Dalle Carte De André a pag. 193 capoverso 5 (p.U.8)
"Sulla parte superiore della pagina, appunti per la registrazione delle canzoni La canzone dell’amore perduto, Suzanne e Delitto di paese; nella parte inferiore, bozza di traduzione dal francese all’italiano del testo della canzone di George Brassens, "Fernande". (La s di Georges manca sul testo originale). Ecco la spiegazione al mio capoverso "Nel 1972" della citazione  a proposito della canzone "Fernande" di Georges Brassens.

Nel 1975, le Brigate Rosse fanno evadere Renato Curcio dal carcere di Casale Monferrato. Si diventa maggiorenni a 18 anni con la legge 39 del 1975. Si apre a Roma il congresso del PCI con Enrico Berlinguer, come Aldo Moro, favorevole al Compromesso Storico. La rivista "Re Nudo" organizza a Milano il Festival del Proletariato Giovanile al Parco Lambro. A Genova vanno in disarmo la nave Raffaello e la Michelangelo. Pier Paolo Pasolini viene assassinato a Ostia.
Claudio Baglioni
è di nuovo leader della Hit Parade.

I Nomadi pubblicano il loro 23° singolo che contiene "Gordon/Sorprese". La firma delle composizioni è di Beppe Carletti, Romano Rossi. La melodia di "Gordon" altro non è che la stessa melodia della canzone "Avalanche" di Leonard Cohen pubblicata nel 1971. Ecco la spiegazione al mio capoverso precedente "Nel 1971".

Fabrizio De André pubblica “Volume 8” con la collaborazione di Francesco De Gregori e nell’album è presente la sua interpretazione della traduzione di "Nancy", canzone di Leonard Cohen. Nei tour successivi cambierà la parola "Nancy" con "Marta" definendola una ragazza fra tante, costretta a vendersi nei "palazzi del mistero" e poi spezzata con il proprio suicidio dal giudizio malevolo della gente. Fabrizio De André debutta in concerto alla “Bussola”. Una spiegazione del concerto viene data in Sorrisi e Canzoni TV del 1 giugno 1975 dove Fabrizio De André dichiara di essere andato alla Bussola perché Sergio Bernardini, suo amico, lo corteggiava e gli offriva delle garanzie tecniche ben precise: la perfezione tecnica assoluta. In un locale dove c'è gente con giacca e cravatta è giusto il costo alto del biglietto. Salvo nei pomeriggi in cui canto per i giovani per un biglietto da 700 lire.





1975 -Volume 8

analisi di qualche testo






1975 - Amico Fragile  - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

una personale interpretazione


“Stavo ancora con la Puny, la mia prima moglie, e una sera che eravamo a Portobello di Gallura, dove avevamo una casa, fummo invitati in uno di questi ghetti per ricchi della costa nord. Come al solito, mi chiesero di prendere la chitarra e di cantare, ma io risposi: 'Perché, invece, non parliamo?’ Era il periodo che Paolo VI aveva tirato fuori la faccenda degli esorcismi, aveva detto che il diavolo esiste sul serio. Insomma a me questa cosa era rimasta nel gozzo e così ho detto: 'Perché non parliamo di quello che sta succedendo in Italia?’ Macché, avevano deciso che dovessi suonare. Allora mi sono rotto le palle, ho preso una sbronza terrificante, ho insultato tutti e sono tornato a casa. Qui mi sono chiuso nella rimessa e in una notte, da ubriaco, ho scritto Amico fragile. La Puny mi ha stanato alle otto del mattino, non mi trovava né a letto né da nessuna parte, ero ancora nel magazzino che finivo di scrivere. Sicché l'album è la voce di una ribellione individuale” [1].

“Scrissi questa canzone di getto, per una volta facendo precedere alla musica il testo, aiutato da una sbronza di quelle rabbiose. Dopo una serata nel parco di una villa sarda, piena della cosiddetta gente bene che, visto tra loro un divo della canzone, pretendevano che mi mettessi a cantare. Io avevo voglia di parlare, ma per loro ero soltanto un jukebox. Così m’infuriai, andai a chiudermi in garage e scrissi fino all’alba, ubriaco, questo ritratto d’artista-oggetto. Per una volta, scrivendo, parlavo di me: troppe volte, nel mio mestiere, ti capita di scrivere cose che non pensavi di scrivere, ricordi dimenticati che riaffiorano, idee che non rammentavi d’avere, voci che ti arrivano da un altrove, forse dal mondo, forse dal tuo io prenatale. È come se qualcuno dettasse e tu fossi un copista, chiamato a dar voce al mistero. Qui no: ho raccontato un artista che sa di essere utile agli altri, eppure fallisce il suo compito quando la gente, degli artisti, non si rende più conto di averne bisogno” [2].

Testo: Evaporato in una nuvola rossa
Note: me ne sono andato da quella festa con una bottiglia di vino in mano
T: in una delle molte feritoie della notte
N: e mi sono rifugiato in un posto sicuro da cui difendermi e da cui poter attaccare
T: con un bisogno d'attenzione e d'amore|troppo "Se mi vuoi bene piangi" |per essere corrisposti
N: desideravo che voi rivolgeste la mia attenzione ai miei bisogni, ma avrei dovuto solo piangere come un bambino per farvi accorgere di me, del mio non essere un divo quella sera, ma semplicemente una persona
T: valeva la pena divertirvi le serate estive |con un semplicissimo "Mi ricordo":
N: potevamo semplicemente parlare, anche far riaffiorare ricordi
T: per osservarvi affittare un chilo d'erba |ai contadini in pensione e alle loro donne
N: ma non stare ad ascoltare le vostre storie di ricchi villeggianti possidenti che affidate le vostre tenute della Sardegna a qualche contadino bisognoso e con famiglia che possa curarle durante la vostra assenza
T: e regalare a piene mani oceani |ed altre ed altre onde ai marinai in servizio |fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli |senza rimpiangere la mia credulità:
N: nemmeno ascoltare i vostri racconti di come e quando ingaggiate i marinai sui vostri yacht per farvi portare nelle calette di mare più esclusive, senza che io mi debba stupire di questa banalità
T: perché già dalla prima trincea |ero più curioso di voi |ero molto più curioso di voi
N: ebbene già ben prima di quella sera io volevo interessarmi ad altro, la mia curiosità era molto più viva della vostra pochezza di spirito
T: E poi sospeso tra i vostri "Come sta | meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci| tipo "Come ti senti amico, amico fragile|se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
N: invece voi semplicemente vi rivolgete a me con i soliti convenevoli e con un tono così famigliare per rassicurarmi, ma così distante…
T: "Lo sa che io ho perduto due figli"
N: …dicendomi cose tanto intime per farmi intenerire
T: "Signora lei è una donna piuttosto distratta"
N: mentre io sarcastico vi rispondo in modo sgarbato senza che voi capiate che sono davvero infuriato
T: E ancora ucciso dalla vostra cortesia |nell'ora in cui un mio sogno |ballerina di seconda fila |agitava per chissà quale avvenire |il suo presente di seni enormi |e il suo cesareo fresco,
N: mentre voi redarguite il mio commento su quella ballerina fuori luogo che forse mi adocchiava e alla quale avevo regalato un mio altro sarcastico e davvero crudo commento
T: pensavo “è bello che dove finiscono le mie dita |debba in qualche modo incominciare una chitarra”
N: mi sono rassegnato alla vostra pochezza quando mi avete chiesto di imbracciare la chitarra e cantare
T: E poi seduto in mezzo ai vostri "Arrivederci"[3]
N: e quando me ne sono finalmente andato fra i vostri altri convenevoli e saluti
T: mi sentivo meno stanco di voi |ero molto meno stanco di voi
N: mi sono sentito di nuovo vivo e libero al punto di…
T: Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta |fino a vederle spalancarsi la bocca.
N: ...avere qualsiasi desiderio diverso dalla vostra stupidità e nullità di esistenza
T: Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli |di parlare ancora male e ad alta voce di me.
N: anche e persino di rendermi conto del mio fallimento nel ruolo di padre 
T: Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo |con una scatola di legno che dicesse "Perderemo"
N: ma quella sera io volevo solo riporre la mia chitarra e chiedere a voi di deporre la vostra boria per parlare della realtà di questo nostro mondo, perché io non sono il Suonatore Jones, costretto a suonare per tutta la vita
T: Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane |Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
N: avremmo potuto parlare anche per farvi almeno comprendere il mio bisogno di libertà, il mio concetto di anarchia o di individualismo
T: Potevo assumere un cannibale al giorno |per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle
N: avrei voluto evitare di farmi insegnare da quell’astronomo che era fra di voi come si guardano le stelle, sarei semplicemente uscito di casa e avrei alzato gli occhi al cielo
T: Potevo attraversare litri e litri di corallo |per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci [4]
N: e infine mi sono reso conto di essere disposto ad attraversare talmente tante difficoltà pur di andarmene lontano da voi e prendere le distanze dal vostro ambiente
T: E mai che mi sia venuto in mente |di essere più ubriaco di voi |di essere molto più ubriaco di voi
N: anche se ero ubriaco, come voi, forse più di voi.




1975-La cattiva strada -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

una personale interpretazione e analisi del testo
[5] [6]


Testo: Alla parata militare |sputò negli occhi a un innocente |e quando lui chiese "Perché" |lui gli rispose Questo è niente |e adesso è ora che io vada" |e l'innocente lo seguì |senza le armi lo seguì |sulla sua cattiva strada

Nota: apparentemente dopo due anni da Storia di un impiegato, album intriso di una evidente forma politico-rivoluzionaria dell’impiegato che, anche se solo in sogno, tenta di sovvertire l’ordine ed il potere costituito con una bomba peraltro sfortunata (che comunque lo condanna alla pena del carcere) in questo brano appare la sostanza della pura trasgressione. L’atto di sputare negli occhi ad un militare presuppone un coraggio non indifferente, a maggior ragione perché avvenuto durante una parata militare, ovvero, nel momento in cui la potenza dell’esercito è platealmente palesata e sbandierata. Ma qui il soldato è raffigurato come innocente, ovvero come non colpevole di alcun atto offensivo nei confronti di altri. Ragion per cui il soldato stesso alla richiesta di spiegazioni peraltro negate, attraverso la formula del perché e di una risposta logica negata (questo è niente, questo è solo l’inizio) comprende immediatamente la sua situazione di “essere potenzialmente offensivo pur non volendolo” e quindi abbandona i suoi strumenti di offesa e desiste dal suo ruolo, seguendo senza esitare il soggetto che non si paleserà mai né in questa azione, nemmeno nelle successive e lo segue sulla sua cattiva strada di provocatore.

T: Sui viali dietro la stazione |rubò l'incasso a una regina |e quando lei gli disse "Come" |lui le risposte |Forse è meglio è come prima |forse è ora che io vada" |e la regina lo seguì |col suo dolore lo seguì |sulla sua cattiva strada
N: allo stesso modo rubare l’incasso di una giornata di lavoro ad una prostituta che sorpresa riesce solo a domandare il “come”, e udire la risposta che recita quasi ‘non è successo nulla, tutto è come prima che io arrivassi a derubarti, annulla e immobilizza la reazione della prostituta stessa che decide di seguirlo nelle sue stesse azioni, nel suo cattivo comportamento destabilizzante ed ancora trasgressivo, ma lo segue riconoscendo il dolore che le provoca la sua precedente professione.
T: E in una notte senza luna |truccò le stelle ad un pilota |quando l'aeroplano cadde |lui disse "È colpa di chi muore |comunque è meglio che io vada" |ed il pilota lo seguì |senza le stelle lo seguì |sulla sua cattiva strada
N: Truccare, rubare, spegnere l’unica luce ad un pilota, privarlo di ogni suo punto di riferimento, induce il pilota stesso a trovare un nuovo cammino, un nuovo punto di riferimento. Paradossalmente anche in questo caso la trasgressione e il reato commesso di uccidere, saranno l’unico mezzo che avrà per intraprendere la sua strada liberandolo dalla regola dell’obbedienza.
T: A un diciottenne alcolizzato |versò da bere ancora un poco |e mentre quello lo guardava |lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi |adesso è ora che io vada" |l'alcolizzato lo capì |non disse niente e lo seguì |sulla sua cattiva strada
N: il paradosso del diciottenne già alcolizzato cui si offre ancora dell’alcol per fargli comprendere la sua situazione di disadattato, come nello specchio in cui si riflette l’offerente che sa di compire una azione limite. L’azione di tacere e seguirlo impassibile presuppone la sua presa di coscienza.
T: Ad un processo per amore |baciò le bocche dei giurati |e ai loro sguardi imbarazzati |rispose "Adesso è più normale |adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto |che io vada" |ed i giurati lo seguirono |a bocca aperta lo seguirono |sulla sua cattiva strada
N: di nuovo paradossale permettersi di avvicinarsi ai giurati di un tribunale e di poter non solo parlar loro, ma addirittura baciarli tutti proprio perché il processo trattava il tema dell’amore, destabilizza anche qui la regola della perfezione. Ovvero noi giurati “perfetti” siamo stati avvicinati da uno sconosciuto “imperfetto” che ha osato e ci è riuscito a sconvolgere l’equilibrio di quell’attimo solenne, tanto che con la bocca ancora aperta per la sorpresa lo seguiamo nella sua direzione.
T: E quando poi sparì del tutto |a chi diceva "È stato un male" |a chi diceva "È stato un bene" |raccomandò "Non vi conviene |venir con me dovunque vada" |ma c'è amore un po' per tutti |e tutti quanti hanno un amore |sulla cattiva strada
N: non abbiamo una risposta alla domanda se lo sconosciuto artefice di queste azioni sia stato un “male” o un “bene” ma abbiamo una risposta sul punto di vista diverso dell’altro che non ci invita alla trasgressione, ma almeno ci sensibilizza sulle differenze e sulle possibili uscite per raggiungere un cammino di “diversa conoscenza e di amore” e ci sollecita a seguire anche illogicamente una “cattiva strada”, purché non sia la sua ma la propria.  
Su Sorrisi e Canzoni TV 1 giugno 1975, nella intervista di Luigi Bianco a Fabrizio De André lui stesso dice a proposito della canzone di aver semplicemente voluto dire che chiunque ha la possibilità di parlare alla gente può inventarsi una morale, che non è la morale inventata dalla classe dirigente, cioè la morale che fa gioco al potere, quella per cui gli uomini devono credere di rispettare determinate leggi, perché altrimenti si metterebbero contro la società in cui vivono. Non si possono creare altri modi di comportamento, e se qualcuno ci seguirà vuol dire che non abbiamo sbagliato”.
Una serie di strofe dove vengono descritte situazioni in immagini del tutto scollegate le une dalle altre, dove gli stessi protagonisti descritti in maniera impersonale seguono il “lui” altrettanto impersonale (una sorta di pifferaio magico o malefico seduttore) sulla “sua” cattiva strada, quella della trasgressione, per ribellarsi ad un potere precostituito che traspare nelle singole strofe, sino a giungere all’ultima dove di nuovo il protagonista impersonale riappare con un suggerimento dove l’amore è l’unico fine cui orientarsi, in questo caso sulla “cattiva strada” non più sulla “sua”. Salvo almeno la figura del ragazzo alcolizzato che apparentemente non fa parte della società viziata qui descritta e ne è estraneo, ma per propria sua stessa volontà, “lo capì” diversamente da tutti gli altri, ma lo segue comunque nel silenzio assoluto.

[1] Da “Amico Fragile” Cesare G. Romana, Sperling & Kupfer Editori 1991
[2] Da “Smisurate preghiere”, Cesare G. Romana, Arcana 2005
[3] Spesso l’Arrivederci nei concerti Live si tramutava in Vaffanculo, oppure, come accadde in teatro a Roma, in ‘gelati’, rivolto all’ambulante che irrispettosamente in quella occasione girava fra il pubblico durante l’esibizione con il suo vassoio di venditore, appunto, di gelati.
[4] Durante i concerti spesso Fabrizio De André era solito sostituire la parola “Arrivederci” con la parola “Anarchia”.
[5] Scritta a quattro mani con Francesco De Gregori apparve in versione differente nell’arrangiamento e in qualche verso nel 45 giri del 1974, apparso un anno prima del Vol. 8, nel quale la canzone è ufficialmente inserita.
[6] La cattiva strada vuole far risaltare la propria libertà e la libertà altrui e inneggia alla provocazione e alla trasgressione, per prendere coscienza della nostra situazione, una sorta di punzecchiatura metaforica che sfocerà anni dopo nella rassegnazione e nell’apatia degli Italiani nella Domenica delle Salme, dove l’unica voce di contestazione non è altro che il cicaleggio udito che non porta altro che alla arrendevolezza generale.


Nel 1976 viene arrestato Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse. Viene giudicato osceno il film Ultimo Tango a Parigi, con Marlon Brando, e ritirato da tutte le sale cinematografiche. Per la prima volta una donna è ammessa all’Accademia Militare americana di West Point.

Fabrizio De André conclude l’acquisto di un terreno in Sardegna dove c’è un vecchio stazzo chiamato l’Agnata.

Fabrizio De André è in tournée con i New Trolls.

Su Nuovo Sound del 19 febbraio 1976 in un articolo a firma Pier Giuseppe Caporale si riferisce dell'attacco di Francesco Guccini, a lui e a Francesco De Gregori per le canzoni 'Alice' e 'Susanna’. E la pronta risposta di Fabrizio De André è accondiscendente, dichiarando che probabilmente Francesco Guccini se la sarà presa con Leonard Cohen perché 'Susanna' è sì una traduzione sua, ma il brano è di Leonard Cohen.


Nel 1977
la RAI trasmette per la prima volta a colori.

Luciano Lama segretario della GCIL (capelli corti generale) viene duramente contestato all’università la Sapienza da un gruppo di contestatori “Indiani metropolitani” ed è costretto ad interrompere il comizio.

Francesco Cossiga ministro dell’interno invia i carri armati verso i manifestanti di Bologna durante gli scontri fra i militanti di Comunione e Liberazione e Lotta Continua. La RAI trasmette Mistero Buffo di Dario Fo e il Vaticano inoltra una denuncia per vilipendio alla religione. Muore Maria Callas.

Leonard Cohen pubblica un discusso album "Death of a Ladies' Man", che in una intevista definirà 'un disatro' scritto con Phil Spector. Ancora in fase di missaggio Phil Spector cacciò Leonard Cohen dallo studio di registrazione sotto la minaccia di una rivoltella.

Nasce a Tempio Pausania Luisa Vittoria De André, figlia di Fabrizio De André e Dori Ghezzi.

Nel 1978
Renato Curcio viene condannato a 15 anni di carcere. Muore Papa Paolo VI. Vittorio Emanuele di Savoia spara e uccide un ragazzo in Corsica. Muore dopo soli 33 giorni di pontificato Papa Giovanni Paolo I. ll cardinale Karol Wojtyla, viene eletto papa e prenderà il nome di Giovanni Paolo II. In Spagna finisce la dittatura e dopo 40 anni ritorna la democrazia.

Fabrizio De André pubblica l’album “Rimini” e parte a fine anno per una tournée con la Premiata Forneria Marconi.

Nel 1979 le Brigate Rosse a Genova uccidono un operaio, il sindacalista Guido Rossa, la prima vittima fra i lavoratori. Il giudice Alessandrini viene ucciso da un commando di Prima Linea mentre indagava sulla strage di Piazza Fontana. Pietro Valpreda, anarchico, viene assolto per la strage di Piazza Fontana. Nilde Iotti è la prima donna ad essere eletta Presidente della Camera dei Deputati. Viene assassinato a Milano Giorgio Ambrosoli nell’ambito della liquidazione della banca di Michele Sindona. Nasce la terza rete RAI




Una storia sbagliata

Leonard Cohen
pubblica l’album “Recent Songs” che contiene una canto tradizionale rivisitato dall’autore e la canzone “Ballad of the Absent Mare”. Per ammissione stessa di Massimo Bubola, la melodia verrà utilizzata l'anno seguente per la canzone "Una storia sbagliata".

Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono rapiti in Sardegna nella loro fattoria all’Agnata. Vengono liberati ad un giorno di distanza poco prima di Natale Dori Ghezzi e Fabrizio De André.

L'Unione Sarda, (29 agosto 1979) parla di una sfida aperta, guerra dichiarata fra fuorilegge e forze dell'ordine. I carabinieri e la polizia erano impegnati a Tempio Pausania dove si festeggiava il patrono, San Paolo Eremita. Quasi una beffa proprio nel momento in cui sono sbarcate in Sardegna le truppe speciali inviate dal Governo per stroncarne la offensiva dei rapimenti.

Nel 1980 Toto Cutugno vince il Festival di Sanremo. John Lennon viene assassinato a New York. Miguel Bosé domina la Hit Parade.

Fabrizio De André, liberato il Natale dell'anno prima insieme a Dori Ghezzi, pubblica un 45 giri dal titolo “Una storia sbagliata”, il primo disco realizzato su commissione per la sigla di un programma televisivo RAI sugli assassini di Pier Paolo Pasolini e di Wilma Montesi. La melodia è molto simile alla canzone di Leonard Cohen "Ballad of the Absent Mare” pubblicata nel 1979.

Dori Ghezzi pubblica un album dal titolo “Mamadodori”.





1980 - Mamadodori
- Ed Fado


La canzone "Mamadodori" vede come autori Oscar Prudente e Cristiano Minellono. Curioso notare che la melodia è molto simile alla canzone "Libera Amore" di Adriano Pappalardo dell'LP omonimo del 1972 che vede come autori Oscar Prudente e Gianno Celano. Non solo. La stessa melodia molto simile si ritrova nella canzone di Ivano Fossati "Apri le braccia" nell'album "Poco prima dell'aurora" del 1972 che vede gli stessi autori Oscar Prudente e Gianno Celano.
E non è tutto: su Sorrisi e canzoni TV del 29 giugno 1980 un ampio servizio riporta il testo della canzone e gli autori citati sono "De André - Minellono - Prudente.

"Era notte" canzone a firma Oscar Prudente - Cristiano Minellono, ha un verso che recita così: "Ci riprovai con un compagno di viaggio / I suoi occhi dolci, il più bel paesaggio" oltre a: Caro Babbo natale, un'altra volta che vieni / non truccarti da vecchio per toccarmi i seni. Che non sia troppo simile a Le passanti  e alla Leggenda di Natale?

La spiegazione si trova su Bolero n. 1748 del 2 novembre 1980 dove alla domanda sul tipo di collaborazione ricevuta da Fabrizio De André, Dori Ghezzi risponde che "Fabrizio ha scritto tutti i testi del 33 giri tranne "Stringimi piano stringimi forte" l'unica canzone che parla di quella situazione disgraziata del sequestro che Cristiano Minellono ha ricreato molto bene con il suo testo".
Per gli archivi Siae e sulla copertina stessa del disco è invece attribuita a Massimo Bubola.

Archivio Siae Stringimi piano stringimi forte

Su Sorrisi e canzoni TV di Giugno 1980 nell'articolo a firma Mario Luzzato Fegiz si legge che Fabrizio De André ha deciso di scrivere per la prima volta le canzoni dell'Lp della sua compagna. Con la coppia degli autori Minellono-Prudente ha firmato tra le altre la bella "Mama Dodori".
Insomma, una discreta confusione per la neonata etichetta discografica  FADO (Fabrizio Dori).

Ornella Vanoni pubblica l’album “Ricetta di Donna” che contiene la canzone “La famosa volpe azzurra” libera traduzione di Fabrizio De André della canzone di Leonard Cohen Famous Blue Raincoat”.

Nel 1981 Bob Marley muore a soli 36 anni. Papa Giovanni Paolo II viene ferito in un attentato in Piazza San Pietro da un colpo di pistola. Muore a 31 anni Rino Gaetano. Lady Diana e Carlo d’Inghilterra si sposano a Londra. Simon e Garfunkel tengono un concerto in Central Park a New York davanti a 500.000 persone. In Francia cessa di esistere la pena di morte. La ghigliottina viene smantellata. Classius Clay si ritira dal ring.

Nascono i Metallica, la band metal. Nikka Costa spopola le classifiche della Hit Parade.




Georges Brassens

A Saint-Gély-du-Fesc, in Francia, il 29 ottobre 1981 muore Georges Brassens dopo una lunga malattia.

Su La Stampa di domenica 1 novembre 1981 compare questa dichiarazione di Fabrizio De André: "Brassens per me è stato un mito, come artista e come uomo. Mi sono accostato all'anarchismo per merito suo, perché avevo di fronte non pura teoria, ma un esempio vivente. Brassens ha avuto un'enorme influenza su di noi, voglio dire su quel gruppetto di genovesi che voleva far canzoni in modo nuovo. In modo particolare ha influito su Paoli e su di me. Era un modello nitido, rappresentava il superamento dei valori piccolo-borghesi. È stata una fatica enorme tradurre Brassens in Italiano. Lui si serviva molto dell'argot, che da noi non ha corrispettivo. L'argot lo parlano a Parigi come nel sud. Da noi esistono tanti dialetti, non un gergo comune. Ho dovuto riadattare l'italiano all'argot, reinventando espressioni e termini non esistenti nel linguaggio corrente".





1980 - John Lennon:

le traduzioni (perdute) di Fabrizio De André


Compare un articolo su Sorrisi e Canzoni TV n° 4 del 1981 dal titolo “De André poeta di lusso per le canzoni di Lennon” con una dichiarazione di Fabrizio De André a proposito di alcune traduzioni delle canzoni di John Lennon, assassinato l’anno prima:

“Nel tradurre questi versi di Lennon (uno è di Yoko Ono) mi sono prefisso non già di tentare un’interpretazione poetica, ma di lasciarne intatto, per quanto possibile, il significato letterale. Ne è risultata, come avrebbe osservato Benedetto Croce, non certo una traduzione ‘bella e infedele’, ma ‘brutta benché fedele”.

Fabrizio De André pubblica il suo primo LP dopo il dramma vissuto per il sequestro: la copertina non ha titolo né nome dell’autore, semplicemente la riproduzione del quadro “The outlier” di Frederic Remington con un indiano a cavallo.

“Per la caccia la cinghiale dell’indiano, sono io a sparare all’inizio, insieme a una compagnia di caccia grossa, con i cani che abbaiano quando hanno scovato il cinghiale. Per l’Indiano c’era Massimo Bubola. L’Avemaria in sardo, Fabrizio l’aveva sentita dai Tazenda, anche Maria Carta l’aveva cantata in gallurese. E così Fabrizio l’ha tradotta. La maggior parte delle canzoni di Fabrizio, nascono qui, all’Agnata, di notte”. Dichiarazione raccolta da Filippo Mariotti, fattore all’Agnata.

Inizia la tournée “dell’Indiano” che toccherà anche la Germania, Austria, Svizzera, e si concluderà solo l’anno seguente.




1981 - Hotel Supramonte  -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

Analisi del testo e una personale interpretazione


L’antefatto: il rapimento [1]

Fabrizio: “Ho vissuto sino a 16 anni in campagna, vicino ad Asti. In città ho sempre sognato il momento in cui sarei ritornato. Dori, anche lei di origine contadina, fu contenta di trasferirsi. La carriera? La mia poteva continuare anche a Tempio Pausania. Anzi avrei trovato più facilmente lo stimolo in una zona vergine, dove la gente è più vera, meno contaminata dalla frenesia del consumo e dal virus del potere. I recital non mi interessavano. Ogni volta che mi sono esibito in pubblico mi sono vergognato. Conseguenze dell’educazione borghese che ho ricevuto. Cantare non è una occupazione seria, né un avvenire su cui costruire la propria esistenza. È un hobby, come collezionare francobolli o trenini elettrici. Quando invece questo hobby divenne più redditizio di un lavoro produttivo tradizionale, anziché dire ai miei genitori che ce l’avevo fatta, mi sono sentito come un volgare profittatore, una specie di giocoliere che si faceva pagare i suoi trucchi con cui spacciava cialtronerie con cose serie. Ecco perché ho preferito incidere dischi piuttosto che esibirmi in pubblico. Almeno nella sala d’incisione non c’è gente di cui evitare lo sguardo. Sul palcoscenico invece mi sento in colpa quando vedo il pubblico applaudire me, che tutto sommato strimpello uno strumento che non ho mai studiato bene. Mi dovevo comprare una tenuta per evadere dalla città. Volevo emergere non importava come. Semplicemente avevo un fratello molto serio, Mauro, di qualche anno più grande di me a cui tutti predicevano una brillante carriera; un padre intelligentissimo che io ammiravo che era diventato una persona importante. Anch’io volevo diventare qualcuno. È capitato così, forse più per sfida che per caso che mi sono trovato ad essere un cantautore. Dopo questa terribile esperienza ho modificato notevolmente le mie convinzioni e il modo di pensare. Adesso per esempio mi accade talvolta di sentire il bisogno di pregare. Mia madre è molto credente, mentre mio padre un laico convinto e irremovibile, un repubblicano cresciuto nella filosofia di Benedetto Croce, essendo stato allora suo allievo. Io che sono un fan di mio padre avevo abbracciato le sue convinzioni di cui ero maggiormente affascinato. Non che negassi l’esistenza di Dio: non mi ponevo il problema, convinto che ci fosse maggior merito nel vivere liberi da qualsiasi condizionamento. L’uomo non deve agire bene per timore o rispetto di Dio, mi dicevo, per paura dell’inferno o aspirazione al paradiso, ma perché è più giusto, più bello comportarsi bene. Il sequestro è stato soprattutto un collaudo per gli affetti. Ho scoperto in questa circostanza, per esempio, l’amore di mio fratello Mauro, io che lo immaginavo un robot. L’ho visto piangere sulla mia spalla, non lo credevo capace, mentre mi sbarbavo dopo il rilascio. Mi ha raggiunto in bagno mi ha buttato le braccia al collo e ha pianto. Delle trattative per il rilascio se ne occupava mio padre. Carlo Ghezzi, il padre di Dori, l’indomani del sequestro si trasferì all’Agnata [2] dove ci è rimasto per tutti i 117 giorni. Ininterrottamente sequestrato anche lui per altri versi, per coordinare il lavoro e le attività all’azienda agricola. L’uomo, austero dall’aspetto e dal carattere austro-ungarico, come Dori, ha lavorato dedicandosi alla tenuta senza interferire nel lavoro di mio padre. Doveva andare in pensione dopo pochi mesi, adesso dovrà lavorare per altri quattro mesi prima di ritirarsi dal suo lavoro di metalmeccanico" [3].
Era il 27 agosto 1979. Fabrizio e Dori furono rapiti a tarda sera, con i fucili puntati, nonostante Favore – amico di Fabrizio, suo compare e conoscitore del posto – dicesse a lui che non l’avrebbero mai rapito: “Nessuno oserebbe fare del male a uno come te che vive in un posto isolato dal resto del mondo, senza difesa. I banditi amano il rischio, rapinano e sequestrano gente che si nasconde, che ha paura. Ecco perché non ti succederà nulla”.
Fabrizio: “Quella sera non sapevo a cosa pensare se non a uno scherzo. Ai piedi del letto c’era il mio Winchester semiautomatico. Non tentai nemmeno di prenderlo, anzi in quel momento mi chiesi perché mai l’avessi comprato se non avevo il coraggio di usarlo nemmeno in frangenti come quello. Non potrei mai fare del male a nessuno io, neppure per difendere la mia vita. L’unica violenza obbligato a farla, la farei contro me stesso. Infatti nei giorni successivi stremato di forze e depresso psicologicamente, non ancora rassegnato ad accettare la volontà del destino, mi balenò l’idea di togliermi la vita. E se non ci fosse stata Dori con me mi sarei ucciso. Parlavano fra loro in dialetto, li capivo parzialmente. Io conosco bene il gallurese assai diverso da barbaricino che è il dialetto sardo puro. E loro erano barbaricini. Sono state fatte molte congetture sulla nostra sparizione. C’è persino chi ha pensato che a rapirci fossero state le Brigate Rosse, forse perché alle ultime elezioni avevo votato per la DC. In realtà avevo dichiarato di votare Paolo Casu, un agronomo il cui programma mi convinceva”.
“Con i nostri parenti si sono fatti vivi solo dopo un mese e ci hanno detto che il ritardo dipendeva dal fatto che le Brigate Rosse avevano rivendicato il nostro rapimento e quindi nell’isola c’era un certo giro della Digos. Ma la politica non c’entra assolutamente niente. Nei rapimenti fanno tutto tra di loro sardi e questo rivela una mancanza di professionalità”[4].
“Strada facendo (per arrivare al nascondiglio sui monti) mi misero la maschera, un cappuccio sulla testa e io chiesi di fumare. Mentre tremavo ‘il gatto [5] mi intimò di stare fermo: con la punta del coltello affilatissimo stava praticando un foro all’altezza della bocca. Sentii la lama del coltello sfiorarmi le labbra. Mi misi a piangere, ma quella volta non se ne accorse nessuno. Era buio, una notte senza luna ed avevo il viso coperto”.
Dopo oltre tre mesi di sequestro, “Finalmente ci dissero, ‘questa sera liberiamo la signora’. Dori lasciò il rifugio verso le tre del pomeriggio. Ci abbracciammo come se ci separassimo per sempre. L’avrebbero depositata verso mezzanotte nei pressi di Monti dove sarebbe stata prelevata dagli emissari di mio padre. Con l’aiuto di Dio, come dice don Vico il parroco di Tempio che aveva fatto da intermediario, tutto è andato come nel programma. Dori il giorno dopo arrivò a casa e io dopo tre o quattro ore di marcia il giorno dopo fui depositato a Benitutti. Qualche minuto più tardi il commiato dalla “volpe’. Mi tolsi il cappuccio, ero finalmente un uomo libero. Ricordo la stretta di mano della ‘volpe’ quando ci lasciammo nei pressi di Benitutti, dopo che mio padre ebbe pagato il riscatto. ‘Buona fortuna, le auguro tante belle cose’ mi disse servendosi anche della mano sinistra per salutarmi e prolungare il commiato. A distanza di tempo le nostre porte continuano a rimanere aperte anche la notte. Non è perché non abbiamo più nulla da perdere, ora che siamo stati spremuti; né perché ‘il gatto’ e ‘la volpe’ci hanno assicurato che veglieranno su di noi giorno e notte. Il fatto è che cerchiamo di dimenticare e ci stiamo riuscendo”.
“Ho saputo che è stato determinante l’intervento di monsignore Salvatore Vico, parroco del Sacro Cuore di Tempio Pausania (è lui che ha battezzato nostra figlia Luvi). L’ha ringraziato pubblicamente mio padre, devo ringraziarlo anche io. C’è sempre il pudore di fare certe affermazioni, soprattutto da parte di persone che come me hanno sempre snobbato i vari riti, cattolici, musulmani che fossero, ma in certe occasioni bisogna per forza aggrapparci a qualcosa di superiore. E anch’io che sono stato definito radicale, comunista, ateo, mi sono ritrovato a pensare all’esistenza di Dio e a pregare. E non me ne sono vergognato allora, come non mi vergogno adesso a raccontarlo, anche se ho sempre creduto soprattutto nell’uomo. Ma è certo che questa esperienza mi ha fatto ritrovare la fede”[6].

Il testo commentato.

ll titolo: “Adesso non vi lamenterete più della pioggia, con un doppio telone potete dormire all’asciutto, come al Grand Hotel. Un vero lusso”.
Queste le parole dei carcerieri “il gatto” e “la volpe” ai due sequestrati.


E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo 
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo.

Nota: Dori Ghezzi, figlia di operai, era combattiva e reagiva spesso alle parole del gatto e della volpe. Dori: “A me qualche volta è capitato di gridare per attirare l’attenzione del ‘gatto’ e della ‘volpe’, quando mi serviva qualcosa”. Fabrizio: “Invidiavo Dori che aveva più forza di me, che riusciva ad ottenere il rispetto dei nostri carcerieri dicendogli che era figlia di operai, che aveva cominciato a lavorare a undici anni, che era abituata alle privazioni e alle sofferenze. Spesso Dori li redarguiva e li mandava al diavolo. E loro non reagivano. A me invece non era consentito: dovevo stare buono, obbedire ai loro ordini, aspettare passivo e impotente che altri decidessero della mia sorte. Che carattere quella finta ragazzina. E poi chiamano noi il sesso forte […] ‘Dori ha il temperamento di una guerrigliera sarda’, dicevano loro”. Fabrizio: “Un giorno Dori ha gridato al suo cerbero un ‘vaffa…’ e quello si è messo a ridere, evidentemente perché non era abituato a sentir parlare una donna in quel modo. Ma al secondo ‘vaffa…’ non ha riso più e si è fatto serio. E Dori non ha osato dire quella parola una terza volta”[7]
E una lettera vera di notte falsa di giorno.

Nota: Fabrizio
: “La lettera che il ‘gatto’ e ‘la volpe’ avevano fatto scrivere a me era un po’ più esosa. Non ci conoscevamo ancora bene, era il 4 settembre, cioè una settimana dal giorno in cui ci avevano sequestrati. Mi diedero carta e penna e mi imposero di scrivere sotto dettatura: ‘Caro papà per la mia liberazione e quella di Dori dovrai pagare due miliardi’. ‘Ma voi siete completamente pazzi”, sbottai io. ‘Lei scriva senza discutere, lo sappiamo noi ciò che è giusto fare’. E io scrissi due miliardi, in cifre. E la ‘Volpe’ mi chiese di aggiungere fra parentesi anche la somma in lettere. ‘Avete paura che mio padre non sappia leggere?’. […] ‘Lei non discuta. Non dovrà mai discutere o contestare ciò che le chiediamo di fare e si troverà bene con noi’. […] ‘Caro papà’, scrissi, ‘noi stiamo bene. So che avrai delle difficoltà nel reperire il denaro. Ti metto a disposizione l’azienda agricola, che però, per ora non potrai vendere perché ipotecata dalla Cassa del Mezzogiorno per il mutuo che mi hanno concesso; la mia casa a Portobello e 58 milioni che ho in banca sul mio conto corrente. Abbracciami la mamma e Mauro’. Fabrizio: “Ci hanno fatto scrivere due lettere: una a settembre per raccontare il rapimento, e avvertire che stavamo bene, e un’altra a fine novembre per accelerare le trattative”[8].

E poi scuse e accuse e scuse senza ritorno

Nota: Sono riferite alle tante volte in cui per qualsiasi ragione i carcerieri redarguivano Dori e Fabrizio, nel momento in cui ad esempio sollevavano parzialmente la maschera anche solo per grattarsi il volto e venivano pesantemente rimproverati per quel tipo di azione, senza che i due ostaggi potessero controbattere.

E ora viaggi, ridi, vivi o sei perduta
col tuo ordine discreto dentro il cuore

Nota: È curioso, a questo proposito, notare che in tanti appunti di Fabrizio, e nei manoscritti che usava sul palco durante i
concerti, queste parole siano mancanti, uno spazio bianco al posto di “ordine” o la parola “preciso” invece che “discreto”.

Ma dove dov'è il tuo amore
ma dove è finito il tuo amore.

Nota: Fabrizio: “Per quattro mesi io e Dori abbiamo vissuto all’aperto, tra macchioni di lentisco. Per scaldarci dormivamo abbracciati su un giaciglio di frasche e di sterpi e nei primi tempi facevamo all'amore. Ci dava molto conforto [9].
Fabrizio
: “Eravamo liberi di fare l’amore, ma in quelle condizioni non eravamo ispirati da nessun desiderio sessuale. Se l’abbiamo fatto è stato soprattutto per stimolare una funzione vitale che ci avrebbe consentito di resistere meglio”.

Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile.

Nota: Fabrizio: “A Dori un giorno i carcerieri cucirono gli angoli della feritoia che la maschera aveva all’altezza della bocca. La colpa era stata sua, perché sentendo l’odore dell’alcool, rivolta al ‘gatto’ e alla ‘volpe’ aveva detto: ‘Ah così bevete grappa da soli alla faccia nostra’. Era davvero grappa, quella sarda. Loro credettero che li avesse visti perché si era allargato il taglio del cappuccio. Quindi ridussero la feritoia ad un buco, giusto per prendere aria. Da quel momento, purtroppo, Dori non poté più nemmeno bere alla tanica: doveva chiedere di poter togliere il cappuccio quando aveva sete”.

Grazie a te ho una barca da scrivere

Nota.
Prima della scrittura di “Hotel Supramonte”, Fabrizio: “Hanno scritto (i giornali) che per risarcire mio padre farò una canzone sul rapimento. Ma dico la verità, non ci ho ancora pensato. Certo dovrò rimboccarmi le maniche e rimettermi a lavorare. Scriverò sicuramente altre canzoni ed è ovvio che traduca in musica anche questa terribile esperienza che ho vissuto in prima persona. Però non credo di scrivere una canzone proprio sul rapimento, certe cose è meglio dimenticarle [10].

 Ho un treno da perdere

Nota: è probabilmente riferito ad un treno che sentivano passare da lontano. Non sono state trovate affermazioni in tal senso nelle interviste successive al rilascio, quindi è solo una supposizione.

E un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame, così dolce di sete

Nota: Fabrizio: “La prima scatoletta di tonno i nostri rapitori ce la diedero ventiquattro ore dopo che avevamo consumato l’ultimo pasto all’Agnata. Per una intera giornata non ci hanno dato da mangiare. Oltre alla prudenza nell’acquisto delle vivande i sequestratori devono usarne altrettanto riguardo l’acquisto degli alimenti da trasportare. Nel caso in cui una pattuglia dei carabinieri fermi il vivandiere, questi può dire che sta portando da mangiare ad un pastore. Ma è ridicolo e clamorosamente sospetto che qualcuno porti del latte ad un pastore. Ecco perché ce l’hanno sospeso. Ci avevano detto: “non vi faremo mancare nulla. Basterà che ce lo chiediate”. La prima nostra richiesta furono i libri, alcune riviste e un mazzo di carte. Non ci hanno mai esaudito. Ma era come per il latte e il whisky. Il vivandiere sorpreso con una rivista o con dei libri avrebbe fatto nascere dei sospetti. I pastori si limitano a leggere il quotidiano locale, e soprattutto non giocano a carte perché vivono soli”.
Fabrizio
: “Solo un paio di volte ci hanno fatto la pastasciutta, e devo dire che non cucinavano nemmeno male. Ma di solito ci hanno nutrito con pane duro della Gallura, pancetta, formaggio e prosciutto, e soprattutto tonno, tanto tonno e del peggiore che c’è in commercio. Ci hanno fornito anche del vino, e ogni tanto liquori: avevano cominciato con il whisky, hanno finito con il peggior cognac di imitazione. Per ribellarci avevamo solo quella scatoletta di tonno che avevamo conservato per usarla eventualmente sui nostri polsi e morire dissanguati, perché volevamo che almeno l’ultima decisione, quella estrema, fosse nostra"[11].
Fabrizio: “
Un giorno (a novembre) gli spaghetti cucinati da loro erano particolarmente buoni. “Che ci avete messo?”, domandai, “c’è un aroma che non abbiamo mai sentito”. “Abbiamo cucinato il vostro pettirosso [12], quello porta iella. Così da oggi le cose andranno meglio, sarete più fortunati”. Eravamo attorniati da decine di pettirossi che venivano a beccare le briciole di pane che spargevamo per terra mentre mangiavamo”.


Passerà anche questa stazione senza far male

Nota
: potrebbe essere riferito alla stazione della dolorosa “via crucis” che stavano vivendo.

Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore

Nota: Fabrizio: “Quando pioveva ci coprivano con un telone da serra. Il telone andava un po’ di qua, un po’ di là, così noi ci inzuppavano lo stesso e avevamo paura di prenderci una polmonite che ci avrebbe portato all’altro mondo, perché non avevamo di certo un dottore [13].

Ma dove dov'è il tuo cuore,
ma dove è finito il tuo cuore

Nota: Fabrizio: “(Mio padre Giuseppe) l’hanno creduto un industriale, non sapevano che era solo un dirigente di azienda, uno stipendiato. Poi hanno cercato di descriverlo come un padre senza cuore che lasciava il proprio figlio in balia dei banditi"[14].
E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
Ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme


Nota: Fabrizio: “Da quando alla fine di settembre le trattative tra mio padre. (“Il signore distratto”, così lo definivano i carcerieri) si interruppero per l’esosità della somma richiesta come riscatto, dovettero passare altri due mesi e mezzo prima che si riprendessero i contatti. Dicevano che prometteva miliardi e poi si eclissava”.

Ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano

Nota: Fabrizio
: “(Durante il trasferimento sui monti) Ci hanno fatto scendere dalla Dyane ed acquattare dietro la siepe a qualche metro dal ciglio della strada. Dori da principio era sconvolta, ma lì per lì era diventata bianca come un lenzuolo”.

Cosa importa se sono caduto, se sono lontano

Nota: spesso durante i concerti la parola “caduto” veniva sostituita con “fottuto”. Questo potrebbe spiegare il verso “se sono lontano”, intendendo lontano dal padre che per voce (falsa) dei carcerieri aveva dichiarato che non gli importava troppo dei due sequestrati e dell’esborso del riscatto.

Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo amore
ma dove è finito il tuo amore.

Nota: Fabrizio: “Finalmente ci dissero, “questa sera liberiamo la signora”. Dori lasciò il rifugio verso le tre del pomeriggio. Ci abbracciammo come se ci separassimo per sempre. L’avrebbero depositata verso mezzanotte nei pressi di Monti dove sarebbe stata prelevata dagli emissari di mio padre”. L’indomani sarebbe stato liberato Fabrizio, nella incertezza che Dori fosse tornata a casa e che il padre Giuseppe avesse rispettato gli accordi per pagare il riscatto. Sarebbe stato per Fabrizio un giorno sicuramente incerto, angoscioso, lungo e senza nessuno con cui parlare. Nella incertezza del tempo di dicembre che avrebbe potuto essere nuvoloso o soleggiato, ma freddo, come l’angoscia per la mancanza di un amore che avrebbe potuto perdere per sempre. Spesso l’ultimo verso nei concerti veniva cambiato in “ma dove hai lasciato il tuo amore”. Spiegherebbe meglio l’angoscia per la solitudine che intravedeva se per qualsiasi ragione non fosse stato rilasciato o se Dori non avesse raggiunto casa.

[1] “Richiamai l'esperienza del sequestro solo in una canzone, ‘Hotel Supramonte’, e dedicai il resto dell’album a una sorta di parallelismo tra gli emarginati di Sardegna e i pellerossa d'America”. De André a Cesare G. Romana.
[2] Il nome della località acquistata in Sardegna dal cantautore, che spiegava: “In sardo Agnata significa ‘angolo protetto’. È una fattoria: io vorrei trasformarla in un certo tipo di comunità agricola anarchica, e conto di riuscirci, anche se tutti mi ripetono che l’anarchia è una utopia, cioè un sistema di vita irrealizzabile in pratica, come la felicità”.
[3] Tutte le parti virgolettate provengono dalla rivista settimanale “Gente” del gennaio 1980 n. 2 e seguenti, salvo ulteriori note meglio specificate.
[4] [6] [7] [8] [9] [10] [11] [13] [14] Dal settimanale "Oggi" 14-2-1980
[5] Con i nomi ‘il gatto’ e ‘la volpe’, ovvero il “mio” e il “tuo”, come li chiamavano Dori Ghezzi e Fabrizio De André, si intendono i carcerieri che rispettivamente erano assegnati alla custodia della prigionia di Dori e Fabrizio.
[12] Nell'agosto 1980 ilsettimanale L’Espresso pubblicò la poesia “Caleidoscopio”, di Fabrizio De André, a mio giudizio con un chiaro riferimento nella prima strofa al pettirosso del Supramonte:

Pettirosso di ogni novembre
lo stiamo ascoltando all'unisono
il fottuto maestrale di Francia
che ci piega le smorfie ad Oriente
Salute agli Antichi padroni, pettirosso,
salute allo stemma
di questa brigata di sughere
pettinate ancora all'Umberta






1981 - Se ti tagliassero a pezzetti -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a. 

Il manifesto politico di Fabrizio De André: l'inno alla Libertà

Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso






I primi versi del testo sono liberamente ispirati da una antica leggenda indiana:
The Contest between Coyote and Spider Woman - La Disputa tra Coyote e la Donna Ragno" [1].
Testo originale: “This web was as thin as breath, as strong as sunlight, as sharp, as the horns of the moon. And she wove  the web for days, while Coyote went around calling her names, which, much to her credit, she just ignored. However, finally he decided to kill her. So Coyote ran at her baring his teeth, but he ran right into that invisible web she'd made. And that web thinner than a thought, cut Coyote into a thousand little pieces. So Spider Woman got the last laugh. But Little Wind who always has a good heart, he picked him up and put him back together again. Then he called forth some of the other wind people – Left Handed Wind – Summer Wind, Big Wind Coming, and Wind In The Air – and they blew the life back into Coyote. After that, he vowed never to insult Spider Woman again, and he hasn’t said a bad word to her to this day”.
Traduzione: “Questa ragnatela era sottile come un soffio d’alito, forte come la luce del sole, aguzza, come il corno della luna. Lei tessé la ragnatela per giorni, mentre Coyote per giorni la cercava nominando il suo nome, mentre lei lo ignorava. Lui decise comunque di ucciderla. Quindi Coyote corse da lei scoprendo i suoi denti, ma lui si scagliò diritto contro quella ragnatela impercettibile che lei aveva fatto. E quel filo così sottile della ragnatela tagliò Coyote in mille piccoli pezzi. A quel punto Donna Ragno fece l’ultima risata. Ma Piccolo Vento che da sempre ha buon cuore, lo andò a prendere e lo mise di nuovo insieme. Poi Piccolo Vento chiamò delle altre persone del vento, Left Handed Wind, Summer Wind, Big Wind Coming, e Wind In The Air, ed essi soffiando ridiedero di nuovo la vita a Coyote. Dopo quella volta, Coyote non volle mai più insultare di nuovo Donna Ragno e non le disse mai più una cattiva parola”.

La canzone ove più di tutte le altre traspare la lode alla Libertà. In maniera diretta Fabrizio De André si rivolge ad una figura femminile del tutto impersonale dichiarando di averla cercata a lungo, trovata ad alla fine conquistata sino ad un atto d’amore a lungo sospirato.

io suonatore di chitarra io suonatore di mandolino [2]
alla fine siamo caduti sopra il fieno.

Libertà che a volte può essere persa o ingabbiata nella ordinarietà di una vita comune o persino banale

Persa per molto persa per poco
presa sul serio presa per gioco
non c'è stato molto da dire o da pensare
la fortuna sorrideva come uno stagno a primavera
spettinata da tutti i venti della sera


Un concetto di Libertà molto vicino al pensiero appunto libertario dell’autore al punto che la signorina fantasia si tramuta spesso nei concerti in signorina anarchia, nell’accezione greca del termine, ovvero l’abolizione di ogni governo sull’individuo. Una libertà impossibile da sconfessare.

E adesso aspetterò domani
per avere nostalgia
signora libertà signorina fantasia
così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza.

Libertà che a volte viene sovvertita da azioni criminali o terroristiche oppure dalle necessità di una vita organizzata

T'ho incrociata alla stazione
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino.

ma che sempre ritorna ad affiancarci nella nostra ricerca di autodeterminazione.

Ma se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso


Una dichiarazione in forma di canzone che non a caso è una delle più eseguite nei concerti che spesso Fabrizio De André introduceva in questo modo: “Si tratta di un tentativo, allegorico, di uccisione della libertà. Che non riesce. Alle persone che assaggiano la libertà è poi difficile rimettere il calcagno della dittatura sul collo.

[1] Gerald Hausmann “Tunkashila” ‘The contest between Coyote and spider woman’ – Speaking Volumes, Florida, pagg. 83-84-85-86
[2] Scherzosamente in concerto spesso il termine ‘mandolino’ diventava ‘chitarrine’.








Cronologia dei fatti principali
1982-1999


Nel 1982 le Brigate Rosse rapiscono a Verona il generale americano James Lee Dozier. Giovanni Senzani, una delle menti delle Brigate Rosse, è arrestato a Roma. Gli USA impongono sanzioni economiche alla Libia di Gheddafi, mentre la Comunità Economica Europea impone l’embargo all’Argentina, dopo l’occupazione delle isole Falkland. A Palermo la mafia uccide Pio La Torre, segretario regionale del PCI. Muore durante il gran premio automobilistico del Belgio, il pilota Gilles Villneuve. La Juventus vince il suo ventesimo scudetto. Nasce il Commodore 64, prima generazione di personal computer. Il cadavere di Roberto Calvi, ex presidente del Banco Ambrosiano viene ritrovato sotto un ponte di Londra in circostanze ad oggi poco chiare. Il mostro di Firenze colpisce per la quinta volta a Montespertoli. L’Italia calcistica è campione del mondo battendo in finale la Germania. Licio Gelli capo della Loggia massonica P2 viene arrestato a Ginevra, dove si era rifugiato. A Beirut avviene il massacro di Shabra e Shatila, con l’ccisione durante la notte di 3500 sciiti. Un commando di cinque terroristi palestinesi compie un attentato alla Sinagoga di Roma con morti e feriti. Il complesso svedese dehìgli ABBA si scioglie dopo dieci anni di successi ininterrotti.

Nel 1983 Apple presenta il rivoluzionario computer grafico Lisa, dotato di mouse e icone. Il criminale nazista Klaus Barbie scampato al processo di Norimberga viene arrestato. La Fiat Uno vede la sua presentazione a Cape Canaveral, base in Florida da cui partirono le missioni Apollo. Il processo Moro si conclude con l’ergastolo ai brigatisti Mario Moretti e Prospero Gallinari. Viene individuato il virus HIV. Scompare a Roma in circostanze tuttora misteriose Emanuela Orlandi. Enzo Tortora viene arrestato con l’imputazione di appartenere alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Il giudice Rocco Chinnici muore a Palermo a causa di una devastante bomba al tritolo. Il mostro di Firenze colpisce di nuovo a Scandicci. Oltre 240 marines muoiono a Beirut per un attentato. Il mafioso Tommaso Buscetta viene arrestato a San Paolo del Brasile. Lech Wa³êsa sindacalista e politico polacco riceve il premio Nobel per la Pace. “Uccelli rovo” miniserie TV tine incollati alla TV milioni di spettatori in tutto il mondo. Le elezioni politiche in Italia vedono un brusco calo della DC con solo un milione di voti di scarto con il PCI. Craxi diventa primo ministro sorretto dal pentapartito DC-PSI-PSDI-PLI-PRI. Nasce la prima versione del programma di scrittura “Word” della Microsoft. In Argentina viene ristabilita la democrazia. Fernanda Pivano prosegue con le traduzioni e prefazioni di Kerouac, Henry Miller, e vince un prestigioso premio come miglior traduttrice. Giovanni Paolo II si reca a Rebibbia a colloquio con il suo attentatore Alì Agca. “What a Feeling” canzone della colonna sonora del film Flashdance è in testa alle classifiche.
Decine di artisti in Francia pubblicano le loro interpretazioni delle canzoni di Georges Brassens. I Tempi Duri pubblicano il 45 giri “Gabbia/Jeckill” a firma Cristiano De André e Carlo Facchini. Toto Cutugno pubblica “L’Italiano”. Dori Ghezzi ottiene il terzo posto al Festival di Sanremo con il brano “Margherita non lo sa” pubblicato su etichetta Fado (Fabrizio-Dori).

Inizia a Tempio Pausania il processo ai rapitori di Fabrizio De André e Dori Ghezzi.
Sulla Domenica del Corriere, 19 marzo 1983 a firma di Gianfranco Fagiuoli compare una dichiarazione di Fabrizio De André che "assolve" i carcerieri, ma non i capi della banda.

Nel 1984 viene pubblicata la relazione finale sulla Loggia P2. Berlinguer viene colpito da emorragia cerebrale durante un comizio a Padova. Craxi abolisce la Scala Mobile, la rivalutazione automatica degli stipendi relazionata alla inflazione. Albano e Romina Power vincono il festival di Sanremo. Il nuovo concordato con la Santa Sede di fatto non considera più la religione cattolica come religione di Stato. La Lega autonomista Lombarda fondata Umberto Bossi due anni prima si presenta alle elezioni europee, in alleanza con altri partiti autonomisti. Nasce il narcoterrorismo di Pablo Escobar con la spietata esecuzione del ministro della giustizia colombiano. Toni Negri, già fuggito in Francia, viene condannato a 30 anni di carcere. Il PCI supera la DC alle elezioni europee. Michele Sindona viene imprigionato a Rebibbia. Le reti televisive di Berlusconi vengono oscurate, ma il premier Bettino Craxi dopo quattro giorno emana un decreto legge d’urgenza che consente la ripresa delle trasmissioni.

Leonard Cohen pubblica l’album “Various Positions” che contiene la canzone “Hallelujah”, passata quasi inosservata sino alla prima cover del 1991 ed inserita in un film di animazione “Shrek” nel 2001 da Rufus Wainwright, compagno di Lorca Cohen, figlia del cantautore canadese. Nemmeno la versione di Bob Dylan del 1988 viene ricordata oggi.

La classifica della Hit Parade vede Stevie Wonder al primo posto.

Fabrizio De André pubblica “Crêuza de mä” il disco rottura della tradizione cantautorale in Italiano divenuto miglior album del decennio, nonché il quarto fra i cento album migliori di sempre. Parte una tournée estiva di concerti che durerà quasi tre mesi, e toccherà anche la Svizzera, per concludersi a Cagliari agli inizi di ottobre.

Sull' Europeo, 10 marzo 1984 – a firma di Leo Merumeci compare una dichiarazione sull'uso del dialetto genovese, dove Fabrizio De André ammette il dialetto "p
er la stanchezza di scrivere in una lingua, l'italiano, che altri usano meglio di me nella canzone. Perché è la mia lingua, non è neolatina, ha radici arabe e molte parole tronche. Un esperanto mercantile che capivano tutti, dal Bosforo a Gibilterra.





1984 - Crêuza de mä - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a

una personale interpretazione


"Crêuza de mä" è un concept album. Una storia, una vita raccontata. Per i più, ancora oggi, non compreso come tale. È la storia della vita di quel pescatore-marinaio che parte e vaga per il Mediterraneo alla ricerca della sua fortuna, e che incontra gente, cose, fatti, guerre, ricordi, speranze, tristezze e malinconie…Fabrizio De André lo volle così. Gli ci vollero anni a pensarlo così, navigando con la sua barca Jamin-A per il Mediterraneo, alla ricerca di ispirazioni e sonorità diverse, visitando e rivisitando luoghi tristi e felici, solari e bui, ricchi, ma insolitamente poveri. E lasciando la barca da qualche parte sulla via del ritorno.


Il testo reinterpretato

Il marinaio che torna affaticato dal mare, luogo dove non ci si può nascondere, tanto che pure la luna vi si mostra nuda, perché la vastità del mare ce la mostra sempre intera, mai nascosta da alberi o dalle montagne, va a rifocillarsi e riposarsi un po' alla taverna di Andrea e pensa agli avventori che ci troverà, magari gente che a Lugano ha fatto i soldi con affari poco puliti, gente di Lugano facce da tagliaborse, quelli non conoscono il mare, quelli che della spigola preferiscono l'ala: i mandillà, i contrabbandieri. Noi marinai proveniamo da un posto pericoloso, noi frequentiamo i porti e lo sappiamo bene, che la notte potremmo trovarci un coltello puntato alla gola, un posto che voi gente di città non sapete cos'è. E a voler fare i lavori umili e faticosi come il nostro ormai non c'è rimasto più nessuno, a montare l’asino c’è rimasto solo Dio: il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido. Il mondo non si riconosce più, tutto è stravolto tanto che persino Dio è costretto a fare lavori umili e il diavolo ha preso il suo posto lassù. Magari dall’Andrea troveremo la tanto sognata Jamina (che descriverà nella canzone successiva) o magari una bella figliola di buona famiglia... Chissà cosa troveranno da mangiare, magari pescolini nel loro vino bianco, magari l'agnello (che noi non adoriamo, noi siamo pescatori...) magari della selvaggina, una lepre, o più probabilmente un gatto, dal momento che noi l'Andrea lo conosciamo... Staremo dall'Andrea fino a quando il mattino ci sorprenderà talmente ubriachi che dopo tutte le battute e il gozzovigliare, ci toccherà riprenderci e con le lacrime amare negli occhi, controvoglia, per le risate e il vino della serata, dovremo rimetterci in viaggio e ripartire agli ordini del padrone di questa barca; saremo tanto ubriachi che torneremo a navigare persino sopra gli scogli. Quel mattino che da quando siamo pescatori ci costringe a prendere fra le nostre mani la "corda" della barca o del peschereccio già intrisa di acqua di mare e di sale, quel mattino che ogni volta ci costringe ad essere emigranti dalla terra al mare anche controvoglia, con i chiodi negli occhi. Quel mattino che per noi significa gratitudine verso il mare (il garofano ha significato di gratitudine) e gratitudine verso le ragazze che qualcuno di noi deve lasciare la mattina per tornare al lavoro, incamminadosi per una di quelle strette vie che portano al mare, le Crêuza de mä.

...ma io ne dò un'altra interpretazione:

la Crêuza de mä è la via che ci riporta verso casa perché noi che lavoriamo nel mare, temiamo il mare. Il mare è lavoro, fatica, lontananza. Noi pescatori dipingiamo la nostre case con colori sgargianti da poterle vedere da lontano e sogniamo di tornare in fretta a casa a riposarci e morire fra le nostre mura domestiche e i nostri affetti dai quali siamo stati a lungo lontano, per quelle viuzze strette in salita che abbiamo costruito fra le mura per raggiungere al più presto la nostra casa.





1984 - Â pittima -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

traduzione dal genovese e personale interpretazione
Cosa ci posso fare
Se non ho le braccia da marinaio
E se in fondo alle braccia non ho le mani da marinaio
Ho un pugno che sembra un nido
Ho una gabbia toracica larga un dito
Giusto per nascondermi col vestito dietro a un filo
E vado in giro a cercar soldi
A che se li tiene dopo che glieli hanno prestati
E glieli domando timidamente, ma in mezzo alla gente
E a chi non vuole farsene una ragione
E sembra sternutire contro il tuono
Gli mando a dire che vivere è caro, ma a buon mercato
Io sono un pittima rispettata
E non andate in giro a dire
Che quando la vittima è uno stracciaio gli do del mio
L’epithema, termine mutuato dal greco, è un medicamento fastidioso, d’impiccio, fatto di garze e unguenti da porre sopra le ferite. Nel dizionario genovese del Casaccia del 1851 è indicato come colui che è troppo attaccato al denaro: la pittima. Per estensione nella antica Genova e Venezia era colui che dietro compenso o percentuale doveva riscuotere i debiti per i creditori. La condizione essenziale era che doveva essere reclutata fra quei miserabili che non avevano nulla da perdere. E proprio per questo veniva ingaggiata per la riscossione. Era facilmente riconoscibile fra la gente perché era concesso loro di vestirsi di rosso per farsi riconoscere e importunare i debitori anche con urla e grida in mezzo alla gente. Era tutelata da un preciso codice che le proteggeva nel caso in cui il debitore gli recasse dei danni, con la condanna del debitore stesso al risarcimento.
Nella antica Venezia era anche dato loro alloggio gratuito.
Un personaggio insomma ingombrante. Uno di quei personaggi che poteva tranquillamente far parte dell’album Le nuvole, di cui parleremo in altro passaggio. In realtà è una delle figure che riappaiono al termine del viaggio del marinaio descritto in Creuza de ma dopo la sua lunga assenza da casa. Dove al ritorno ritrova quel sentiero dal quale è partito, la taverna dell’Andrea dove racconta delle sue, effimere, conquiste amorose, racconta di quel genovese voltafaccia che ha preferito per denaro servire il sultano e degli strazi a cui ha assistito. Ma il ritorno alla realtà stanziale gli fa ritrovare quella figura di uomo piccolo e minuto che non ha le braccia per fare il “padrone di mazza”, il muratore, La Pittima insomma. Il marinaio assiste alla passeggiata domenicale delle prostitute, sino a commuoversi durante la preparazione dell’ennesimo baule dove conservare i suoi ricordi in vista della ennesima partenza. Il brano è ovviamente raccontato nella lingua del marinaio, il genovese antico, mutuato dai dizionari del Casaccia del 1851, dove per far baciare la rima dell’ultimo verso,

Che quandu a vittima l'è 'n strassé ghe dö du mæ

Fabrizio De André fa dire alla pittima che è disposta a dare del suo quando la vittima è uno straccione, anziché uno stracciaio, (strassé) come la traduzione del dialetto genovese vorrebbe.





1984 - Scipione Cicala: un genovese di Turchia

la storia

Fu un marinaio genovese catturato nella seconda metà del XV secolo in uno scontro tra le flotte della Repubblica di Genova, al cui comando vi era il padre, visconte Vincenzo, e la flotta turca. Rinnegando la sua vita e la sua religione, Cicala divenne in seguito Gran Visir e Serraschiere del Sultano, assumendo il nome di Sinàn Kapudàn Pascià. Scipione Cicala nacque a Messina nel 1545 da una nobile e facoltosa famiglia genovese il cui capostipite, il Visconte Vincenzo, era a servizio e agli ordini della casata genovese dei d’Oria. Catturato con il figlio Scipione allora quindicenne dalla marina Ottomana, il visconte riuscì a pagare il riscatto per la propria liberazione, mentre Scipione venne trattenuto e convinto dai Turchi a ritorcersi contro i Cristiani, non avendo altra alternativa che la messa a morte. Entrato nell’esercito dei Giannizzeri (ovvero il corpo militare di fanteria del sultano turco) raggiunse il grado di funzionario e poi di ufficiale, divenendo in seguito governatore e poi Visir dell’Impero Ottomano. Questo grazie anche all’incarico di corsaro con il quale compì scorribande e incursioni violente nell’Italia meridionale, razziando beni di ogni genere con una violenza inaudita. Divenuto Terzo Visir sotto il sultano Maometto III in guerra con l’Austria, si sposta in Ungheria dove ottiene una importante vittoria contro le truppe austriache e diventa quindi Gran Visir. Le sue maniere eccessivamente forti nella conduzione delle truppe ottomane lo portano alla destituzione del titolo, ma pochi anni dopo viene nominato Kapudan Pascià, Ammiraglio, e si ritrova a combattere nella battaglia per la conquista di Reggio Calabria, ma viene di nuovo sconfitto nel 1602. Lo ritroviamo in seguito al comando delle truppe ottomane in guerra con i Persiani, ma durante la disastrosa ritirata muore nel 1605 nella città di Diyarbakir nel sud della Turchia. Famosissimo in Turchia, ignorato del tutto in Italia. Le sue ingenti ricchezze accumulate negli anni vengono in fretta in parte dilapidate e in parte assegnate al cognato. Il suo sfarzoso palazzo è al centro oggi del più bel quartiere Cağaloğlu di Istanbul. Cağaloğlu significa figlio di Cicala, è il quartiere della editoria turca che annovera la presenza dell’ufficio del Governatore nell’ex quartier generale dell’impero Ottomano, un liceo di studentesse, una famosa moschea. Fu voluta da Sinan Kapudan Pascià una Hamman, il bagno turco, in modo che tutti gli abitanti ne potessero fruire liberamente. La sua più completa biografia  si trova nel dizionario biografico Treccani.





La lingua del Mediterraneo



Da alcune carte personali di Fabrizio De André cantautore piene di appunti per l’elaborazione del testo della canzone “Sinan Capudan Pascià” dedicata appunto a Scipione Cicala, apprendiamo anche quello che potrebbe essere stato uno dei possibili riferimenti letterari logogenetici delle liriche: il libro di Pietro Silva “Il mediterraneo”. Fabrizio De André ha ammesso di aver preso ispirazione per la canzone: “…da una notizia, addirittura due righe su un volumone sottratto alla biblioteca paterna e intitolato Mediterraneo. Un libro edito nel 1944 in cui si parla, tra l’altro, anche di questi venuti, di questa gente, veneziani, genovesi, rinnegati. Sono bastate quattro righe ed è venuta fuori la storia di Kapudàn Pascià. Non è da escludere, dunque, che gli esiti linguistici dal mondo turco presenti in questa canzone possano essere stati tramandati a Fabrizio De André proprio dai suoi studi sulle vicende mediterranee di cui si parla nel testo più che da singolarissime attestazioni dal genovese del Settecento. Non è difficile ipotizzare, dunque, che il lessico di ogni testo-canzone, sebbene in genovese, possa variare leggermente proprio per esigenze interne alla narrazione stessa. Ben più marcati e ampiamente diffusi sono nel genovese, e nel genovese riproposto proprio da Fabrizio De André nel testo, dei tratti provenienti dal portoghese, dal turco, dallo spagnolo, dal francese e dal sardo. Si pensi proprio a “sciabeccu” che, sì, mantiene parte della radice comune “iskebeg”, ma a Genova era arrivato attraverso la lezione ispanica “escabeche”; oppure al titolo stesso dell’album, Crêuza de mä, tradotto di solito con “Mulattiera di mare”. Il termine “crêuza” (o “crêusa”) proviene dal francese “creuser”, che sta per “scavare”; il che rende molto più l’idea del terreno impervio, ricavato a fatica, attraversato da queste strade liminali. Le case colorate sul mare della Liguria, che hanno una crêuza scavata fra di esse vengono riconosciute meglio dai marinai che al largo in prossimità della riva vogano più in fretta affinché il ‘padrone della corda marcia d’acqua e di sale che ci lega qua’, (traduzione in italiano di un verso del testo genovese) ovvero l’armatore, ci riporti in quella mulattiera dal mare, a casa nostra. E qui devo correggere praticamente tutti coloro, famosi giornalisti e critici, che asseriscono che la crêuza è la strettoia fra le case che porta al mare. No, è vero l’opposto, dal mare porta velocemente il pescatore a casa propria, in direzione inversa rispetto a quanto è stato sino ad ora asserito e scritto. Il marinaio teme il mare, il mare è fatica è lavoro, è lontananza ed il desiderio del ritorno si fa realtà non appena dal largo si scorge nella sua Genova la propria casa colorata fra le altre dipinte con colori sgargianti, dove vorrebbe tornare ad abbracciare i suoi affetti e morire nella sua casa. Per questa ragione non appena sbarcato imbocca la crêuza e sale verso casa. La filologia ha la sua importanza.
L’intuizione di una lingua mediterranea è dunque giusta sotto questa prospettiva, e certo non può escludere il gran numero di termini turchi ed arabi che in tutte le lingue mediterranee (anche romanze) permane in qualche misura, proprio a causa del gran numero di rapporti intrattenuti da Genova con varie culture nel corso della sua storia marinaresca.
Ma tornando al genovese utilizzato da Fabrizio De André in Crêuza de mä, nella maggior parte dei casi, non sono delle lingue monocorde, non si identificano con il parlato di un singolo parlante. Si tratta di una lingua ricostruita tramite la consultazione, da parte del cantautore, di vocabolari, lessici, dizionari e altre fonti riprodotte più o meno fedelmente nel testo creato. Ma non è esatto nemmeno dire che il dialetto delle canzoni sia un genovese arcaico, filologicamente e pedissequamente ricostruito, o propriamente settecentesco. Infatti, nei testi convivono contemporaneamente diverse varianti: diafasiche, relative quindi a differenza nativa linguistica, diastratiche, ovvero variazioni di espressioni linguistiche relative a diversi ceti sociali, diatopiche, relative alla provenienza geografica, diacroniche, ovvero mutevoli con il tempo e gli anni, del genovese. Insomma, tanti genovesi diversi, usi linguistici propri di vari strati sociali, varie epoche storiche, varie zone d’origine, vari gradi d’utilizzo (formale, informale, colto, ecc.), tutti nella stessa lingua di testo-canzone. È come se il genovese di Fabrizio De André comprendesse in sé tutto ciò che il genovese doveva essere stato, e questo può avvenire proprio grazie a un genovese che nella realtà non era stato mai nella sua interezza di lingua parlata.
Ma andiamo un po’ più nei dettagli, premettendo che quanto scritto di seguito proviene in parte da studi linguistici precedentemente effettuati, in parte è scaturito dalla consultazione di numerose fonti: lessici, dizionari, lemmari, ricettari, resoconti di viaggio atti a ripercorrere a ritroso il complesso lavoro di studio linguistico dialettale già operato da Fabrizio De André per il suo genovese di canzone. Perché di vera e propria creazione si deve parlare, più che di semplice riproduzione.
L’uso di fonti riportanti lezioni arcaiche del dialetto genovese di Fabrizio De André è cosa certa, non è smentibile, ed è uno dei motivi per cui anche a un parlante genovese moderno alcuni termini potrebbero risultare bizzarri alla pronuncia o morfologicamente oscuri. Nella testo “Crêuza de mä”, ad esempio, il verso: “cose da beive cose da mangiä”, il verbo “bere” è indicato con la forma “beive”, più arcaica del recentemente utilizzato “beje”, dove il suono semiconsonantico indicato con “V” non è più presente. Incomprensibile alla maggior parte dei genovesi potrebbe risultare anche la parola “Cumbi” che sta per “Colombi”, la cui unica attestazione è presente sul vocabolario del Casaccia aggiornato al 1951, il che non vuol dire per forza che si tratti di una forma arcaica, ma semplicemente di raro utilizzo. Discorso simile si potrebbe fare per il termine “Diu” per indicare “Dio”, che nel moderno dialetto viene riportata come forma presente nell’uso corrente, ma non troppo frequente, quindi come attestazione colta. Quest’ultimo caso ci mostra, inoltre, come la scelta di una variante più datata diacronicamente o più rara diafasicamente (nel tempo o nell’uso) non escluda in altri luoghi la presenza di sinonimi di più recente e comune utilizzo. Per “Dio” in “Sinàn Capudàn Pascià”, infatti, troviamo nel verso “Giastemmandu Mumä au postu du Segnü” (“Bestemmiando Maometto al posto del signore”) la più comune attestazione “segnü”. A conferma ulteriore del fatto che, come già visto per i termini turchi ed arabi di questo testo, Fabrizio De André poteva anche cambiare leggermente la tipologia di dialetto in base alla canzone e alle eventuali fonti ispiratrici. 








Nel 1985, l’anno del freddo polare in Italia, si toccano temperatore sotto i meno venti in gran parte dell’Italia, coperta da eccezionali nevicate. Spariscono le cabine telefoniche rosse da quasi tutta la Gran Bretagna. Michael Jackson pubblica con decine di altri artisti “We Are The World”, per la fondazione Usa for Africa. Il gruppo palestinese Abu Nidal compie un attentato a Fiumicino con tredici morti e decine di feriti. Ronald Reagan incontra Gorbaciov a Ginevra. In Colombia erutta il vulcano Nevado del Ruiz facendo 23.000 vittime. La nave Achille Lauro viene sequestrata da un commando guerrigliero di palestinesi. Il mostro fi Firenze uccide ancora a San Casciano Val di Pesa. Il giornalista Giancarlo Siani viene ucciso dalla mafia. Il terremoto di Città del Messico fa 11.000 vittime. La corte d’Appello assolve tutti gli imputati della strage di Piazza Fontana. Francesco Cossiga viene eletto presidente della Repubblica. A Bruxelles cede una paratia dello stadio prima della partita della Juventus Liverpool e muoiono 39 persone. La partita viene ugualmente giocata.

Muore all’eta di 73 anni a Genova Giuseppe de André, padre di Fabrizio. Dirigente d’azienda e impegnato politicamente, diventò vicesindaco a Genova, fondò la Fiera di Genova, dove una piazza a lui intitolata ne ricorda la memoria.
La Repubblica del 20 luglio 1985 lo ricorda così: “Si è spento ieri in una clinica di Genova Giuseppe De Andrè, uno dei personaggi più noti nella vita economica genovese e, non solo genovese, del dopoguerra. Nato a Torino nel 1912, laureato in lettere, si trasferì a Genova al termine degli studi universitari. Approdato nel capoluogo ligure, si dedicò subito all' attività politica. Più volte eletto consigliere comunale per il Pri, De Andrè ricoprì anche la carica di vice sindaco. Alla fine degli Anni 50 fu il primo presidente dell' ente Fiera del Mare. Abbandonata la militanza politica, De Andrè venne chiamato da Attilio Monti ai vertici dell' Eridania: in questa azienda fu direttore generale, amministratore delegato e presidente. Fu anche presidente dell' editoriale di controllo dei quotidiani, "Resto del Carlino" di Bologna e "Nazione" di Firenze, carica da cui si dimise nell' 82 rompendo il lungo rapporto di collaborazione con Attilio Monti”.

La canzone "We Are The World" è in testa alla Hit Parade. In Italia David Zard risponde con il disco “Volare, Musicaitalia per l’Etiopia” alla iniziativa di Michael Jackson. Partecipano decine di artisti italiani, Fabrizio De André e Dori Ghezzi compresi.

Nel 1986 si apre il maxiprocesso a Palermo nell’aula bunker appositamente allestita all’interno del carcere Ucciardone. Berlusconi acquista la squadra di calcio del Milan. Il vino al metanolo provoca 23 vittime in Italia. Alì Agca viene ritenuto l’unico attentatore di Papa Giovanni Paolo II nel processo che arriva a conclusione. A Berlino scoppia una bomba all’interno di una discoteca frequentata da Marines Americani, provoca 3 morti e oltre 200 feriti. Esplode il reattore n 4 di Cernobyl in Ucraina e le conseguenze della nuba radioattiva ricadono su tutta Europa. Lo Space Shuttle esplode nella fase di decollo e provoca la morte di tutti i sette gli astronauti. Michele Sindona è condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio Ambrosoli. Due giorni dopo muore nel carcere di Voghera dopo aver bevuto un caffè avvelenato. L’Italia per la prima volta è connessa a Internet. In gran Bretagna esplode il morbo della mucca pazza. Il neofascista Mario Tuti è condannato per l’attentato al treno Italicus. L’esercito libico attacca Lampedusa con il lancio di due missili. Fernanda Pivano pubblica il suo libro “Cos’è più la virtù” per Rusconi Editore e cura “Bomb” di Gregory Corso.
Madonna anche in Italia è al primo posto delle classifiche di vendita.
Fabrizio De André acquista una barca, Jamina, e parte per un lungo viaggio con Mauro Pagani verso la Turchia e la Grecia. Fabrizio De André e Dori Ghezzi sottoscrivono il perdono e la rinuncia ai risarcimenti in favore della domanda di grazia presentata da Salvatore Cherchi e Giulio Carta, due degli autori del sequestro subìto in Sardegna.

Nel 1987
viene emesso il mandato di cattura per bancarotta fraudolenta nei confronti di Paul Marcinkus, presidente dello IOR, la banca del Vaticano, per le indagini sul crack del Banco Ambrosiano. Negli Stati Uniti debutta “Beautiful” ed appare per la prima volta il cartone “I Simpson”. Un diciannovenne a bordo di piccolo Cessna atterra indisturbato sulla Piazza Rossa a Mosca dopo un volo dalla Germania. Margaret Thatcher si insedia al suo terzo governo nel Regno Unito. L’alluvione in Valtellina provoca 53 morti e oltre 2000 sfollati. Nel Kosovo si assistono a scontri tra le minoranze Serbe e il Montenegro. Ronald Reagan e Michail Gorbaèëv firmano un trattato per l'eliminazione dei missili a medio raggio in Europa. Si chiude dopo 22 mesi il Maxiprocesso di Palermo contro la mafia. 19 boss all’ergastolo, 342 condanne al carcere, 114 assoluzioni per insufficienza di prove. Gianni Morandi, Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi vincono Sanremo con Si può dare di più. La classifica dei dischi è capitanata da “La Bamba”.

Fabrizio De André partecipa all’inaugurazione del Salone Nautico Internazionale a Genova e alla cerimonia di intitolazione al padre Giuseppe De André del piazzale del quartiere fieristico.

Nasce Fabrizia De André, figlia di Cristiano. Fabrizio De André diventa nonno.

Nel 1988 lo studente Cesare Casella è rapito dall'Anonima Sequestri. Sarà il rapimento più lungo della storia con il rilascio avvenuto ben due anni dopo. La Fiat presenta la “Tipo”. Licio Gelli viene estradato dalla Svizzera, dove era fuggito nel 1981. Gli verrà concessa la libertà provvisoria. Sergio Pininfarina viene eletto presidente della Confindustria. Massimo Ranieri vince il Festival di Sanremo con “Perdere l’amore”. Esplode lo scandalo delle carceri d'oro, con il coinvolgimento dei politici Franco Nicolazzi e Vittorino Colombo. Si dimette il governo di Giovanni Goria. Al suo posto il governo del pentapartito di Ciriaco De Mita. Il film “L’ultimo imperatore” di Bernardo Bertolucci vince 9 premi Oscar. Carlo De Benedetti acquisisce il controllo della Mondadori, vincendo la guerra con la Fininvest di Silvio Berlusconi. Achille Occhetto è eletto segretario del PCI. Viene emessa la sentenza per la strage di Bologna e condannati all'ergastolo gli estremisti neri Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, sua compagna nella vita. I leader di Lotta Continua Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi vengono arrestati per l'omicidio Calabresi. George W. Bush vince le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Un aereo della PanAm precipita in Scozia sulla cittadina di Lockerbie causando 281 morti. Stati Uniti e Gran Bretagna accusano la Libia dell'attentato. I Duran Duran sono in testa alle classifiche di vendita.

Leonard Cohen pubblica l’album “I’mYour Man”, con una struggente canzone tratta dalla poesia di Federico Garcia Lorca “Pequeño vals vienés”. Due sole date in Italia i concerto in Teatro a Milano e Roma.

Fabrizio De André canta con Francesco De Gregori nella canzone “Questi posti davanti al mare” di Ivano Fossati, nell’album “La pianta del tè”.

Nel 1989 l’ayatollah Khomeini condanna a morte lo scrittore Salman Rushdie per aver pubblicato il libro I versi satanici. La sentenza della corte d'appello per la Strage di Piazza della Loggia a Brescia assove tutti gli imputati. A Pechino in Piazza Tienanmen si registrano proteste degli studenti che culmineranno con l’impiego di carri armati e fucili d’assalto dell’esercito e la morte di centinaia o migliaia di dimostranti. I Pink Floyd suonano in Piazza San Marco a Venezia di fronte a 200.000 persone. In Polonia nasce il governo di Solidarnoœæ, il sindacato autonomo fondato da Lech Wa³êsa. Cade il muro di Berlino che divide le due Germanie sin dal 1961. Michail Gorbaèëv, fa visita a Roma a Papa Giovanni Paolo II. In Romania si assiste alla esecuzione televisiva pubblica del dittatore Nicolae Ceaușescu e della moglie dopo un processo sommario di 50 minuti.

Muore improvvisamente in estate a soli 53 anni a Bogotá Mauro De André, fratello di Fabrizio, famoso avvocato collaboratore di Raul Gardini e del gruppo Ferruzzi. 

La Hit Parade italiana vede La Lambada dominare le classifiche di vendita.

Fabrizio De André e Dori Ghezzi nel mese di dicembre si uniscono in matrimonio a Tempio Pausania. Beppe Grillo sarà testimone di nozze.

Nel 1990 negli Stati Uniti il primo politico di colore è eletto Governatore di uno stato. Centinaia di cittadini di Berlino assaltano l’ex quartiere generale della Stasi, la polizia segreta della Germania dell’Est. Viene chiusa al pubblici la Torre di Pisa per pericolo di crollo. McDonald con un tempismo inaspettato apre il suo primo ristorante a Mosca, dopo la caduta dell’URSS. Gli stati dell’ex Unione Sovietica riprendono la propria autonomia. La Lettonia ripristina la sua bandiera dei tempi prima dell’annessione. Nella Germania dell’Est si tengono le prime elezioni libere. Achille Occhetto segretario del PCI propone il cambio del nome al partito chiamandolo Partito Democratico della Sinistra. L’ex Unione Sovietica approva la proprietà privata. La parola omosessualità viene rimossa dall’elenco delle malattie mentali dall’OMS. Le due Germanie uniscono le loro economie, diventando di fatto il primo potere economico europeo. A Berlino i Pink Floyd si esibiscono in concerto, The Wall, davanti ad oltre 180.000 persone. L’Iraq invade il Kuwait, dando luogo di fatto alla guerra del Golfo. Si compie a Roma il delitto Cesaroni, rimasto impunito ad oggi. Il giudice ragazzino Rosario Livatino è ucciso dalla mafia. Giulio Andreotti ammette l’esistenza di Gladio, la struttura parallela ai servizi segreti. Viene scoperto dopo due anni da una precedente perquisizione in un covo delle Brigate Rosse di Via Monte Nevoso a Milano un archivio di documenti, fra cui lettere di Aldo Moro e molte armi. L’Italia sottoscrive gli Accordi di Schengen e di fatto vengono aperte le frontiere per la circolazione dei cittadini nei Paesi dell’Europa. “Vattene Amore” canzone di Amedeo Minghi e Mietta spopola le classifiche di vendita.

Fabrizio De André pubblica in settembre l’Album “Le Nuvole”, riproponendo sul lato “B” canzoni in dialetto, genovese, napoletano e sardo.





1990 - Ottocento - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

non è una canzone... è l'album intero


Piero Milesi, collaboratore di Fabrizio De Andrè già dal 1989, tanto tempo fa. mi regalò un suo Cd. Mi disse che era una lavoro prezioso che aveva fatto per Fabrizio De André. Ci sono le tracce orchestra di 800 e Le Nuvole. Con molta soggezione mi misi ad ascoltarlo, tenendo in mano un foglio su cui erano spiegate tutte le tracce, i tempi, la lunghezza, gli stop ecc.ecc. Solo dopo un po’ di tempo ho realizzato: "Ottocento" è il titolo dell’album e "Le Nuvole" è il titolo della traccia della canzone "Ottocento". Ovvero, in origine l’album doveva essere intitolato "Ottocento" e la vera canzone che ha il titolo "Ottocento" doveva intitolarsi "Le Nuvole". Proprio le Nuvole di Aristofane.
 
Poi ho riascoltato bene il brano di Fabrizio De André e solo allora ho capito. Tutte le trace dell’album "Le Nuvole", rimandano ad usi clientelari sicuramente più diffusi nel secolo scorso, per esempio in "Don Raffaè"; più vicini insomma ad una cultura e modi di essere e vivere del secolo scorso; come la presenza delle streghe che non devono entrare dal camino in "A Cimma", sono usanze e leggende del secolo o secoli scorsi. Anche la presenza del medico che visita i pazienti recandosi da loro col treno e trova le bagasce nell’altra stanza, sono figure del secolo scorso. E "Monti di Mola" non appartiene di certo alle usanze del 900! Aggiungo poi "La Nova Gelosia", canzone veramente dell’800 … e "La domenica delle Salme" è il rigetto della nuova cultura apatica del 900.

Cercate la trama della commedia di Aristofane.

Prendiamo la trama delle Nuvole di Aristofane e compariamola al testo della canzone "Ottocento".

Nella prima strofa è il filosofo che chiede al ragazzo perché si sia recato da lui.

Cantami di questo tempo
l'astio e il malcontento
di chi è sottovento
e non vuol sentir l'odore
di questo motor
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi , femmine e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu

Poi il contadino parla al figlio:

Figlio bello e audace
bronzo di Versace
figlio sempre più capace
di giocare in borsa
di stuprare in corsa tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta di anticaglie
scatole d'argento ti regalerò

ancora il padre si sfoga con se stesso...

Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar

e successivamente parla al figlio:

Figlio figlio
povero figlio
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio figlio
unico sbaglio
annegato come un coniglio

Poi il padre viene aggredito allo stesso modo in cui nella commedia il figlio picchia il padre:

per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio
a me a me
che ti trattavo come un figlio
povero me
domani andrà meglio

ancora la considerazione del padre che attraverso la filosofia dice a Socrate quale vorrebbe essere il suo destino, ovvero diventare ricco e colto:

Ein klein pinzimonie
wunder matrimonie
krauten und erbeeren
und patellen und arsellen
fischen Zanzibar
und einige krapfen
frùer vor schlafen
und erwachen mit walzer
und Alka-Seltzer fùr
dimenticar

Un piccolo pinzimonio
splendido matrimonio
cavoli e fragole
e patelle ed arselle
pescate a Zanzibar
e qualche krapfen
prima di dormire
ed un risveglio con valzer
e un Alka-Seltzer per
dimenticar.

e alla fine rinunciare alla cultura perché l’unico scopo della sua vita è arricchirsi e non vede nella cultura il mezzo per diventarlo, ma raggiungere il suo obiettivo, la ricchezza, solo attraverso lo scambio di beni materiali

Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar.

E per finire, ammettere che la cultura è manovrata da quei personaggi, Le Nuvole, il filosofo, ecc. che come diceva Fabrizio De André: “Le mie Nuvole sono invece da intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella nostra vita sociale, politica ed economica; sono tutti coloro che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire le loro posizioni di potere”.

Prove Ottocento - Le Nuvole Piero Milesi






1990 - Â cimma - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a -

traduzione e personale interpretazione

Ti adesciae 'nsce l'indegu del mattino 
Ti sveglierai sull’indaco del mattino

Quindi di buon ora sapendo che il piatto che andrai a preparare ti impegnerà per quasi tutto il giorno.

Ch'á luxe a l'à 'n pé' n terra e l'àtrù i mà
quando la luce ha un piede in terra e l’altro in mare

Un antico proverbio dei marinai recita così: Il sapere ha un piede in terra e l’altro in mare. Potremmo azzardare che la luce della conoscenza illumina le capacità intellettive e creative del cuoco in procinto di dare forma alla sua opera...

Ti t'ammiâe a ou spegiu de 'n tianin
 ti guarderai allo specchio di un tegamino

…e riflettersi nello specchio per acquisire la sicurezza di ciò che sta per realizzare.

Parliamo ora del piatto che il cuoco andrà a realizzare : la Cima genovese è un tipico piatto della gastronomia ligure. Questa canzone rappresenta il limite ormai oltrepassato della follia del cuoco, geloso e innamorato della pietanza che ha cucinato con tanta cura. Il cuoco che si alza la mattina presto quando l’azzurro del cielo si tinge dei colori dell’alba e inizia a preparare gli ingredienti per la sua ricetta. Questa antica ricetta che ancora oggi contempla tutti gli ingredienti e gli avanzi del cibo non mangiato durante la settimana, le erbe liguri, maggiorana e rosmarino e il prebuggiùn. Una usanza presente a Recco lo descrive come un mazzo di ortaggi, di bietine, di cavoli primaticci e prezzemolo, un pasticcio, insomma di erbe raccolte a mazzetto, come se fosse un aspersorio sacro per la benedizione. Altre fonti indicano il prebuggiùn come una zuppa fatta con le erbe e con il sedano colto nel giorno dell’Ascensione. Il termine curiosamente deriva dalla leggenda per la quale durante la prima crociata i seguaci di Goffredo di Bugione nell’assedio di Gerusalemme, raccoglievano mazzetti di erbe per preparare il cibo per il condottiero e definivano questi mazzetti di erba ‘pro-Buglione’. Il temine storpiato nel dialetto genovese divenne prebuggiùn. Un piatto comunque che veniva preparato nei giorni di festa e per il quale si seguiva un rituale ed una attenzione quasi maniacale affinchè la tasca di carne riempita di tutti gli ingredienti non si bruciasse durante la cottura…

carne ténia nu fâte néigra,
carne tenera non diventare nera

…e si potesse consacrare al cielo come un dono di devozione

cos'âtru fâ cos'âtru dàghe a ou çé
cos'altro fare cos'altro dare al cielo

Ma prima della preparazione è necessario seguire un rituale dopo il quale...

ti mettiâe ou brûgu réddenu 'nte 'n cantún
metterai la scopa (dritta) rigida in un angolo

che se d'â cappa sgûggia 'n cuxín-a á stría
che se dalla cappa scivola giù in cucina la strega…

…tu avrai tutto il tempo di preparare la tua pietanza.

Ho evidenziato questo termine (réddenu ) per far notare che nel Casaccia il termine dritu significa diritto, in piedi, diversamente da rigido.

a xeûa de cuntâ 'e págge che ghe sún
a forza di contare le paglie che ci sono

A proposito di questo ultimo verso, secondo antiche filastrocche, genovesi e di tutta la Liguria, la strega scendeva dalla cappa del camino durante la preparazione del pranzo, ma era costretta a contare tutte le pagliuzze di saggina della scopa appoggiata accanto agli alari prima di compiere i suoi atti malvagi, dando agli occupanti della stanza il tempo di ripararsi o fuggire. Secondo altre narrazioni meno probabili, la strega contava i granelli di sabbia sul pavimento. Altre usanze volevano che il cuoco battesse con il cucchiaio sul coperchio quattro volte per scacciare la strega dalla pentola. Oppure doveva mettersi in punta di piedi e conficcare dei legnetti o stuzzicadenti per cucire la tasca di carne dopo aver scacciato il malocchio, in modo che non potesse rientrare. Altre ancora volevano che per scacciare la strega si dovesse spargere il sale sul pavimento della cucina. Nella canzone sta a significare che il cuoco, pur svegliandosi all’alba, deve preoccuparsi di compiere tutti i rituali affinché il suo piatto si realizzi come lui vuole.

Ch'ou cégu ou pèrde 'a testa l'âse ou senté
che il chierico perde la testa e l'asino il sentiero

L’asino è lento, ma il suo incedere è costante, è l’animale che per antonomasia non perde mai la strada, ha uno spiccato senso dell’orientamento, una straodinaria resistenza e sa ritrovare sempre la strada di casa. Far perdere all’asino il suo sentiero, equivale a dire che la pietanza è risultata talmente buona da confonderlo. Il chierico invece deve sempre profferire serietà religiosa, per rimanere tale. Ovvero il piatto è riuscito talmente buono che farebbe sovvertire anche queste certezze.

Poi vegnan a pigiàtela i câmé
poi vengono a prendertela i camerieri

E ti portano via tutti gli sforzi che hai fatto per preparala, con la delusione di un cuoco ormai tradito dalla pietanza stessa e augurerà ai commensali…

tucca a ou fantín à príma coutelà
tocca allo scapolo la prima coltellata

una antica usanza ligure e toscana, nella zona di Lucca, voleva che lo scapolo, ancora puro, tagliasse la prima fetta della pietanza o del pane per lasciare incontaminato il piatto o il pane stesso.

mangè mangè nu séi chi ve mangià
mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà

…ovvero augurerà loro come minimo una indigestione...





1990 - La domenica delle salme - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a

una libera interpretazione
 

Il significato del brano La domenica delle salme si può riassumere come la predizione della condizione che stava, inconsapevolmente o meno, assumendo il nostro Paese. Il senso di “non impegno” di apatia da parte della cittadinanza italiana aveva portato ad una sorta di rassegnazione di fronte alla impunità dei politici. Con l’unica eccezione dell’Artista. Per stessa definizione di Fabrizio De André nella forse sua ultima intervista telefonica: “Gli Artisti, maledizione! Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto più degli altri. Capisco che se non è artista, se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro che arriva ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere. Se si integrano gli artisti, ce l'abbiamo nel culo!”. Di quell’artista che ormai anziano ma ancora con il desiderio di ribellione scappa dall’ospizio (divenuto anni dopo famoso, per una sorta di chiaroveggenza, per le vicende giudiziarie del direttore) con il desiderio di riaccendere in senso metaforico una lampadina sugli occhi della gente, una luce che li faccia tornare a ragionare, un po’ come l’elettricista di Paolo Conte: (ti offro l’intelligenza degli elettricisti, così almeno un po’ di luce avrà). Nemmeno il clochard bruciato su una panchina a Trento aveva riacceso l’indignazione (qualcuno ci ha visto il collegamento con le brigate rosse o con l’università di Trento, ma ha preso una sonora cantonata). Il significato nascosto del “Pettirosso da combattimento” è legato al ricordo del sequestro:

Dori
: “Una volta il ‘gatto' (il “gatto” e la “volpe” erano i nomignoli dati da Dori e Fabrizio ai due carcerieri durante il loro sequestro in Sardegna) catturò un piccolo pettirosso e me lo diede. Dopo averlo tenuto in mano qualche minuto, lo liberai. Era tenero e morbido, gracile ma vivacissimo. Poco dopo il ‘gatto’ tornò e lo rivoleva. Ci dissero allora che i pettirosso portavano male”.

Fabrizio:
“Un giorno (a novembre) gli spaghetti cucinati da loro erano particolarmente buoni. Che ci avete messo, domandai, c’è un aroma che non abbiamo mai sentito. - Abbiamo cucinato il vostro pettirosso, quello porta iella. Così da oggi le cose andranno meglio, sarete più fortunati-. Eravamo attorniati da decine di pettirossi che venivano a beccare le briciole di pane che spargevamo per terra mentre mangiavamo”[1].

Nel testo di questa canzone il pettirosso è rappresentato nel desiderio di combattere e non lasciarsi sopraffare da sventure di ogni genere, malgrado le dicerie apprese nel loro caso dai carcerieri; in questo contesto rappresenta comunque il desiderio di non subire ingiustizie ed angherie da parte di nessuno, anzi di reagire all’apatia, come l’artista che fugge dalla Baggina tenendo in mano una lampadina, simbolo della lotta e del ragionamento che ci si aspetta possa riemergere nella coscienza degli Italiani.

I polacchi sono rappresentati come i lavavetri ai semafori, nella più completa indifferenza dei turisti diretti al mare per le vacanze a bordo delle loro fiammanti automobili nuove, affermando il nuovo consumismo e la primaria importanza del mercato capitalistico. I polacchi che per stessa affermazione di De André:

“…non so a che punto di umiliazione potranno ancora arrivare per inserirsi, per essere funzionali a qualche componente del sistema”.

Nel contempo le due Germanie senza più confini dopo l’abbattimento del muro di Berlino erano in procinto di riunificarsi, tanto che i tedeschi dell’ovest erano ben favorevoli all’accorpamento intravvedendo, come del resto accadde poco dopo, e senza la benché minima vergogna (gli abbiamo visto il culo) la propria supremazia economica europea, non tanto una riunificazione per i diritti dei tedeschi dell’est finalmente recuperati, ma strettamente finalizzata alla supremazia finanziario-economica. A proposito della scimmia del quarto reich:

“Non credo di essere il solo ad aver paura della Germania unita e soprattutto di quei rigurgiti di antisemitismo che continuano a precorrere l’Europa”.

In Italia nel frattempo il partito socialista, a scapito degli ideali comunisti, si accingeva a dare alla nazione oltre che il capo del governo (Craxi) anche il presidente della Repubblica (Pertini), costruendo il proprio impero politico (la piramide di Cheope) con tutti i mezzi possibili ed a scapito delle altre forze politiche, sottraendo importanti voti al partito comunista (con il senno del poi sappiamo quali mezzi siano stati utilizzati, vedi Mani Pulite). La lenta e inconsapevole situazione di un colpo di stato silenzioso esercitato dalla malavita e dalla politica di interessi che insieme alla assenza della più elementare morale, si sono silenziosamente impossessati della Nazione Italia, senza nessun colpo di arma da fuoco (non si udirono fucilate). E ancora la normalizzazione che impedisce la presa individuale di coscienza indicando nel tua culpa la responsabilità della Storia, adagiandosi sulla tranquillità di un ritorno ad una vita definita normale, anche attraverso l’appuntamento per la messa in piega dal parrucchiere. O anche attraverso la punizione esemplare comminata all’allora fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio, in galera per un ideale politico e non per i reati commessi, salvo quelli legati alla ideologia. In questo passaggio dobbiamo evidenziare un’interpretazione del tutto errata del significato della canzone letto altrove sino ad oggi. L’amputazione della gamba di Renato Curcio rappresenta la condanna ad una lunga detenzione che Fabrizio De André immaginava. Rappresenta l’impossibilità di una ulteriore fuga, del carcerato, l’impossibilità di tornare ad essere un uomo libero e quindi di vivere una vita “normale”. Per sua stessa ammissione Fabrizio De André dichiarò di essersi completamente sbagliato a chi sottolineava la predizione che gli attribuirono nello scrivere la canzone:

“E ho sbagliato su Curcio: lo immaginavo in carcere, invece l'hanno liberato”. C
osì dichiarò alla  La Stampa, 10 giugno 1994 articolo a firma Gabriele Ferraris. Mentre c’era in quel momento chi a gran voce proclamava in un comizio di fedeli seguaci vocianti la superiorità della propria forza politica e (forse) umana al grido ‘la Lega ce l’ha duro”. La condizione ormai rassegnata dell’Italiano che si dichiara pronto a vivere (in città), a patto che non ci siano altri spargimenti di sangue dopo le lotte e la stagione degli attentati che lo farebbero tornare a mietere e provare paure e soprattutto a ragionare, ma lasciandolo invece nella tranquillità di una vita quasi inutile, semmai con le proprie difese mutuate dalla frasi di Oswald De Andrade, nascondendo un cannone in cortile per la propria inviolabile “sicurezza”.
Per dirlo con le parole stesse di De André:

"Il brano è nato dalla constatazione che oggi o si accettano le nuove e non sempre limpidi regole, o è meglio attrezzarsi con un cannone nel cortile”.

Anche se le destre ormai sulla via della inesorabile discesa e perdita di consensi degli anni pre ’90 vedevano ancora qualche nostalgico cantare pubblicamente le canzoni fasciste. Ormai nella descrizione di questa Italia prendono piede i nuovi capitalisti che con le proprie televisioni imbonitrici che diventeranno la nuova coscienza degli Italiani, ritirati tutte le sere sul proprio comodo divano a rimpinzarsi della pubblicità e delle apparizioni di quei novelli artisti votati al compromesso, mentre quelli veri che avrebbero dovuto e potuto ribellarsi non lo fecero, né nei teatri, né pubblicamente, sebbene le loro voci altisonanti sarebbero state facilmente udite da questa nuova sfera di potenti. Questo passaggio a mio avviso è riferito a Sting ed alla sua campagna a favore dell’Amazzonia con la sua “Rainforest Foundation” fondata nel 1987, ma anche alla sua prima apparizione nel 1985 al Palatrussardi di Milano. Peraltro lo stesso riferimento si trova nella canzone "Jazz Police" di Leonard Cohen nell’album I’M Your Man del 1988 sempre riferita a Sting ed alla realizzazione del primo album da solista The Dream of the Blue Turtles.

“Tutti sono sotto accusa, a cominciare dai cantautori, me compreso. Abbiamo perso molte occasioni per denunciare e accusare. E dire che avevamo voci potenti adatte per il…”.

Mentre l’utopia di un mondo diverso e libero è ormai destinata a scomparire, per lasciare il posto ad una nuova pace, una normalizzazione terrificante che tutti gli italiani avevano accettato senza rendersi davvero conto di questo colpo di Stato silenzioso che avevano subito.

“L’italiano tace, non parla, perché ormai è sicuro che nessuno lo starà a sentire”[2].

Salvo quell’unica voce dalla cadenza genovese che protesta in maniera vibrante

[1] Dalla rivista settimanale ‘Gente’, gennaio 1980 n. 2 e seguenti.
[2] Le parole fra le virgolette in tutto il testo sono tratte da una intervista di Mario Luzzato Fegiz, Corriere della sera, 23 settembre 1990, salvo ulteriori specifiche.


Il regista Gabriele Salvatores, futuro premio Oscar, dirige i video clip di “Megu Megun” con Claudio Bisio come attore e “La Domenica Delle Salme”, entrambi con la partecipazione di Fabrizio De André come attore.

Su Sorrisi e canzoni TV 4 novembre 1990 a firma  Patrizia Ricci Fabrizio De André dichiara che le nuvole non sono da intendersi come "Fenomeni atmosferici: sono quei personaggi ingombranti e dannosi della nostra vita civile, politica ed economica che io cerco di descrivere, insieme ad alcune delle loro vittime, nella prima parte dell'album: sono i personaggi che detengono il potere con tutta la loro arroganza e i loro cattivi esempi. I protagonisti della seconda parte sono invece i figli del popolo i quali, nella misura in cui è loro consentito dai potenti descritti nella prima parte, continuano tranquillamente a farsi i fatti loro, rinunciando a quella protesta, a quella indignazione collettiva di fronte al malgoverno, indignazione e protesta che io ritengo le condizioni irrinunciabili per non rischiarci la democrazia. Il coro di cicale che chiude la prima parte del disco, e al quale io stesso mi unisco, sta appunto a significare come tali nostre proteste e indignazioni stiano sempre più assumendo il sapore di un vago e rassegnato cicaleccio”.

Francesco Baccini pubblica l’album “Il pianoforte non è il mio forte” che contiene la canzone “Genova blues” co-interpretata da Fabrizio De André.

Nel 1991 è l’anno dell’attacco al Iraq occupato da Saddam Hussein. Inizio della Guerra del Golfo. Anno della occupazione di Vilnius da parte sovietica per bloccare l’indipendenza della Lituania. Un aereo italiano viene abbattuto in Iraq. I due piloti saranno fatti prigionieri per settimane. Il Partito Comunista Italiano cessa di fatto di esistere a vantaggio del Partito Democratico di Sinistra del segretario Achille Occhetto. L’IRA semina il terrore a Londra con due bombe in altrettanto stazioni della affollata metro. A Livorno, nel porto avvolto dalla nebbia, il traghetto Moby Prince entra in collisione con una petroliera e causa 140 morti. La TV americana è orfana di Dallas, giunto all’ultima puntata. Croazia e Slovenia dichiarano l’indipendenza dalla Jugoslavia. Nascono il WEB e Linux. Michail Gorbaèëv decade da presidente a seguito di un colpo di stato. Boris Eltsin è il nuovo presidente russo. Estonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia e altri stati dichiarano la propria indipendenza dall’ormai ex Unione Sovietica. A Londra muore Freddy Mercury, leader dei Queen. Michael Jackson è leader delle classifiche.
Fabrizio De André parte in tour per decine di date in Italia e sul finire dell’anno viene pubblicato il doppio album “Concerti 1991”. La copertina reca un’immagine di Pulcinella tratta da un quadro di Alessandro Magnasco pittore espressionista genovese a cavallo tra seicento e settecento, detto il “Lissandrino”, i cui dipinti adornano ancora oggi la residenza De André a Genova, Villa Bombrini o Villa Paradiso.
Mauro Pagani pubblica l’album “Passa la Bellezza” in cui Fabrizio De André co-interpreta la canzone “Davvero Davvero”, spesso eseguita insieme nei concerti.

Nel 1992 Boris Eltsin leader della Russia, annuncia la fine dell’uso delle armi nucleari puntate sugli Stati Uniti. Poco dopo George W. Bush farà altrettanto. Il Maxiprocesso di Palermo condanna all’ergastolo Totò Riina, Bernardo Provenzano (latitanti) e decine di altri boss mafiosi. Si verifica il naufragio di una portacontainer che riversa nell’oceano migliaia di paperelle di gomma contenute in vari container. Il disastro permetterà di tracciare le correnti oceaniche in quasi tutti il globo terrestre. Un “mariuolo”, come definito giorni dopo da Bettino Craxi, viene arrestato in flagranza con denaro di una tangente, presso il “Pio Albergo Trivulzio” di Milano, meglio conosciuto come “la Baggina”. Luca Barbarossa vince il Festival di Sanremo. A Palermo il leader della corrente di Giulio Andreotti, Salvo Lima, deputato europeo, viene assassinato dalla mafia. L’Inghilterra viene battuta al torneo mondiale di cricket dal Pakistan. Gabriele Salvatore vince l’Oscar per il film Mediterraneo. Si acuisce la guerra in Bosnia. Apre Euro Disney a Parigi. Il Moro di Venezia, barca da regata di Raul Gardini viene sconfitta nella America’s cup. A Punta Raisi, sulla autostrada per Palermo vengono uccisi con esplosivo il Giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. Oscar Luigi Scalfaro viene eletto Presidente della Repubblica. Viene fatta esplodere un’auto nei pressi dell’abitazione della madre del giudice Borsellino che viene ucciso. La Slovacchia diviene indipendente dalla Cecoslovacchia. Viene approvato il Trattato di Maastricht. Bill Clinton vince le elezioni negli Stati Uniti. Bettino Craxi segretario del Partito Socialista Italiano riceve un avviso di garanzia, in seguito alle indagini partite dalla “Baggina”, meglio conosciute come inchiesta Mani Pulite.

Fabrizio De André sul finire del 1992 inizia un tour in teatro, chiamato “Uomini e Donne”, dove canta e commenta le sue canzoni che hanno titoli di uomini e donne, ma curiosamente la canzone “Suzanne” tradotta da Leonard Cohen non viene mai cantata.
Il gruppo sardo dei Tazenda pubblicano l’album “Limba” che contiene una canzone scritta in collaborazione con Fabrizio De André: “Pitzinnos in sa gherra”. Il retro dell’Album contiene una nota di Fabrizio De Andrè.

Nel 1993 Carlo Azeglio Ciampi diventa presidente del consiglio. La Camera non autorizza il luogo a procedere nei confronti di Craxi che da lì a poco, accolta da un lancio di monetine di fronte al suo Hotel a Roma, fuggirà ad Hammamet. A Firenze esplode una bomba agli Uffizi che provoca 5 morti. La Democrazia Cristiana, duramente colpita dalla inchiesta Mani Pulite, formalmente si scioglie a favore del costituito Partito Popolare Italiano. Viene raggiunto uno storico accorda fra Israele e l’OLP e viene creata la striscia di Gaza, territorio indipendente. Prende via negli Stati Uniti il Late Late Show di David Letterman. Il premio Nobel per la letteratura per la prima volta viene assegnato ad una donna di colore. Pablo Escobar, il Re della droga di Colombia, viene ucciso a Medellin.

Fabrizio De André procede nel tour teatrale.

Nel 1994 ad Oslo viene trafugato il celebre dipinto l’Urlo di Edvard Munch. La Apple lancia il primo Macintosh. La giornalista Ilaria Alpi viene uccisa in un agguato in Somalia con il suo cameraman. Il film sull’olocausto Schindler’s list di Steven Spielberg vince il premio Oscar. Kurt Cobain leader dei Nirvana si suicida con un colpo di fucile nella sua casa. Riapre ai visitatori la Cappella Sistina, dopo anni di restauri. Il pilota Ayrton Senna perde la vita ad Imola durante una gara di Formula 1. Viene inaugurato il tunnel della Manica. Termina la guerra in Jugoslavia. Le ultime truppe russe lasciano la Germania dell’Est. L’Armata Rossa lascia Estonia e Lettonia. Helmut Kohl diventa cancelliere in Germania. Pietro Pacciani viene condannato all’ergastolo, per il processo al mostro di Firenze. Le elezioni politiche vedono il centro destra presieduto da Silvio Berlusconi insediarsi al governo con l’appoggio del Movimento Sociale Italiano.. Viene presentata la Play Station del colosso Sony. Frank Sinatra tiene il suo ultimo concerto davanti a centomila persone. Jovanotti scala le classifiche della Hit Parade.

Fabrizio De Andrè annuncia entro un anno il suo prossimo disco scritto con Ivano Fossati.

Max Manfredi, cantautore genovese, pubblica l’album “Max” che contiene la canzone “La Fiera della Maddalena” cantata con Fabrizio De André.

Nel 1995 si insedia il governo tecnico di Lamberto Dini dopo il governo di Silvio Berlusconi caduto per la Lega Nord che esce dalla maggioranza. Il movimento Sociale Italiano di Gianfranco Fini cessa di esistere a favore della nuova forza politica Alleanza Nazionale. Giorgia vince il Festival di Sanremo. Nasce il motore di ricerca Yahoo. Il film Forrest Gump vince sei Oscar. In Cecenia si assiste al massaro di 103 persone da parte delle truppe russe. Jacques Chirac viene eletto Presidente della Repubblica francese.  La Juventus vince di nuovo lo scudetto. Lo Space Shuttle si aggancia in orbita alla stazione russa Mir. La Microsoft presenta Windows 95, rivoluzionario sistema operativo grafico per computer. Il Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin viene assassinato da un estremista di destra. Viene firmata la pace fra Bosnia ed Erzegovina. Nessun titolo italiano è in testa alla Hit Parade.

Cristiano De André pubblica “Cose che dimentico” nell’album “Sul Confine” scritto per un amico da Cristiano, Fabrizio e da Carlo Facchini. 
Teresa de Sio pubblica “Un libero cercare” con la partecipazione vocale di Fabrizio De André.
Ricky Gianco pubblica “Piccolo è Bello” che vede la canzone “Navigare” co-interpretata da Fabrizio De André.
Li Troubaires de Coumboscuro pubblicano l’album in occitano “A Toun Souléil” che contiene la canzone “Mis Amour” cantata in lingua provenzale-occitana da Fabrizio De André.

Al teatro Manzoni di  Monza in teatro avviene un tributo a Fabrizio De André dal titolo “
Canti Randagi” dove vari interpreti cantano le canzoni di De André totalmente in dialetto ed una canzone tradotta in Inglese. Ne verrà pubblicato successivamente un CD.

Nel 1996 un devastante incendio distrugge il teatro La Fenice a Venezia. Pietro Pacciani in carcere con l’ergastolo per i delitti del Mostro di Firenze, viene assolto e liberato per non aver commesso il fatto. Israele l’OLP firmato un patto con il quale la Palestina ha diritto ad uno stato indipendente. I ribelli ceceni attaccano il quartier generale russo e causano oltre 70 morti e duecento feriti. Il film “Il Postino” di Massimo Troisi si aggiudica un Oscar. L’attore regista muore poco dopo la lavorazione della pellicola, nel 1994. L’IRA compie un attentato nel centro storico di Manchester causando oltre 200 feriti.

Il film “Ilona llega con la lluvia” in concorso alla 53^ mostra del cinema di Venezia, tratto da un romanzo di Álvaro Mutis vede la partecipazione di Fabrizio De André che canta nella colonna sonora del film la canzone inedita “Desmedida Plegaria” in lingua spagnola o pseudo portoghese.

Qualche settimana dopo Fabrizio De André pubblica l’album “Anime Salve”.

Nel 1997 il treno Pendolino deraglia a Piacenza. Francesco Cossiga, passeggero del treno, ne esce incolume, ma si fanno largo voci di attentato. I Jalisse trionfano al Festival di Sanremo. Tony Blair vince le elezioni nel Regno Unito, dopo oltre diciotto anni di governo dei Conservatori. Il regista Marco Ferreri muore a Parigi. La studentessa Marta Russo viene uccisa da un colpo di pistola all’interno del campus della università la Sapienza a Roma. Il campanile di Piazza San Marco a Venezia viene occupato da un nucleo di nostalgici della Repubblica di Venezia. Hong Kong smette di appartenere al Regno Unito e passa sotto la giurisdizione cinese. Muore Madre Teresa di Calcutta. Il terremoto in Umbria causa notevoli danni alla basilica di San Francesco ad Assisi. Dario Fo vince il Nobel per la Letteratura.

Fabrizio De André è in Tour per tutto il 1997. Nell’ottobre dello stesso anno inizia il tour nei teatri.

Nel mese di novembre esce il CD “M’innamoravo di tutto”, che contiene una versione della “Canzone di Marinella” cantata in duetto con Mina. Sarà l’ultima incisione ufficiale di Fabrizio De André.

Fabrizio De Andrè si aggiudica il “Premio Lunezia” ad Aulla. Durante la premiazione rivela che:

Sì è vero, confessa Fabrizio De André: quando sostenni l’esame d’ammissione come autore alla SIAE di Roma nel 1964 scrissi una poesia che per metà rubacchiava dalle "Foglie morte" di Prevert. I commissari non ci fecero caso. Gli altri candidati non conoscevano Prevert e avevano grossi problemi con l’ortografia".

 
Al premio Tenco del 1997 vengono premiati Fabrizio De André e Jackson Browne.

Nel 1998 un aereo americano da combattimento in addestramento in Trentino trancia un cavo della funivia del Cermis. Muoiono 20 persone. Il film Titanic di James Cameron vince undici premi Oscar su quattordici totali. Marco Pantani trionfa al Giro D’Italia di ciclismo e vince anche il Tour de France. La Microsoft pubblica Windows 98.
Muore a Milano Lucio Battisti.

Fabrizio De Andrè durante un tour a Roccella Ionica, innesca involontariamente una polemica che si trascinerà sui quotidiani di tutta Italia a proposito di una sua frase sulla mafia.


Fabrizio De André interrompe improvvisamente il Tour estivo e dichiarerà nell'ottobre del 1998:

“Ho interrotto la tournée perché stavo male, certo. Ho fatto delle indagini attraverso la Tac e altri strumenti diagnostici. Soffro di tre ernie al disco, una cervicale e due lombari, ma si tratta di una malattia come un'altra. Tra dieci giorni mi opereranno. Tutti i miei problemi nascono da una malattia congenita, ho sei vertebre lombari invece di cinque. Ma ora, per favore, la­sciatemi in pace”.

11 gennaio 1999 Fabrizio De André muore a Milano.


Il Corriere della Sera del 12 gennaio 1999 commenterà così:
“MILANO - Fabrizio De Andrè è morto l'altra notte all'Istituto dei Tumori, dove era ricoverato da qualche tempo il cantautore-poeta che ha fatto sognare e pensare tante generazioni di giovani aveva 58 anni (ne avrebbe compiuti 59 il prossimo 18 febbraio): il suo primo disco usci nel '58. I funerali si svolgeranno domani in forma pubblica a Genova, la sua città, di cui aveva cantato anche gli aspetti più torbidi. La Radio Vaticana lo ha ricordato affermando che aveva dato voce all’inquietudine esistenziale dell’uomo d’oggi. Veniva dall'alta borghesia, ma ha passato la vita a denunciare le ipocrisie del vivere borghese. Dai politici di destra e di sinistra sono venuti unanimi consensi”.

Leonard Cohen invierà questa mail qualche giorno dopo, con la seguente frase:

Allow me to express my respects to the memory of Fabrizio De Andre
and my gratitude for our friendship in song
.
Leonard Cohen

 








Un po’ di curiosità sul lessico dialettale genovese nei testi di Fabrizio De André

Alcuni versi nei testi in dialetto genovese tratti da antichi proverbi o usanze.
Nella canzone "A Dumenega" si narra di una passeggiata domenicale, ovvero:

Quandu ä dumenega fan u gíu
Cappellin neuvu neuvu u vestiu
Cu 'a madama a madama 'n testa
O belin che festa o belin che festa
A tûtti apreuvu ä pruccessiún
D'a Teresin-a du Teresún
Tûtti a miâ ë figge du diàu
Quando alla domenica fanno il giro
con il cappellino e il vestito nuovi
oh che bella festa
tutti dietro alla processione
della Teresina del Teresun
tutti a guardare le figlie del diavolo

Le figlie del diavolo, ovvero le prostitute vestite a festa con cappellino con il fiocchetto in processione per la città. Fra queste la più famosa delle maitresse di allora, la Teresina moglie del Teresio. Il poeta Remo Borzini, amico di Giuseppe De André ha scritto un libro sulle case di tolleranza a Genova, nonché sulle Osterie più rinomate della città. E poi dicono che cultura e vizio non vanno d’accordo...

Per dare una spiegazione storiografica corretta del testo-dialetto della canzone non posso far altro che riprendere quanto la storia di Genova narra: in realtà la prostituzione nella Genova marinara era non solo tollerata, ma gestita in maniera potremmo dire esemplare. I quartieri di Genova, da via Montalbano (oggi via Garibaldi) alla Maddalena erano spesso ‘appaltati’ a gestori delle case chiuse, che il più delle volte si identificavano con la municipalità stessa. Le lavoranti, le signorine, erano tutelate dal comune previo il pagamento di 5 genovini al giorno, avevano libera la giornata della domenica quando in effetti era loro consentita una passeggiata per le vie della città e venivano visitate da un medico una volta a settimana. L’obolo versato giornalmente contribuiva alla costruzione del nuovo molo sul porto antico (oggi Molo Vecchio, dalla Calata Mandraccio ai Magazzini del cotone, proprio di fronte alla Via Al Mare Fabrizio De André) tanto che il podestà stesso al calar del sole ordinava di suonare la campana per avvisare i clienti di andarsene dai postriboli perché da lì a poco sarebbe passato a riscuotere il denaro. Non è invece certo, anzi non era decisamente così, che le prostitute lavorassero dentro il porto. Avrebbero creato scompiglio fra i lavoratori del porto stesso, i camalli, ed era loro proibito l’ingresso.
La tutela di queste signore-lavoratrici ormai non più in età, diciamo per la professione, era viva anche a Venezia, dove le prostitute erano relegate a vivere a spese del comune, in pensione diremmo oggi, alla Cà-Rampani, da cui oggi il termine ‘carampana’ citato anche nella Treccani.

In questo altro testo in dialetto si narra del cuoco che si sveglia la mattina presto per preparare il piatto di carne più famoso di Genova: La cima Genovese.

Ti t'adesciâe 'nsce l'èndegu du matin
Ch'á luxe a l'à 'n pé 'n tèra e l'átru in mà Ti sveglierai sull'indaco del mattino,
Quando la luce ha un piede in terra e l'altro in mare...

Un antico proverbio dei marinai recita più o meno così:

“Il vero marinaio ha un piede in terra e l’altro in mare”. Inoltre, dalle alture di Genova, da Castelletto, da Albaro, ma non solo, l’alba è di colore azzurro indaco. É il momento in cui i pescatori salpano.

Ti mettiâe ou brûgu réddenu 'nte 'n cantún
Che se d'â cappa a sguggia 'n cuxín-a á stria
A xeûa de cuntâ 'e págge che ghe sún …
Metterai la scopa dritta in un angolo,
Ché se dalla cappa scivola in cucina la strega
A forza di contare le paglie che ci sono…

Antiche credenze recitano che se la strega tenta di entrare dal camino per sfuggire al malocchio bisogna appoggiare agli alari una scopa di saggina, così che sia costretta a contare tutte la pagliuzze prima di entrare in cucina. Oppure cospargere il pavimento di sale.

Questo altro testo è tratto dal brano in genovese “D’ä mæ Riva”, “Dalla mia riva”. Si narra di un marinaio che prima della partenza contempla e riordina i suoi pochi averi stipati nel suo baule.

E sun chi affacciòu
A sta bàule da mainà
E sun che a mia
Trèi camixe de velluu
Duì cuverte u mandurlìn
E 'n caima de legnu duu
E 'nte 'na beretta neigra
A teu fotu da fantin-a
Pe puèi baxa acùn Zena
'Nscià teu bucca in naftalin-a
E son qui affacciato
Su questo baule di marinaio
E son qui a guardare
tre camicie di velluto
due coperte e il mandolino
e un calamaio di legno duro
E in un berretto nero
la tua foto da ragazza
per poter baciare ancora Genova
sulla tua bocca in naftalina.

In naftalina: ma perché ?
Perché la naftalina uccide i pidocchi e i marinai per mare al tempo non avevano, diciamo così, tutte le comodità di cui godiamo oggi. É quindi logico che la foto ingiallita della morosa conservata nel berretto sapesse di naftalina.

Un altro breve testo dalla canzone “Sidun”, scritta per la strage di Sidone nel Libano anni ’80.

Ciao mæ 'nin
l'ereditæ L'è ascusa
'Nte sta çittæ
Ch'a brûxa, ch'a brûxa
Inta seia che chin-a
E in stu gran ciaeu de feugu
Pe a teu morte piccina Ciao bambino mio
l'eredità è nascosta
In questa città che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte

Il saluto drammatico di una madre al figlio ucciso dopo la battaglia di Sidone nel Libano del 1982 e stritolato dai cingoli di un carro armato. Fabrizio De André è sempre stato molto attento e vicino ai bambini e agli adolescenti. Senza che le ribalte giornalistiche lo sapessero, spesso si recava nelle scuole e nei licei sollecitato a parlare dei suoi testi ai ragazzi. La prima di queste partecipazioni in sordina è avvenuta a Bastia, in Corsica, dove gli insegnanti utilizzavano i suoi testi in genovese per far comprendere il “linguaggio corso antico” tuttora parlato a Bonifacio, l’unica vera città della Corsica dalle sembianze e modi genovesi e dove ancora si parla il l’antico dialetto genovese. Successivamente Fabrizio De André compose un testo in dialetto sardo per la brutalità della guerra affrontata dai bambini. Il testo era Pitzinnos in sa gherra, portato alla ribalta a Sanremo dai Tazenda.








Maggioranze e minoranze

Relazione durante il convegno al Centro Provenzale di Coumboscuro - 27 agosto 2022:

Convegno a Sancto Lucio Di Coumboscuro presentazione Mariano Brustio


Chi lavora con le mani è un operaio, chi lavora con le mani e con la testa è un artigiano, chi lavora con le mani, con la testa e con il cuore è un Artista” (San Francesco d’Assisi).
“Gli artisti, maledizione! Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto più degli altri. Capisco che se non è artista, se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro che arriva ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere. Se si integrano gli artisti, ce l'abbiamo nel culo!” (Fabrizio De André)

Fabrizio De André è stato un Artista, a mio giudizio con la definizione che ne diede San Francesco d’Assisi. In tutta la sua Opera ci ha mostrato un modo di approcciarci alle cose, alle situazioni della vita, esplorandole da un punto di vista diverso e soprattutto con il cuore, da una posizione che seppur comoda, (la sua vita è stata quella di un piccolo borghese, come amava definirsi lui), non mancava di avere più di uno sguardo verso chi non aveva potuto beneficiare di quel filo della fortuna che forse era capitato a lui. Verso tutti coloro meno fortunati e meno integrati nella società.

Riprendiamo ad esempio una fra le sue prime composizioni: “La Città Vecchia”. Qualcuno dice che gli sia stata ispirata da Umberto Saba. E in parte potrebbe essere vero, se leggiamo solo gli utltimi versi di entrambe le composizioni. Io invece preferisco pensare che lui sia stato folgorato, diciamo così, dalle parole di una poesia di Jacques Prevert: “Embrasse Moi”.

“È buio qui, manca l’aria
L’inverno come l’estate è sempre inverno
Il sole del buon Dio non splende qui da noi
Ha già troppo da fare nei quartieri ricchi.”

“Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, Ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi”
è evidente che questi versi siano stati scritti pensando ad un paio di poveracci magari sul sagrato di una chiesa con un cappellino per terra e le mani a chiedere soccorso, elemosina, oppure in vicolo maleodorante dove avevano cercato riparo, non avendo una casa comoda e calda. Non certo per il sindaco del borgo, senza nulla togliere. Insomma, non proprio la Maggioranza delle persone.

Mina nel tardo 1967 ha inciso la “Canzone di Marinella”, regalando a Fabrizio De André quella notorietà di cui ha goduto per tutta la sua vita. E per combinazione questa canzone è stata proprio l’ultima incisione di Fabrizio De André, guarda caso proprio nel famoso duetto con Mina. Conosciamo forse tutti la trama della canzone, di quella prostituta uccisa e gettata in un torrente, non importa nemmeno poi tanto qule torrente o fiume. Ebbene stiamo parlando di una prostituta che agli occhi della “gente”, dico la Maggioranza della gente, qualla che Georges Brassens definiva “Les Braves Gents” (ma alle brave persone non piace che seguiamo una strada diversa dalla loro) non gode di particolare attenzione e considerazione, proprio per il mestiere che ha scelto, o in tanti altri casi, è obbligata a fare, e non certo, almeno nella stra-grande maggioranza dei casi, dalla famiglia, bensì da una maggioranza che si arroga il potere di vessare e sfruttare persone come lei. Per fortuna Fabrizio ha avuto l’illuminazione di regalarle almeno una morte decente.
Mi piace ricordare i versi di Francois de Malherbe 1555-1628, forse ispirazione per alcuni versi della canzone:

“Ma lei era del mondo dove le più belle cose
Hanno il peggior destino:
Da rosa ha vissuto quanto vivono le Rose,
Lo spazio d’un mattino.”

Curiosamente proprio Fabrizio De André in alcuni casi modificava alcune parole della canzone, cantandoli in questo modo: il verso “ma lui che non ti volle creder morta…” diventava in maniera più sprezzante nei confronti del potere della maggioranza “e invece tutti vennero a sapere, ti aveva dato un calcio nel sedere”, a rimarcare proprio il “corpo-oggetto” buttato via dall’arroganza di un potere superiore. E allora la figura della Rosa che ha vissuto almeno un mattino come nella poesia di Francois de Malherbe, ne addolcisce la morte, divenendo nei versi colei che ha vissuto almeno un giorno come l’immenso splendore delle rose.

Se volessimo poi addentrarci ancora nell’argomento “prostitute” non potrei fare a meno di citare il brano "Brave Margot" di Georges Brassens, il suo grande Maestro, dove le comari del paesino si avventarono sulla povera giovinetta Margot, ben più avvenente di tutte loro, che aveva attirato tutti gli sguardi degli uomini del paese. In poche parole la Bocca di Rosa di De André, scacciata dal paese da una Maggioranza bigotta.

Ancora nel brano in genovese “A Dumenega”, è ben più evidente lo scherno della intera popolazione nei confronti delle prostitute che avevano accesso libero alla città nel solo giorno della domenica e, che seppur schernite dalla intera popolazione benestante dell’epoca e dal comandante del porto, per via della loro “professione”, contribuivano regolarmente e per espressa delibera del comune alle casse cittadine e al porto. Tanto quanto le anziane prostitute di Venezia, Minoranze relegate ormai vecchie e decrepite alla “Ca’ Rampana” per decisione del doge e di tutto il consiglio. Ovvero le Maggioranze del tempo, che concedevano loro il permesso del soggiorno, seppur con il pagamento dell’obolo per l’affitto.
Per non parlare del Carlo Martello, L’autorità suprema delle Maggioranze, che dopo essersela spassata se la svigna lasciando la poveraccia, simbolo dei soprusi commessi verso le minoranze, sola e senza il corrispettivo richiesto per la sua prestazione d’amore.

Cambiando argomento, forse non tutti hanno colto la ribellione dell’impiegato, ovvero di una Minoranza che deve essere per forza silenziosa ed obbediente, che nel suo sogno di vendetta getta la bomba sui gradini del tribunale sbagliando bersaglio, elencando dapprima tutte le Autorità e quindi le Maggioranze presenti “Al Ballo Mascherato”, sino alla frase “adesso puoi togliermi i piedi dal collo e ti riporto a conversare con i tuoi simili al ballo delle celebrità”, poi alla fine mi toglierà lo sfizio di gettare la bomba.

Ancora in “Amico Fragile”, la ribellione silenziosa di fronte agli amici altolocati del padre che vorrebbero costringere l’Artista ad imbracciare la chitarra e suonare per allettarli, un po’ come nei salotti romani di un tempo dove l’Artista era solo l’accompagnatore giullare delle serate della buona borghesia. Ma per nostra fortuna ne è nato un capolavoro, uno fra i tanti di Fabrizio De André.

Per ritornare ai Francesi, Villon scrisse la "Ballata degli Impiccati" e Fabrizio De André ne ricalcò una immagine che recita un po’ in questo modo:
“noi derelitti e prossimi all’impiccagione scivolammo nel gelo di una morte senza abbandono recitando l'antico credo di chi muore senza perdono: chi derise la nostra sconfitta e ci sparse la terra sulle ossa riprendendo tranquillo il proprio cammino, giunga anch’egli un giorno stravolto alla fossa”.
Perdono da chi? Perdono da chi ha giudicato dalla sua posizione di Maggioranza autoritaria, deridendo il povero derelitto, che fa parte di una Minoranza obbligatoriamente silenziosa a causa forse dei presunti errori commessi. Il rifiuto dell’autorità si fa molto evidente, così come l’anarchismo spesse volte dicharato. Ma nella sua etimologia greca, anarkhía, ovvero assenza di governo e quindi di autorità.

Come non citare che “le nozze vanno avanti, per la gente bagnata e per gli dei dispettosi”, mutuata dalla traduzione di Georges Brassens di quei due poveracci che andarono sposi sul carro da buoi, non su una cazzozza dorata seguita dai ricchi signori rappresentanti di una ricca borghesia, già allora di una Maggioranza che si arrogava persino il potere del benessere.

Per arrivare più tardi alla figura del secondino in adorazione del capo della camorra cui serve diligentemente il caffè nella sua cella, e a cui chiede aiuto dalla sua posizione che ritiene subalterna, per far bella figura allo sposalizio della figlia. Senza tralasciare l’impunità che il ruolo della politica garantisce ad una Maggioranza di potere (per questi i fetenti si tengono l’immunità) cui tutto è permesso, persino di rubare e di arricchirsi sul costo delle lenzuola da distribuire nelle carceri a quei poveracci che, sì hanno sbagliato, ma non per questo debbono essere trattati come animali.

Non tralasciando nemmeno la figura della Pittima, una fra le tante minoranze vessate, che pur nella sua condizione di riscossore di qualche debito di denaro, non ha timore di farne richiesta alla luce del sole, rimarcando forse che quelle Maggioranze che godono la loro bella e gioiosa esistenza, forse lo fanno con i beni altrui, non di certo meritati.

Capitolo di certo più interessante è quello della lingua: la canzone cantata nel dialetto (il genovese) che la Maggioranza dei genovesi non riuscì a capire. Perché scritta in una lingua arcaica mutuata dai vocabolari del Casaccia del 1850 e dagli scritti ottocentesci che la Maggioranza oggi ignora. E proprio il diverso punto di vista di Fabrizio De André ci ha permesso di goderne la musicalità dei versi e delle parole.

“Oh Signore! Accogli le preghiere di questo povero supplicante e concedigli di morire avvolto nella polvere delle città, addossato alle grandinate di una casa infame e illuminato da tutte le stelle del firmamento. Ricorda Signore che il tuo servo ha osservato pazientemente le leggi del branco. Non dimenticarne il suo volto. Amen!”
Quando Maqroll terminò la sua invocazione restammo un momento in silenzio. V’era in essa una così profonda virtù marinara che ci fece sentire estranei e lontani da quel mondo che, in realtà, era il suo e lo sarebbe stato fino alla fine dei suoi giorni. Per l’incanto delle parole di questa smisurata preghiera, ci rendemmo conto che il passaggio del Gabbiere al sotterraneo mondo delle miniere era stato come una condanna che si era imposto per scontare chissà quali oscuri errori e mancanze nei propri doveri”. (Álvaro Mutis)

Da questi passaggi e da altre opere di Álvaro Mutis sono tratte le ispirazione che hanno portato alla composizione di Smisurata Preghiera, come diceva Fabrizio De Andrè stesso:

“Raccontato così il disco (Anime Salve) sembrerebbe incentrarsi soltanto sul problema delle Minoranze emarginate. Credo sia riduttivo considerarlo così. Credo che queste persone singole o questi gruppi di persone proprio difendendo il loro diritto a rassomigliare a se stessi senza far male a nessuno, difendono in fin dei conti la loro libertà. Una libertà conquistata attraverso il disagio della solitudine. La solitudine che porta anche a delle forme di libertà straordinarie: è faticosa, sicuramente, soprattutto quando la si vive come emarginazione e non come scelta personale. Emarginazione a sua volta dovuta a comportamenti da parte di singole persone o di gruppi di persone difformi dai comportamenti della Maggioranza degli esseri umani”.

Le Maggioranze che esercitano l’emarginazione nei confronti delle Minoranze, gli zingari ad esempio, che come Fabrizio De André diceva:
“E’ quindi un popolo che gira il mondo da più di 2000 anni, afflitto o affetto – io non so come meglio dire, ma forse semplicemente affetto – da quella che gli psicologi chiamano “dromomania”, cioè la mania dello spostamento continuo, del viaggiare, del non fermarsi mai in un posto. È un popolo, secondo me, che meriterebbe – per il fatto, appunto, che gira il mondo da più di 2000 anni senza armi – meriterebbe il premio per la pace in quanto popolo”.
E che ha ispirato a Fabrizio De André quella canzone “Khorakanè” che proprio si rifà anche a tradizioni in questo caso gitane descrivendo la festa degli zingari che due volte all’anno avviene in Provenza, a Les Saintes Marie De La Maire nel sud della Francia.

E veniamo al provenzale:

Fabrizio De André anni fa, credo nel 1993 in una intervista ad un quotidiano, ebbe a dire:
“Quando mi hanno proposto di cantare con i Troubaires de Coumboscuro, devo essere sincero, ignoravo io stesso che in Italia ci fosse una minoranza linguistica provenzale. I miei ricordi andavano a quei Trovatori “trovati” distrattamente sui libri scolastici e poi su numerose pubblicazioni che mi sono passate per le mani negli. Infondo il mito del Cantore errante, della poesia spacciata per popolare, che popolare non era, perché nessuno sapeva scrivere fra il popolo nei primi secoli del 1000, mi ha sempre attratto.”

Ne è nata una re-interpretazione di un brano piemontese o provenzale che come tutti sappiamo ha inciso proprio con I Troubaires de Coumboscuro. Un brano dalla dolcezza immacolata che per qualche sconosciuta ragione doveva trovar posto sull’ultimo album “Anime Salve” di Fabrizio De André, ma che poi per ragioni di spazio, mi ha raccontato proprio Ivano Fossati, non è stato possibile aggiungere all’ultimo capolavoro. “Belo Calho”, in origine poi diventato quel “Mis Amour” che se anche le Maggioranze linguistiche italiane non capiscono del tutto, non importa poi tanto, importa ascoltare la dolcezza dei versi e della musica che gli fa da sottofondo.




seguirà a breve la parte relativa ad Álvaro Mutis

 

 

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I primi dischi


S
ebbene decine di siti e di libri riportino la discografia di questo Artista (e fra l'altro la prima discografia Ufficiale è presente sul DVD In Concerto dal Teatro Brancaccio di Roma del 1998, edito dalla Fondazione Fabrizio De André per la quale ho curato la redazione) ebbene ho deciso di integrare alcune informazioni attraverso le mia ricerche. Non mi sono interessato alle versioni dei dischi con la parolina diversa, la foto di profilo o frontale o con i colori diversi, le copertine dove è indicata la sede di Roma o Milano... e cose di questo genere che lascio ad altri, ad eccezione delle informazioni di rilievo e più significative per l'interprete o per la casa discografica. Sottolineo unicamente che tutta la produzione discografica Karim vede nelle varie copertine il solo nome di battesimo, ad eccezione di un raro caso e della raccolta in un unico Long Playing nel quale per la prima volta compare il cognome. Molto si è detto a questo proposito, mutuando e facendo proprie anche le parole stesse dell'autore, insieme peraltro ad informazioni del tutto inventate e supposizioni irreali. Rispetto nei confronti della famiglia, del cognome, volontà di non essere riconosciuto ecc. ecc. Forse fra le righe seguenti si potrà immaginarne la risposta. Qua di seguito le mie ricerche.

La casa discografica Karim

Nel 1960 Ivo Chiesa, fondatore del Teatro Stabile di Genova sin dal 1951, insieme a Pino Gualco, marito della nota attrice Olga Villi (Villani) sulle ceneri di una precedente impresa (dico impresa perchè non produceva praticamente nulla, se non distribuire prodotti altrui) specializzata nella emissione di dischi 78 giri soprattutto di Jazz distribuiti all’estero, fondarono la casa discografica Karim
(Edizioni Fonografiche). Gino Arduino, con precedenti esperienze in un negozio di dischi a Genova e successivamente fra i primi fondatori del negozio Ricordi sempre a Genova (poi produttore discografico di successo) ne diventa il direttore commerciale. Nel tardo 1961, si affianca ai due soci il già vicesindaco di Genova, (1955-56) nonché fondatore della Fiera del Mare e successivamente consigliere di amministrazione dell’Eridania, Giuseppe De André. La sua iniezione di capitali nel settembre del 1961 trasforma la Karim in Società per Azioni. Azione probabilmente voluta per l'interesse del figlio verso la musica jazz. La sua prima apparizione nella veste di musicista fu a Genova il 18 febbraio del 1958, componente del sestetto jazz, come pubblicato sul Corriere Mercantile,  per la inaugurazione del teatro "Vittorino da Feltre", collegio-istituto scolastico retto dai padri Barnabiti:  "Grazie specialmente all’ortodossia stilistica ed all’eccezionale affidamento che regna fra i suoi componenti ed agli apprezzatissimi “arrangiamenti” dei pezzi classici del jazz moderno, il sestetto (Modern Jazz Group) ha offerto un saggio di musica di jazz moderno riportandolo agevolmente a Tristano, Brubek ed agli artisti americani che tanto seguito hanno presso tutti i pubblici del mondo musicale. In “Gotta dance” arrangiato dal pianista Mario De Sanctis, in “Love me or leave me”, in “Cappuccino-Time”, in “Titti pigro” composto ed arrangiato dal Sax alto Titti Oliva, ma in specie in “Zebra-Crossine” un originale di A. Camell, eseguito come pezzo sperimentale di musica atonica, con arrangiamento di Mario De Sanctis, il pubblico ha potuto riconoscere nel sestetto la serietà di intenti di questi giovanissimi, ormai notissimi negli ambienti cittadini, nella ricerca del nuovo stile della musica jazz. I componenti del sestetto sono: Mario De Sanctis, pianista di sicuro avvenire, Titti Oliva sax alto, solista della perfetta esecuzione, Alberto Cameli sax tenore, Fabrizio De André rivelatosi nella chitarra elettrica, Alberto Carbone contrabbassista e Piero Berretta batterista dal gusto finissimo".  La successiva comparsa come attore-esecutore nel febbraio 1961  nella commedia Eva a gogò dalla parte di lui presso la Borsa di Arlecchino, teatro cabaret di Genova. Il cabaret-teatro genovese venne fondato dal gallerista Rinaldo Rotta e da Paolo Minetti (critico d’arte nonché gallerista) nel 1957 e vide per la prima volta un'esibizione di Fabrizio De André in qualità di esecutore anche di canzoni proprie.  Nello spettacolo di Gianni Cozzo diretto da Paolo Minetti,  presero parte Marzia Ubaldi, di cui leggeremo più avanti, Silverio Pisu ed altri, con musiche di Gino Paoli, Umberto Bindi, sotto la direzione ed elaborazione musicale di Carlo Stanisci. Il titolo era:

Eva a gogò - dalla parte di lui 02-03-1961 nel corso del quale Fabrizio stesso eseguì questi brani:

La priere (di Georges Brassens): non è dato di capire se l'esecuzione fosse stata fatta in lingua francese oppure tradotta in Italiano. Da quello che gli archivi delle carte De André conservati a Siena riportano, esistono in due tempi diversi trascrizioni presumibilmente da disco, di quattro strofe della canzone, con molte approssimazioni linguistiche, risalenti al 1960. Se ne potrebbe dedurre che l'esecuzione fosse in Francese.
Le bricoleur (canzone di Georges Brassens): questo testo è presente sul libro "La mauvaise réputation" di Georges Brassens, edito nel 1954 da ÈDITIONS DENOËL, 19 Rue Amélie, Paris VII°, pag. 38, ma interpretata dall'artista Patachou; una sola volta Georges Brassens ha interpretato questa canzone dal vivo, sollecitato proprio da Patachou.
Les coqueliquote:
le Carte De Andrè (specificherò più avanti di cosa si tratta) riportano autore sconosciuto. Rimane comunque una misteriosa canzone che personalmente attribuirei a Georges Brassens (ma non presente nella sua discografia); potrebbe essere la canzone Les croquants per assonanza con il titolo misterioso, oppure la canzone Il suffit de passer le pont nella quale esiste la parola simile coquelicot. Ma è una supposizione strettamente personale.
Merci mon Dieu (di Charles Aznavour);
Ballata per Miché (Fabrizio-Petracchi): la stesura risale al 1960 con appunti, annotazioni e parole differenti nelle Carte De André;
Canzone di tutti i tempi (Fabrizio-Petracchi);
La Nina del «Gambero blu» (Fabrizio-Petracchi);
Nuvole barocche (Fabrizio-Gianni Lario).

Apriamo a questo punto una doverosa ricerca su
Clelia Petracchi. Gli archivi Siae riportano questo nomitativo come "autore del testo" in diciassette canzoni, fra cui spicca il nome della cantante interprete Anna Identici. Il suo nome è associato a brani composti da G.P.Reverberi per la musica e orchestrazione (Per Te; Mi Amerai Un Po' Di Più; Tu, Cuore Mio). Oltre ad altre canzoni il cui produttore è Sergio Bardotti. Ma la cosa sorprendente è che Clelia Petracchi appare come autrice del testo nel brano Non aver paura il cui autore delle musiche è Arrigo Amadesi, compositore di innumerevoli brani fra cui, dagli archivi Siae, E fu la notte senza alcun accredito a Fabrizio De André. Non sarà per nulla facile districarsi fra titoli, codici, autori, compositori, orchestratori, stampe e ristampe, correzioni, mancanze, errori e una vera e propria confusione, ma ci proverò.

La prima pubblicazione di un disco Karim (ed a questo proposito esistono versioni contrastanti) fu un 45 giri di Anna Grilloni, artista ligure di genere folk, con un numero di catalogo KN 001 dell ottobre 1961. Nuvole Barocche quindi fu il seguente e conteneva il primo brano (forse, e si capirà più avanti) ad essere pubblicato con il nome Fabrizio sempre nell’ottobre del 1961 dalla casa discografica Karim su un 45 giri con il codice:

KN 101 (Nuvole Barocche - E fu la notte) 10-1961
che riportava appunto sul retro la già citata canzone E fu la notte. Compare sulla etichetta del disco fra gli autori di entrambi i brani il nome Carlo Cesare Stanisci insieme a Fabrizio. Ma ecco che compare il primo mistero, insieme ad una confusione difficile da districare: gli archivi Siae attibuiscono questo ultimo brano a Carlo Cesare Stanisci (che abbiam visto in Eva a gogò) e Arrigo Amadesi per la musica (già citato a proposito delle collaborazioni con Clelia Petracchi) insieme a Franco Franchi per il testo. Fabrizio come già detto non è citato fra gli autori. Non vi è di nuovo traccia negli archivi Siae di Carlo Stanisci  fra gli aventi diritto per Nuvole Barocche, nome che invece appare sulla etichetta del 45 giri. Ma del resto gli archivi Siae non comtemplano nemmeno il titolo Nuvole Barocche, né di Fabrizio, nè di Gianni Lario. Mentre curiosamente il nome Carlo Stanisci compare fra gli autori del brano Zanzara cha cha cha di Anna Grilloni, nel misterioso primo disco 45 giri della casa discografica Karim emesso con il codice KN 001. Per inciso, Anna Grilloni incise anche per la Gevox (Edizioni musicali Genova per la quale incisero anche Aldo De Scalzi e Augusto Martelli). Pare comunque, relativamente al KN 101 (Nuvole Barocche - E fu la notte) che la pubblicazione fu fortemente voluta dai fondatori stessi del cabaret-teatro, dove per la prima volta fu eseguita questa canzone. Rinaldo Rotta e Paolo Minetti, contribuirono anche al finanziamento e coprirono i costi della registrazione. Si comprende quindi che autori e arrangiatori fossero coloro che avevano lavorato in precedenza per la commedia Eva a gogò. L’esecutore dei brani (Fabrizio) tuttavia rimase misterioso almeno nel cognome omesso e così sarà per quasi tutta la discografia dei 45 giri Karim. Segue un mese dopo, nel novembre del 1961, la pubblicazione del secondo 45 giri Karim di Fabrizio, dal codice:

KN 103 (Ballata del Michè - Ballata dell'eroe) 11-1961
che per la prima volta presenta una copertina intera con una foto di un giovane Fabrizio alla chitarra, già con l’immancabile sigaretta fra le labbra. E curiosamente il titolo cambia in
La ballata dell'eroe di fabrizio nella edizione dal film "La Cuccagna",  di Luciano Salce, che vedeva Luigi Tenco attore e cantante-interprete di questa canzone. Da questo periodo in poi il direttore artistico della etichetta Karim diventa Giorgio Calabrese. Novità per la casa discografica fu appunto la veste nuova delle copertine intere ed il logo del tutto rinnovato. Nel frattempo approdano alla Karim artisti come Memo Remigi, scoperto da Giorgio Calabrese, Nora Orlandi, Orietta Berti, Piero Piccioni e Jula de Palma, artista scoperta da Lelio Luttazzi.  

Veniamo ora al 1962. Anno improduttivo per la produzione di Fabrizio De André con la casa discografica Karim. Il 26 Luglio viene celebrato il matrimonio con Enricheta Rignon. Nel dicembre nasce il figlio Cristiano. Anno improduttivo con la casa discografica Karim, sebbene sorga ancora un dubbio:

nelle già citate Carte De André, ovvero "Archivio d’Autore: le carte di Fabrizio De André - Inventario a cura di Marta Fabbrini e Stefano Moscadelli - Introduzione di Stefano Moscadelli  - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI  - anno 2012", alla pag.123 paragrafo 6 appare: “Testo di una canzone di mano di
Luisa Amerio De André” 1962 luglio; in copia successiva «Ninna nanna» scritta da Fabrizio per la nascita di Maurizio Fracassi. Luglio 1962 incisa su disco. La canzone non figura nella discografia di Fabrizio De André".
Il 1962 infatti non vede alcuna pubblicazione ufficiale di 45 giri ad opera di Fabrizio De André. Ma come dicevamo sorge un dubbio: se un autore o cantante o cantautore ha un contratto discografico con una casa di produzione, in questo caso la Karim, è mai possibile che possa incidere una canzone su disco se non con la casa discografica stessa? A meno che non fosse una incisione in proprio destinata alla famiglia Fracassi.
Riassumiamo a questo punto, e per quanto siamo stati in grado di ricostruire, l'elenco delle canzoni cantate e composte da Fabrizio De André per le quali non abbiamo un oggettivo riscontro discografico, almeno sino al 1962:

Canzone di tutti i tempi (Fabrizio-Petracchi) 1961
La Nina del «Gambero blu» (Fabrizio-Petracchi) 1961
Ninna Nanna (Fabrizio De André-Luisa Amerio) incisa su disco nel 07-1962

Nei primi mesi del 1963 la quota societaria di Giuseppe De André viene rilevata da
Giovanni Fischietti, proprietario di complessi minerari in Sardegna e buon amico di Giuseppe De André. Altro socio diventa Gaetano Pulvirenti già direttore della RCA (e già proprietario di una etichetta discografica, la Ariel, la cui direzione artistica era affidata a Piero Ciampi) che ne assume la distribuzione attraverso la Pulivirenti distribuzione SpA, portando mesi dopo la direzione della Karim a Roma.

KN 177 (Il Fannullone - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers) 03-1963
Successivamente, nel 1963, vedremo l’arrangiatore Giampiero Boneschi che curerà i brani nella pubblicazione de 45 giri con Paolo Villaggio coautore dei testi di entrambi i brani. A proposito della canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, in un capitolo successivo parlerò delle implicazioni giudiziarie che seguirono. In seguito nello stesso anno vedremo una nuova versione de La ballata del Miché, con il codice:

KN 184 (Il testamento - La ballata del Miché) 06-1963
con nuovo titolo che inserisce l’articolo determinativo e un arrangiamento del tutto nuovo di Giampiero Boneschi. La prima canzone invece potrebbe risalire ad un paio di anni prima, considerando gli appunti di Fabrizio stesso citati nelle Carte De André.
Veniamo quindi al 1964. Come già detto Elvio Monti inizia la collaborazione con la Karim e ne diventa supervisore per tutte le incisioni che si spostarono dagli studi di Milano a Roma, dopo l'abbandono dei due precedenti soci. Nel frattempo
Vittorio Centanaro, un musicista ricercatore di melodie medievali in particolar modo francesi, che frequentava ai tempi La Borsa di Arlecchino, invita vecchi amici ad uno spettacolo al circolo della stampa a Genova: fra Arnaldo Bagnasco e Gino Paoli, Fabrizio De André canta sulle melodie suonate alla chitarra dal vecchio amico genovese. Proprio nel luglio 1964 infatti insieme partono per Roma diretti agli studi Dirmapron in via Pola per registrare La guerra di Piero con l'arrangiamento di Vittorio Centanaro e una nuova incisione de La ballata dell’eroe, con l'arrangiamento nuovo di Gian Piero Reverberi. Il disco vedrà la pubblicazione nel settembre del 1964 con il codice:

KN 194 (La ballata dell'eroe - La guerra di Piero) 09-1964
sempre omettendo il cognome del cantante. Come ebbe a dichiarare Vittorio Centanaro, a casa di Fabrizio De Andé a Genova, Vittorio e la moglie gli fecero ascoltare una canzone antica francese del XV secolo che si intitolava File la laine. Fabrizio apprezzò molto il brano tanto da inciderlo e tradurlo in Italiano. Fabrizio stesso ebbe a dichiarare successivamente: "Vittorio Centanaro aveva acquistato un libercoletto di pezzi medievali francesi ed anche la musica del Re Sole, da lì ne ho approfittato per prendere il coro de L’Infanzia di Maria. Conteneva pezzi tra il quattordicesimo ed il quindicesimo secolo, lo aveva portato dalla Francia è mi è stato utile". A proposito di L'infanzia di Maria ne parlerò in altro capitolo.

Lo stesso anno 1964, vede la luce a poco più di un mese dal precedente, un disco con un testo scritto sopra il
Valzer Campestre della Suite Siciliana di Gino Marinuzzi, che si intitola Valzer per un amore e sul retro del disco La Ballata di Marinella, poi corretta in La Canzone di Marinella, che rinsalda la collaborazione con Giampiero Reverberi almeno nella versione La canzone di Marinella. Il codice del disco è:

KN 204 (Valzer per un amore - La canzone di Marinella) 10-1964
E a questo punto si apre l'ennesimo dubbio: La Ballata di Marinella, primo titolo del brano, riporta Orchestra diretta dal M.o Giampiero Boneschi. La canzone di Marinella riporta invece orchestra diretta dal M.o Giampiero Reverberi. Non è dato di capire chi sia stato l'arrangiatore. Ma la logica dice che se l'arrangiamento è opera di Reverberi, difficilmente l'orchestra viene diretta da Boneschi, e viceversa. Siamo di fronte ad un errore madornale oppure ci sono varie versioni del brano? Gli archivi Siae non fanno alcun cenno, ovviamente. E comunque ci vorranno altri quattro anni affinché Mina incida la sua versione nel 1968 e decreti il vero inizio della carriera artistica di Fabrizio De André.

KN 206
(Per i tuoi larghi occhi - Fila la lana) 10-1965
sotto la direzione d'orchestra ed arrangiamento di Elvio Monti e la canzone tradotta dal francese fatta conoscere da Vittorio Centanaro di cui si è già accennato. Curiosamente la foto di copertina ritrae un Fabrizio De André impeccabile in giacca e cravatta sullo sfondo di un pergolato, o qualcosa di simile, che è lo stesso sfondo della copertina del disco di Giuliana Milan di cui si è accennato qualche riga sopra. 
Elvio Monti è accreditato sul disco, per quanto riguarda il primo brano, come autore e orchestratore, ma non vi è traccia negli archivi Siae, mentre lui stesso dichiarò che fosse l'unico autore della musica. Più avanti qualche considerazione sul secondo brano Fila la lana.
Nell'organico Karim compare già dal 1964 un pianista accompagnatore di Claudio Villa, certo
Elvio Monti, praticamente unico arrangiatore per la Ariel, che firmerà nel 1965 (archivi Siae) la musica di (KN 208 -Stringendoti le mani) brano di Fabrizio De André eseguito da Giuliana Milan. La confusione in Karim regna sovrana: la copertina di questo disco riporta "Stringendoti le mani", l'etichetta sul vinile "Stringendomi le mani". Ed anche qui l'unico autore accreditato sulla etichetta del disco è Fabrizio De André, mentre per gli archivi Siae (Stringendomi le mani) è solo autore del testo. Compositore originale è Elvio Monti, come già detto arrangiatore di molte canzoni anche di altri artisti. Elvio Monti firmò le canzoni di Fabrizio De André perché semplicemente allora la Siae non permetteva l’iscrizione a chi non sapesse leggere la musica e gli spartiti. Ne conseguì che Fabrizio De André si iscrisse come autore dei testi e solo qualche anno dopo anche come melodista, ovvero autore delle melodie musicali. Giuliana Milan interpreterà anche la canzone di Piero Ciampi Ballata per un amore perduto, KN 210 la cui orchestra era diretta sempre da Elvio Monti. Proseguirà la sua carriera artistica ripubblicando per la casa discografica Sibilla, il cui direttore artistico era Elvio Monti, la canzone di Piero Ciampi e successivamente come soprano a fianco del maestro genovese Agostino Dodero, compositore della celebre Ave Maria Zeneize. Per essere infine il soprano di punta della corale di Isorelle, frazione di Savignone, poco sopra Genova.

Nel dicembre del
1965 vede la pubblicazione il 45 giri con il codice:

KN 209
(La città vecchia - Delitto di paese) 12-1965
Il secondo brano è la prima traduzione ufficiale da
Georges Brassens apparsa su disco: L'assassinat era il titolo originale di Georges Brassens. Il nome Brassens comunque è citato più volte nelle note del retro dei 45 giri precedenti sin dal suo secondo disco KN 103. Curioso notare  l'auto-censura subita dal disco (con conseguente ristampa) per una frase ritenuta volgare contenuta ne La città vecchia. Ho definito auto-censura, per il fatto che non vi è notizia a questo proposito nella rassegna stampa dell'epoca, molto attenta a questo autore definito prudentemente anticonformista. In altro capitolo ne faremo l'analisi del testo. In ogni caso, a proposito di questo brano, gli archivi Siae attribuiscono al solo Fabrizio De André i diritti sul testo e sulla musica, mentre su alcuni dischi gli autori sono E.Monti - Fabrizio De André. Per la prima volta, almeno sulla etichetta del disco, l'esecutore è Fabrizio De André, nome per esteso, cognome compreso. Ma è a questo punto che le sorti della Karim, che si reggeva per lo più sui dischi di Fabrizio De André, cominciano a vacillare. La produzione e la direzione si spostano definitivamente a Roma a causa dell'abbandono dei soci genovesi. Gino Arduino stesso si spostò alla Fonit Cetra. Intanto nel marzo del 1966 appare il disco:

KN 214 (La canzone dell'amore perduto - Ballata dell'amore cieco (o della vanità) 03-1966
con la interpretazione del primo brano con un testo inedito su un'aria del Concerto in re maggiore per tromba ed archi di George Philip Telemann. Entrambi i brani sono a firma del solo Fabrizio De André, anche negli archivi Siae. In realtà il secondo brano non è che la riscrittura fedele della poesia Cuore di mamma del poeta Jean Richepin (1849-1926), inciso pochi mesi prima di Fabrizio De André dalla Karim stessa con il codice KN 211 da Marzia Ubaldi (già presente in Eva a gogò) successivamente attrice e doppiatrice per la Tv ed il cinema. Per qualche strana alchimia scompare di nuovo il cognome De André dalla etichetta. Il successivo disco:

KN 215 (Geordie - Amore che' vieni, amore che vai) [SIC] 04-1966
riporta la fedele traduzione della canzone Geordie, molto popolare in Gran Bretagna. Infatti il sottotitolo riporta Antica Ballata Inglese, cantata a due voci con il supporto dell'allora sua insegnante di inglese Maureen Rix. Riappare per la seconda volta il cognome De André sulla etichetta. Gli archivi Siae invece riportano Fabrizio De André unico autore del testo e compositore originale. L'altra facciata del disco è il brano Amore che vieni, amore che vai che cita sulle copertine sul disco il solo autore Fabrizio De André. Scompare di nuovo il cognome dall'esecutore del brano. Curioso anche che gli archivi Siae riportino il titolo in Amore che vieni, amore che va, scritto senza la "i" finale. Non meno curioso è l'apostrofo dopo il primo "che" nel titolo. Non si può far a meno di notare a questo proposito che l'ispirazione venne dal testo di Igino Ugo Tarchetti, Amor Sen va Amor sen viene, scritta per la canzone interpretata da Paolo Frontini nel XIX secolo. E concludiamo la storia delle pubblicazioni Karim di Fabrizio De André con la raccolta nel 1966 del Long Playing:

KLP 13 10-1966
che racchiuse la gran parte della produzione Karim. La casa discografica si avviò lentamente al fallimento, non prima però che i due soci romani Pulvirenti e Fischietti fondassero la Roman Record Company, che assorbì l'intero catalogo e provvide alla ristampa di quasi tutti i dischi di Fabrizio De André. Fra gli strascichi giudiziari legati alla Karim, non possiamo non citare la denuncia per oscenità nel 1965 per la canzone Carlo Martello. Ed ancora la denucia che lo stesso Fabrizio De Andé fece nei confronti della direzione romana della Karim per il mancato pagamento dei diritti editoriali. Ne parleremo più avanti.

To be continued...

 










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Le canzoni scomparse e altri testi



Canzoni composte da Fabrizio De André


"Canzone di tutti i tempi" (Fabrizio-Petracchi) 
carte De André - pag. 254-comma 1
"La Nina del ‘Gambero blù' " (Fabrizio-Petracchi)
carte De André - pag. 254-comma 1
"Ninna nanna"
scritta da Fabrizio per la nascita di Maurizio Fracassi. Luglio 1962 incisa su disco. La canzone non figura nella discografia di Fabrizio De André.
carte De André - pag. 123-comma 6
"La principessina del Lago (Antifavola n.1)" - 
la canzone non figura tra il repertorio edito di Fabrizio De André.
carte De André - pag. 193-comma 4

Canzoni di altri autori eseguite in pubblico da Fabrizio De André

"La priere" di Georges Brassens 
eseguita nello spettacolo Eva a gogò - dalla parte di lui -1961 - Carte De Andrè pag. 254 comma 1
Le Bricoleur (La boite à outils) di Georges Brassens
eseguita nello spettacolo Eva a gogò - dalla parte di lui -1961 - Carte De Andrè pag. 254 comma 1
"Merci mon Dieu" di Charles Aznavour
eseguita nello spettacolo Eva a gogò - dalla parte di lui -1961 - Carte De Andrè pag. 254 comma 1
"Les coqueliquote" di autore incerto (siveda la mia nota nella sezione I primi dischi)
eseguita nello spettacolo Eva a gogò - dalla parte di lui -1961 - Carte De Andrè pag. 254 comma 1

Bozze di canzoni composte da Fabrizio De André


"Fernande" -
bozza di traduzione dal francese all’italiano del testo della canzone di George Brassens. Compare fra gli appunti per la realizzazione dell'album Canzoni 1974
carte De André - pag. 193-comma 5
 "Ægua e galletta" -
Appunti per l’elaborazione di un testo per l'album Crêuza de mä 1984
carte De André - pag. 196-comma 10

Bozze di testi composti da Fabrizio De André


"Aspettando il ritorno del guerriero" -
Testo in versi in lingua genovese
carte De André - pag. 198-comma 13
"[Amiche] per la pelle"
- Testo dattiloscritto di una canzone, il cui titolo, sebbene in parte caduto a causa di uno strappo, può verosimilmente essere: [Amiche] per la pelle, con alcune annotazioni di mano di Fabrizio De André. Il testo ricorda, soprattutto in alcune strofe, quello della canzone Come sei di Gianna Nannini pubblicata nell’album Cuore
carte De André - pag. 218-comma c.165
"La Ballade de l’Amour aveugle (ou de la vanité)"  -
Testo con correzioni. Traduzione in lingua francese della canzone "La ballata dell’amore cieco (o della vanità)"
carte De André - pag. 226-comma 15

Altre annotazioni

"Mis Amùr" - 
Sotto il titolo Anime salve elenco di canzoni. Il titolo è indicato nel comma p. 104C/06 come la traccia 7). La traccia 10) dello stesso album Anime Salve è indicata come
Preghiera di Maqról il gabbiere
carte De André - pag. 211-comma (p. 107C/06)









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Fotografie  © Mariano Brustio



Fabrizio De André - Novara 1998

Mariano Brustio Fabrizio De André Novara

Fabrizio De André - Novara 1998

Fabrizio De André foto Mariano Brustio Novara

Fabrizio De André - Novara 1998

Mariano Brustio Fabrizio De André Novara

Fabrizio De André - Novara 1998

Mariano Brustio Fabrizio De André Novara

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Folklore e dialetti 



Il rapporto con il folklore: da "Volta la carta" a "Disamistade": un cantautore etnografo



Edward Neill, autore di nascita fiorentina, ma di madre genovese, si dedicò allo studio della musicologia, e per un lungo periodo ricercò presso gli anziani residenti in Liguria, le testimonianze, le tradizioni, le ballate e le filastrocche che venivano tramandate da quelli che oggi chiameremmo i cantastorie, e non solo.
Aveva un piccolo studio in via San Luca, nel pieno centro dei carruggi di Genova, e la sua passione era Nicolò Paganini, sul quale ha scritto e pubblicato un gran numero di opere. Dal suo studio di Genova, con un registratore a bobina Geloso cominciò a girare per l’entroterra ligure e piemontese registrando antiche ballate e filastrocche dagli anziani del posto. Poi tornava a Genova e nel suo studio ogni tanto capitavano un certo Luigi Tenco e un certo Fabrizio De André, due ragazzini curiosi. Al che Edward accendeva il Geloso, faceva ascoltare i brani registrati e microfono e chitarra in mano chiedeva di ricantarli.
In questo modo almeno sette brani furono reincisi da Fabrizio De André ed altri tre da Luigi Tenco. Se ne è scoperta l’esistenza solo nel 2001 quando Edward Neill è mancato ed il suo materiale, circa ottomila registrazioni, in assenza di eredi è giunto alla Fondazione De Ferrari. La sua immensa nastroteca non è ancora stata del tutto ascoltata. La grande scoperta dei brani di Luigi Tenco e Fabrizio De André ha permesso la pubblicazione di una canzone popolare in piemontese donata alla Fondazione Fabrizio De André stessa. Si tratta di “Maria Giuana”, brano inciso anche da Orietta Berti nel 1974.  Oltre ad altri brani interpretati da Fabrizio De André.

Nel 2001 la casa editrice genovese San Marco dei Giustiniani, costola della fondazione Giorgio e Lilli Devoto, pubblica il lavoro di ricerca effettuato da Edward Neill sin dagli anni ’60, precisamente dal 1965, con il titolo "Rime popolari genovesi". Nel libro troviamo una interessante favoletta recitata da queste persone ormai anziane liguri:



Volta la carta
- filastrocca

Pesci pesci,
vorta a carta e si vede li nesci,
e li nesci ‘nt’abassia,
vorta la carta si vede Lucia,
e Lucia a fia u lin,
vorta a carta si vede Arlecchin
e la morte cun tre canti,
vorta la carta si vede i diamanti,
i diamanti curunné a l’albergu no g’anne,
vorta a carta se vedde a morte,
a morte cua messuia,
vorta a carta ch’a l’è finia,
vorta la carta se vedde a morte,
a morte a scure a gente,
vorta a carta e se vedde ciu niente

In realtà il libro propone molte varianti provenienti da gran parte d’Italia.
Fabrizio De André stesso, nel libro di Cesare G.Romana - Amico Fragile (Sperling & Kupfer) riporta notizia di questa ricerca.

“A Genova c’erano studiosi che si davano motlo da fare per portare alla luce reperti e misteri della tradizione ligure: come Edward D.R. Neill che sapeva di tutto di Bruckner e Paganini e girava l’entroterra registrando canzoni di contadini, antichi come il mondo, per ottenere dischi preziosi e invendibili”.

A questo punto dobbiamo fare necessariamente una digressione, per meglio inquadrare il rapporto fra Fabrizio De André e la tradizione delle canzoni folk.



Edward Neill
, musicologo ormai naturalizzato genovese, ancor prima degli anni ’60 inizia una ricerca delle tradizioni musicali liguri, concentrandosi prevalentemente su Niccolò Paganini. Dal suo studio di via San Luca a Genova, peraltro la naturale continuazione di Via del Campo, transitavano studiosi e semplici curiosi, cui Edward mostrava le proprie ricerche. Saltuariamente chiedeva di canticchiare le filastrocche su un piccolo registratore, sino a quando si dotò di apparecchiature più professionali. Fra questi visitatori approdò anche Fabrizio De André.

“Ce li possiamo immaginare: lo studioso e il cantautore, seduti in quello studio un po' polveroso, forse con un bicchiere in mano. Caratteri difficili, tutti e due. Ma entrambi appassionati di musica, pronti a discutere e a confrontarsi. Edward Neill, musicologo appassionato, e un giovane Fabrizio De André parlano di musica popolare, di canzoni dialettali, di canti tradizionali. Fanno di più: registrano alcuni brani, per sondare più in profondità, per capire assonanze e richiami. Sono in tutto cinque brani. Oggi tre di questi, quelli in cui Fabrizio usa la sua voce, stanno per essere pubblicati in un cofanetto che uscirà ai primi di novembre (pubblicate sulla raccolta Effedia – Sulla mia cattiva strada nel 2008). Gli inediti di De André sono sempre un avvenimento, anche quando si tratta di versioni diverse di brani già noti. Questi però hanno un valore particolare. ‘Perché dimostrano’ - dice De Ferrari – ‘che l'interesse di Faber per il dialetto e le canzoni popolari datano ad anni ben precedenti all'uscita di Creuza de ma’. Le registrazioni che erano conservate nell'archivio di Edward Neill sono probabilmente della metà degli anni Sessanta, forse addirittura di qualche anno prima. Le canzoni sono "Bella se vuoi volare", che è la rielaborazione in chiave Baistrocchi di un pezzo tradizionale, "Bella se vuoi venire", alla quale lo stesso De André apporta alcune variazioni. Fabrizio la canta insieme a due donne, che si direbbero voci femminili che cantano in qualche gruppo folcloristico. Poi c'è "Maria Giuana", questo senza alcun dubbio la pura interpretazione di un canto popolare piemontese, cantato da De André solo, molto noto e finito nel repertorio dei cori di montagna dei gruppi corali, tra i quali anche il Cauriol. Infine il vero gioiello, "Sui monti della Savoia", scritto e cantato solo da De André: un brano che - come scrive il musicologo Mauro Balma, ‘ha tutto il taglio della canzone d' autore’. Gli inediti di Faber sono solo una piccola parte dei tesori ancora nascosti nell' archivio Neill”[1].

Una ulteriore precisazione: alla morte di Edward Neill nel 2001 si costituisce a Genova la Fondazione De Ferrari, dell’editore Gianfranco De Ferrari e della moglie Maria Grazia. L’intento è di conservare, raccogliere e mettere a disposizione dei ricercatori i fondi ed il materiale culturale reperito. La prima operazione fu l’acquisizione di tutto l’archivio di Edward Neill costituito da oltre ottomila brani musicali fra cui, appunto, questi inediti di Fabrizio De André, ma anche di Luigi Tenco. L’editore si mette in contatto quindi con Dori Ghezzi e il seguito è la pubblicazione di questi tre dei cinque inediti di Fabrizio De André.

Torniamo quindi a "Volta la carta", perché è di questo che stiamo parlando.
Se mai Fabrizio De André riprese il testo da una di queste filastrocche reperite presso Edward Neill, in realtà possiamo affermare che ci sia stato un timido recupero del testo, perché il testo di Fabrizio De André si discosta notevolmente dall’intero testo di queste filastrocche, salvo che per una versione qua sotto riportata, dove solo la prima strofa ricorda la composizione di Fabrizio De André.



Caterina Bueno

Ed a onor del vero la ballata "La donnina che semina il grano" è stata cantata anche da Caterina Bueno (Francesco De Gregori la accompagnò nelle sue tounee e famosa è la canzone "Caterina" dedicata proprio a lei) in un suo concerto a Firenze nel 1975, poi pubblicata su disco nel 1976 nella raccolta di canzoni folk pubblicato da Cetra (LPP302) dal titolo "Il Trenino Della Leggera".

C'è una donna che semina il grano
volta la carta si vede il villano
il villano che zappa la terra
volta la carta viene la guerra
per la guerra non c'è più soldati
a piedi scalzi son tutti scappati

Testo di Fabrizio De André


La donnina che semina il grano
volta la carta e si vede il villano.
Il villano che zappa la terra
volta la carta e si vede la guerra.
La guerra con tanti soldati
volta la carta e si vede i malati.

Testo di Caterina Bueno

Altre versioni folk sono conosciute in molte parti d’Italia, come ad esempio questa filastrocca "Angiolina", reperita nel Veneto, in Abruzzo, in Emilia ed in altre regioni:

O Angiolina bell’Angiolina,
innamorato io son de te,
innamorato dall'altra sera
quando venivo a balar con te.
E la s'ha messa la veste rosa
el corsetto di raso blu
con le scarpette con le rosette,
fatte aposta per balar.

In questo testo, oltre che il nome della protagonista Angiolina, le scarpette con le rosette sono diventate le scarpette blu della canzone "Volta la carta" di Fabrizio De André.

Se poi volessimo analizzare la strofa dove Fabrizio De André canta di Madama Doré, dovremmo prendere in considerazione il testo della filastrocca universalmente conosciuta di cui riportiamo una strofa in cui Fabrizio De André ribalta la situazione facendo perdere le sei figlie a Madama Doré:

Oh quante belle figlie, Madama Dorè
Oh quante belle figlie
Se son belle me le tengo, Madama Dorè
Se son belle me le tengo.



Cielito Lindo


Nel 1993 Fabrizio De André apparve nella trasmissione Rai Cielito Lindo cantando dal vivo la sigla della trasmissione, appunto "Cielito Lindo", canzone del folklore messicano che risale sino al agli anni ’80 del 19° secolo. È presente una breve nota nelle Carte De André:

 “Testo dattiloscritto del brano Cielito Lindo; il documento contiene anche alcune annotazioni di mano di Fabrizio De André, una delle quali intitolata Dal Folk al Rock, un’altra relativa ad ipotesi di autonomie regionali”.
Carte De André pag 259 comma16



Disamistade


La Disamistade, è l’inimicizia di cui si ha notizia a partire dal 1905 a Orgosolo, nella regione della Barbagia sarda che comprende il Supramonte, che divise la popolazione in due famiglie contrapposte. Letteralmente in lingua sarda la disamistade è l’inimicizia che si scatena per ragioni di proprietà, per estensione la parola indica vendetta, offesa. Con tutti i gradi dell’offesa. Quella per furto ad esempio di un agnello o di una pecora, quindi offesa al patrimonio, perché l’assenza del capo rubato indica la mancanza di sostentamento, ad esempio per il latte, alla famiglia o ai bambini della famiglia. L’offesa del sangue, impossibile da dimenticare, perché la famiglia dell’offeso chiede vendetta con l’omicidio che a sua volta scatena un’altra offesa del sangue e così via, all’infinito.

Sos anticos prima canno s'homine baiat a dimandare una 'emina, si no ischiata furare no lu cheriana: gli antichi prima, quando un uomo andava a chiedere una femmina (in sposa), se non sapeva rubare non la voleva”
(Antonio Pigliaru - Il Banditismo in Sardegna: la vendetta barbaricina).

La disamistade è stata trattata, spiegata, analizzata già a partire dal 1962 nel documentario di Libero Bizzarri e successivamente da Gianfranco Cabiddu in un altro documentario del 1988.

Fabrizio De André prende spunto dal libro citato da Pigliaru perché ne esiste prova nelle Carte De André citate sopra.
Carte De André pag 216 terza riga



Ave Maria (Deus ti salvet, Maria)
-
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.


Deus ti salvet Maria che nel canzoniere di Fabrizio De André presenta nel titolo l’omonimia della canzone inserita nella Buona Novella è un cantata popolare sacra della tradizione sarda. Composto in logudorese, il dialetto/ortografia della parte centro settentrionale della Sardegna (l’alto dialetto è il campidanese).

Il testo è attribuito a padre Bonaventura Licheri, gesuita e poeta di Neoneli vissuto tra il 1734 e il 1802. Recentemente è stato scoperto il suo titolo originale risalente al 1763: Mamma Soberana.

“L’Avemaria in sardo, Fabrizio l’aveva sentita dai Tazenda, anche Maria Carta l’aveva cantata in gallurese. E così Fabrizio l’ha tradotta. La maggior parte delle canzoni di Fabrizio, nascono qui, all’Agnata, di notte”[dichiarazione di Filippo Mariotti il fattore dell'Agnata tratto da ASud’Europa settimanale Anno 4 - Numero 47 - Palermo, 27 dicembre 2010].



Zirichiltaggia - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.

Seppur sia una canzone in lingua sarda che nulla ha a che fare con le tradizioni folkloristiche, curioso è il sottotitolo (baddu tundu) che in realtà è il ballu sardu, un ballo della tradizione folkloristica sarda. Per stessa dichiarazione di Fabrizio De André: "La cosa che mi ha stupito, sono quattro anni che vivo lì in Gallura io, è che questo ballu tundu che fanno loro è molto simile, quasi identico allo square dance, allora è nato questo square dance che si chiama Zirichiltaggia che vuol dire lucertolaio."



 cúmba - Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.; il Volatore S.r.l.; Nuvole S.a.s.

Colomba colombina becco di seta
serva a strofinare per terra col marito a zonzo
Martino va a piedi con l'asino dietro [3]
fuoco di legna anime in cielo

Végnu d'â câ du ráttu ch'oú magún oú sliga i pê

“Cà di ratti” oppure “Cian di ratti” sono denominazioni di varie località dell’entroterra ligure (specialmente a levante). Prendono questo nome poiché abitate in origine dalle comunità (famiglie) Ratto, cognome tutt'ora diffuso in riviera e nel genovese. Ad esempio dal "Pian dei cunei” (entroterra di Chiavari) derivano le famiglie di cognome Cuneo, di antica provenienza piemontese, e così via. Ratti (minuscolo - toponomastico), cunei o altro ancora sta per semplice denominazione comune di quegli insediamenti” [4].



Mis Amour (BELO CALHO)


Au jardin de moun pèro
L'ya’n tant brou pin,
Mes a-mours!
L'ya’n tant beou pin,

Damase Arbaud – ‘CHANTS POPULAIRES DE LA PROVENCE’ – Tome second - Makaire, imprimeur éditeur – 1864


Questa canzone popolare provenzale (Mis Amour -Belo Calho) fu interpretata in una versione pazialmente diversa nel testo, da Fabrizio De André nel 1995 nell’album "A toun soulei" del gruppo Li Troubaires de Coumboscuro. Come già scritto in altre pagine doveva far parte come settimo brano dell'album "Anime Salve".

Il soggetto di un amante che ferisce la sua amante è
presente in Piemonte e Catalogna. In Italia è
un cacciatore che spara a tre rondini che,
cadendo nel mare, asciugano le piume al sole
(1); in Spagna è il figlio del re che lancia una
piccola pietra verso tre fanciulle e che arriva
così vicino al cuore di colei che amava...
... La canzone nel suo provenzale sembra
risalire ad un periodo abbastanza
lontano poiché il cacciatore usa ancora una
balestra. Notiamo anche la sua paura di attraversare
il Rodano, paura legata alla credenza popolare
per la quale qualsiasi assassino che attraversi il fiume
viene trascinato sul fondo dall'ombra della sua
vittima (2). Inoltre, un'altra prova evidente della
antichità di questa composizione,
è il suo incedere incerto, a scatti, che sembra
riunire parti di altre composizioni
e metterli insieme senza arte...
(1) MARCOALDI, Canti popolari inediti, ecc.,
     Le tre rondelle.
(2) Mirèio. Canto V.

Il Mirèio è un poema narrativo in lingua provenzale, in 12 canti, composto dallo scrittore provenzale Frédéric. Mistral (1830-1914) tra il 1851 e il 1856 e pubblicato nel 1859. È considerato uno dei capolavori della rinascita occitanica del secondo Ottocento

BELO CALHO
BELO CALHO
BELO CALHO
BELO CALHO
BELO CALHO
BELO CALHO
BELO CALHO

Vi sono comunque nel canzoniere di Fabrizio De André altre canzoni che potremmo attribuire alla tradizione folk, come "Geordie", antica ballata inglese del sedicesimo secolo. La derivazione della musica de "Il blasfemo", tratta da una canzone popolare folk inglese cantata da Shirley Collins, altri brani tradotti dal francese, "Il re fa rullare i tamburi", (Le Roi a fait battre tambour), "Fila la lana", (File le laine).

[1] Tre canzoni inedite in un tesoro nascosto nei vicoli - la Repubblica.it, 17 ottobre 2008. A firma Costantino Malatto
[2] Da “asud’europa” - anno 4 n.47 -27 dicembre 2010 -  testimonianza di Filippo Mariotti, il fattore della azienda agricola di Fabrizio De André.
[3] La figura retorica di “Martino” ricorre molto spesso nelle filastrocche e nelle antiche ballate genovesi. In un contesto simile a questa lirica esiste una filastrocca genovese in cui ‘Martino è andato in Spagna per mare con il cavallo ferrato a cercare ragazzi da maritare… ‘ (Rime popolari Genovesi, ed. San Marco dei Giustiniani, Genova).
Gli ultimi versi della canzone pare facciano il verso a Martino che rimane a piedi con l’asino al posto del cavallo ferrato, proprio mentre altrove si festeggiano le anime felici degli sposi con un fuoco ristoratore.
[4] Informazione ottenuta da una mail inviatami da Ivano Fossati, novembre 2020.




IL SARDO, LA SARDEGNA


“Fabrizio amava i dialetti, amava più il genovese che il sardo e gli piaceva molto anche il napoletano. Don Raffaé è in napoletano e Fabrizio la canta benissimo. A me Don Raffaé piace da morire. Il dialetto, diceva Fabrizio, è la lingua viva, l’italiano è una lingua morta. Aveva ragione, la lingua locale è più vivace, è piena di ricordi. Con me, Fabrizio parlava in Gallurese, e non è che glielo ho insegnato io, lo capiva anche da solo, l’ha imparato da solo. Io e Fabrizio parlavamo sia in dialetto sia italiano. Quando ci si frequenta come ci siamo frequentati Fabrizio ed io, le lingue si mescolano. Quando c’era qualche parola gallurese che Fabrizio non capiva, allora io gliela spiegavo: Fabri, questo vuol dire questo, quest’altro vuol dire questo, ecco. Se qui all’Agnata veniva qualcuno di Genova, Fabrizio con lui parlava in genovese, gli piaceva molto il genovese. Io non capivo un tubo e Fabrizio mi faceva la traduzione. Il gallurese è importante per fare una battuta, per raccontare una barzelletta che viene meglio in dialetto, in italiano stona, non è la stessa cosa. Fabrizio parlava in gallurese con me perché non sempre l’italiano lo capivo. Zirighiltatta è stata la prima canzone in gallurese, l’ha messa in Rimini. Nelle Nuvole c’è Monti di mola, che io ho aiutato a tradurre, Franciska l’ha fatta in italiano ma doveva essere in gallurese. È mezza e mezza. Le parole di Monti di mola gliele ho tradotte io, l’asina mustiddina è un’asina color cenere, l’altra Franciska, è scritta in italiano ma si ispira a una storia gallurese, come Zirighiltatta. Fabrizio ha fatto queste canzoni dopo quattro anni che stava in Sardegna, le ha scritte in gallurese, da solo, io non l’ho aiutato, ha fatto tutto Fabrizio. Da quando è venuto in Sardegna, Fabrizio ha rafforzato le belle caratteristiche del suo carattere. Fabrizio si comportava come un contadino gallurese”[1].

La Sardegna ha rappresentato per Fabrizio De André la buena meta, il luogo dove approdare, dove sentirsi più contadino che musicista, come amava dire.

“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso. I sardi a mio parere deciderebbero meglio se fossero indipendenti all'interno di una comunità europea e mediterranea” [2].

Se dovessimo risalire alla metà degli anni ’70, la composizione di "Amico Fragile" avvenne proprio in Gallura, durante una festa. La stessa decisione di acquistare la tenuta ‘per fare il contadino’ in Sardegna è all’incirca di quegli anni. Appare quindi logico che una persona dalla curiosità infinita come Fabrizio De André dichiarasse un giorno:
“Quattro anni di Sardegna vuol dire come minimo, se uno ci vive dentro, insieme, imparare il dialetto. Allora mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia, che vuol dire lucertolaio. È un litigio fra due pastori per questioni di eredità” [3].
Sino, come abbiamo già scritto, al recupero delle canzoni tradizionali come l’Ave Maria sarda di cui abbiamo già scritto.

Sardegna sfondo di quello che oggi i giornali chiamano l’episodio del sequestro, che tanto episodio forse non era, ma un dramma vissuto da due persone imprigionate e in catene, altro che “episodio”...
Sardegna protagonista ancora delle “dichiarazioni, sottoscritte da Dori Ghezzi, di perdono e di rinuncia a risarcimenti in favore della domanda di grazia presentata da Salvatore Cherchi e Giulio Carta, due degli autori del sequestro subìto in Sardegna nel 1979 da Fabrizio De André e Dori Ghezzi (Milano, 1986 gennaio 13), come si può leggere nelle Carte De André pag.141.

Ancora Sardegna ed i sardi che furono paragonati agli indiani per le usanze in qualche tratto simili, come quello di ringraziare la terra per i frutti ed il nutrimento, quella che oggi si celebra come “Giornata del ringraziamento regionale” o festa del ringraziamento.
Dove oltre alla canzone già commentata "Hotel Supramonte", c’è questa descrizione:

Sopra ogni cisto da qui al mare
C'è un po' dei miei capelli
Sopra ogni sughera il disegno
Di tutti i miei coltelli [4]

Dove il cisto di Sardegna e le sughere fanno capire anche la solitudine del pastore errante protagonista.

“Diciamo grazie alle donne di Barbagia”

“La storia del rilascio di Farouk va letta fino in fondo. E il primo ringraziamento a mio parere, deve andare alle donne barbaricine. Sono loro che hanno voluto la liberazione dell’ostaggio. Hanno raccolto l’appello che Marion Kassam ha lanciato una terribile domenica nella parrocchia di Orgosolo. Gesto coraggioso, mai accaduto prima (che io sappia), gesto suggerito da un profondo conoscitore della Sardegna e della sua cultura, dei suoi riti e dei suoi mezzi di comunicazione. Direi grazie anche a Zia Caterina, la madre di Graziano Mesina. Pochi ci hanno fatto caso, ma una sua frase ha ribaltato tutto. “Questa mamma non deve più soffrire”, ha detto. Le ha fatto eco la madre di Matteo Boe, con una dichiarazione che aveva il sapore di un impegno morale. Non sono sardo, (ma quasi diciamo genovardo), ho trascorso quattro mesi in quello che ho chiamato l’hotel Supramonte, maturato in questa terra un’esperienza umana importante. Trascorro parte dell’anno in Gallura, qui ho una casa, un’azienda agricola, i miei amici. Non sto a suonare il violino, a cantare inni di sarditudine. Ho imparato a carpire i segreti di un popolo che ha alcuni punti in comune con gli indiani d’America: colonizzazione, silenzi, convivenza difficile con le divise. Col tempo ho interpretato anche la diffidenza, la paura, l’abitudine a mostrarsi eccessivamente disponibili. Ho colto anche il significato di un flusso sotterraneo: la costante resistenziale, per usare le parole di Giovanni Lilliu. Da questa vicenda ho tratto certezze che possono sembrare ovvietà: il potere delle donne. Le donne che istigano il delitto, le donne che scatenano la faida, le donne che gestiscono la famiglia e la vita dei loro cari. Non faccio il poliziotto e nemmeno l’antropologo, ma sento di poter dire che le donne hanno liberato Farouk. Ringraziamole dunque. Per il resto, dunque, mi sembra persino inutile entrare nei labirinti di quella che nel titolo di prima pagina su l’Unione è stata definita una doppia verità. Non penso che esistano dubbi su chi abbia liberato il bambino. Mi interrogo, ponendomi domande dettate dal buon senso: perché Mesina è venuto da Asti fin qui?, perché ha tuonato contro i giornali che avevano lasciato trapelare il ruolo di emissario? Fosse stato estraneo alla vicenda, se ne sarebbe infischiato. Invece ha reagito. Con durezza, col fegato e il timore di chi sta portando a compimento un’operazione delicata. Ho un sospetto: è stato lui ad usare il TG1 per annunciare all’Italia la liberazione di Farouk. Polizia e carabinieri hanno smentito perché stavano ancora frugando fra i monti. O no?”[5].

“A 35 anni mi sono trasferito in Gallura, non per fuggire, ma per ritrovare la campagna. L’erba, il fieno, la terra, quel certo tipo di luna molto meno diafano, molto più carnale di quella che ci appare in città, tra lo smog di Milano. E gli stronzi di vacca che diventano legno, sotto il sole. E il dialetto, che rende più saporite anche le bestemmie più limpide” [6].

[1] Da “asud’europa” - anno 4 n.47 -27 dicembre 2010 -  testimonianza di Filippo Mariotti, il fattore della azienda agricola di Fabrizio de André.
[2] Il Secolo XIX
[3] Presentazione della canzone “Zirichiltaggia” durante il tour 1979
[4] Canzone il "Canto del servo pastore".
[5] Unione Sarda articolo firmato Fabrizio De André -  20 ottobre 1992
[6] "Come un’anomalia” di Roberto Cotroneo







"Faccia di cane" e "Lunfardia"

Roberto Ferri, un caro amico musicista mancato da poco tempo, mi inviò un suo ricordo il 26 ottobre 2020 di questi due brani.



Con Fabrizio scrivemmo anche "Faccia di cane" che fu portata a Sanremo dai New Trolls che vinse il premio, per il testo, della Critica Cattolica ovvero Famiglia Cristiana.
Senti facciamo una cosa io ti scrivo tutto poi tu mi farai le domande se non è chiaro.
Fabrizio non lo firmò perché andava a Sanremo.
Dammi una settimana di tempo ( cercherò di fare prima ) ma lo chiedo come tempo massimo.

AFFAIRE - "FACCIA DI CANE"

Era l'anno 1985
I NEW TROLLS si erano rivolti a Faber per avere un testo su una loro musica. Il brano sarebbe andato a Sanremo.
Faber disse : " io non posso ma vi darò il migliore autore in circolazione ".
Faber mi telefonò, io ero a Bologna, e mi disse " vieni subito a Milano che c'è da fare un testo per i TROLLS". Ricordo che era gennaio mi misi alla guida e in autostrada mi accolse una nevicata storica che mi bloccò. Arrivai a stento. Era la prima volta che lavoravo con Fabrizio. Ci mettemmo a lavorare. Marinella (mia moglie) era già lì da giorni, ed io avevo portato anche Cico, il nostro cagnetto bianco. Improvvisamente Faber disse "Il brano si chiamerà Faccia di cane,". Io mi misi a ridere, ma lui mi riprese dicendomi "seguimi e non te ne pentirai. Faccia di cane è un gentiluomo come non ce ne sono più " esordì. E cominciammo a scrivere come fosse una partita di ping pong; una frase lui ed una frase io , poi, lui stanco, si ritirò in camera ed io stilai l'inciso ed al suo risveglio glielo proposi, gli andava bene ed io ne fui felice. Il brano partecipò al Sanremo e vinse il premio della critica cattolica. Faber non volle firmare il brano. Non per mancanza di rispetto nei miei confronti ma perché andava a Sanremo.

 

LUNFARDIA

 

Avevo la produzione di Milva e d'accordo con lei il progetto era di rivolgersi ai cantautori ed autori per avere un brano che parlasse di personaggi femminili. Vista l'amicizia che mi legava a lui chiesi a Fabrizio un brano e lui mi rispose : "Per lei non scrivo niente" , io replicai "ma è un favore che fai a me e non a lei" "Ok allora sì", replicò lui," ma lo scriviamo insieme" Il brano fu scritto in più puntate, anche al telefono. Il tutto cominciò così: Fabrizio rivolgendosi a me "lo scriveremo in Lunfardo" al che gli chiesi cosa fosse e lui mi rispose che era la lingua che si parla a Buenos Aires nata dalla fusione tra dialetti italiani (i dialetti italiani parlati dai nostri migranti colà migrati ) e la lingua spagnola. Prima lo stiliamo in Italiano poi eccoti un vocabolario (in fotocopie ) dal Lunfardo allo Spagnolo ....praticamente una tragedia!! Prima seduta - Parleremo di una donna che abita a San Telmo e tradita dal marito, la notte va alla Boca a fare la bagascia per vendetta ...al sentire la parola Dori Ghezzi disse, "Ma ti rendi conto di cosa dirà la gente nel constatare che hai scritto solo di troie?" ...e scoppiammo tutti a ridere ...Lui poi andò in Sardegna visto che era estate e finimmo tutto al telefono con la solita tecnica del ping pong ovvero una frase lui ed una io...Poi io tradussi il tutto in spagnolo e Faber con furbizia mi disse " lo lasciamo in Spagnolo e metti qua e là qualche parola in Lunfardo " così capiranno meglio, ed io lo feci come quando si mette il sale e il pepe nella insalata . Io poi misi la musica e consultai un letterato italo argentino che vive sei mesi in Italia e sei in Argentina. Avevamo fatto solo tre errori.
Il progetto con Milva non andò avanti. Io mi stufai perché era sempre in giro per il mondo a fare concerti. Quindi proposi il brano a Mina che lo rifiutò, e non mi stupii anzi ne fui contento perché a quel punto, come era successo in precedenza, quello che lei rifiutava poi aveva successo! Il brano che mi aveva fatto Franco Battiato ovvero Madame Bovary ( EMMA ) fu inciso da Patty Pravo. Negli anni poi Dori Ghezzi lo propose a Celentano che decise di cantarlo ed inserirlo nel CD "C'è sempre un motivo" ....con alla fisarmonica Richard Galliano ...e il CD vendette molto e ne feci pure io una versione ...




 

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