































© Egidio Marullo - conservato dall'autore di questo sito
Introduzione
19 febbraio 1958:
l'esordio sul
palcoscenico
 çimma
traduzione e libera interpretazione.
Le favole
e le antiche tradizioni
 cúmba
un
volo fra le località dell'entroterra
genovese
Adamo II
la commedia di Remo Borzini
Amico Fragile
storia e analisi del testo, L'arrivederci e i gelatai
Ave Maria
la sua origine settecentesca. La
Mamma
Soberana del 1763
Caterina Bueno
la filastrocca della Donnina che
semina il grano
Charles Martel retourne de la bataille de Poitiers
appunti per una traduzione in francese
Cielito Lindo
nelle Carte De
André
Coumboscuro
il convegno sulla Maggioranze
Crêuza de mä
una libera interpretazione. La via che
dal mare sale verso casa e non scende al mare
Cronologia dei fatti principali 1950-1960
Cronologia dei fatti principali 1961-1965
Cronologia dei fatti principali 1966-1970
Cronologia dei fatti principali 1971-1981
Cronologia dei fatti principali 1982-1999
Disamistade
il suo significato nel libro di
Antonio
Pigliaru
Eva a gogó
– Dalla parte di lui
le prime
canzoni di Brassens
Edward Neill
il musicologo genovese
amico di Tenco e De André e il suo studio in via San Luca
a Genova
Fernanda Pivano
breve colloquio nella sua casa di Milano 2003
Folklore e dialetti
Fotografie
Georges
Brassens
Anarchia e Argot
Hotel Supramonte
analisi del testo e una
libera interpretazione
Il De André apocrifo
il rapporto con la spiritualità e la letteratura
cristiana
Il debutto in TV nel
1963
nello speciale di
Line Renaud
Il Festivalbar
a sua insaputa
Il gorilla
riflessioni,
analisi del testo e
la strofa eliminata
da Georges Brassens
Il mistero del nome
Il rapporto con il folklore
da "Volta la carta" a "Disamistade"
Il Sardo e la Sardegna
il dialetto, il suo
mondo e le donne di Barbagia
Intervista di Jacky
Marti per la Radio SVIZZERA a Fabrizio De André
circa Natale 1971
I primi dischi
storia di una casa discografica creata ad hoc:
la Karim
John Lennon
le traduzioni scomparse
(o nascoste) di Fabrizio De André
La borsa di Arlecchino
la prima canzone composta per lo spettacolo
La buona novella
breve analisi dell'opera
La buona novella
breve storia dell'idea
iniziale e controversie
La buona novella
la genesi raccontata da un sacerdote
La canzone del Maggio
il mistero
della cassetta mai apparsa in commercio nel settembre '73
La canzone di Marinella
riflessioni sul testo e
lo spunto di cronaca che ne diede origine
La cattiva strada
analisi del testo
La città vecchia
riflessioni sul testo
La domenica delle salme
libera interpretazione
e il Partito
Socialista di Craxi
La guerra di Piero
libera interpretazione.
"The Captain" di Leonard
Cohen
La laurea ad honorem
vero o falso?
La leggenda indiana
la disputa tra Coyote e la Donna Ragno
nel ritornello di "Se ti tagliassero a
pezzetti"
La lingua Mediterranea
La pittima
traduzione e libera interpretazione; il
vocabolario del Casaccia e Venezia
Le canzoni scomparse
e la
"Ninna
Nanna"incisa su disco e mai ritrovata
Luigi Tenco
il funerale
Lunfardia e Faccia di cane
Celentano, Milva e i ricordi di Roberto
Ferri
Mamadodori
i
testi di Fabrizio De André e gli autori ancora oggi poco chiari:
una gran confusione
Michele Maisano
il musicista di Tito
e il suo Spoon River mancato
Mis Amour - Belo Calho
il canto provenzale
Non al denaro non all'amore ne' al cielo
9
canzoni, oppure 10, oppure 12. "Un malato di cuore" un po' più
lungo...
Ottocento
l'album dal titolo cambiato che si doveva intitolare così
Rambleway
di Shirley Collins
e la sorpresa degli archivi SIAE
Sanremo e Joan Baez
la
partecipazione mancata al Festival e il duetto che non c'è mai stato
Scipione Cicala
storia di un genovese nell'Impero
Ottomano e del suo sontuoso palazzo ad Istambul
Se ti tagliassero a pezzetti
Il manifesto politico di Fabrizio De André. L'inno alla Libertà
Slide show
Tieni la vita mia
"L'infanzia di Maria" e le canzoni
francesi di Vittorio Centanaro
Tutti morimmo a stento
l'album in lingua inglese mai finito
Una
storia sbagliata
una melodia di Leonard Cohen
Via del campo
Dario Fo, Enzo Jannacci o più
probabilmente Oscar Prudente
Volta la
carta
una filastrocca per tutte
le regioni
Zirichiltaggia
e il Baddu tundu
Il riassunto, la citazione o la riproduzione dei testi dei
brani o di altre parti di opere presenti su questo sito, sono effettuati
esclusivamente per uso di critica e di discussione, ai soli fini di
insegnamento e di ricerca scientifica. Il loro utilizzo avviene per
finalità esclusivamente illustrative e non per fini commerciali
Di Fabrizio
De André, tutti hanno detto tutto, a modo proprio, tracciandone
un profilo che propendesse dalla propria parte, dalla parte
dell’interlocutore per intendersi, per (presunta) amicizia
o convenienza, salvo rare o uniche eccezioni. Ricostruire
la carriera artistica e l'opera di Fabrizio De André, perché
solo di questa si vuole parlare, è obiettivamente
difficile, per via di informazioni giornalistiche scarne,
per via del non volere apparire, per via della volontà
di presentare un prodotto e non una immagine, volontà
cara a Fabrizio De André sin dagli anni cinquanta.
Quello che segue è frutto delle mie ricerche, della mia
curiosità e in qualche caso delle mie scoperte, senza
alcuna pretesa di essere esaustivo. L'interpretazione di
alcuni testi è strettamente personale e non ho pretese
che il lettore sia sempre d'accordo. Anzi, da qualche
parte c'è un mio recapito
e-mail
e sarò ben lieto di
ricevere critiche o altro. Queste pagine che abbondano di
link tutti da scoprire, (in prevalenza sono in corsivo)
sono redatte seguendo di massima l'ordine temporale
degli accadimenti, riportando anche quei fatti di
cronaca più salienti ed inquadrando le notizie relative
a Fabrizio De André esattamente nel tempo e nel modo in
cui ci sono giunte. Per fare un esempio, la notizia del
1952 che riguarda la prima composizione di Le
gorille di Georges Brassens, si contrappone al
contemporaneo successo di Papaveri e papere di
Nilla Pizzi, entrambe citate da Fabrizio De André nel
corso di successive interviste, tutte ovviamente da
scoprire. Buona lettura.
Il testo
"Archivio d’Autore: le
carte di Fabrizio De André - MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI - DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI
a cura di Marta Fabbrini
e Stefano Moscadelli - Roma 2012" sarà
citato per brevità nelle seguenti pagine come "Carte
De André".
Il riassunto, la citazione
o la riproduzione dei testi dei brani o di altre parti di
opere presenti su questo sito, sono effettuati esclusivamente
per uso di critica e di discussione, ai soli fini di insegnamento
e di ricerca scientifica. Il loro utilizzo avviene per finalità
esclusivamente illustrative e non per fini commerciali.
Che tenerezza, che gioia, sapere
che uno straordinario studioso, uno
scopritore ansioso
come Mariano Brustio potrà farvi conoscere i
segreti, le scoperte, le ansie di Fabrizio. Perché
Fabrizio ha in-
ventato il personaggio del cantautore,
il suo modo di “porgere”, la
sua funzione liberatoria;
ma questo non gli ha impedito di
eggereleggereleggere
versi di ogni lingua e paese, e sceglierne, coglierne
alcuni come petali di fiori, e farli vivere per sempre nel
loro pro-
fumo, i loro colori, le loro passioni.
I
segreti di questa scelta, la realtà di queste poesie,
anche quelle
più arcane, sono qui, in queste pagine
preziose di Mariano
Brustio, dove brevi versi asciutti,
peruviani o americani, diventano
immagini immortali affondate
nell’umanità inesauribile
di Fabrizio e si mescolano
nel loro lessico indistricabile che è la
sua poetica.
Il nostro felice stupore, la nostra orgogliosa scoperta,
la nostra
totale fiducia accogliendo nel nostro cuore,
forse prima che nella
nostra mente, il dollaro d’argento
del generale nato da un tem-
porale barattato dall’uomo
sotto la sua coperta e ora sul fondo
del fiume dove i
bambini giocano, inconsapevoli di corruzione e
di tradimenti, è
un trionfo di immagini ignara di ispirazioni di
qualsiasi
nazionalità - ma anche il poeta francese e il poeta
ameri-
cano sono estranei - qui, e dovunque, l’ispirazione
di Fabrizio è
stata totale e soltanto affondava
in una umanità che era
soltanto sua.
Grazie,
Fabrizio, di quello che ci hai dato.
Nanda Pivano
Pace e amore
Cronologia dei fatti principali
1950-1960
Siamo negli
anni della nascita del Rock & Roll, della
prima trasmissione radio del Festival di Sanremo, dell’arrivo
al trono della Regina Elisabetta, della prima
trasmissione RAI, dell’annessione dell’Ungheria da parte dell’URSS,
della nascita della energia atomica europea e di Laika, la cagnetta
nello spazio. Nasce l’autostrada del Sole e Fidel Castro entra
vittorioso all’Avana, mentre John Lennon e
Paul McCartney si incontrano per la prima volta.
Nel 1952 Georges Brassens pubblica la
canzone “Le Gorille” (la cui musica appartiene a
Eugène Météhen) su un disco a 78 giri
(Polydor 540.460)
e successivamente sul suo primo disco a 33 giri dal titolo “Georges
Brassens chante les chansons poétiques (...et souvent gaillardes)
de... Georges Brassens”. Una prima versione della canzone
consigliava ai magistrati di "changer de métier, cambiare
lavoro". Brassens la cambiò per evitare le
grinfie della censura. Ma resterà comunque la canzone
più censurata nella storia musicale francese. La Hit
Parade italiana quell’anno vedeva Nilla Pizzi in classifica
con quattro brani fra i dieci singoli più venduti e fra
questi “Papaveri e Papere”.
Nel 1953 la
cantante francese Patachou pubblica un disco 78 giri
(Philips N72122H) dal titolo “Le Bricoleur (La boite à
outils) e “La Priere” sulla facciata “B”, due canzoni
composte da Georges Brassens. Quest’ultimo
brano vanta il testo tratto da una poesia di Francis
Jammes. Vedremo più avanti il perché di questa
citazione.
Nel 1954 Georges Brassens pubblica
la canzone “Brave Margot”. Fabrizio De André riprenderà
molti anni dopo la trama della canzone per il suo brano “Bocca
di Rosa”.
Nel 1955 muore
James Dean e in Italia i locali ed i bar si riempivano
per seguire Lascia o Raddoppia, presentata da un giovanissimo
Mike Bongiorno e il Musichiere. La
TV nazionale aveva inaugurato le trasmissioni regolari da
poco più di un anno.
Nel 1956 la DC è il primo partito e la sinistra la incalza, con
poco distacco, al secondo posto.
Nel 1957
Jack
Kerouac esordisce con il romanzo ‘On The Road’
e in Italia esordisce la Fiat 500. A San Marino
il Partito Socialista Indipendente insedia un governo provvisorio
con una sorta di colpo di stato. I carabinieri italiani circondano
la piccola repubblica, sostenuta militarmente dall’Italia.
Nel 1958 le case di tolleranza vengono dichiarate
illegittime dalla legge Merlin.
Mina, in uno spettacolo nel cremonese, ruba il bis sulla
scena al famoso cantante genovese Natalino Otto,
al secolo Natale Codognotto, cantante fra i più prolifici
nella storia della canzone italiana per aver inciso oltre duemila
brani. Aïché
Nana,
ballerina di origine armena, libanese di
nascita, si esibisce a Roma in uno strip-tease e dà origine
alla Dolce Vita.
19 febbraio 1958
In un trafiletto del Corriere
Mercantile del 19 febbraio 1958 compare la notizia
di un interessante concerto Jazz tenuto al teatro intitolato
a Vittorino Da Feltre presso l'Istituto Scolastico
retto dai padri Barnabiti di Genova, dove fra gli altri un giovane
Fabrizio De André esordisce con successo alla chitarra
elettrica.
“Nel blu dipinto di
blu” di Domenico Modugno è al primo
posto dei dischi più venduti.
Fabrizio
De André è studente presso il Liceo
Colombo a Genova: come ci riferisce Repubblica in un articolo
del 2008 per bocca del presidente della "Associazione Amici
del Colombo" Ferruccio Bertini che ripercorre
la sua carriera artistica e la sua biografia. "Fabrizio
già componeva canzoni. Studiava poco ma le se la cavava
sempre. E noi compagni lo adoravamo".
Nel
1959 a
Ispra in provincia di Varese è in funzione
il primo reattore nucleare italiano. Fidel Castro entra
all’Avana con le sue truppe, dopo la fuga del dittatore
Batista. Si incontrano per la prima volta dopo
la fine della seconda guerra mondiale il presidente degli Stati
Uniti Dwight Eisenhower e il segretario
generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, Nikita
Khrušèëv, posando le basi per la fase di distensione
nelle relazioni internazionali.
"Fabrizio
De André, iscritto al Liceo classico “Cristoforo
Colombo”, dependance del convento dei Francescani dell’Annunziata,
ottiene la maturità, senza mostrare un particolare impegno
negli studi, ma rivelando comunque una decisa preferenza per
le materie letterarie”[1].
“Il tuo bacio è
come un rock” di Adriano Celentano non è
che all’undicesimo posto dei dischi più venduti.
Nel 1960 il film “La dolce Vita” di
Federico Fellini che vincerà la Palma d’oro
a Cannes, mentre la Chiesa Cattolica chiede l’intervento
della censura. A Genova la celere (Polizia) causa 83 feriti
durante un corteo antifascista in occasione del congresso
del Movimento Sociale Italiano, MSI. John Kennedy batte Richard Nixon
per la presidenza degli Stati Uniti. Il 4 luglio gli Stati Uniti
adottano ufficialmente l’attuale bandiera astelle e strisce. In RAI debutta il
programma di alfabetizzazione “Non è mai troppo tardi"
di Alberto Manzi.
"Fabrizio
De André compone un abbozzo del testo per “Ballata per
Miché”, ritrovato scritto sul retro di una busta intestata
'F.I.I.N.S.E.I. Federazione Italiana Istituti non Statali di
Educazione ed Istruzione'" [2].
La canzone sarà
eseguita dal vivo l’anno successivo nello spettacolo “Eva
a gogò – Dalla parte di lui” presso il locale "La
borsa di Arlecchino" a Genova. La canzone “Il
cielo in una stanza” di Gino Paoli cantata
da Mina è al primo posto dei dischi
più venduti. Solo dopo molti anni l’autore svelerà
che si tratta di una canzone meno romantica di quel che poteva
apparire, raccontando di un incontro nella stanza di un bordello.
“La Gatta”, sempre di Gino Paoli è solo al 41°
posto.
Georges Brassens
pubblica nel suo Album “n.7” le canzoni “Le Père Noël
et la petite fille” e “Le verger du roi Louis”. La
prima sarà ispirazione per Fabrizio De André nella
canzone “Leggenda di Natale” (ma non sarà la sola
canzone che riporta ispirazioni al testo di Brassens. Si veda
più avanti la nota su Mamadodori) mentre la
seconda, conosciuta come una poesia pubblicata
con il titolo “Ballade des Pendus” e scritta da Théodore
de Banville, viene pubblicata nel 1967 nell’album
“Vol.1” con il titolo “La morte”, con un testo del tutto
nuovo.
[1] Carte De André
pag. 42
[2] Carte De André pag. 73
Cronologia
dei fatti principali 1961-1965
Nel 1961 Ernest Hemingway si suicida con
un colpo di fucile, a Sun Valley nell'Idaho. La Germania
Est chiude il confine con la Germania Ovest e costruisce il
Muro di Berlino. I Beatles tengono il primo concerto
in un locale ad Amburgo, dove fra gli altri si esibisce anche
Mino Reitano. Gli USA intervengono per la prima
volta in Vietnam.
A Genova prende il via lo Spettacolo “Eva
a gogó – Dalla parte di lui” presso il locale “La
borsa di Arlecchino”: Fabrizio De André canta “La
priere” di Georges Brassens e “Le bricoleur” sempre
di Brassens, "Les coqueliquote" di autore
incerto, "Merci mon Dieu" di Charles Aznavour,
le sue canzoni “Ballata per Miché” (Fabrizio-Petracchi);
“Canzone di tutti i tempi” (Fabrizio-Petracchi);
“La Nina del ‘Gambero blù” (Fabrizio-Petracchi);
“Nuvole barocche” (Fabrizio-Gianni Lario).
Di questo
anno è la pubblicazione del primo 45 giri “Nuvole
barocche” e “E fu la notte”, con la casa discografica
Karim di Genova. Si veda nella sezione "I
primi dischi" la storia completa di questa pubblicazione
e della casa discografica
Nico Fidenco
ha ben 6 dischi fra i più venduti in classifica, di cui
ben due al secondo e terzo posto. Adriano Celentano è
al primo posto con la canzone “Nata per me”.
Elvis Presley non sale oltre il 25° posto.
Georges Brassens pubblica la canzone
“Dans l’eau de la claire fontaine”. La canzone non è
altro che la parziale riscrittura della canzone popolare
francese “À
la claire fontaine” molto
popolare anche nel Canada francofono. La versione fu tradotta
in spagnolo, in arabo e in mandarino e a partire dal 1917 eseguita
da molteplici interpreti, utilizzata per cartoni animati (Heidi)
e lungometraggi sino al 2021. Georges Brassens ne riprese parzialmente
testo e musica
e la pubblicò sul suo album “n.8”.
Fabrizio
De André pubblica la versione tradotta ed adattata
in italiano in un 45 giri solo qualche anno più tardi,
nel 1968 in abbinamento alla canzone “Il Gorilla”, sempre
di Georges Brassens. Si veda più avanti la sezione dedicata.
Nel 1962 Fidel Castro viene scomunicato
da Papa Giovanni XXII. Marilyn
Monroe viene trovata senza vita a casa sua. Il presidente
americano. Nasce il Premio
Campiello per la letteratura.
Adriano
Celentano guida la classifica della Hit Parade ed ha
almeno 5 canzoni fra i primi cinquanta posti. La canzone “La
ballata dell’eroe” di Fabrizio De André viene resa nota
da una toccante interpretazione di Luigi Tenco
nel film “La cuccagna” di Luciano Salce
(Euro International Films) e dalla successiva pubblicazione
della relativa colonna sonora. Fabrizio De André
dichiara che Luigi Tenco ha dimenticato una parola del testo
originale e l'ha sostituita con un' altra.
Nel mese di
luglio del 1962 troviamo il testo di una canzone di mano di Luisa
Amerio De André “Ninna nanna” scritta da Fabrizio
per la nascita di Maurizio Fracassi, incisa su disco, ma che
non figura nella discografia di Fabrizio De André [Carte De André pag. 123].
Dal Corriere Mercantile del 27 luglio,
si apprende del matrimonio di Fabrizio De André,
con la contessina Enrichetta Rignon, celebrato
nella chiesa di Quarto. Lo stesso articolo mette in risalto
la figura paterna, il prof. Giuseppe De André,
presidente della Fiera internazionale di Genova.
Nasce nel
mese di dicembre il figlio Cristiano.
Georges
Brassens pubblica per la prima volta la canzone “La
marche nuptiale”.
Nel 1963 In
Francia sei persone vengono condannate a morte per
l’attentato a De Gaulle. Cinque verranno graziate, ma il
sesto verrà fucilato. La condanna a morte a quel tempo
prevedeva la ghigliottina, ad eccezione del reato contro la
sovranità dello Stato. Rita Pavone
domina la classifica dei dischi. I Beatles
debuttano con il loro primo Long Playing. Muoiono Edith Piaf e
Papa Giovanni XXIII. John Kennedy
viene assassinato a Dallas.
Fabrizio De André
pubblica con la casa discografica Karim, il 45 giri “Il fannullone
– Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” entrambi
a firma Fabrizio - Villaggio. Vede anche la
luce un disco che contiene “La ballata del Miché” e “Il
testamento” dove l’autore si firma per la prima volta con
nome e cognome.
Georges Brassens
pubblica per la prima volta la canzone “L’assassinat”
Il debutto in TV
nel 1963
Il settimanale Alba nel numero del 23 giugno
riporta la notizia che un ventunenne genovese ricchissimo, impegnato
alla maniera di Brassens è stato ospitato nella trasmissione
televisiva di
Line Renaud, che ne è rimasta affascinata.
Si tratta in effetti del debutto televisivo di Fabrizio
De André che canta “Il fannullone”, appunto
il 2 maggio 1963, nella penultima puntata del programma
Rendez-Vous, condotto da Line Renaud,
Renato Carosone e Paolo Poli.
La regia è di Vito Molinari e trasmesso
dal secondo Canale RAI.
Charles Martel
Fra le pagine delle Carte De
André pag. 226 al comma 15 si ritrova il testo con correzioni
di “Charles Martel retourne de la bataille de Poitiers”,
traduzione in lingua francese di Laurence de Ballaigue della
canzone "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di
Poitiers". Nello stesso capoverso compare anche il "testo
con correzioni de La Ballade de l’Amour aveugle (ou de la
vanité)", traduzione in lingua francese della canzone
"La ballata dell’amore cieco (o della vanità)".
Purtoppo non è dato di capire e non è indicato
se la seconda traduzione sia ad opera dello stesso traduttore
oppure di Fabrizio De André. Nonostante tutti i tentativi fatti
per la consultazione delle Carte presso l'Univerità di
Siena, non mi è stato possibile e concesso l'accesso
per la consultazione delle carte stesse.
Nel 1964
Giuseppe Saragat diviene presidente
della Repubblica.
Vedono le pubblicazioni “La guerra di
Piero”, “La ballata dell'eroe” e “Valzer per un
amore” dove espressamente viene dichiarato essere tratto
dal “Valzer Campestre” della “Suite Siciliana”
di G. Marinuzzi, oltre a “La canzone di Marinella”.
Pur riscuotendo anni dopo un notevole successo nella interpretazione
di Mina, questo ultimo brano non entrò
mai nelle classifiche di vendita. La Hit Parade è
dominata da Gianni Morandi.
1964 - La canzone di
Marinella -
Edizioni musicali Leonardi S.r.l. – La Cascina S.r.l.
riflessioni sul testo e libera interpretazione
Lo spunto di cronaca che
diede origine alla canzone si apprende da un quotidiano di
Genova del 1966 per bocca di Fabrizio De André:
"La storia di Marinella la trassi
da un articolo di cronaca apparso su un quitidiano di
Torino. L'episodio era avvenuto ad Asti".
Mina
nel tardo 1967 incise la “Canzone di Marinella”, regalando
a Fabrizio quella notorietà di cui ha goduto per tutta
la sua vita. E per combinazione questa canzone è stata
proprio l’ultima incisione di Fabrizio De André, guarda caso
proprio nel famoso duetto con Mina. Conosciamo forse tutti la
trama della canzone, di quella prostituta caduta in un torrente,
non importa nemmeno poi tanto qule torrente o fiume. Ebbene
stiamo parlando di una prostituta che agli occhi della “gente”,
la Maggioranza della gente, qualla che Georges Brassens
definiva “Les Braves Gents” (ma alle brave persone non piace
che seguiamo una strada diversa dalla loro) non gode di
particolare attenzione e considerazione, proprio per il mestiere
che ha scelto, o in tanti altri casi, è obbligata a fare
e non certo, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, dalla
famiglia, bensì da una maggioranza che si arroga il potere
di vessare e sfruttare persone come lei. Per fortuna Fabrizio
De André ha avuto l’illuminazione di regalarle almeno una morte
decente. Abbiamo già fatto accostamenti fra il senso
della canzone "Via del Campo" e "La
canzone di Marinella".
Entrambi i testi raccontano
di una prostituta bambina, da una parte, che sogna un giorno
l’Amore ma è costretta a ridere per essere compiacente
nei confronti dell’avventore di turno e piangere perché l’Amore
vero non arriva. Dall’altra parte invece Marinella è
probabilmente una prostituta ormai avanti con l’età che
viveva rassegnata di non trovare più il vero Amore. Dalle
cronache e per bocca dello stesso Fabrizio De André sappiamo
che, forse, cadde in un fiume, proprio quando l’Amore si era
presentato nei panni di un non identificato "Re" senza
una scorta e senza titoli. Che ci fa sospettare che fosse l’ennesimo
avventore in cerca di piacere. E che infatti non ha remore nel
prenderla già stanca in una notte buia e metterle le
mani sui fianchi, come già abbiamo scritto, come il Babbo
Natale nella traduzione da Georges Brassens "Le pére
Noël e la petite fille": ti ha messo le mani sui fianchi.
E nessuno si sa spiegare come sia potuta scivolare nel fiume
mentre lui non smetteva di cercarla credendola ancora viva.
Viva per un giorno solo nello splendore di una rosa che per
bocca di Francoise de Malherbe:
Del
mondo ella era dove le più leggiadre cose
Hanno il
peggior destino
E rosa ella è vissuta quanto vivon
le rose
Lo spazio di un mattino
Ma proviamo a cercare
quel testo alternativo che Fabrizio De André saltuariamente,
nel corso delle prove dei tour. Curiosamente proprio Fabrizio
De André in alcuni casi modificava alcune parole della canzone,
cantandoli in questo modo:
Ma lui che non ti volle creder
morta
Bussò cent’anni ancora alla tua porta
Questo verso diventava in maniera più sprezzante:
e invece tutti vennero a sapere,
ti aveva dato un calcio
nel sedere
a rimarcare proprio il “corpo-oggetto"
usato solo per un unico scopo. E allora la figura della Rosa
che ha vissuto almeno un mattino come nella poesia citata qua
sopra, ne addolcisce la morte, divenendo nei versi colei che
ha vissuto almeno un giorno come l’immenso splendore delle rose.
1964
- La Guerra
di Piero - Edizioni musicali Leonardi S.r.l.
– La Cascina S.r.l.
commento e libera interpretazione
Dormi sepolto in un campo di grano,
Non è la rosa non è
il tulipano,
Che ti fan veglia dall’ombra dei
fossi,
Ma sono mille papaveri rossi.
La chiave di lettura del testo è
orientata verso l’antimilitarismo, il rifiuto globale
della violenza, ma già dai primi versi del testo si potrebbe
interpretare così:
“Adesso tu soldato, morto perché
ti sei preso la libertà di pensare prima di premere il
grilletto del tuo fucile, sei sepolto sotto una coltre di terra
dove cresce il grano, ma sappi che non è l’autorità,
imbellettata e profumata di rosa o il gerarca di turno, tronfio
e altero come un tulipano, che piangono la tua mancanza, ma
siamo noi semplici e umili popolani, inutili come i papaveri,
che non vorremo più che un nostro simile muoia perché
ha dovuto obbedire ad un ordine, e allora sfamaci con
la farina ed il pane che dal tuo grano sapremo ricavare, e vedrai
che la tua morte non sarà inutile, perché saremo noi
che un giorno trionferemo e sconfiggeremo il male che verrà”.
Mi piace pensare che Fabrizio De
Andrè volesse darne una interpretazione simile, spronandoci
a non lasciarci sopraffare dal potere.
Fabrizio visse da bambino vicino
ad Asti, in una cascina dove aveva per compagna di giochi Nina,
la Ninetta della canzone, ed erano gli anni della guerra, e
con i racconti della guerra che sentiva dallo zio, anni dopo
deve avere composto questa ballata che volle commentare così
in una intervista degli anni sessanta:
“Quando è uscita
Il testo della canzone fu preso a
simbolo della non violenza e dell’antimilitarismo, tanto da
essere inserito nelle antologie scolastiche:
“Fa un certo effetto - dice De
André in una intervista - sfogliare quel libro e vederci roba
mia». Non è difficile capirlo. A pagina 78, per esempio,
c'è Giacomo Leopardi con “La donzelletta vien dalla campagna”
e a pagina 102 Giovanni Pascoli con “L'aquilone”. De André sta
a pagina 167. Indubbiamente, è un segno di mutamenti
che premono sulla scuola nozionistica e tradizionale e che tengono
conto, seppure con molta cautela, di fenomeni nuovi”.
L’esitazione di Piero a sparare ad
un suo simile coglie la sua rivincita negli ultimi versi:
E mentre il grano ti stava a sentire,
Dentro le mani stringevi il
fucile
Dentro la bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi
al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano,
non è la rosa non è
il tulipano,
che ti fan veglia dall’ombra dei
fossi,
ma sono mille papaveri rossi.
Ovvero:
Mentre il popolo inerte, impotente
davanti alla autorità, vessato in ogni suo gesto, pensiero,
azione, ti stava solo a sentire, senza poterti veramente ascoltare
perché l’autorità impedisce anche solo l’uso più
banale degli strumenti di comunicazione, tu soldato hai sotterrato
con te la tua ascia di guerra, hai restituito al popolo la tua
immagine di uomo che porta con sé nella tomba il suo strumento
di guerra, ma nel tuo cuore, e dalla tua bocca dovranno uscire
quelle parole che tu soldato non hai potuto gridare ai tuoi
superiori, le parole di pace che adesso tu popolo dovrai gridare
al mondo, che tu popolo dovrai sempre usare per far valere il
tuo ruolo, e allora attenti gerarchi, attenti perchè
ora io soldato morto e sepolto sotto la terra di un campo coltivato,
sarò il simbolo della fine della immobilità e
non sarete più voi gerarchi a nascondermi nell’ombra,
saranno tutti quelli come me, impavidi papaveri rossi che non
si piegheranno più al potere, che un giorno vi spiazzeranno
e daranno fine alla guerra e al potere.
Una visione della simbologia di Cristo
c’è anche nella strofa:
dei morti in battaglia ti porti
la voce
a chi diede la vita ed ebbe in
cambio una croce”.
Se vogliamo ripercorrere il canzoniere
di Fabrizio De André non possiamo fare a meno di citare un’altra
canzone “Si chiamava Gesù”:
Venuto da molto lontano
a convertire bestie e gente
non si può dire non sia servito a niente
perché prese la terra per mano
vestito di sabbia e di bianco
alcuni lo dissero santo
per altri ebbe meno virtù
si faceva chiamare Gesù
Un uomo simbolicamente venuto da molto lontano, accendendo
le stelle, che ha alzato nella notte una tenda fra le nostre
tende silenziose e morte. È venuto a dire la sua storia
alle nostre generazioni. Anche se apparentemente allora la sua
morte non servì a molto, lui allora vestito solo di bianco,
diverso dal soldato nella sua divisa, ha fatto sì che,
generazioni dopo, il suo nome potesse raccogliere attorno a
sé milioni di persone, unite nella ideale della pace. Ma anche
a quell’uomo fu riservato il destino degli sconfitti, la morte
e la croce in cambio della vita che spese per gli altri, in
cambio dell’ideale di pace e amore che voleva offrire.
Vorrei fare a questo punto un' azzardata similitudine con
questa canzone:
The Captain -
© Sony/atv Songs Llc
Non ci sono posti decenti dove
stare,
quando c’è un massacro
ho lasciato una moglie nel Tennessee
e un figlio a Saigon
ho rischiato la vita
e non per ascoltare qualche sorta
di canzone country o western
e sono finiti i giorni degli ordini
e lei Capitano non mi chiamerà
più a raccolta
e non so più nemmeno
per cosa abbiamo combattuto
e da che parte eravamo.
Nel 1984 Leonard Cohen
scrisse questi versi nella canzone "The Captain",
a sottolineare l’inutilità della guerra. L’infondatezza
della forza sulla ragione. L’aberrazione del genere umano. La
rivincita della razionalità dell’uomo che si ribella
alla gerarchia e all’autorità, ed in una sorta di rinascita
riscopre il suo individualismo e rifiutando la violenza ritorna
ad essere se stesso, col pensiero alla sua famiglia dalla quale è
stato strappato e a forza catapultato in un vortice di potere
che non gli appartiene.
Nel 1965
Giuseppe Saragat e Charles
De Gaulle, che viene rieletto poco dopo presidente della Repubblica
francese, inaugurano il Traforo del Monte Bianco.
Fabrizio De André pubblica il 45
giri “Per i tuoi larghi occhi” e “Fila la lana”. Di questo
ultimo brano egli dichiara apertamente che deriva probabilmente
dalla ballata di un trovatore francese della Lorena del 1400,
forse Bertrand de Villecroix, ma per l’incertezza
della provenienza, Fabrizio De André chiede che sia indicato
come autore un “anonimo del XV secolo”. Nello stesso
anno Fabrizio De André compone i testi per la canzone “Stringendomi
le mani” di Giuliana Milan per la stessa
casa discografica Karim cui lui stesso apparteneva, tanto che
le foto delle copertine dei due 45 giri hanno in comune lo stesso
sfondo. Regna la confusione nella Karim, tanto che sullo stesso
45 giri il titolo e il brano hanno diciture diverse sulla copertina
e sul vinile: Stringendoti e Stringendomi.
Nini Rosso guida la classifica dei
45 giri venduti, prima di Gianni Morandi e
di Jimmy Fontana con “Il Mondo”.
Nel
dicembre di quell’anno viene pubblicato il 45 giri “La città
vecchia” e “Delitto di paese”, fedele traduzione
da Georges Brassens di “L’assassinat” pubblicato due
anni prima. Più avanti una nota sulla prima canzone.
1965 - La città vecchia
- Edizioni musicali
Leonardi S.r.l. – La Cascina S.r.l.
riflessioni sul testo e
libera interpretazione
Nei quartieri dove il sole
del buon Dio non dà i suoi raggi
Ha già troppi impegni per
scaldar la gente d'altri paraggi
(La città vecchia, Fabrizio
De André)
Le soleil du bon dieu ne brill’
pas de notr’ côté
Il a bien trop à faire dans les
riches quartiers
Il sole del buon Dio non brilla
mai dalle nostre parti
Ha ben troppo da fare nei quartieri
dei ricchi…
(dalla canzone
Embrasse-moi, autori Wal-Berg-Jacques Prévert, 1935)
Se stiamo alle cronache ed alle parole
per bocca dello stesso Fabrizio De André, la canzone "La
città vecchia" venne scritta nel 1962. Una prova
si trova a pag. 223 delle Carte De André comma 7 che fa risalire
un incipit del testo ai primi anni ’60. Ulteriore conferma da
Fabrizio De André stesso nella presentazione della canzone in
occasione del concerto al Teatro Brancaccio di Roma, nell’agosto
del 1998 dove dichiara essere una canzone che risale al 1962.
In ogni caso non se ha notizia sino al 1965, incisa in un disco
45 giri apparso fugacemente con una strofa volgare: “quella
che di giorno chiami con disprezzo specie di troia quella che
di notte stabilisce il prezzo alla tua gioia”, ristampato
successivamente nella versione più conosciuta.
Per via della data indicata dall’autore,
1962, non si può che confermare l’ipotesi che l’ispirazione
dei versi riportati in corsivo all’inizio di questa mia riflessione,
provenisse dalla canzone (Embrasse moi) eseguita da
Marianne Oswald ed incisa su disco nel 1935,
musicata da Voldemar Rosenberg (Wal-Berg) sul
testo di Jacques Prévert. Infatti il testo
trascritto della canzone, poi divenuta una poesia, fu pubblicato
solo nel 1963 nella raccolta "Histoires et d'autres
histoires".
Se volessimo trovare in questi versi
un’analogia con i testi di altre opere di Fabrizio De André,
non potremmo non citare quanto apparirà qualche anno
dopo, nel 1967, nel testo di "Via Del Campo":
Una bimba canta la canzone antica
della donnaccia
Quello che ancor non sai tu lo
imparerai solo qui tra le mie braccia
(La città vecchia, Fabrizio
De André)
Via del Campo c’è una
bambina
Via del Campo, c'è una
puttana
Gli occhi grandi color di foglia
Se di amarla ti vien la voglia
Basta prenderla per la mano
(Via del campo, Fabrizio De André)
Un’altra analogia fra il testo della
canzone di Fabrizio De André e la poesia di Umberto Saba, con
lo stesso titolo, si può trovare dove si narra di pensionati
al tavolino, supponendoli al tavolo di un'osteria:
Una gamba qua, una gamba là,
gonfi di vino
Quattro pensionati mezzo avvelenati
al tavolino
Li troverai là, col tempo
che fa, estate e inverno
A stratracannare a stramaledire
le donne il tempo ed il governo
(La città vecchia, Fabrizio
De André)
Qui tra la gente che viene che
va
Dall’osteria alla casa o al lupanare
Dove son merci ed uomini il detrito
Di un gran porto di mare,
Io ritrovo, passando, l'infinito
Nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il
vecchio
Che bestemmia, la femmina che
bega,
Il dragone che siede alla bottega
Del friggitore.
La tumultuante giovane impazzita
d'amore,
Sono tutte creature della vita
E del dolore;
S’agita in esse, come in me, il
Signore
(Città vecchia, Umberto Saba)
L’immagine forse più evidente
e contrastante rispetto alla poesia di Saba, è da una
parte “il Signore” che appare presente ed evidente nell’autore
triestino (Sono tutte creature della vita e del dolore, s’agita
in esse, come in me, il Signore ) dove le creature descritte
sono comunque permeate dell’immagine divina, ma dall’altra parte,
sia in Jacques Prévert così come in Fabrizio De André,
si ribadisce l’appartenenza ad un mondo ove la presenza di Dio è
totalmente assente per questi poveri derelitti, agli occhi di
una maggioranza borghese e benpensante.
Se tu penserai, se giudicherai
Da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni
più le spese
Ma se capirai, se li cercherai
fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre
figli
Vittime di questo mondo
(La città vecchia, Fabrizio
De André)
E l’assenza di Dio
Il sole del buon Dio non brilla
mai dalle nostre parti
(Embrasse-moi, Jacques Prévert 1963)
Anche la figura del professore alla
ricerca di una prostituta è presente in entrambi i testi
(gente che da casa va al lupanare, ovvero casa di piacere,
bordello) ma è singolare in De André il doppio significato
che si potrebbe attribuire alla parola “lezione”. Ovvero,
il professore che ha dispensato lezioni agli alunni o agli studenti
per tutta la sua vita, è ora in procinto di apprendere
una “lezione di vita” ricercando fra i vicoli della
città vecchia colei che sia disposta, almeno per denaro,
a soddisfarlo. Il senso di “micio bello e bamboccione”
permette invece di far trasparire il senso di lezione in quanto
punizione o di scherno nei confronti di un incapace.
Vecchio professore cosa vai cercando
in quel portone
Forse quella che sola ti può
dare una lezione
Quella che di giorno chiami con
disprezzo pubblica moglie
Quella che di notte stabilisce
il prezzo alle tue voglie
Tu la cercherai, tu la invocherai
più di una notte
Ti alzerai disfatto rimandando
tutto al ventisette
Quando incasserai delapiderai
mezza pensione
Diecimila lire per sentirti dire "micio
bello e bamboccione"
(La città vecchia, Fabrizio
De André)
Non posso fare a meno di citare di
nuovo i versi presenti nella prima stesura del brano e in alcuni
45 giri mai ritirati dal commercio, e mai ufficialmente censurati
ove era presente questa strofa:
Quella che di giorno chiami con
disprezzo specie di troia
Quella che di notte stabilisce
il prezzo della tua gioia
Che il brano sia stato colpito dalla
censura, non è detto di saperlo con precisione, ma in
ogni caso il testo fu cambiato con quello più edulcorato
che oggi conosciamo.
Ma veniamo invece alla strofa successiva
in Fabrizio De André:
Se ti inoltrerai lungo le calate
dei vecchi moli
In quell'aria spessa carica di
sale, gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri
gli assassini e il tipo strano
Quello che ha venduto per tremila
lire sua madre a un nano
Abbiamo già ritrovato questa
analogia in Umberto Saba
Qui prostituta e marinaio, il
vecchio
Che bestemmia, la femmina che
bega,
Il dragone che siede alla bottega
Del friggitore.
Ma ricercando più a fondo
nei testi di altri autori, nella canzone di Georges Brassens
“Le bistrot” (1960) troviamo esattamente la stessa immagine:
…
In un angolo marcio
della Parigi
povera,
Su una piazza
c'è un
vecchio bistrot
tenuto da un bestione
di merda
…
Troverai lì
Il fior fiore della
Plebaglia,
Tutti gli sfortunati,
I disgraziati
Del posto
Che vengono in fila
Come le aringhe
(Le bistrot,
traduzione della versione originale di Georges Brassens
da “Brassens- tutte le canzoni
tradotte", a cura di Nanni Svampa – Mario Mascioli. Franco
Muzzio Editore 1991).
Ed ancora, sia nella canzone di Georges
Brassens che nella poesia di Umberto Saba, ritroviamo la figura
della ‘bella’ e disponibile fanciulla del bar e la
figura della 'prostituta' in Umberto Saba. Sono ambedue
riconducibili alla prostituta tanto ricercata dal professore
in Fabrizio De André.
Per vedere in faccia
La bella del bistrot…
La moglie di quell’omaccione
Schifoso…
Se, da oggi in poi,
Non sarai sedotto
Dalla grazia
Di questa bella fata
(Le bistrot, traduzione della versione
originale di Georges Brassens)
La tumultuante giovane impazzita
d'amore
(Città vecchia, Umberto Saba)
Da ultimo, l’immagine della figura
del giglio (se non sono gigli son pur sempre figli vittime
di questo mondo) come simbolo di purezza si ritrova nella
"Buona novella" cucita sopra il vestito di
Maria bambina che viene condotta al Tempio ed ancora nell’immagine
di Gesù morente sulla croce che sbianca come un giglio.
Ma è interessante far notare che nell’articolo da Panorama
del 6 giugno 1968, "Un cantautore scandalizza i benpensanti"
non viene riportato correttamente il testo integrale, tralasciando
l’immagine del giglio (il testo riporta vedrai che
sono i figli vittime di questo mondo) il giglio appunto,
che nell’antichità era il simbolo di purezza e fierezza
e per la caratteristica stessa del fiore regalato alla nobiltà
che ne fece una figura araldica. Forse per non offendere troppo
la nobiltà benpensante?
Il fatto che all’origine la canzone
“La città vecchia” apparisse in un disco 45 giri
del 1965 la cui seconda facciata contiene un’altra canzone tradotta
da Georges Brassens, “Delitto di paese”, dal titolo originale
“L’assassinat” apparso nel 1963, mi fa propendere più
verso l’ispirazione brassensiana di Fabrizio De André,
anche per il ritmo di mazurca della canzone stessa, sebbene
la melodia sia differente. Senza ovviamente tralasciare le ispirazioni
e le analogie figurative in Umberto Saba e Jacques Prevert.
Anche Stampa Sera del 28 maggio 1966 riporta l'accostamento
della "Città Vecchia" alle opere di
Georges Brassens "imitato nei contenuti ma anche nelle
cadenze". Inoltre nello stesso articolo è curiosa
la premonizione alle versioni in dialetto di alcune canzoni,
cosa che Fabrizio De André realizzerà anni dopo.
Fabrizio De André dichiara in due interviste
a Cesare G.Romana, una delle quali è
tratta da Musica e Dischi del settembre 1965,
di essere al lavoro su una colonna sonora per una commedia
di Remo Borzini: "Adamo II" è
il titolo citato, ma anche, "Lo scarafaggio".
"I due scarafaggi" compaiono ripetutamente
sulle Carte De André pag. 226 comma 14 anche come "Scarafaggi"
ma in tempi diversi, 1960/62: non pare siano riferiti a
Remo Borzini.
Tieni la vita mia
Ma la notizia più originale si apprende
da Stampa Sera di lunedì 14-martedi 15 giugno 1965 nell'articolo "L’umanista
della canzone" a firma Ornella Rota. Compare la notizia
della imminente uscita di un long-playing e di due canzoni,
una delle quali ha il titolo “Tieni la vita mia” composizione
omonima francese del 1500, il cuoi titolo originale era
“Belle qui tiens ma vie captive dans tes yeux”. Per
la prima volta nelle cronache compare il nome di Vittorio
Centanaro che con Fabrizio De André avrebbe trovato
le canzoni (l'altra era "Fila la lana") nello
sgabuzzino di una vecchio negozio di musica. In realtà
la melodia del brano francese del '500 è assonante a
quella del brano "L'infanzia di Maria" scritto
anni più tardi.
Cronologia dei fatti principali
1966-1970
Nel 1966 Frank Sinatra
ruba le classifiche dei dischi con “Strangers In The Night”.
Simon and Garfunkel pubblicano “Sound Of
Silence”. Muore Walt Disney
e Mao Tze-tung pubblica a Pechino il
Libretto Rosso.
Fabrizio De
André pubblica “Geordie” in duetto con la sua
insegnante
Mauren Rix (dichiarando che è tratto da
una ballata tradizionale inglese); “Amore che vieni, amore
che vai” ed anche “La canzone dell'amore perduto”
Il mistero del nome
In un articolo di un
quotidiano genovese del 1966 viene fatta una precisa domanda
a Fabrizio De André: "Perché in arte ti chiami solo
Fabrizio?" "Perché in un primo momento mi vergognavo di
essere un cautautore (qualche anno fa i cantautori erano al
bando), poi anche per preservare il cognome della mia
famiglia dall'ignominia...".
Nel 1967 muore in circostanze
misteriose Luigi Tenco, durante il
Festival di Sanremo. In un articolo da Stampa Sera
del 30 gennaio del ’67 in modo polemico si afferma che i
cantanti che la notte del suicidio avevano pianto, urlato e
imprecato, sono rimasti a dormire senza inviare neppure un fiore.
E la sola persona nota ai funerali è stato il cantautore
De André, insieme alla moglie di Gino Paoli.
da Archivio Storico La Stampa - Stampa Sera Lunedi 30 -
Martedì 31 gennaio 1967
Leonard Cohen pubblica
il suo primo Long Playing la cui più famosa canzone rimane
“Suzanne”, che sarà ripresa e tradotta anni dopo
da Fabrizio De André.
Fabrizio De André
pubblica il suo “Volume 1” dove riprende una melodia
di Georges Brassens “Le verger du roi Louis” con testo
completamente nuovo, dando comunque i crediti all’autore originale,
in aggiunta a “La marcia nuziale” tradotta ancora da
Brassens. Compaiono due pezzi che diverranno storici come
“Via del Campo” e “Bocca di Rosa”. È presente
“Preghiera in Gennaio” mutuata nel testo dalla poesia di
Francis Jammes “Prière pour aller au Paradis
avec les ânes”. Un articolo riporta che Fabrizio De André
avrebbe composto la canzone ancora sotto choc, dopo aver visto
Luigi Tenco steso in quel piccolo obitorio vicino a Sanremo.
Nell'articolo Fabrizio De André afferma che il suo testo vuole
sottolineare l'umanizzazione di Dio che perdona il suicida.
Nell’album sono presenti due canzoni
1967 - Via del campo -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.- Impala S.r.l.- Nuvole
S.a.s.
Storia di un brano e una contaminazione
con Marinella.
Nel 1962
Dario Fo compone il testo “La mia morosa
la va a la fonte”.
Nel 1965
Enzo Jannacci canta la canzone “La mia morosa la
va a la fonte” nel suo spettacolo teatrale “22
canzoni”, utilizzando una melodia che Dario Fo dice
provenire da una raccolta di canti medievali.
Nel
1966 Enzo Jannacci, incide la canzone “Ninna
nanna per un bambino” in cui compare come solo autore,
con una melodia che ricorda parzialmente la precedente composizione.
Nel 1967 Dario Fo mette in scena la commedia
“La passeggiata della domenica” di Georges Michel e
ne cura traduzione, riduzione, scene, costumi e regia.
“Dario Fo, che l’ha tradotta e ridotta disegnandone scene
e costumi, e assumendone la regia, contaminazione della Salomè
di Oscar Wilde, già presentata nel 1963 al Teatro delle
Muse: in platea, invece di file di poltrone, gli spettatori
questa volta hanno trovato un allineamento di vecchi banchi
scolastici. Il panorama dei piccoli teatri romani, come si vede, è
notevolmente confuso, ma non povero di sorprese: il problema è
quello di sapere se tanta confusione è l’indice di una
sincera per quanto disordinata ricerca o semplicemente il documento
di una superficiale e provinciale acquiescenza a modelli già
consumati dalle scene straniere” [IL DRAMMA – mensile di commedie di grande
interesse diretto da Lucio Ridenti – Febbraio Marzo 1967 – n.
365-366]
Lo musiche dello
spettacolo “La passeggiata della domenica” in quella
occasione erano state composte dallo stesso Dario Fo con l’ausilio
di un artista genovese, Oscar Prudente. Questo
artista frequentava ritrovi genovesi dove aveva conosciuto e
collaborato con Luigi Tenco. La commedia conteneva
la canzone “La mia morosa la va a la fonte”, cantata
sul testo scritto nel 1962 da Dario Fo, tratto da una canto
popolare veneto, di un innamorato che si immaginava di ritrovarsi
dentro il contenitore d’acqua che portava la ragazza sul suo
capo. Era musicata su una melodia antica, forse medievale, che
lo stesso Dario Fo disse di aver ritrovato.
Lo stesso Oscar
Prudente nella commedia canta la canzone "Dormi Dormi",
sulla stessa melodia di “La mia morosa la va a la fonte”,
simile quindi alla canzone di Enzo Jannacci del 1965.
Nel 1967 Oscar Prudente incide la canzone
"Dormi
Dormi", insieme ad altri due brani, dove è
specificato, sul retro del 45 giri “Esecuzioni originali della
commedia La passeggiata della domenica di George(s) Michel adattamento
e regia di Dario Fo, Compagnia stabile di Palazzo Durini”.
Non risulta Oscar Prudente fra gli autori, perché come egli
stesso ha dichiarato non era ancora iscritto alla Siae.
Nel 1967 Fabrizio De André pubblica un
45 giri con la canzone "Via del Campo", la
cui melodia è tratta da una musica del ‘500 (XVI secolo)
tratta da una ricerca di Dario Fò, come espressamente
indicato sulla etichetta del disco del tempo.
Nel 1968 Enzo Jannacci incide nel suo album "Vengo
anch’io no tu no" la canzone "La
mia morosa la va alla fonte", dove gli autori
risultano Fo-Jannacci.
Anche Vittorio Centanaro dichiara
che la musica era stata tratta da una ninna nanna rinascimentale
che Dario Fo aveva utilizzato nella sua commedia. Riguardo ai
commentatori più maligni che sostennero poco tempo fa
che quello di Fabrizio De André fu un vero e proprio plagio,
credo personalmente che non abbiano avuto abbastanza curiosità
per leggere interamente l’etichetta del brano sul disco. Oscar
Prudente racconta che fu lo stesso Fabrizio De André a chiedere
personalmente a Dario Fo l’utilizzo della musica, come del resto
lo stesso artista conferma in una sua recente intervista:
“Quella volta De André, che non conoscevo ancora bene,
venne a vedere una commedia chiamata La passeggiata della
domenica che musicai e dove cantavo questa canzone, arrangiata
più che scritta perché questa canzone era un canto delle
mondine. (Dario Fo) me la cantava e io cercai di metterla in
musica ed adattarla per quella commedia. Fatto sta che io non
sapevo nulla di Siae, Fabrizio De André arrivò in camerino
a salutare Dario Fo e chiese se poteva usare quella canzone
cantata da quel ragazzo e farne una cosa sua. Dario Fo che allora
aveva un successo strepitoso praticamente gli regalò
tutto ed è per questo che non c’è la mia firma”
[Intervista di Marta Cagnola
Radio 24 - 8 gennaio 2020. a Oscar Prudente dal titolo Oscar
Prudente: da Tenco e Fossati al coro più amato dai tifosi.
Sono stato autorizzato all'uso direttamente da Marta Cagnola
il giorno 22 dicembre 2012].
Un’altra testimonianza in un altro articolo/intervista
a Oscar Prudente si trova nell'articolo "Oscar
Prudente di nome e di fatto e autore di 'Pensiero Stupendo'"
– su La Stampa a firma Marinella Venegoni del 23 Marzo
2008 dove lo stesso autore dichiara che le musiche della commedia
di Dario Fo erano di Carpi, ma che Dario Fo gli chiese
di scrivere una musica su un accenno medievale di ‘Donna
Lombarda la va alla fonte’. Venne scritta e diventò
il brano "Dormi dormi". Inoltre Oscar
Prudente ricorda che dopo lo spettacolo Fabrizio De André chiese
a Dario Fo se potesse utilizzare la canzone cantata da quel
ragazzo. Il brano diventò ‘Via del Campo’”.
Oscar Prudente allora non era preparato a rivendicarla e che
ancora dopo anni ci sono fin troppe discussioni intorno a "Via
del Campo".
Rimane, fortunatamente, il fatto
che le parole di Fabrizio De André, perché di testi stiamo trattando
in questo elaborato, hanno toccato la mente ormai di almeno
un paio di generazioni di persone. La figura della prostituta è
letta da un punto di vista diverso rispetto alla maggioranza
delle persone che non hanno freni a definire “puttane” quelle
poveracce che per necessità vendono il proprio corpo
sulle strade. Oggi forse più attuale di una volta, dove
le cronache ci informano di vere e proprie bambine gettate sulla
strada da compiacenti sfruttatori. Dal suo punto di vista, Fabrizio
De André racconta che nascono fiori sulla strada dove queste
poveracce camminano. La canzone recita in maniera identica,
per certi versi in una similitudine, alla Marinella caduta nel
fiume dove Marinella era “Sola e senza il ricordo di un dolore”
e come la bimba di Via del Campo, “Vivevi senza il sogno d'un
amore” quindi rassegnata ad un futuro irrealizzabile, ma fu
la Marinella a seguire il suo ‘principe’ mentre all’illuso,
a qualcuno che vive solo di immaginazione, basta seguire la
bimba sino al balcone per immaginarsi un giorno di poterla maritare.
Da una parte quindi la fine tragica di una vita, dall’altra
l’immaginazione che una vita potrebbe incominciare. L’una aveva
gli occhi belli, l’altra occhi grandi color di foglia. L’una è
sufficiente prenderla per la mano per amarla, all’altra basta
imporre le mani sui fianchi, un po’ come nella "Leggenda
di Natale" dove il Babbo Natale ‘la volle baciare
dai piedi ai capelli’, meglio espressa nel testo di Brassens
dove in "Le Père Noël et la petite fille"
letteralmente ‘ti ha messo le mani sui fianchi’. Né l’una né
l’altra sono la Bocca di rosa portata in processione come in
un quadro di Tiziano, fra l’Amore Sacro e Amor Profano, anzi,
l’una vende la sua rosa, il suo corpo, sempre e a tutti nello
stesso modo, ed è costretta (per sempre) a piangere disperatamente
se non trova l’amore, l’altra visse un giorno solo come le rose:
come diceva Francois de Malherbe “Ma lei era
del mondo dove le più belle cose hanno il peggior destino:
Da rosa ha vissuto quanto vivono le Rose, lo spazio d’un mattino”.
E come ebbe anche a ripetere molto tempo prima
Leonard Cohen ‘dal fango putrido nasce
il fior di loto’. No mud, no lotus.
Via del
Campo, c'è una graziosa
Analizzando il testo,
la prima strofa sembra recitata da un passante distratto che
al secondo, terzo passaggio si accorge di quella graziosa che
ogni sera incontra, di ritorno da chissà dove e si rende
conto, forse solo al suo quarto passaggio, di quale professione
svolga.
Via del Campo, c'è una bambina
Nella seconda strofa sembra prendere coscienza delle fattezze
di quella creatura e non si spiega perché una bambina dovrebbe
essere abbigliata in quel modo, ma proprio perché ancora una
bimba, dovrebbe camminare sui fiori, simbologia di purezza dell’anima.
Via del Campo, c'è una puttana
È
nella terza strofa, richiamata sempre dall’anafora Via del Campo,
che il suo istinto si accende e dimenticando le sue considerazioni
precedenti, accende il desiderio di possesso nelle parole
basta prenderla per la mano, nel senso opposto al tenerla
per mano per alleviare il suo dolore.
E ti sembra
di andar lontano
E immediatamente si scatena la fantasia,
l’immaginazione erotica e la compiacenza scaturita da un solo
sorriso, per raggiungere il suo paradiso sensuale.
Via del Campo, ci va un illuso
Ritorna nell’anafora
iniziale il senso della pura illusione, della fantasticheria
del passante nella facilità di potersi rinchiudere dentro
quella stanza al fondo del balcone. Come nella canzone di Gino
Paoli, "Il cielo in una stanza", dove il
soffitto viola del postribolo scompare e lascia vedere gli alberi
infiniti e il cielo sopra gli amanti.
Ama e ridi
se amor risponde
E la canzone si sposta di nuovo sulla
bambina, costretta per vivere ad amare e ridere compiacente
all’amante passeggero del momento, piangendo in cuor suo di
non aver trovato l’Amore, quello vero,
Dai diamanti
non nasce niente
non importa se ricco,
Dal
letame nascono i fior
basta che le restituisca quel
fiore sul quale dovrebbe camminare, perché la purezza dell’anima è
tutt’altra cosa rispetto ad un corpo venduto per necessità.
Dal fango putrido nasce il fior di loto
Nel 1968
Andy Warhol viene ferito a colpi di pistola
davanti al suo studio. Viene assassinato
Robert Kennedy. A Milano l'apertura del teatro
alla Scala viene duramente contestata dagli studenti con
lancio di uova e ortaggi. Il Movimento Studentesco di Pisa e
i militanti di Potere Operaio che protestavano di fronte
al locale notturno "La Bussola"
nei pressi di Lucca vengono duramente malmenati e feriti
dalle forze dell'ordine.
Fabrizio De André compone le musiche di
Gulliver, programma televisivo per la RAI.
Umberto Simonetta ed Enrico Vaime, autori per la televisione
di una riduzione dei Viaggi di Gulliver ne sottolineano la professionalità
sua e del maestro Reverberi nella realizzazione delle canzoni
che faranno da colonna sonora al programma, sul settimanale
Alba del 22 settembre 1968.
Viene dato alle stampe e
commercializzato il disco “Volume III” con canzoni
già parzialmente edite, ma con un arrangiamento diverso.
“Azzurro” di Adriano Celentano è
in testa alle classifiche di vendita.
Fabrizio De André pubblica
il suo secondo album: “Tutti morimmo a stento”, con la
collaborazione dei fratelli Reverberi, di
Riccardo Mannerini che firma parte dei testi
e di Giuseppe Bentivoglio. Mannerini regala
a Fabrizio la sua poesia “Eroina” che insieme firmeranno
in musica con il titolo “Il cantico dei Drogati”.
“La
Leggenda di Natale” per volere stesso di Fabrizio De André
è
indicata come ispirata dalla canzone di Georges Brassens
"Le
Père Nöel et la petite fille" proprio durante
lo special televisivo citato.
Tony Casetta, titolare della etichetta Blue
Bell Record, poi Produttori Associati con la quale viene pubblicato
l’album, pensa ad una versione inglese dell’album "Tutti
morimmo a stento" per lanciare Fabrizio De André negli
Stati Uniti. Ne vengono registrate alcune tracce a Roma sempre
con la supervisione di Giampiero Reverberi
(per stessa dichiarazione di Reverberi stesso al sottoscritto
nel corso di un convegno a Garessio, suffragata anche dalla
foto presente nel libro "E poi il futuro"
- Mondadori 2001 dove alle pagine 64-65 c'è una foto
con la seguente didascalia:"Fabrizio durante
le registrazioni della versione inglese di "Tutti morimmo
a stento", presso gli studi romani della RCA, con Giampiero
Reverberi, 1968", ma il progetto viene abbandonato
da Fabrizio De André stesso in sala d’incisione e mai completato.
I titoli depositati in Siae dell’album originale non contemplano
alcuna versione in lingua non italiana, diversamente da sedicenti
collezionisti che a suo tempo dichiararono di aver trovato su
una bancarella negli Stati Uniti l’album completo, come riportato
dal quotidiano La Repubblica del 22 settembre 2007 a
firma Bruno Persano.
Viene pubblicato inoltre l’album “Senza
orario senza bandiera” dei New Trolls,
che vede come autori delle canzoni ancora Fabrizio De André
e Riccardo Mannerini, oltre ai componenti del
complesso.
Fabrizio De André sul libro di Roberto
Cotroneo "Come un'anomalia" - Einaudi
tascabili 2002 alle pag 59-60 dichiara che: “Riccardo
Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché
quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa
in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai
ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia
perché era un autentico libertario, e così quando qualche
ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua.
E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che
aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati”.
A proposito
della canzone di Georges Brassens "Le
Père Nöel et la petite fille" che è stata
l'ispirazione per la canzone “La
Leggenda di Natale”, è curioso notare che il brano “Era Notte” cantato da
Dori Ghezzi nell’album “Mamadodori”
del 1980, riporta questi versi: “Caro Babbo Natale, un'altra
volta che vieni non truccarti da vecchio per toccarmi i seni”.
Inoltre per sua stessa ammissione sul settimanale “Bolero”
n. 1748, 2 novembre 1980 a proposito di Mamadodori,
Dori Ghezzi dichiara che Fabrizio De André ha scritto
tutti i testi del 33 giri, salvo le parole di "Stringimi
piano stringimi forte", attribuendola a Cristiano
Minellono che ha ricreato molto bene con il suo testo
la situazione disgraziata del sequestro.
Ma non è
l'unica frase dei testi di Mamadodori che ha
assonanza con i testi delle composizioni di Fabrizio De
André. Vedremo più avanti.
La Domenica del
Corriere del 10 dicembre 1968 annuncia l'assoluzione
per la denuncia della canzone "Carlo Martello ritorna
dalla battaglia di Poitiers", denunciato anni prima
per oscenità, oltre all'uscita del primo concept album
"Tutti morimmo a stento".
Notizia di un altro periodico riporta che la presentazione del
disco doveva essere affidata a Eugenio Montale.
Sanremo
e Joan Baez
Ma la notizia sfuggita ai
più è che Fabrizio De André avrebbe inviato agli
organizzatori del Festival di Sanremo,
la canzone "La stagione del tuo amore"
e che Joan Baez sarebbe interessata a cantarla
in duetto con lui. Già nel corso del 1968 Fabrizio De André seguì
il Festival di Sanremo in veste di cronista per conto del
Corriere Mercantile con vari articoli.
La stessa notizia è confermata
da Stampa Sera di lunedi 2-martedi 3 dicembre
1968 che titola così:
"Joan Baez debutterà
al festival. La cantante americana della protesta verrebbe abbinata
a Fabrizio De André".
Nel 1969
i Beatles
si esibiscono per l’ultima volta sul tetto della casa
discografica Apple a Londra. Jim Morrison
leader dei Doors viene arrestato per atti osceni. Una donna,
Il Manifesto vede la sua prima uscita in edicola.
Brian Jones dei Rolling Stones viene trovato
morto per overdose ed i Rolling Stones tengono
un concerto gratuito a Londra che vede la partecipazioni di
oltre 500.000 persone. Neil Armstrong è il
primo uomo a sbarcare sulla Luna dal modulo Lem portato in
orbita dall’Apollo 11. Charles Manson
compie una strage negli Stati Uniti, nella villa del
regista Roman Polansky ed uccide Sharon
Tate, la compagna del registra incinta di nove mesi.
Si tiene negli Stati Uniti il festiva di Woodstock
con 500.000 spettatori presenti.
Nel giugno del 1969,
Leonard Cohen si stabilisce in in Italia, in
una villa alla periferia di Roma, dove insieme al musicista
Leonard Bernstein si apprestano alla composizione
della colonna sonora per la versione in lingua inglese del film
di Franco Zeffirelli "Fratello Sole Sorella
Luna" "Brother sun, Sister moon", sulla
vita di San Francesco d'Assisi. Il progetto
fallisce dopo tre mesi e la colonna sonora viene affidata
a Ken Thorne che a sua volta affida al cantautore
scozzese Donovan l'interpretazione di alcune
canzoni, cantate nella versione italiana del film da
Claudio Baglioni.
Leonard Cohen
parte quindi per Hydra in Grecia in compagnia
di Suzanne Elrod, la madre dei suoi figli.
Scoppiano in meno di un'ora cinque bombe in Italia, a Roma e
Milano che sarà tristemente nota come Strage
di Piazza Fontana. A Roma una bomba deflagra davanti
all’Altare della Patria. I morti saranno ventuno ed i feriti
oltre cento. Viene arrestato Pietro Valpreda
come esecutore della strage di Milano. Giuseppe Pinelli,
fermato e portato in questura a Milano, cade dal quarto piano
nel corso dell’interrogatorio.
Georges Moustaki è
in vetta alle classifiche con “Lo Straniero”.
Georges Brassens
pubblica il suo decimo album.
Una anticipazione dei lavori
futuri di Fabrizio De André si legge sul Corriere del Ticino
del 14 maggio 1969 a firma Mariuccia Ferrari,
dove si parla di un disco a due facciate, la prima sul
Medio Evo e la seconda sui Vangeli
Apocrifi, sottolineando il punto di vista dei narratori
non ufficiali, diversi da quelli dell' ufficio stampa della
chiesa, i Vangeli Canonici.
Fabrizio De André
nel frattempo pubblica un 45 giri che contiene due canzoni tradotte
da Georges Brassens: “Il Gorilla e Nell’acqua della
chiara fontana”.
1969 - Il gorilla -
Edizioni Musicali Warner
Chappel Music Italiana S.p.a.
riflessioni sul testo
Sul testo dissacrante del potere
e dell’autorità dello Stato, nella persona dei
suoi rappresentanti, anche questa canzone del 1969 è
la traduzione della canzone di colui che Fabrizio De
André era solito chiamare, “Il mio unico Maestro,
Georges Brassens” scritta nel 1947 e comparsa sulla
prima raccolta del 1952.
“Questa canzone Georges Brassens
la scrisse a ghigliottina funzionante e probabilmente
la scrisse per un amico a cui era stato tagliato il
collo per via di una sentenza probabilmente ingiusta,
quindi penso che Brassens l’abbia scritta proprio a
buon diritto” [ Introduzione alla canzone
durante un concerto del 1992.].
Il tema del giudizio, ma soprattutto
della pena di morte che Georges Brassens
nel 1947 venne quasi costretto a cantare sul palcoscenico.
Fu composta nel 1943 durante i lavori obbligatori che
Brassens fu costretto a svolgere in Germania. Una fra
le più censurate canzoni nel dopoguerra dalle
radio di tutta Europa. Una prima versione di Brassens,
che si autocensurò, contiene una strofa eliminata
dallo stesso autore.
Nel testo si evidenzia da parte
dei due interpreti, Brassens e De André, l’esigenza
di non esprimere giudizi o sentenze, in ragione del
rifiuto della autorità di cui il Brassens anarchico,
e di riflesso lo stesso De André, erano estremamente
convinti. Soprattutto per il fatto non irrilevante che
una sentenza potrebbe rivelarsi del tutto sbagliata,
così come il gorilla, non avendo mai visto una
scimmia, si lascia prendere dalla confusione e decide
di togliersi la verginità correndo dietro ad
un “magistrato con la toga” piuttosto che ad una vecchietta.
Dirò soltanto che sul
più bello
Dello spiacevole e cupo dramma,
Piangeva il giudice come un
vitello,
Negli intervalli gridava "Mamma!".
Gridava mamma come quel tale
Cui, il giorno prima, come ad
un pollo
Con una sentenza un po' originale
Aveva fatto tagliare il collo.
Attenti al gorilla!
Il tema del “giudizio” quindi affiora
nella dichiarazione stessa di Fabrizio De André riportata
a proposito dell’esecuzione dal vivo nel 1992, citata
qualche riga sopra in corsivo, ma soprattutto è
più evidente nel contesto della sua interpretazione
nella successiva canzone "Il Giudice",
dove piccoli uomini mossi dal rancore si ergono dopo
notti insonni “vegliate proprio al lume del rancore”
ad arbitri della vita altrui. Fabrizio De André stesso,
dopo il rapimento del quale fu vittima insieme alla
compagna Dori Ghezzi nel 1979, non ebbe mai parole di
giudizio nei confronti degli esecutori materiali, bensì
li perdonò con un atto di comprensione che all’epoca
suscitò scalpore. Tanto quanto il pescatore che
nella sua canzone non ebbe dubbi nel “non guardarsi
intorno”, ma offrendo vino e pane a chi aveva sete e
fame, ben comprendendo comunque la natura del suo interlocutore
inseguito dalle guardie.
È doveroso sottolineare
che la canzone “debutto” di Georges Brassens fu eseguita
nel 1952 nell’ambito di uno spettacolo dell’artista
francese Patachou che quasi costrinse Georges Brassens
ad eseguirla dal vivo sul palco prestandogli una chitarra
ed affiancandogli il suo contrabbassista Pierre
Nicolas. Pierre e Georges si conoscevano da
tempo e fu proprio Nicolas ad invitarlo quella sera
allo spettacolo. Pierre Nicolas nacque nella stessa
strada dove Georges Brassens abitava in quel periodo,
L’impasse Florimont a Parigi. A quell’epoca la pena
di morte era in vigore ed i malcapitati venivano giustiziati
con la ghigliottina, come peraltro Fabrizio De André
ricordò nella sua presentazione citata.
Il Gorilla
(traduzione fedele dal francese) È attraverso ampie griglie, Che le femmine del cantone, Contemplavano un potente gorilla, Senza curarsi da ciò che la gente diceva. Con spudoratezza, spettegolavano Guardando anche un posto specifico Che, rigorosamente mia madre Mi ha proibito di nominare qui... Attenti al gorilla! Improvvisamente la prigione ben chiusa Dove viveva il bellissimo animale Si apre, non sappiamo perché. Credo Che dovevano averla chiusa male. La scimmia, che esce dalla sua gabbia Disse "È oggi che la perdo!" Stava parlando della sua verginità, Hai indovinato, spero! Attenti al gorilla! Il padrone del serraglio Gridò, sconvolto: "Nel nome del Signore! È un guaio perché il gorilla Non ha mai conosciuto una scimmia!" Non appena le donne Capirono che la scimmia era vergine, Invece di approfittare della fortuna, Scapparono a gambe levate Attenti al gorilla! Gli stessi che in passato Lo commentavano con occhio deciso, Fuggirono, dimostrando di avere poco Coerenza con le idee; Tanto più vana era la loro paura, Ritenendo il gorilla un burlone Superiore all'uomo nell'abbraccio, Molte donne te lo diranno! Attenti al gorilla! Tutti corrono Fuori dalla portata della scimmia in calore, Salvo una vecchia decrepita E un giovane giudice tutto d’un pezzo; Vedendo che tutti se la squagliavano, Il quadrumane accelerò In direzione dell’ondeggiare dei vestiti Della vecchia e del magistrato! Attenti al gorilla! “Bah!” sospirò la centenaria, "se quello può ancora desiderarmi, Sarebbe fantastico, E, a dire il vero, inaspettato!"; Il giudice pensò, impassibile, "Confondermi con una scimmia, È completamente impossibile..." Quello che seguì gli dimostrò che si sbagliava! Attenti al gorilla! Supponiamo che uno di voi debba essere, Come la scimmia, obbligato A stuprare un giudice o una vecchietta, Quale dei due scegliereste? Che una tale alternativa, Supponendo che in uno di questi quattro giorni, mi accada, Ne sono convinto, la vecchia Sarà l'oggetto della mia scelta! Attenti al gorilla! Ma, purtroppo, se il gorilla Nei giochi d'amore vale il suo prezzo, Sappiamo che d'altra parte non brilla Né per gusto né per spirito. Quindi, invece di optare per la vecchia, Come chiunque avrebbe fatto, Afferrò il giudice per l'orecchio E lo trascinò in una boscaglia! Attenti al gorilla! Il seguito sarebbe molto divertente, Purtroppo non posso dirlo Ed è un peccato, Ci avrebbe fatto ridere per un bel po' Perché il giudice, nel momento supremo, Piangeva: "Mamma!", ho pianto molto, Come l'uomo al quale, lo stesso giorno, Avevo fatto tagliare il collo. Attenti al gorilla! |
Il Gorilla –
versione tradotta da Fabrizio De André Sulla piazza d'una città La gente guardava con ammirazione Un gorilla portato là Dagli zingari di un baraccone Con poco senso del pudore Le comari di quel rione Contemplavano l'animale Non dico come non dico dove Attenti al gorilla! Nota: appare già evidente dalle prime righe la libertà di traduzione del testo francese, arricchendo il testo italiano di immagini non presenti in Brassens, gli zingari e il baraccone. D'improvviso la grossa gabbia Dove viveva l'animale S'aprì di schianto non so perché Forse l'avevano chiusa male La bestia, uscendo fuori di là Disse: "Quest'oggi me la levo!" Parlava della verginità Di cui ancora viveva schiavo Attenti al gorilla! Nota: il verso “hai indovinato” non viene tradotto, ma viene usata una frase del tutto assente nel testo francese. Il padrone si mise a urlare "Il mio gorilla, fate attenzione! Non ha veduto mai una scimmia Potrebbe fare confusione" Tutti i presenti, a questo punto Fuggirono in ogni direzione Anche le donne dimostrando La differenza fra idea e azione Attenti al gorilla! Nota: l’espressione tradotta dal francese ‘nel nome del Signore’ è considerata nella lingua francese a livello di una blasfemia che De André elide nella sua traduzione. Tutta la gente corre di fretta Di qua e di là, con grande foga, Si attardano solo una vecchietta E un giovane giudice con la toga Visto che gli altri avevan squagliato Il quadrumane accelerò E sulla vecchia e sul magistrato Con quattro salti si portò Attenti al gorilla! Nota: la prima delle due strofe della traduzione fedele dal francese viene del tutto eliminata e l’espressione francese ‘bois brut’ tradotta ‘tutto d’un pezzo’ viene rafforzata da De André con ‘giudice con la toga’. "Bah", sospirò pensando la vecchia "Ch'io fossi ancora desiderata Sarebbe cosa alquanto strana E più che altro non sperata" "Che mi si prenda per una scimmia" Pensava il giudice col fiato corto "Non è possibile questo è sicuro!" Il seguito prova che aveva torto Attenti al gorilla! Nota: il giudice ‘impassibile’ nella traduzione francese viene rafforzata da De André con l’espressione ‘col fiato corto’ a rimarcare comunque la sicurezza del togato nel non essere scelto, anche dopo la corsa per scappare dall’animale. Se qualcuno di voi dovesse Costretto con le spalle al muro Violare un giudice od una vecchia Della sua scelta sarei sicuro Ma si dà il caso che il gorilla Considerato un grandioso fusto Da chi l'ha provato però non brilla Né per lo spirito né per il gusto Attenti al gorilla! Nota: Brassens usa il termine stuprare rispetto al termine più addolcito di De André, "violare". L’espressione della strofa successiva in francese "per gusto e per spirito" viene anticipata in questa strofa. Infatti lui sdegnata la vecchia Si dirige sul magistrato Lo acchiappa forte per un'orecchia E lo trascina in mezzo ad un prato Quello che avvenne fra l'erba alta Non posso dirlo per intero Ma lo spettacolo fu avvincente E la suspense ci fu davvero Attenti al gorilla! Nota: ancora la traduzione dal francese ‘nei giochi d’amore vale il suo prezzo’ viene tradotta nella strofa precedente da De André con l’espressione ‘considerato un grandioso fusto Dirò soltanto che sul più bello Dello spiacevole e cupo dramma Piangeva il giudice come un vitello Negli intervalli gridava "Mamma!" Gridava mamma come quel tale Cui il giorno prima come ad un pollo Con una sentenza un po' originale Aveva fatto tagliare il collo Attenti al gorilla! Nota: De André cambia la traduzione francese da ‘ho pianto molto’ e ‘piangeva’ in ‘gridava’ ed aggiungendo l’espressione ‘come un vitello’. Inoltre se Brassens si limita a descrivere l’atto supremo in un solo atto, De André nella sua traduzione lascia intendere che l’atto fu ripetuto varie volte ed il grido ‘Mamma’ si ripete ogni volta. |
Cronologia dei fatti principali
1971-1981
Nel 1971 viene svelato
il tentativo del golpe in Italia del 1970 ad opera di
Junio Valerio Borghese che fugge in Spagna.
A Londra
viene aperto il primo Hard Rock Café. Jim Morrison
viene trovato privo di vita. I Pink Floyd
registrano a Pompei il loro famoso live. Lucio Battisti è
in testa alla Hit Parade.
Fabrizio De André
riceve a Reggio Emilia il 4° Premio Nazionale del Paroliere.
Viene pubblicato l’album “Non al denaro, non all’amore né al
cielo” reinterpretando liberamente l’opera di Edgar
Lee Master “Antologia di Spoon River”. Si
avvale della collaborazione di Nicola Piovani
e Giuseppe Bentivoglio. L’album contiene nove
delle dieci canzoni precedentemente annunciate.
1971 - NON AL DENARO NON
ALL’AMORE NÉ AL CIELO
Una breve storia
Si
tratta dell’album a mio avviso più enigmatico di Fabrizio
De André. Album per il quale è davvero difficile capirne
e conoscerne la genesi e soprattutto il contenuto completo.
Partiamo da una dichiarazione ufficiale del cantante Michele,
celebre a partire dagli anni ’60 per il successo della sua canzone
"Se mi vuoi lasciare". Lombardo di nascita
ma trasferitosi in tenera età a Genova, diventa amico
dei cantautori della futura scuola genovese, Luigi Tenco, Gino
Paoli, Bruno Lauzi e lo stesso Fabrizio De André. Aveva già
collaborato con Fabrizio De André nell’album "La Buona
Novella", occupandosi della ricerca di un compositore
per la musica del "Testamento di Tito". Come
ebbe a confermare lo stesso Michele, Fabrizio De André lo ringraziò
componendo per lui i testi del suo successo "Susan dei
Marinai" apparso nel 1971, dove sul retro del 45 giri
appare proprio "Il Testamento di Tito". Qui
di seguito una sua recente intervista che mi ha rilasciato tempo
fa.
Michele Maisano -
il cantautore genovese
“Fabrizio mi regalò il libro l’Antologia
di Spoon River, avuto da Sergio Bardotti, dicendo di leggerlo
perché si sarebbe potuto farne un disco. Sergio Bardotti che
era il produttore di entrambi contattò Giampiero Reverberi
per farne l'arrangiamento.
Ma Tony Casetta
[1] affida invece la produzione a Roberto Dané,
con il quale Reverberi ebbe alcuni screzi al tempo di "Tutti
morimmo a stento". Giampiero Reverberi viene quindi
estromesso dal progetto in favore di Nicola Piovani (amico intimo
di Roberto Dané) che ne cura gli arrangiamenti. Dopo qualche
settimana, con la canzone "Un malato di cuore"
quasi composta, piaceva ad entrambi, Fabrizio cambiò
idea dicendomi che si era innamorato del libro e il disco lo
avrebbe fatto da solo, ma avremmo fatto altro insieme. A proposito
della decima canzone di cui mi hai chiesto
e della quale c’è notizia sul 45 giri promozionale, una
volta i dischi 45 giri uscivano poco prima dell’album, non ricordo
con esattezza, ma pare sia stata scartata da Fabrizio pochi
giorni prima di mandare in stampa l'LP, forse quella canzone
non lo soddisfaceva abbastanza” [2].
È curioso rileggere i periodici
del tempo dove si parla prima di dodici, poi
dieci canzoni dell’album.
Giugno 1971 - Sul
periodico Qui Giovani 17 giugno 1971, in un articolo firmato
Giuliana Bonomo risulta molto strano che Fabrizio De André attribuisca
l’arrangiamento a Reverberi. Non è escluso che si riferisca
alla collaborazione con Michele, che come dichiarò lui
stesso, stava progettando il disco con Fabrizio De André con
la produzione di Sergio Bardotti, prima che il discografico
Tony Casetta ne affidasse la produzione a Dané. Nell'articolo
Fabrizio De Andrè dichiara che sono dodici
pezzi tratti dalla ‘Antologia di Spoon River’ e tradotti direttamente
da lui e musicati con l’arrangiamento del maestro Reverberi.
Settembre 1971 -
Sul periodico Ciao 2001, 29 settembre 1971 in un articolo a
firma Fabrizio Cerqua si legge che Fabrizio De
André sta lavorando in preparazione di un disco che proporrà
dodici pezzi poetici tratti dalla antologia
di ‘Spoon River’ e tradotti in maniera personale dallo stesso
cantautore.
Settembre 1971 –
Appare un articolo con l'elenco di tutti i brani prossimi alla
pubblicazione, dieci canzoni fra cui
quella omessa sull'album poi pubblicato.
‘Dormono sulla collina’; ‘Un
matto (dietro ogni scemo c'è un villaggio)’; ‘Un
giudice (dietro ogni giudice c'è un nano)’; ‘Un
blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato)’;
‘Canzone dell’invidia o del giardino incantato’;
‘Un malato di cuore’; ‘Un medico’; ‘Un chimico’;
‘Un ottico’; ‘Il suonatore Jones’”
Ottobre 1971 - Per avvalorare
la tesi di Michele Maisano, Fabrizio De André dice di aver riletto
L'Antologia di Spoon River l'anno scorso scoprendone nuovi
e più profondi significati. E da lì l'idea di
farne un microsolco”. Articolo apparso su BOLERO TELETUTTO
ottobre 1971 a firma Ruggero Bossi
Novembre 1971 –
Su Qui Giovani a caratteri cubitali si scrive che Fabrizio De
André ha scelto dieci tra le più belle
poesie scritte da Edgar Lee Masters. Un anno di lavoro. L'idea
di mettere in musica dieci tra le più belle pagine dello
‘Spoon River’
Ma quello che è più sorprendente è
la conferma di dieci brani in queste brevi
righe:
“Nella galleria degli innumerevoli personaggi
di Masters, De André ha identificato dieci
modi di un vivere tipo di dieci esseri umani e ne
sono uscite dieci canzoni nuove, graffianti, pienamente immerse
nel nostro mondo. Un disco che cambia ancora una volta la faccia
della musica leggera italiana”.
Dal 45 promozionale di
Non al denaro non all'amore ne' al cielo -
Un matto-Un giudice
Ebbene, questo breve ultimo passaggio non è
altro che la presentazione dell’intera opera di Fabrizio De
André ed è stampato sulla copertina del disco 45 giri
che contiene Un Matto/Un Giudice, proprio dalla stessa
casa discografica che aveva prodotto, stampato e venduto il
Long Playing. Chi meglio quindi dei discografici avrebbe conferma
di dieci brani?
Un'altra curiosità su questo album
riguarda la canzone "Un malato di cuore"
che nella versione del 33 giri dura circa 30 secondi in meno
della stessa versione comparsa sul Cd stampato anni dopo. La
parte finale con chitarra è completamente omessa nell'LP.
La spiegazione potrebbe risalire al fatto che ogni lato del
vinile può contenere sino 25 minuti circa di suono. Oltre
questo limite il volume generale scenderebbe sensibilmente.
Questo potrebbe essere il motivo, non tanto dei circa 30 secondi
persi nel "Malato di cuore", ma soprattutto
dell'omissione della decima canzone tanto reclamizzata.
Mi sembra
inoltre doveroso segnalare che la canzone “Un blasfemo”
ricalca la melodia della canzone "Rambleaway" della
cantante inglese Shirley
Collins, ma che l'archivio SIAE ha registrato come
segue:
1971 - Intervista di Jacky
Marti per la Radio SVIZZERA a Fabrizio De André
[Autorizzazione all'uso di questa
intervista ottenuta da Jacky Marti nel Novembre 2022, con l'invio
di foto e altri stralci (non pubblicati) della intervista]
Natale 1971
Buongiorno sig. De André mi chiamo Jacky
Marti sono della Radio Svizzera. Scusi se la disturbo, senta,
noi vogliamo fare una trasmissione sul suo ultimo disco. Mi
sono permesso di telefonarle per avere qualche informazione.
Sì, so che lei di solito non vuole rilasciare interviste
Buongiorno, perché no, perché no,
ah sì? Ma non so, sono notizie
che arrivano qui, vuol dire che sono false,
Sì penso di sì. Master dipingeva
dei personaggi della piccola borghesia americana del ’18-’21
che sono rimasti pressappoco gli stessi che si muovono qui da
noi adesso in Italia, in Svizzera da voi, in Francia, dovunque,
quindi pensavo che ci fosse un materiale umano simile a quello
con cui abbiamo a che fare al giorno d’oggi e che ha dipinto
in modo poetico incredibilmente giusto. A questo punto si è
trattato di riesumare la poesia di Masters, di metterla in rima
e di darle la possibilità di essere musicata e lavorare.
Di un materiale umano trattato così poeticamente non
potevo neanche pensare di farlo io, voglio dire, avrei potuto
metterci anche tre anni e non mi veniva bene come era venuto
a Masters. L’album si snoda secondo due filoni: il primo è
quello dell’invidia, il sentimento dell’uomo che porta l’uomo
stesso a comportarsi in modo appunto disumano; il secondo filone è
quello della scienza che non serve, né a chi se ne serve a migliorare
la propria vita, né serve alle persone nei confronti delle quali
viene esercitata, o come minimo non basta a risolvere i problemi
esistenziali che continuano a mettere l’uomo in condizioni di
vivere soffrendo. Le situazioni fondamentali erano queste, come
due alternative, una la scienza l’altra l’invidia. Avevo messo
nella prima facciata quello dell’invidia per questioni d’amore:
era un malato di cuore che pur avendo tutti i requisiti necessari
per invidiare, infatti era uno che stava su una carrozzella,
con uno slancio d’amore e anche di coraggio riesce a superare
questa sua crisi e muore, però muore felice, contento. È
riuscito a divincolarsi da questo suo guardare il mondo con
gli occhi e ha voluto provare ad affrontare la realtà
anche se andava incontro ad un suicidio detto chiaramente. Nella
seconda parte, proprio in contrapposizione alla scienza ho messo
il suonatore Jones che non fa praticamente nessun calcolo speculativo
ma semplicemente si comporta e agisce come nella sua natura
di testa, a seconda della sua forma biologica, gli piace suonare
e lascia perder le terre che possono andare tranquillamente
alle ortiche. La differenziazione fondamentale fra tutti i personaggi
che sono morti di morte violenta o come minimo innaturale, contrapposti
ad uno invece che muore di morte naturale anche perché è
uno che si è scelto appunto la vita pensando di viverla
come gli conveniva dal punto di vista umano, biologico, senza
cercare di prendersi lauree e di farsi ingannare da falsi onori
militari o roba del genere, soprattutto la difficoltà
di comunicare fra la gente. Poi la cosa fondamentale, la grossa
idea di Masters è quello di aver fatto parlare delle
persone già morte non più in grado di competere,
di avvilirsi attraverso dei tentativi di cannibalismo. Quando
una persona è morta si presume non abbia più nulla
da combattere e quindi è particolarmente sincera, e quindi
in grado di comunicare. Perché secondo me solo con la sincerità
si può comunicare altrimenti si sta zitti, voglio dire,
se si hanno delle riserve mentali. Ora questi morti non hanno
più riserve mentali. Questa è l’idea che mi è
piaciuta molto. Questi morti dovrebbero insegnare ai vivi come
comportarsi.
Lo conosceva da molto Masters?
Da quando ho diciotto anni. Lo si rilegge
in maniera diversa, si rilegge con uno spirito diverso, anche
confortati da un certo tipo di realtà con cui siamo stati
a confronto quindi quei personaggi che si è incontrati
per strada. Anche lui, il matto, fa parte dell’invidia, è
un invidioso, perché tenta di studiare e qui viene anche presa
abbastanza in giro la mania della cultura da supermercato…
Io cercai di imparare la Treccani a
memoria…
Esatto, lui tenta di adeguarsi alle persone
che lo circondano e finisce per diventare pazzo, però
la sua pazzia è frutto della carogneria della gente che
gli stava intorno che continuava a dirgli sei lo scemo del villaggio.
Bisogna sempre andare dietro agli altri per cercare di mostrarsi
all’altezza della situazione. Ora può darsi benissimo
che uno scemo del villaggio abbia un modo interiore tale per
cui può tranquillamente da fregarsi degli altri che magari
sono più colti di lui. Pur sempre
una colpa di un certo tipo di società che ci costringe
a passare per scemi del villaggio.
Ho letto da qualche parte che lei non
ha voluto fare un disco, diciamo, politicizzato, ma piuttosto
un discorso umano, non ha voluto intromettere il discorso politico
ma proprio un discorso umano universale.
Io ho cercato di evitare un discorso politico
perché oltretutto quando si parla di individui riferiti ad un
certo tipo di società si parla necessariamente della
politica, quindi partire dalla politica per arrivare all’individuo
direi che è sbagliato, caso mai si parte dell’individuo
per arrivare poi ad un tentativo di forma politica in cui l’individuo
riesca a vivere meglio, quindi il mio non è mai un discorso
politico. Intendendosi come politica appunto il partitismo,
un certo modo di strutturare la società dall’alto verso
il basso, io parto sempre dal basso verso l’alto, cioè
parto dall’individuo. Il giudice è il contrario, lui
sfrutta il fenomeno d’invidia per diventare a sua volta un invidiato,
cioè uno che ce la fa, arriva, come si dice al giorno
d’oggi e a questo punto la cattiveria di cui era stato vittima
prima la usa nei confronti degli altri, quindi è l’altra
faccia della medaglia. Il lavoro peggiore da un punto di vista
della fedeltà all’autore, a Masters, è stato quello
di “realtalizzarlo”, cioè di renderlo digeribile
da molte persone che lo avevano conosciuto. Il blasfemo viene
ammazzato dalle botte di due infermieri, di due guardie cattoliche
perché viene incriminato per libertinaggio, cioè hanno
“musicato” leggi antiblasfeme. E a questo punto
si rende conto però che siccome la morte gli è
stata data non da cause naturali ma dalle botte di due infermieri
cattolici, probabilmente questo dio che lui ha bestemmiato non
soltanto non esiste, ma è stato addirittura inventato
da un certo tipo di sistema politico che lo ha fatto crescere
e poi sfruttarlo. Le ultime parole del blasfemo sono ci costringe
a sognare in un giardino incantato, quindi ad invidiarci. Non è
certo in possesso di quella famosa mela per cui, pare, un paio
di persone avessero nel paradiso terrestre. Il malato cuore è
il sinonimo d’invidiare a quel punto, cioè avevo tutti
i requisiti per invidiare il mio prossimo essendo seduto su
una carrozzella, improvvisamente però un fatto d’amore
mi ha fatto attraversare la grande acqua e così… sono
morto d’accordo, ero consapevolissimo del fatto che si lascia
le penne se si fa l’amore. Jones. A lui piace suonare, vede
che la gente è contenta di sentirlo suonare, non gli
va assolutamente di prendere in mano l’aratro perché gli vengono
i calli, vive tranquillo, non gliene frega niente della terra
che ha ereditato visto che sono infestata da corvi, da pettirossi,
non gliene frega nulla. Edgar Lee Master finisce la poesia,
come potevo coltivare le mie terre, non parliamo d’ingrandirle,
perché questa in fondo era la forma mentis di quella gente,
cioè di cercare d’ingrandire la proprietà. Questo è
un attacco alla proprietà secondo me, poi sulla proprietà
si possono fare tutti i discorsi che si vogliono, secondo me
la proprietà si può dimostrare che è libertà
e nello stesso tempo che è un furto. Dov’è che
la libertà diventa furto, dov’è che diventa libertà.
Diventa libertà nella misura in cui la propria proprietà
permette anche agli altri di averne una per loro, diventa furto
invece laddove invece impedisce agli altri di averne una anche
per loro, bisognerebbe conciliare questi due concetti. E per
quanto riguarda Jones mi sembra che per lui la proprietà
sia una libertà oltretutto abbastanza inutile perché
lui se la va a cercare al di fuori della propria terra, cioè
al di fuori della sua proprietà. Per lui la proprietà
vera insomma è quella di sentirsi libero di essere se
stesso, nel senso di fare quello che ti accomoda, suonare per
la gente e per se stesso.
Si è sentito identificato con
il Suonatore Jones
No no no, non mi sono identificato affatto
col suonatore Jones, perché lui è uno che suona gratis,
io sono uno invece che fa della musica un astuto mestiere per
fare dei denari, non ho niente da vedere con Jones. Il prossimo
disco è preso da un processo ad un anarchico fatto nel
1880 a Parigi.
Un tema d’attualità..Non proprio
perché questo qua la bomba l’aveva buttata sul serio, quindi
non è che sia molto attuale.
Fernanda Pivano -
breve colloquio nella
sua casa di Milano 2003
“Io avevo un registratore,
tipo così, che mi avevano dato in Giappone una settimana
prima, l’avevo messo in tasca, ero entrata in questa camera
da letto e l’avevo messo sotto il letto, lui non se n’era accorto
perché… faceva vedere che era tanto stanco, era un commediante,
allora avevo fatto questa intervista e Roberto Dané era nella
stanza vicina e quando ha capito che lui non aveva più
voglia si è affacciato alla porta e mi ha fatto “No!”,
allora io ho smesso di fare l’intervista, poi il coso, l’ha
raccolto Roberto Dané, il registratore, sai non c’erano ancora
in Italia…”.
“Ma i testi che lui ha scritto te li ha fatti
leggere prima di far le canzoni?”
“Della traduzione? Quel
giorno che è venuto a chiedermi se poteva farlo, perché,
pensa, uno scrittore come lui che viene a chiedere ad una bambina
come me se poteva fare la traduzione, lui mi aveva detto”, ‘Io
vorrei fare queste cose…’ e io ah… hai capito, non credevo ai
miei occhi, alle mie orecchie, sai, ero veramente sbalordita,
allora lui ha pensato che non ero contenta. Allora lui mi ha
detto: ‘Lei magari non mi conosce, e vorrebbe sapere che cosa
ho in mente di fare, io adesso non ho la chitarra, ma se vuole
le posso accennare come sono queste cose che vorrei musicare’
e mi ha cantato una delle canzoni, una delle cinque canzoni,
io non credevo a quello che stava succedendo, sai per me era…e
poi l’ho accompagnato, dopo un po’ lui ha voluto andare via,
e l’aveva lasciata sul pianerottolo davanti all’ascensore, e
dico, ma sei matto, ormai sai ci davamo del tu, ma sei matto?
E se te la rubavano?
"Eh…ne cercavo un’altra", "ma
perché non l’hai portata dentro?", ah dice "Avevo
paura di disturbare", e… hai capito e io mi sono innamorata
di De André, su portatela via prima che qualcuno te la rubi
in ascensore”.
Audio originale della intervista di Mariano
Brustio a Fernanda Pivano, Milano 2003 |
Nel 1972 Paolo VI
nel mese di giugno parla del fumo di satana che sta invadendo
pian piano i Palazzi Sacri, e nell’udienza di novembre ’72 cita
undici volte il demonio, una volta satana, una volta il diavolo.
(Fabrizio De André ne parlerà per la spiegazione della
genesi di "Amico Fragile").
Bill Gates fonda la Microsoft. Nicola
di Bari vince il Festival di Sanremo. Il film "Il
giardino dei Finzi Contini" di Vittorio De Sica
trionfa agli Oscar. Luigi Calabresi viene assassinato
a Milano. Il partito dei monarchici confluisce nel Movimento
Sociale Italiano. Il film "Il Padrino" vede le sue prime proiezioni
e la canzone della colonna sonora domina anche la Hit Parade.
La Laurea ad
Honorem
Nel gennaio 1972 il settimanale
"Sorrisi e canzoni TV" recenscisce a firma di Gigi Vesigna
il disco su Spoon River e compare la notizia di una
imminente Laurea ad honorem che
gli verrebbe conferita da una università della Svizzera.
Georges Brassens pubblica il suo 33 giri che contiene
“Fernande”, “Mourir pour des idées” e “Les
Passantes” tratta da una poesia di Antoine Pol. Più
avanti la spiegazione della citazione di "Fernande".
Fabrizio De André pubblica il 45 giri “Suzanne-Giovanna
d’Arco” traducendo due brani del cantautore canadese Leonard
Cohen.
Il Festivalbar
Sui magazine dell’epoca
e sul Corriere della Sera dell'aprile 1972 compare una notizia
che si rivelerà del tutto priva di fondamento, ovvero
di una prossima partecipazione al Festivalbar
del 19 agosto con la canzone "Un chimico".
Ma non solo, che il cantante accetterebbe un fuorigara.
Non sopporta di essere stato trattato come un "ortaggio"
prendendosi gioco della sua libertà e che per difendersi
sarebbe disposto ad arrivare alla Corte Costituzionale.
Nel 1973 i Pink Floyd pubblicano l’album “The
Dark Side Of The Moon”. A New York vengono inaugurate
le Torri Gemelle. Nasce il telefono cellulare. A
Belfast esplodono contemporaneamente 19 bombe. Salvador Allende
si suicida durante il colpo di stato del generale Augusto
Pinochet. Henry Kissinger diventa
segretario di Stato negli Stati Uniti. Juan Domingo
Perón è eletto presidente in Argentina.
Fabrizio De André pubblica “Storia
di un Impiegato”.
Una presa di posizione politica
che Sorrisi e canzoni TV del 28 ottobre 1973 a cura di
Luigi Bianco“ considera un discorso difficile, che ricorda
le lotte anarchiche, ma Fabrizio de André dichiara invece che
vuole far conoscere agli operai qualche parola in più,
perché solo imparando altri vocaboli gli operai potranno difendersi
dai padroni. Una storia di una presa di coscienza.
1973 - La canzone del maggio -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.
una personale interpretazione
Da discussioni politiche con Roberto Dané,
il produttore, e su ispirazione di una canzone francese di
Dominique Grange "Chacun
de vous est concerné" nasce il progetto di un disco
“politico”. La canzone citata nel titolo ricalca abbastanza
fedelmente, seppur con adattamenti deandreiani, la traduzione
dal francese. Ma curiosamente esiste una versione abbastanza
diversa e non fedele al testo originale, che vede la luce il
3 settembre 1973 con una versione su cassetta
K7 della Canzone del Maggio diversa da quella poi ripubblicata
ufficialmente il successivo 3 ottobre 1973.
Lui stesso richiese espressamente l’interruzione
della produzione di quanto era già in stampa e quindi
di non pubblicare la versione qua sotto riportata. Esistono
sul Web molti siti che riportano questa versione, a volte definendola
una versione eseguita solo dal vivo, oppure ancora registrazione
non ufficiale o versione censurata. La realtà è
diversa. La già avviata produzione della prima cassetta
venne interrotta per volere stesso dell’autore e non risulta
commercializzata, sebbene ne esistano copie autentiche datate
appunto 3 settembre 1973. Quello che segue non è quindi
il testo conosciuto dai più, ma un testo dello stesso
Fabrizio De André che ha ritenuto di farne alcune correzioni
e modifiche. Cercheremo comunque di commentare la versione seguente
omettendo le parti già conosciute.
Versione poi cambiata dall’autore:
se la paura di guardare/vi ha fatto guardare in terra/se avete deciso in fretta/che non era la vostra guerra/voi non avete fermato il vento/gli avete fatto perdere tempo
Una libera interpretazione. Se voi popolo
di benestanti avete avuto paura dei cambiamenti nella realtà
negli anni ’70, sappiate che non serve chinare la testa per
nascondervi, oppure per non voler vedere la realtà stessa
che cambiava, voi non ci avete comunque fermato, anzi non avete
fermato il vento del cambiamento ormai in atto,
voi siete stati lo strumento
per farci perdere un sacco di tempo
ma ci avete ostacolato nel nostro comune
desiderio di cambiare.
Se avete lasciato fare
ai professionisti dei manganelli
per liberarvi di noi canaglie
di noi teppisti di noi ribelli
asciandoci in buonafede
sanguinare sui marciapiede
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c’eravate
E se per non vedere quanto stava accadendo
avete voltato la faccia dall’altra parte quando la polizia ci
bastonava ritenendoci solo teppistelli da castigare o canaglie
da internare, voi ora non potete dire… non lo sapevamo.
E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
se sono rimasti a posto
perfino i sassi nei vostri viali
se avete preso per buone
le “verità” dei vostri giornali
non vi è rimasto nessun argomento
per farci ancora perdere tempo.
Lo conosciamo bene
il vostro finto progresso
il vostro comandamento
“Ama il consumo come te stesso”
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
voi non potete fermare il vento
gli fate solo perdere tempo
Persino se dove abitate non è accaduto
nulla di violento, se non avete fatto altro che credere all’informazione
(manipolata) dei quotidiani e avete confuso il progresso con
il consumismo, nemmeno il vostro immobilismo intellettuale che
ha perdonato le violenze della polizia potrà fermare
il vento del cambiamento.
È interessante invece analizzare
il testo francese
1968 - Chacun de vous est concerné
(traduzione dall’originale di Dominique Grange)
Nonostante che il mese di
maggio
Non vi abbia quasi toccato
Anche se non c’erano
Dimostrazioni nelle vostre
strade
Anche se la vostra auto
Non è stata incendiata
Anche se non ti interessa
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se avete fatto finta
Di credere che non è
successo nulla
Quando in tutto il paese
Le fabbriche hanno chiuso
Anche se non avete fatto
niente
Per aiutare chi stava lottando
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se avete chiuso
La vostra porta sul nostro
naso
Quella notte che avevamo
Le guardie repubblicane alle
calcagnaSe voi avete permesso che
Ci bastonassero sui pianerottoli
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se nelle vostre città
Tutto è rimasto calmo
Senza sassi, senza barricate
Senza feriti e senza granate
Anche se vi siete bevuto
Quel che ha detto la televisione
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
Anche se adesso pensate
Che tutto vada bene come
prima
Perché avete votato
L’ordine e la sicurezza
Anche se voi non volete
Che noi possiamo farlo di
nuovo
Anche se ve ne fregate
Ognuno di voi è coinvolto
È del tutto evidente la fedeltà
del testo definitivo al testo originale francese, seppur con
le licenze traduttive adottate da Fabrizio De André.
Rimane comunque incomprensibile il perché,
in una versione che sembra un provino cantata da Fabrizio De
André con il solo accompagnamento di chitarra e pianoforte,
il testo, seppur con l’inversione di una strofa e di una ulteriore
strofa non presente nella versione definitiva, sia sostanzialmente
identico alla pubblicazione ufficiale. Vediamo quindi
le differenze riscontrate dal “provino”:
Versione
pubblicata
1^ strofa identica
2^ strofa
E se vi siete detti
Convinti che fosse un gioco
3^ strofa identica
4^ strofa
5^ strofa
E grideremo ancora più
forteVersione
del provino
1^ strofa identica
2^ strofa
Anche se avete detto
Credendo che fosse un gioco
3^ strofa identica
4^ strofa invertita con la 5^ con
la sola variazione di una parola
E busseremo ancora più
forte
5^ strofa identica alla 4^ della
versione pubblicata
6^ strofa non presente nella versione
originale
Sono identificabili
I vostri sbirri fuori città
Gli stessi impermeabili
La stessa mentalità
E poi anche dalle prigioni
Faremo uscire dalla porta
Le nostre più belle canzoni
A ricordarvi un’altra volta
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Nel 1974
Iva Zanicchi vince il Festival di Sanremo.
A Genova avviene il primo sequestro delle
Brigate Rosse, quello del giudice Mario Sossi.
Il Vaticano scomunica l’abate di San Paolo Fuori le Mura, a
Roma, perché si dichiara a favore del divorzio, che nel maggio
del ’74 diventerà legge. Carlo Alberto Dalla
Chiesa diviene comandante della sezione dei Carabinieri
espressamente costituita per l’antiterrorismo. Il giorno dopo
viene liberato Mario Sossi. I fascisti di ordine Nuovo fanno
esplodere la bomba di piazza della Loggia a Brescia e le Brigate
Rosse a Padova uccidono due persone nella sede del Movimento
Sociale Italiano. A Pinerolo viene arrestato Renato Curcio.
La Banca d’Italia garantisce il salvataggio della banca di
Sindona, che poi fugge negli Stati Uniti.
Silvio Berlusconi
inaugura la sua prima tv privata con Telemilano. L’ex capo del
Servizio Informazioni della Difesa, il Gen. Vito Miceli,
viene accusato di cospirazione contro l’Italia per aver favorito
il fallito colpo di Stato Borghese. Paolo VI
inaugura l’Anno
Santo, ma il Diavolo si mette di mezzo e cade un pezzo di soffitto
mentre apre la Porta Santa.
Claudio Baglioni
domina la Hit Parade.
Fabrizio De André
pubblica l’album “Canzoni” che contiene una sua interpretazione
nella traduzione di Bob Dylan “Via della
Povertà” oltre a tre traduzioni da Georges
Brassens e due da Leonard Cohen.
Gianni Boncompagni su Sorrisi
e Canzoni TV 25 agosto 1974 scrive che “Canzoni"
ha il pregio, di riportarci questo De André poeta delle piccole
grandi cose rese suggestive dalla sua voce evocativa. Oltre ai vecchi motivi accenna ai pezzi
inediti, ‘Morire per delle idee’, e ‘Le passanti’
da Brassens, ‘Via della povertà’ di Bob Dylan
che De André ha tradotto con la collaborazione di Francesco
De Gregori, ‘Suzanne’ e ‘Giovanna
D'Arco’, di Leonard Cohen, due motivi
già usciti a 45 giri.
Dalle Carte De André a
pag. 193 capoverso 5 (p.U.8)
"Sulla parte superiore della
pagina, appunti per la registrazione delle canzoni La canzone
dell’amore perduto, Suzanne e Delitto di paese;
nella parte inferiore, bozza di traduzione dal francese all’italiano
del testo della canzone di George Brassens, "Fernande".
(La s di Georges manca sul testo originale). Ecco la spiegazione
al mio capoverso "Nel 1972" della
citazione a proposito della canzone "Fernande"
di Georges Brassens.
Nel 1975, le Brigate Rosse fanno evadere Renato
Curcio dal carcere di Casale Monferrato. Si diventa
maggiorenni a 18 anni con la legge 39 del 1975. Si apre a Roma
il congresso del PCI con Enrico Berlinguer, come Aldo
Moro, favorevole al Compromesso Storico. La rivista
"Re Nudo" organizza a Milano il Festival del Proletariato Giovanile
al Parco Lambro. A Genova vanno in disarmo la nave Raffaello
e la Michelangelo. Pier Paolo Pasolini viene
assassinato a Ostia.
Claudio Baglioni è
di nuovo leader della Hit Parade.
I Nomadi
pubblicano il loro 23° singolo che contiene "Gordon/Sorprese".
La firma delle composizioni è di Beppe Carletti,
Romano Rossi. La melodia di "Gordon" altro
non è che la stessa melodia della canzone "Avalanche"
di Leonard Cohen pubblicata nel 1971. Ecco
la spiegazione al mio capoverso precedente "Nel 1971".
Fabrizio De André pubblica “Volume
8” con la collaborazione di Francesco De Gregori
e nell’album è presente la sua interpretazione della
traduzione di "Nancy", canzone
di Leonard Cohen. Nei tour successivi cambierà
la parola "Nancy" con "Marta"
definendola una ragazza fra tante, costretta a vendersi nei "palazzi
del mistero" e poi spezzata con il proprio suicidio dal
giudizio malevolo della gente. Fabrizio De André
debutta in
concerto alla “Bussola”. Una spiegazione del
concerto viene data in Sorrisi e Canzoni TV del 1 giugno
1975 dove Fabrizio De André dichiara di essere andato
alla Bussola perché Sergio Bernardini, suo
amico, lo corteggiava e gli offriva delle garanzie tecniche
ben precise: la perfezione tecnica assoluta. In un locale dove
c'è gente con giacca e cravatta è giusto il costo
alto del biglietto. Salvo nei pomeriggi in cui canto per i giovani
per un biglietto da 700 lire.
1975 -Volume 8
analisi di qualche testo
1975 - Amico Fragile - Edizioni musicali BMG
Ricordi S.p.a.
una personale interpretazione
“Stavo ancora con la Puny, la mia prima moglie, e una
sera che eravamo a Portobello di Gallura, dove avevamo una casa,
fummo invitati in uno di questi ghetti per ricchi della costa
nord. Come al solito, mi chiesero di prendere la chitarra e
di cantare, ma io risposi: 'Perché, invece, non parliamo?’ Era
il periodo che Paolo VI aveva tirato fuori la faccenda degli
esorcismi, aveva detto che il diavolo esiste sul serio. Insomma
a me questa cosa era rimasta nel gozzo e così ho detto:
'Perché non parliamo di quello che sta succedendo in Italia?’
Macché, avevano deciso che dovessi suonare. Allora mi sono rotto
le palle, ho preso una sbronza terrificante, ho insultato tutti
e sono tornato a casa. Qui mi sono chiuso nella rimessa e in
una notte, da ubriaco, ho scritto Amico fragile. La Puny
mi ha stanato alle otto del mattino, non mi trovava né a letto
né da nessuna parte, ero ancora nel magazzino che finivo di
scrivere. Sicché l'album è la voce di una ribellione
individuale” [1].
“Scrissi questa canzone di getto,
per una volta facendo precedere alla musica il testo, aiutato
da una sbronza di quelle rabbiose. Dopo una serata nel parco
di una villa sarda, piena della cosiddetta gente bene che, visto
tra loro un divo della canzone, pretendevano che mi mettessi
a cantare. Io avevo voglia di parlare, ma per loro ero soltanto
un jukebox. Così m’infuriai, andai a chiudermi in garage
e scrissi fino all’alba, ubriaco, questo ritratto d’artista-oggetto.
Per una volta, scrivendo, parlavo di me: troppe volte, nel mio
mestiere, ti capita di scrivere cose che non pensavi di scrivere,
ricordi dimenticati che riaffiorano, idee che non rammentavi
d’avere, voci che ti arrivano da un altrove, forse dal mondo,
forse dal tuo io prenatale. È come se qualcuno dettasse
e tu fossi un copista, chiamato a dar voce al mistero. Qui no:
ho raccontato un artista che sa di essere utile agli altri,
eppure fallisce il suo compito quando la gente, degli artisti,
non si rende più conto di averne bisogno” [2].
Testo: Evaporato in una nuvola rossa
Note: me ne sono andato da quella
festa con una bottiglia di vino in mano
T: in una delle molte feritoie della
notte
N: e mi sono rifugiato in un posto
sicuro da cui difendermi e da cui poter attaccare
T: con un bisogno d'attenzione e
d'amore|troppo "Se mi vuoi bene piangi" |per essere
corrisposti
N: desideravo che voi rivolgeste
la mia attenzione ai miei bisogni, ma avrei dovuto solo piangere
come un bambino per farvi accorgere di me, del mio non essere
un divo quella sera, ma semplicemente una persona
T: valeva la pena divertirvi le
serate estive |con un semplicissimo "Mi ricordo":
N: potevamo semplicemente parlare,
anche far riaffiorare ricordi
T: per osservarvi affittare un chilo
d'erba |ai contadini in pensione e alle loro donne
N: ma non stare ad ascoltare le
vostre storie di ricchi villeggianti possidenti che affidate
le vostre tenute della Sardegna a qualche contadino bisognoso
e con famiglia che possa curarle durante la vostra assenza
T: e regalare a piene mani oceani
|ed altre ed altre onde ai marinai in servizio |fino a scoprire
ad uno ad uno i vostri nascondigli |senza rimpiangere la mia
credulità:
N: nemmeno ascoltare i vostri racconti
di come e quando ingaggiate i marinai sui vostri yacht per farvi
portare nelle calette di mare più esclusive, senza che
io mi debba stupire di questa banalità
T: perché già dalla prima
trincea |ero più curioso di voi |ero molto più
curioso di voi
N: ebbene già ben prima di
quella sera io volevo interessarmi ad altro, la mia curiosità
era molto più viva della vostra pochezza di spirito
T: E poi sospeso tra i vostri "Come
sta | meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci|
tipo "Come ti senti amico, amico fragile|se vuoi potrò
occuparmi un'ora al mese di te"
N: invece voi semplicemente vi rivolgete
a me con i soliti convenevoli e con un tono così famigliare
per rassicurarmi, ma così distante…
T: "Lo sa che io ho perduto
due figli"
N: …dicendomi cose tanto intime
per farmi intenerire
T: "Signora lei è una
donna piuttosto distratta"
N: mentre io sarcastico vi rispondo
in modo sgarbato senza che voi capiate che sono davvero infuriato
T: E ancora ucciso dalla vostra
cortesia |nell'ora in cui un mio sogno |ballerina di seconda
fila |agitava per chissà quale avvenire |il suo presente
di seni enormi |e il suo cesareo fresco,
N: mentre voi redarguite il mio
commento su quella ballerina fuori luogo che forse mi adocchiava
e alla quale avevo regalato un mio altro sarcastico e davvero
crudo commento
T: pensavo “è bello che dove
finiscono le mie dita |debba in qualche modo incominciare una
chitarra”
N: mi sono rassegnato alla vostra
pochezza quando mi avete chiesto di imbracciare la chitarra
e cantare
T: E poi seduto in mezzo ai vostri "Arrivederci"[3]
N: e quando me ne sono finalmente
andato fra i vostri altri convenevoli e saluti
T: mi sentivo meno stanco di voi
|ero molto meno stanco di voi
N: mi sono sentito di nuovo vivo
e libero al punto di…
T: Potevo stuzzicare i pantaloni
della sconosciuta |fino a vederle spalancarsi la bocca.
N: ...avere qualsiasi desiderio
diverso dalla vostra stupidità e nullità di esistenza
T: Potevo chiedere ad uno qualunque
dei miei figli |di parlare ancora male e ad alta voce di me.
N: anche e persino di rendermi conto
del mio fallimento nel ruolo di padre
T: Potevo barattare la mia chitarra
e il suo elmo |con una scatola di legno che dicesse "Perderemo"
N: ma quella sera io volevo solo
riporre la mia chitarra e chiedere a voi di deporre la vostra
boria per parlare della realtà di questo nostro mondo,
perché io non sono il Suonatore Jones, costretto a suonare per
tutta la vita
T: Potevo chiedervi come si chiama
il vostro cane |Il mio è un po' di tempo che si chiama
Libero.
N: avremmo potuto parlare anche
per farvi almeno comprendere il mio bisogno di libertà,
il mio concetto di anarchia o di individualismo
T: Potevo assumere un cannibale
al giorno |per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle
N: avrei voluto evitare di farmi
insegnare da quell’astronomo che era fra di voi come si guardano
le stelle, sarei semplicemente uscito di casa e avrei alzato
gli occhi al cielo
T: Potevo attraversare litri e litri
di corallo |per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci
[4]
N: e infine mi sono reso conto di
essere disposto ad attraversare talmente tante difficoltà
pur di andarmene lontano da voi e prendere le distanze dal vostro
ambiente
T: E mai che mi sia venuto in mente
|di essere più ubriaco di voi |di essere molto più
ubriaco di voi
N: anche se ero ubriaco, come voi,
forse più di voi.
1975-La cattiva strada -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.
una
personale interpretazione e analisi del testo
[5] [6]
Testo: Alla parata militare
|sputò negli occhi a un innocente |e quando lui chiese "Perché"
|lui gli rispose Questo è niente |e adesso è ora
che io vada" |e l'innocente lo seguì |senza le armi
lo seguì |sulla sua cattiva strada
Nota: apparentemente dopo
due anni da Storia di un impiegato,
album intriso di una evidente forma politico-rivoluzionaria
dell’impiegato che, anche se solo in sogno, tenta di sovvertire
l’ordine ed il potere costituito con una bomba peraltro sfortunata
(che comunque lo condanna alla pena del carcere) in questo brano
appare la sostanza della pura trasgressione. L’atto di sputare
negli occhi ad un militare presuppone un coraggio non indifferente,
a maggior ragione perché avvenuto durante una parata militare,
ovvero, nel momento in cui la potenza dell’esercito è
platealmente palesata e sbandierata. Ma qui il soldato è
raffigurato come innocente, ovvero come non colpevole
di alcun atto offensivo nei confronti di altri. Ragion per cui
il soldato stesso alla richiesta di spiegazioni peraltro negate,
attraverso la formula del perché e di una risposta logica negata
(questo è niente, questo è solo l’inizio) comprende
immediatamente la sua situazione di “essere potenzialmente offensivo
pur non volendolo” e quindi abbandona i suoi strumenti di offesa
e desiste dal suo ruolo, seguendo senza esitare il soggetto
che non si paleserà mai né in questa azione, nemmeno
nelle successive e lo segue sulla sua cattiva strada
di provocatore.
T: Sui viali dietro la stazione
|rubò l'incasso a una regina |e quando lei gli disse "Come"
|lui le risposte |Forse è meglio è come prima
|forse è ora che io vada" |e la regina lo seguì
|col suo dolore lo seguì |sulla sua cattiva strada
N: allo stesso modo rubare l’incasso
di una giornata di lavoro ad una prostituta che sorpresa riesce
solo a domandare il “come”, e udire la risposta che recita quasi
‘non è successo nulla, tutto è come prima che
io arrivassi a derubarti, annulla e immobilizza la reazione
della prostituta stessa che decide di seguirlo nelle sue stesse
azioni, nel suo cattivo comportamento destabilizzante
ed ancora trasgressivo, ma lo segue riconoscendo il dolore che
le provoca la sua precedente professione.
T: E in una notte senza luna |truccò
le stelle ad un pilota |quando l'aeroplano cadde |lui disse "È
colpa di chi muore |comunque è meglio che io vada"
|ed il pilota lo seguì |senza le stelle lo seguì
|sulla sua cattiva strada
N: Truccare, rubare, spegnere l’unica
luce ad un pilota, privarlo di ogni suo punto di riferimento,
induce il pilota stesso a trovare un nuovo cammino, un nuovo
punto di riferimento. Paradossalmente anche in questo caso la
trasgressione e il reato commesso di uccidere, saranno l’unico
mezzo che avrà per intraprendere la sua strada
liberandolo dalla regola dell’obbedienza.
T: A un diciottenne alcolizzato
|versò da bere ancora un poco |e mentre quello lo guardava
|lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi |adesso è
ora che io vada" |l'alcolizzato lo capì |non disse
niente e lo seguì |sulla sua cattiva strada
N: il paradosso del diciottenne
già alcolizzato cui si offre ancora dell’alcol per fargli
comprendere la sua situazione di disadattato, come nello specchio
in cui si riflette l’offerente che sa di compire una azione
limite. L’azione di tacere e seguirlo impassibile presuppone
la sua presa di coscienza.
T: Ad un processo per amore |baciò
le bocche dei giurati |e ai loro sguardi imbarazzati |rispose "Adesso è
più normale |adesso è meglio, adesso è
giusto, giusto, è giusto |che io vada" |ed i giurati
lo seguirono |a bocca aperta lo seguirono |sulla sua cattiva
strada
N: di nuovo paradossale permettersi
di avvicinarsi ai giurati di un tribunale e di poter non solo
parlar loro, ma addirittura baciarli tutti proprio perché il
processo trattava il tema dell’amore, destabilizza anche qui
la regola della perfezione. Ovvero noi giurati “perfetti” siamo
stati avvicinati da uno sconosciuto “imperfetto” che ha osato
e ci è riuscito a sconvolgere l’equilibrio di quell’attimo
solenne, tanto che con la bocca ancora aperta per la sorpresa
lo seguiamo nella sua direzione.
T: E quando poi sparì del
tutto |a chi diceva "È stato un male" |a chi
diceva "È stato un bene" |raccomandò "Non
vi conviene |venir con me dovunque vada" |ma c'è
amore un po' per tutti |e tutti quanti hanno un amore |sulla
cattiva strada
N: non abbiamo una risposta alla
domanda se lo sconosciuto artefice di queste azioni sia stato
un “male” o un “bene” ma abbiamo una risposta sul punto di vista
diverso dell’altro che non ci invita alla trasgressione,
ma almeno ci sensibilizza sulle differenze e sulle possibili
uscite per raggiungere un cammino di “diversa conoscenza e di
amore” e ci sollecita a seguire anche illogicamente una “cattiva
strada”, purché non sia la sua ma la propria.
Su Sorrisi e Canzoni TV 1 giugno 1975,
nella intervista di Luigi Bianco a Fabrizio De André lui stesso
dice a proposito della canzone di aver semplicemente voluto
dire che chiunque ha la possibilità di parlare alla gente
può inventarsi una morale, che non è la morale
inventata dalla classe dirigente, cioè la morale che
fa gioco al potere, quella per cui gli uomini devono credere
di rispettare determinate leggi, perché altrimenti si metterebbero
contro la società in cui vivono. Non si possono creare
altri modi di comportamento, e se qualcuno ci seguirà
vuol dire che non abbiamo sbagliato”.
Una serie di strofe dove vengono descritte
situazioni in immagini del tutto scollegate le une dalle altre,
dove gli stessi protagonisti descritti in maniera impersonale
seguono il “lui” altrettanto impersonale (una sorta
di pifferaio magico o malefico seduttore) sulla “sua”
cattiva strada, quella della trasgressione, per ribellarsi ad
un potere precostituito che traspare nelle singole strofe, sino
a giungere all’ultima dove di nuovo il protagonista impersonale
riappare con un suggerimento dove l’amore è l’unico fine
cui orientarsi, in questo caso sulla “cattiva strada”
non più sulla “sua”. Salvo almeno la figura
del ragazzo alcolizzato che apparentemente non fa parte della
società viziata qui descritta e ne è estraneo,
ma per propria sua stessa volontà, “lo capì”
diversamente da tutti gli altri, ma lo segue comunque nel silenzio
assoluto.
[1] Da “Amico Fragile”
Cesare G. Romana, Sperling & Kupfer Editori 1991
[2] Da “Smisurate preghiere”, Cesare G. Romana,
Arcana 2005
[3] Spesso l’Arrivederci nei concerti
Live si tramutava in Vaffanculo, oppure, come accadde
in teatro a Roma, in ‘gelati’, rivolto all’ambulante
che irrispettosamente in quella occasione girava fra
il pubblico durante l’esibizione con il suo vassoio
di venditore, appunto, di gelati.
[4] Durante i concerti
spesso Fabrizio De André era solito sostituire la parola
“Arrivederci” con la parola “Anarchia”.
[5] Scritta
a quattro mani con Francesco De Gregori apparve in versione
differente nell’arrangiamento e in qualche verso nel
45 giri del 1974, apparso un anno prima del Vol. 8,
nel quale la canzone è ufficialmente inserita.
[6] La cattiva strada vuole far risaltare la
propria libertà e la libertà altrui e
inneggia alla provocazione e alla trasgressione, per
prendere coscienza della nostra situazione, una sorta
di punzecchiatura metaforica che sfocerà anni
dopo nella rassegnazione e nell’apatia degli Italiani
nella Domenica delle Salme, dove l’unica voce
di contestazione non è altro che il cicaleggio
udito che non porta altro che alla arrendevolezza generale.
Nel 1976
viene arrestato Renato Curcio,
fondatore delle Brigate Rosse. Viene giudicato osceno il film
Ultimo Tango a Parigi, con Marlon Brando,
e ritirato da tutte le sale cinematografiche. Per la prima
volta una donna è ammessa all’Accademia Militare americana
di West Point.
Fabrizio
De André conclude l’acquisto di un terreno in Sardegna
dove c’è un vecchio stazzo chiamato
l’Agnata.
Fabrizio De André è
in tournée con i New Trolls.
Su Nuovo Sound
del 19 febbraio 1976 in un articolo a firma Pier Giuseppe Caporale si
riferisce dell'attacco di Francesco Guccini,
a lui e a Francesco De Gregori per le canzoni
'Alice' e 'Susanna’. E la pronta risposta
di Fabrizio De André è accondiscendente, dichiarando
che probabilmente Francesco Guccini se la sarà presa
con Leonard Cohen perché 'Susanna' è sì una traduzione
sua, ma il brano è di Leonard Cohen.
Nel 1977 la RAI trasmette per la prima volta a
colori.
Luciano Lama segretario della GCIL (capelli
corti generale) viene duramente contestato all’università
la Sapienza da un gruppo di contestatori “Indiani metropolitani”
ed è costretto ad interrompere il comizio.
Francesco Cossiga ministro dell’interno invia
i carri armati verso i manifestanti di Bologna durante gli scontri
fra i militanti di Comunione e Liberazione e Lotta Continua.
La RAI trasmette Mistero Buffo di Dario Fo
e il Vaticano inoltra una denuncia per vilipendio alla
religione. Muore Maria Callas.
Leonard Cohen pubblica
un discusso album "Death of a Ladies' Man",
che in una intevista definirà 'un disatro'
scritto con Phil Spector. Ancora in fase di missaggio Phil Spector
cacciò Leonard Cohen dallo studio di registrazione sotto
la minaccia di una rivoltella.
Nasce a Tempio Pausania
Luisa Vittoria De André, figlia di Fabrizio
De André e Dori Ghezzi.
Nel 1978
Renato Curcio viene condannato a 15 anni di carcere.
Muore Papa Paolo VI. Vittorio Emanuele di Savoia
spara e uccide un ragazzo in Corsica. Muore dopo soli 33 giorni
di pontificato Papa Giovanni Paolo I. ll cardinale Karol
Wojtyla, viene eletto papa e prenderà
il nome di Giovanni Paolo II. In Spagna finisce la dittatura
e dopo 40 anni ritorna la democrazia.
Fabrizio
De André pubblica l’album “Rimini” e parte
a fine anno per una tournée con la Premiata
Forneria Marconi.
Nel 1979
le Brigate Rosse
a Genova uccidono un operaio, il sindacalista Guido
Rossa, la prima vittima fra i lavoratori. Il giudice
Alessandrini viene ucciso da un commando di Prima Linea mentre
indagava sulla strage di Piazza Fontana. Pietro Valpreda,
anarchico, viene assolto per la strage di Piazza Fontana.
Nilde Iotti è
la prima donna ad essere eletta Presidente della Camera dei
Deputati. Viene assassinato a Milano Giorgio Ambrosoli
nell’ambito della liquidazione della banca di Michele
Sindona. Nasce la terza rete RAI
Una storia sbagliata
Leonard Cohen pubblica l’album “Recent Songs”
che contiene una canto tradizionale rivisitato dall’autore
e la canzone “Ballad of the Absent Mare”. Per
ammissione stessa di Massimo Bubola, la melodia verrà
utilizzata l'anno seguente per la canzone "Una storia
sbagliata".
Fabrizio De André e Dori Ghezzi
vengono rapiti in Sardegna nella loro fattoria all’Agnata. Vengono
liberati ad un giorno di distanza poco prima di Natale Dori
Ghezzi e Fabrizio De André.
L'Unione Sarda,
(29
agosto 1979) parla di una sfida aperta, guerra dichiarata
fra fuorilegge e forze dell'ordine. I carabinieri e la polizia
erano impegnati a Tempio Pausania dove si festeggiava il patrono,
San Paolo Eremita. Quasi una beffa proprio nel momento in cui
sono sbarcate in Sardegna le truppe speciali inviate dal Governo
per stroncarne la offensiva dei rapimenti.
Nel
1980 Toto Cutugno vince il
Festival di Sanremo. John Lennon viene
assassinato a New York. Miguel Bosé domina la Hit Parade.
Fabrizio De André, liberato il
Natale dell'anno prima insieme a Dori Ghezzi, pubblica un 45 giri
dal titolo “Una storia sbagliata”, il primo disco realizzato
su commissione per la sigla di un programma televisivo RAI sugli
assassini di Pier Paolo Pasolini e di
Wilma Montesi. La melodia è molto simile
alla canzone di Leonard Cohen "Ballad
of the Absent Mare” pubblicata nel 1979.
Dori Ghezzi pubblica un album dal titolo
“Mamadodori”.
1980 - Mamadodori
- Ed Fado
La canzone "Mamadodori"
vede come autori Oscar Prudente e
Cristiano Minellono. Curioso notare che la melodia
è molto simile alla canzone "Libera Amore" di
Adriano Pappalardo dell'LP omonimo del 1972
che vede come autori Oscar Prudente e
Gianno Celano. Non solo. La stessa melodia
molto simile si ritrova nella canzone di Ivano
Fossati "Apri le braccia" nell'album "Poco
prima dell'aurora" del 1972 che vede gli stessi autori
Oscar Prudente e Gianno Celano.
E non è tutto: su Sorrisi e canzoni TV del 29 giugno
1980 un ampio servizio riporta il testo della canzone e gli
autori citati sono "De André - Minellono - Prudente.
"Era notte" canzone a firma Oscar
Prudente - Cristiano Minellono, ha un verso che recita così:
"Ci riprovai con un compagno di viaggio / I suoi
occhi dolci, il più bel paesaggio" oltre a:
Caro Babbo natale, un'altra volta che vieni / non truccarti
da vecchio per toccarmi i seni. Che non sia troppo simile
a Le passanti e alla Leggenda di Natale?
La spiegazione si trova su Bolero n. 1748 del 2 novembre
1980 dove alla domanda sul tipo di collaborazione ricevuta da
Fabrizio De André, Dori Ghezzi risponde che "Fabrizio ha
scritto tutti i testi del 33 giri tranne "Stringimi
piano stringimi forte" l'unica canzone che parla di
quella situazione disgraziata del sequestro che Cristiano Minellono
ha ricreato molto bene con il suo testo".
Per gli archivi
Siae e sulla copertina stessa del disco è invece attribuita
a Massimo Bubola.
Su Sorrisi e canzoni TV di Giugno 1980 nell'articolo
a firma Mario Luzzato Fegiz si legge che Fabrizio De André ha
deciso di scrivere per la prima volta le canzoni dell'Lp della
sua compagna. Con la coppia degli autori Minellono-Prudente
ha firmato tra le altre la bella "Mama Dodori".
Insomma, una discreta confusione per la neonata etichetta
discografica FADO (Fabrizio Dori).
Ornella Vanoni pubblica l’album
“Ricetta di Donna” che contiene la canzone “La
famosa volpe azzurra” libera traduzione di Fabrizio De
André della canzone di Leonard Cohen “Famous
Blue Raincoat”.
Nel 1981
Bob Marley muore a soli 36 anni. Papa Giovanni
Paolo II viene ferito in un attentato in Piazza San Pietro da
un colpo di pistola. Muore a 31 anni Rino Gaetano.
Lady Diana e Carlo d’Inghilterra
si sposano a Londra. Simon e Garfunkel tengono un concerto in
Central Park a New York davanti a 500.000 persone. In Francia cessa di
esistere la pena di morte. La ghigliottina viene smantellata.
Classius Clay si ritira dal ring.
Nascono i
Metallica, la band metal. Nikka Costa
spopola le classifiche della Hit Parade.
Georges Brassens
A Saint-Gély-du-Fesc,
in Francia, il 29 ottobre 1981 muore Georges Brassens
dopo una lunga malattia.
Su La Stampa
di domenica 1 novembre 1981 compare questa dichiarazione di
Fabrizio De André: "Brassens per me è
stato un mito, come artista e come uomo. Mi sono accostato all'anarchismo
per merito suo, perché avevo di fronte non pura teoria, ma un
esempio vivente. Brassens ha avuto un'enorme influenza su di
noi, voglio dire su quel gruppetto di genovesi che voleva far
canzoni in modo nuovo. In modo particolare ha influito su Paoli
e su di me. Era un modello nitido, rappresentava il superamento
dei valori piccolo-borghesi. È stata una fatica enorme
tradurre Brassens in Italiano. Lui si serviva molto dell'argot,
che da noi non ha corrispettivo. L'argot lo parlano a Parigi
come nel sud. Da noi esistono tanti dialetti, non un gergo comune.
Ho dovuto riadattare l'italiano all'argot, reinventando espressioni
e termini non esistenti nel linguaggio corrente".
1980 - John Lennon:
le traduzioni (perdute) di
Fabrizio De André
Compare un articolo
su Sorrisi e Canzoni TV n° 4 del 1981 dal titolo “De André
poeta di lusso per le canzoni di Lennon” con una dichiarazione
di Fabrizio De André a proposito di alcune traduzioni delle
canzoni di John Lennon, assassinato l’anno
prima:
“Nel tradurre questi versi di Lennon (uno è
di Yoko Ono) mi sono prefisso non già di tentare un’interpretazione
poetica, ma di lasciarne intatto, per quanto possibile, il significato
letterale. Ne è risultata, come avrebbe osservato Benedetto
Croce, non certo una traduzione ‘bella e infedele’, ma ‘brutta
benché fedele”.
Fabrizio De André
pubblica il suo primo LP dopo il dramma vissuto per il sequestro:
la copertina non ha titolo né nome dell’autore, semplicemente
la riproduzione del quadro “The outlier” di
Frederic Remington con un indiano a cavallo.
“Per la caccia la cinghiale dell’indiano, sono io a sparare
all’inizio, insieme a una compagnia di caccia grossa, con i
cani che abbaiano quando hanno scovato il cinghiale. Per l’Indiano
c’era Massimo Bubola. L’Avemaria in sardo,
Fabrizio l’aveva sentita dai Tazenda, anche
Maria Carta l’aveva cantata in gallurese. E
così Fabrizio l’ha tradotta. La maggior parte delle canzoni
di Fabrizio, nascono qui, all’Agnata, di notte”. Dichiarazione
raccolta da Filippo Mariotti, fattore
all’Agnata.
Inizia la tournée “dell’Indiano”
che toccherà anche la Germania, Austria, Svizzera, e
si concluderà solo l’anno seguente.
1981 - Hotel Supramonte -
Edizioni musicali BMG Ricordi
S.p.a.
Analisi del
testo e una personale interpretazione
L’antefatto: il rapimento [1]
Fabrizio:
“Ho vissuto sino a 16 anni in campagna, vicino ad Asti. In città
ho sempre sognato il momento in cui sarei ritornato. Dori, anche
lei di origine contadina, fu contenta di trasferirsi. La carriera?
La mia poteva continuare anche a Tempio Pausania. Anzi avrei
trovato più facilmente lo stimolo in una zona vergine,
dove la gente è più vera, meno contaminata dalla
frenesia del consumo e dal virus del potere. I recital non mi
interessavano. Ogni volta che mi sono esibito in pubblico mi
sono vergognato. Conseguenze dell’educazione borghese che ho
ricevuto. Cantare non è una occupazione seria, né un
avvenire su cui costruire la propria esistenza. È un
hobby, come collezionare francobolli o trenini elettrici. Quando
invece questo hobby divenne più redditizio di un lavoro
produttivo tradizionale, anziché dire ai miei genitori che ce
l’avevo fatta, mi sono sentito come un volgare profittatore,
una specie di giocoliere che si faceva pagare i suoi trucchi
con cui spacciava cialtronerie con cose serie. Ecco perché ho
preferito incidere dischi piuttosto che esibirmi in pubblico.
Almeno nella sala d’incisione non c’è gente di cui evitare
lo sguardo. Sul palcoscenico invece mi sento in colpa quando
vedo il pubblico applaudire me, che tutto sommato strimpello
uno strumento che non ho mai studiato bene. Mi dovevo comprare
una tenuta per evadere dalla città. Volevo emergere non
importava come. Semplicemente avevo un fratello molto serio,
Mauro, di qualche anno più grande di me a cui tutti predicevano
una brillante carriera; un padre intelligentissimo che io ammiravo
che era diventato una persona importante. Anch’io volevo diventare
qualcuno. È capitato così, forse più per
sfida che per caso che mi sono trovato ad essere un cantautore.
Dopo questa terribile esperienza ho modificato notevolmente
le mie convinzioni e il modo di pensare. Adesso per esempio
mi accade talvolta di sentire il bisogno di pregare. Mia madre è
molto credente, mentre mio padre un laico convinto e irremovibile,
un repubblicano cresciuto nella filosofia di Benedetto Croce,
essendo stato allora suo allievo. Io che sono un fan di mio
padre avevo abbracciato le sue convinzioni di cui ero maggiormente
affascinato. Non che negassi l’esistenza di Dio: non mi ponevo
il problema, convinto che ci fosse maggior merito nel vivere
liberi da qualsiasi condizionamento. L’uomo non deve agire bene
per timore o rispetto di Dio, mi dicevo, per paura dell’inferno
o aspirazione al paradiso, ma perché è più giusto,
più bello comportarsi bene. Il sequestro è stato
soprattutto un collaudo per gli affetti. Ho scoperto in questa
circostanza, per esempio, l’amore di mio fratello Mauro, io
che lo immaginavo un robot. L’ho visto piangere sulla mia spalla,
non lo credevo capace, mentre mi sbarbavo dopo il rilascio.
Mi ha raggiunto in bagno mi ha buttato le braccia al collo e
ha pianto. Delle trattative per il rilascio se ne occupava mio
padre. Carlo Ghezzi, il padre di Dori, l’indomani del sequestro
si trasferì all’Agnata [2] dove ci è rimasto per
tutti i 117 giorni. Ininterrottamente sequestrato anche lui
per altri versi, per coordinare il lavoro e le attività
all’azienda agricola. L’uomo, austero dall’aspetto e dal carattere
austro-ungarico, come Dori, ha lavorato dedicandosi alla tenuta
senza interferire nel lavoro di mio padre. Doveva andare in
pensione dopo pochi mesi, adesso dovrà lavorare per altri
quattro mesi prima di ritirarsi dal suo lavoro di metalmeccanico"
[3].
Era il 27 agosto 1979. Fabrizio e Dori furono rapiti
a tarda sera, con i fucili puntati, nonostante Favore – amico
di Fabrizio, suo compare e conoscitore del posto – dicesse a
lui che non l’avrebbero mai rapito: “Nessuno oserebbe fare del
male a uno come te che vive in un posto isolato dal resto del
mondo, senza difesa. I banditi amano il rischio, rapinano e
sequestrano gente che si nasconde, che ha paura. Ecco perché
non ti succederà nulla”.
Fabrizio: “Quella
sera non sapevo a cosa pensare se non a uno scherzo. Ai piedi
del letto c’era il mio Winchester semiautomatico. Non tentai
nemmeno di prenderlo, anzi in quel momento mi chiesi perché
mai l’avessi comprato se non avevo il coraggio di usarlo nemmeno
in frangenti come quello. Non potrei mai fare del male a nessuno
io, neppure per difendere la mia vita. L’unica violenza obbligato
a farla, la farei contro me stesso. Infatti nei giorni successivi
stremato di forze e depresso psicologicamente, non ancora rassegnato
ad accettare la volontà del destino, mi balenò
l’idea di togliermi la vita. E se non ci fosse stata Dori con
me mi sarei ucciso. Parlavano fra loro in dialetto, li capivo
parzialmente. Io conosco bene il gallurese assai diverso da
barbaricino che è il dialetto sardo puro. E loro erano
barbaricini. Sono state fatte molte congetture sulla nostra
sparizione. C’è persino chi ha pensato che a rapirci
fossero state le Brigate Rosse, forse perché alle ultime elezioni
avevo votato per la DC. In realtà avevo dichiarato di
votare Paolo Casu, un agronomo il cui programma mi convinceva”.
“Con i nostri parenti si sono fatti vivi solo dopo un mese e
ci hanno detto che il ritardo dipendeva dal fatto che le Brigate
Rosse avevano rivendicato il nostro rapimento e quindi nell’isola
c’era un certo giro della Digos. Ma la politica non c’entra
assolutamente niente. Nei rapimenti fanno tutto tra di loro
sardi e questo rivela una mancanza di professionalità”[4].
“Strada facendo (per arrivare al nascondiglio sui monti) mi
misero la maschera, un cappuccio sulla testa e io chiesi di
fumare. Mentre tremavo ‘il gatto [5] mi intimò di stare
fermo: con la punta del coltello affilatissimo stava praticando
un foro all’altezza della bocca. Sentii la lama del coltello
sfiorarmi le labbra. Mi misi a piangere, ma quella volta non
se ne accorse nessuno. Era buio, una notte senza luna ed avevo
il viso coperto”.
Dopo oltre tre mesi di sequestro, “Finalmente
ci dissero, ‘questa sera liberiamo la signora’. Dori lasciò
il rifugio verso le tre del pomeriggio. Ci abbracciammo come
se ci separassimo per sempre. L’avrebbero depositata verso mezzanotte
nei pressi di Monti dove sarebbe stata prelevata dagli emissari
di mio padre. Con l’aiuto di Dio, come dice don Vico il parroco
di Tempio che aveva fatto da intermediario, tutto è andato
come nel programma. Dori il giorno dopo arrivò a casa
e io dopo tre o quattro ore di marcia il giorno dopo fui depositato
a Benitutti. Qualche minuto più tardi il commiato dalla
“volpe’. Mi tolsi il cappuccio, ero finalmente un uomo libero.
Ricordo la stretta di mano della ‘volpe’ quando ci lasciammo
nei pressi di Benitutti, dopo che mio padre ebbe pagato il riscatto.
‘Buona fortuna, le auguro tante belle cose’ mi disse servendosi
anche della mano sinistra per salutarmi e prolungare il commiato.
A distanza di tempo le nostre porte continuano a rimanere aperte
anche la notte. Non è perché non abbiamo più nulla
da perdere, ora che siamo stati spremuti; né perché ‘il gatto’
e ‘la volpe’ci hanno assicurato che veglieranno su di noi giorno
e notte. Il fatto è che cerchiamo di dimenticare e ci
stiamo riuscendo”.
“Ho saputo che è stato determinante
l’intervento di monsignore Salvatore Vico, parroco del Sacro
Cuore di Tempio Pausania (è lui che ha battezzato nostra
figlia Luvi). L’ha ringraziato pubblicamente mio padre, devo
ringraziarlo anche io. C’è sempre il pudore di fare certe
affermazioni, soprattutto da parte di persone che come me hanno
sempre snobbato i vari riti, cattolici, musulmani che fossero,
ma in certe occasioni bisogna per forza aggrapparci a qualcosa
di superiore. E anch’io che sono stato definito radicale, comunista,
ateo, mi sono ritrovato a pensare all’esistenza di Dio e a pregare.
E non me ne sono vergognato allora, come non mi vergogno adesso
a raccontarlo, anche se ho sempre creduto soprattutto nell’uomo.
Ma è certo che questa esperienza mi ha fatto ritrovare
la fede”[6].
Il testo commentato.
ll titolo: “Adesso non vi lamenterete più della pioggia,
con un doppio telone potete dormire all’asciutto, come al Grand
Hotel. Un vero lusso”.
Queste le parole dei
carcerieri “il gatto” e “la volpe” ai due sequestrati.
E se vai all'Hotel Supramonte
e guardi il cielo
tu vedrai una donna in
fiamme e un uomo solo.
Nota: Dori
Ghezzi, figlia di operai, era combattiva e reagiva spesso alle
parole del gatto e della volpe. Dori: “A me qualche volta è
capitato di gridare per attirare l’attenzione del ‘gatto’ e
della ‘volpe’, quando mi serviva qualcosa”. Fabrizio:
“Invidiavo Dori che aveva più forza di me, che riusciva
ad ottenere il rispetto dei nostri carcerieri dicendogli che
era figlia di operai, che aveva cominciato a lavorare a undici
anni, che era abituata alle privazioni e alle sofferenze. Spesso
Dori li redarguiva e li mandava al diavolo. E loro non reagivano.
A me invece non era consentito: dovevo stare buono, obbedire
ai loro ordini, aspettare passivo e impotente che altri decidessero
della mia sorte. Che carattere quella finta ragazzina. E poi
chiamano noi il sesso forte […] ‘Dori ha il temperamento di
una guerrigliera sarda’, dicevano loro”. Fabrizio: “Un
giorno Dori ha gridato al suo cerbero un ‘vaffa…’ e quello si è
messo a ridere, evidentemente perché non era abituato a sentir
parlare una donna in quel modo. Ma al secondo ‘vaffa…’ non ha
riso più e si è fatto serio. E Dori non ha osato
dire quella parola una terza volta”[7]
E una
lettera vera di notte falsa di
giorno.
Nota: Fabrizio:
“La lettera che il ‘gatto’ e ‘la volpe’ avevano fatto
scrivere a me era un po’ più esosa. Non ci conoscevamo
ancora bene, era il 4 settembre, cioè una settimana dal
giorno in cui ci avevano sequestrati. Mi diedero carta e penna
e mi imposero di scrivere sotto dettatura: ‘Caro papà
per la mia liberazione e quella di Dori dovrai pagare due miliardi’.
‘Ma voi siete completamente pazzi”, sbottai io. ‘Lei scriva
senza discutere, lo sappiamo noi ciò che è giusto
fare’. E io scrissi due miliardi, in cifre. E la ‘Volpe’ mi
chiese di aggiungere fra parentesi anche la somma in lettere.
‘Avete paura che mio padre non sappia leggere?’. […] ‘Lei non
discuta. Non dovrà mai discutere o contestare ciò
che le chiediamo di fare e si troverà bene con noi’.
[…] ‘Caro papà’, scrissi, ‘noi stiamo bene. So che avrai
delle difficoltà nel reperire il denaro. Ti metto a disposizione
l’azienda agricola, che però, per ora non potrai vendere
perché ipotecata dalla Cassa del Mezzogiorno per il mutuo che
mi hanno concesso; la mia casa a Portobello e 58 milioni che
ho in banca sul mio conto corrente. Abbracciami la mamma e Mauro’.
Fabrizio: “Ci hanno fatto scrivere due lettere: una a
settembre per raccontare il rapimento, e avvertire che stavamo
bene, e un’altra a fine novembre per accelerare le trattative”[8].
E poi scuse e accuse e scuse
senza ritorno
Nota: Sono
riferite alle tante volte in cui per qualsiasi ragione i carcerieri
redarguivano Dori e Fabrizio, nel momento in cui ad esempio
sollevavano parzialmente la maschera anche solo per grattarsi
il volto e venivano pesantemente rimproverati per quel tipo
di azione, senza che i due ostaggi potessero controbattere.
E ora viaggi, ridi, vivi o sei
perduta
col tuo ordine discreto
dentro il cuore
Nota: È
curioso, a questo proposito, notare che in tanti appunti di
Fabrizio, e nei manoscritti che usava sul palco durante i
concerti,
queste parole siano mancanti, uno spazio bianco al posto di
“ordine” o la parola “preciso” invece che “discreto”.
Ma dove dov'è il tuo
amore
ma dove è finito il
tuo amore.
Nota:
Fabrizio: “Per quattro mesi io e Dori abbiamo vissuto all’aperto,
tra macchioni di lentisco. Per scaldarci dormivamo abbracciati
su un giaciglio di frasche e di sterpi e nei primi tempi facevamo
all'amore. Ci dava molto conforto [9].
Fabrizio:
“Eravamo liberi di fare l’amore, ma in quelle condizioni non
eravamo ispirati da nessun desiderio sessuale. Se l’abbiamo
fatto è stato soprattutto per stimolare una funzione
vitale che ci avrebbe consentito di resistere meglio”.
Grazie al cielo ho una bocca
per bere e non è facile.
Nota: Fabrizio:
“A Dori un giorno i carcerieri cucirono gli angoli
della feritoia che la maschera aveva all’altezza della bocca.
La colpa era stata sua, perché sentendo l’odore dell’alcool,
rivolta al ‘gatto’ e alla ‘volpe’ aveva detto: ‘Ah così
bevete grappa da soli alla faccia nostra’. Era davvero grappa,
quella sarda. Loro credettero che li avesse visti perché si
era allargato il taglio del cappuccio. Quindi ridussero la feritoia
ad un buco, giusto per prendere aria. Da quel momento, purtroppo,
Dori non poté più nemmeno bere alla tanica: doveva chiedere
di poter togliere il cappuccio quando aveva sete”.
Grazie a te ho una barca da
scrivere
Nota. Prima
della scrittura di “Hotel Supramonte”, Fabrizio:
“Hanno scritto (i giornali) che per risarcire mio padre farò
una canzone sul rapimento. Ma dico la verità, non ci
ho ancora pensato. Certo dovrò rimboccarmi le maniche
e rimettermi a lavorare. Scriverò sicuramente altre canzoni
ed è ovvio che traduca in musica anche questa terribile
esperienza che ho vissuto in prima persona. Però non
credo di scrivere una canzone proprio sul rapimento, certe cose è
meglio dimenticarle [10].
Ho un treno da perdere
Nota: è
probabilmente riferito ad un treno che sentivano passare da
lontano. Non sono state trovate affermazioni in tal senso nelle
interviste successive al rilascio, quindi è solo una
supposizione.
E un invito all'Hotel Supramonte
dove ho visto la neve
sul tuo corpo così
dolce di fame, così dolce di sete
Nota:
Fabrizio: “La prima scatoletta di tonno i nostri rapitori
ce la diedero ventiquattro ore dopo che avevamo consumato l’ultimo
pasto all’Agnata. Per una intera giornata non ci hanno dato
da mangiare. Oltre alla prudenza nell’acquisto delle vivande
i sequestratori devono usarne altrettanto riguardo l’acquisto
degli alimenti da trasportare. Nel caso in cui una pattuglia
dei carabinieri fermi il vivandiere, questi può dire
che sta portando da mangiare ad un pastore. Ma è ridicolo
e clamorosamente sospetto che qualcuno porti del latte ad un
pastore. Ecco perché ce l’hanno sospeso. Ci avevano detto: “non
vi faremo mancare nulla. Basterà che ce lo chiediate”.
La prima nostra richiesta furono i libri, alcune riviste e un
mazzo di carte. Non ci hanno mai esaudito. Ma era come per il
latte e il whisky. Il vivandiere sorpreso con una rivista o
con dei libri avrebbe fatto nascere dei sospetti. I pastori
si limitano a leggere il quotidiano locale, e soprattutto non
giocano a carte perché vivono soli”.
Fabrizio: “Solo
un paio di volte ci hanno fatto la pastasciutta, e devo dire
che non cucinavano nemmeno male. Ma di solito ci hanno nutrito
con pane duro della Gallura, pancetta, formaggio e prosciutto,
e soprattutto tonno, tanto tonno e del peggiore che c’è
in commercio. Ci hanno fornito anche del vino, e ogni tanto
liquori: avevano cominciato con il whisky, hanno finito con
il peggior cognac di imitazione. Per ribellarci avevamo solo
quella scatoletta di tonno che avevamo conservato per usarla
eventualmente sui nostri polsi e morire dissanguati, perché
volevamo che almeno l’ultima decisione, quella estrema, fosse
nostra"[11].
Fabrizio: “Un giorno (a novembre)
gli spaghetti cucinati da loro erano particolarmente buoni.
“Che ci avete messo?”, domandai, “c’è un aroma che non
abbiamo mai sentito”. “Abbiamo cucinato il vostro pettirosso
[12], quello porta iella. Così da oggi le cose andranno
meglio, sarete più fortunati”. Eravamo attorniati da
decine di pettirossi che venivano a beccare le briciole di pane
che spargevamo per terra mentre mangiavamo”.
Passerà anche questa
stazione senza far male
Nota: potrebbe
essere riferito alla stazione della dolorosa “via crucis” che
stavano vivendo.
Passerà questa pioggia
sottile come passa il dolore
Nota:
Fabrizio: “Quando pioveva ci coprivano con un telone da
serra. Il telone andava un po’ di qua, un po’ di là,
così noi ci inzuppavano lo stesso e avevamo paura di
prenderci una polmonite che ci avrebbe portato all’altro mondo,
perché non avevamo di certo un dottore [13].
Ma dove dov'è il tuo
cuore,
ma dove è finito il tuo
cuore
Nota: Fabrizio:
“(Mio padre Giuseppe) l’hanno creduto un industriale, non sapevano
che era solo un dirigente di azienda, uno stipendiato. Poi hanno
cercato di descriverlo come un padre senza cuore che lasciava
il proprio figlio in balia dei banditi"[14].
E ora siedo sul letto del
bosco che ormai ha il tuo nome
Ora il tempo è
un signore distratto, è un bambino che dorme
Nota: Fabrizio:
“Da quando alla fine di settembre le trattative
tra mio padre. (“Il signore distratto”, così lo definivano
i carcerieri) si interruppero per l’esosità della somma
richiesta come riscatto, dovettero passare altri due mesi e
mezzo prima che si riprendessero i contatti. Dicevano che prometteva
miliardi e poi si eclissava”.
Ma se ti svegli e hai ancora
paura ridammi la mano
Nota: Fabrizio:
“(Durante il trasferimento sui monti) Ci hanno
fatto scendere dalla Dyane ed acquattare dietro la siepe
a qualche metro dal ciglio della strada. Dori da principio era
sconvolta, ma lì per lì era diventata bianca come
un lenzuolo”.
Cosa importa se sono caduto,
se sono lontano
Nota: spesso
durante i concerti la parola “caduto” veniva sostituita con
“fottuto”. Questo potrebbe spiegare il verso “se sono lontano”,
intendendo lontano dal padre che per voce (falsa) dei carcerieri
aveva dichiarato che non gli importava troppo dei due sequestrati
e dell’esborso del riscatto.
Perché domani sarà un
giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un
giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo amore
ma dove è finito il
tuo amore.
Nota: Fabrizio:
“Finalmente ci dissero, “questa sera liberiamo la signora”.
Dori lasciò il rifugio verso le tre del pomeriggio. Ci
abbracciammo come se ci separassimo per sempre. L’avrebbero
depositata verso mezzanotte nei pressi di Monti dove sarebbe
stata prelevata dagli emissari di mio padre”. L’indomani sarebbe
stato liberato Fabrizio, nella incertezza che Dori fosse tornata
a casa e che il padre Giuseppe avesse rispettato gli accordi
per pagare il riscatto. Sarebbe stato per Fabrizio un giorno
sicuramente incerto, angoscioso, lungo e senza nessuno con cui
parlare. Nella incertezza del tempo di dicembre che avrebbe
potuto essere nuvoloso o soleggiato, ma freddo, come l’angoscia
per la mancanza di un amore che avrebbe potuto perdere per sempre.
Spesso l’ultimo verso nei concerti veniva cambiato in “ma
dove hai lasciato il tuo amore”. Spiegherebbe meglio l’angoscia
per la solitudine che intravedeva se per qualsiasi ragione non
fosse stato rilasciato o se Dori non avesse raggiunto casa.
[1] “Richiamai l'esperienza del sequestro solo in una
canzone, ‘Hotel Supramonte’,
e dedicai il resto dell’album a una sorta di parallelismo
tra gli emarginati di Sardegna e i pellerossa d'America”.
De André a Cesare G. Romana.
[2] Il nome della
località acquistata in Sardegna dal cantautore, che
spiegava: “In sardo Agnata significa ‘angolo protetto’. È
una fattoria: io vorrei trasformarla in un certo tipo di
comunità agricola anarchica, e conto di riuscirci, anche se
tutti mi ripetono che l’anarchia è una utopia, cioè un
sistema di vita irrealizzabile in pratica, come la
felicità”.
[3] Tutte le parti virgolettate provengono
dalla rivista settimanale “Gente” del gennaio 1980 n. 2 e
seguenti, salvo ulteriori note meglio specificate.
[4]
[6] [7] [8] [9] [10] [11] [13] [14] Dal settimanale "Oggi"
14-2-1980
[5] Con i nomi ‘il gatto’
e ‘la volpe’, ovvero il “mio” e il “tuo”, come li chiamavano
Dori Ghezzi e Fabrizio De André, si intendono i carcerieri
che rispettivamente erano assegnati alla custodia della
prigionia di Dori e Fabrizio.
[12] Nell'agosto 1980
ilsettimanale L’Espresso pubblicò la poesia “Caleidoscopio”,
di Fabrizio De André, a mio giudizio con un chiaro
riferimento nella prima strofa al pettirosso del Supramonte:
“Pettirosso di
ogni novembre
lo stiamo ascoltando
all'unisono
il fottuto maestrale
di Francia
che ci piega le smorfie
ad Oriente
Salute agli Antichi
padroni, pettirosso,
salute allo stemma
di questa brigata
di sughere
pettinate ancora all'Umberta”
1981 - Se ti tagliassero a pezzetti -
Edizioni musicali BMG Ricordi
S.p.a.
Il manifesto politico di
Fabrizio De André: l'inno alla Libertà
Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe
la pelle
e la luna tesserebbe i
capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio
il sorriso
I primi versi del
testo sono liberamente ispirati da una antica leggenda
indiana:
“The
Contest between Coyote and Spider Woman - La Disputa tra Coyote e la Donna Ragno" [1].
Testo
originale: “This web was as thin as breath,
as strong as sunlight, as sharp, as the horns of the
moon. And she wove the web for days,
while Coyote went around calling her names, which, much
to her credit, she just ignored. However, finally he
decided to kill her. So Coyote ran at her baring his
teeth, but he ran right into that invisible web she'd
made. And that web thinner than a thought, cut Coyote
into a thousand little pieces. So Spider Woman got the
last laugh. But Little Wind who always has a good heart,
he picked him up and put him back together again. Then
he called forth some of the other wind people – Left
Handed Wind – Summer Wind, Big Wind Coming, and Wind
In The Air – and they blew the life back into Coyote.
After that, he vowed never to insult Spider Woman again,
and he hasn’t said a bad word to her to this day”.
Traduzione:
“Questa ragnatela era sottile come un soffio d’alito,
forte come la luce del sole, aguzza, come il corno della
luna. Lei tessé la ragnatela per giorni, mentre Coyote
per giorni la cercava nominando il suo nome, mentre
lei lo ignorava. Lui decise comunque di ucciderla. Quindi
Coyote corse da lei scoprendo i suoi denti, ma lui si
scagliò diritto contro quella ragnatela impercettibile
che lei aveva fatto. E quel filo così sottile
della ragnatela tagliò Coyote in mille piccoli
pezzi. A quel punto Donna Ragno fece l’ultima risata.
Ma Piccolo Vento che da sempre ha buon cuore, lo andò
a prendere e lo mise di nuovo insieme. Poi Piccolo Vento
chiamò delle altre persone del vento, Left Handed
Wind, Summer Wind, Big Wind Coming, e Wind In The Air,
ed essi soffiando ridiedero di nuovo la vita a Coyote.
Dopo quella volta, Coyote non volle mai più insultare
di nuovo Donna Ragno e non le disse mai più una
cattiva parola”.
La canzone ove più
di tutte le altre traspare la lode alla Libertà.
In maniera diretta Fabrizio De André si rivolge ad una
figura femminile del tutto impersonale dichiarando di
averla cercata a lungo, trovata ad alla fine conquistata
sino ad un atto d’amore a lungo sospirato.
io suonatore di chitarra
io suonatore di mandolino [2]
alla fine siamo caduti
sopra il fieno.
Libertà che a volte
può essere persa o ingabbiata nella ordinarietà
di una vita comune o persino banale
Persa per molto persa
per poco
presa sul serio presa
per gioco
non c'è stato molto
da dire o da pensare
la fortuna sorrideva come
uno stagno a primavera
spettinata da tutti i
venti della sera
Un concetto di Libertà
molto vicino al pensiero appunto libertario dell’autore
al punto che la signorina fantasia si tramuta
spesso nei concerti in signorina anarchia, nell’accezione
greca del termine, ovvero l’abolizione di ogni governo
sull’individuo. Una libertà impossibile da sconfessare.
E adesso aspetterò
domani
per avere nostalgia
signora libertà
signorina fantasia
così preziosa come
il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi
e di bellezza.
Libertà che a volte
viene sovvertita da azioni criminali o terroristiche
oppure dalle necessità di una vita organizzata
T'ho incrociata alla stazione
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un
tailleur grigio fumo
i giornali in una mano
e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco
al tuo assassino.
ma che sempre ritorna ad
affiancarci nella nostra ricerca di autodeterminazione.
Ma se ti tagliassero a
pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe
la pelle
e la luna la luna tesserebbe
i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso
Una dichiarazione in forma
di canzone che non a caso è una delle più
eseguite nei concerti che spesso Fabrizio De André introduceva
in questo modo: “Si tratta di un tentativo, allegorico,
di uccisione della libertà. Che non riesce. Alle
persone che assaggiano la libertà è poi
difficile rimettere il calcagno della dittatura sul
collo.”
[1]
Gerald Hausmann “Tunkashila”
‘The contest between Coyote and spider woman’
– Speaking Volumes, Florida, pagg. 83-84-85-86
[2] Scherzosamente
in concerto spesso il termine ‘mandolino’ diventava
‘chitarrine’.
Cronologia
dei fatti principali 1982-1999
Nel 1982 le Brigate Rosse rapiscono a Verona
il generale americano James Lee Dozier. Giovanni
Senzani, una delle menti delle Brigate Rosse, è arrestato
a Roma. Gli USA impongono sanzioni economiche alla Libia di
Gheddafi, mentre la Comunità Economica
Europea impone l’embargo all’Argentina, dopo l’occupazione delle
isole Falkland. A Palermo la mafia uccide Pio La Torre, segretario
regionale del PCI. Muore durante il gran premio automobilistico
del Belgio, il pilota Gilles Villneuve. La
Juventus vince il suo ventesimo scudetto. Nasce il Commodore
64, prima generazione di personal computer. Il cadavere di
Roberto Calvi, ex presidente del Banco Ambrosiano
viene ritrovato sotto un ponte di Londra in circostanze ad oggi
poco chiare. Il mostro di Firenze colpisce per la quinta volta
a Montespertoli. L’Italia calcistica è campione del mondo
battendo in finale la Germania. Licio Gelli
capo della Loggia massonica P2 viene arrestato a Ginevra, dove
si era rifugiato. A Beirut avviene il massacro di Shabra e Shatila,
con l’ccisione durante la notte di 3500 sciiti. Un commando
di cinque terroristi palestinesi compie un attentato alla Sinagoga
di Roma con morti e feriti. Il complesso svedese dehìgli
ABBA si scioglie dopo dieci anni di successi
ininterrotti.
Nel 1983 Apple presenta
il rivoluzionario computer grafico Lisa, dotato di mouse e icone.
Il criminale nazista Klaus Barbie scampato al processo di Norimberga
viene arrestato. La Fiat Uno vede la sua presentazione a Cape
Canaveral, base in Florida da cui partirono le missioni Apollo.
Il processo Moro si conclude con l’ergastolo ai brigatisti Mario
Moretti e Prospero Gallinari. Viene individuato
il virus HIV. Scompare a Roma in circostanze tuttora misteriose
Emanuela Orlandi. Enzo Tortora viene arrestato
con l’imputazione di appartenere alla Nuova Camorra Organizzata
di Raffaele Cutolo. Il giudice Rocco Chinnici muore a Palermo
a causa di una devastante bomba al tritolo. Il mostro di Firenze
colpisce di nuovo a Scandicci. Oltre 240 marines muoiono a Beirut
per un attentato. Il mafioso Tommaso Buscetta viene arrestato
a San Paolo del Brasile. Lech Wa³êsa sindacalista e politico
polacco riceve il premio Nobel per la Pace. “Uccelli rovo” miniserie
TV tine incollati alla TV milioni di spettatori in tutto il
mondo. Le elezioni politiche in Italia vedono un brusco calo
della DC con solo un milione di voti di scarto con il PCI. Craxi
diventa primo ministro sorretto dal pentapartito DC-PSI-PSDI-PLI-PRI.
Nasce la prima versione del programma di scrittura “Word” della
Microsoft. In Argentina viene ristabilita la democrazia.
Fernanda Pivano prosegue con le traduzioni
e prefazioni di Kerouac, Henry Miller, e vince un prestigioso
premio come miglior traduttrice. Giovanni Paolo II si reca a
Rebibbia a colloquio con il suo attentatore Alì Agca.
“What a Feeling” canzone della colonna sonora del film Flashdance è
in testa alle classifiche.
Decine di artisti in Francia pubblicano
le loro interpretazioni delle canzoni di Georges Brassens.
I Tempi Duri pubblicano il 45 giri “Gabbia/Jeckill”
a firma Cristiano De André e Carlo Facchini. Toto Cutugno pubblica
“L’Italiano”. Dori Ghezzi ottiene il terzo
posto al Festival di Sanremo con il brano “Margherita non
lo sa” pubblicato su etichetta Fado (Fabrizio-Dori).
Inizia a Tempio Pausania il processo
ai rapitori di Fabrizio De André e Dori Ghezzi.
Sulla
Domenica del Corriere, 19 marzo 1983 a firma di Gianfranco
Fagiuoli compare una dichiarazione di Fabrizio De André che "assolve"
i carcerieri, ma non i capi della banda.
Nel 1984 viene pubblicata la relazione finale
sulla Loggia P2. Berlinguer viene colpito da
emorragia cerebrale durante un comizio a Padova. Craxi abolisce
la Scala Mobile, la rivalutazione automatica degli stipendi
relazionata alla inflazione. Albano e Romina Power vincono il
festival di Sanremo. Il nuovo concordato con la Santa Sede di
fatto non considera più la religione cattolica come religione
di Stato. La Lega autonomista Lombarda fondata Umberto
Bossi due anni prima si presenta alle elezioni europee,
in alleanza con altri partiti autonomisti. Nasce il narcoterrorismo
di Pablo Escobar con la spietata esecuzione del ministro della
giustizia colombiano. Toni Negri, già fuggito in Francia,
viene condannato a 30 anni di carcere. Il PCI supera la DC alle
elezioni europee. Michele Sindona viene imprigionato
a Rebibbia. Le reti televisive di Berlusconi vengono oscurate,
ma il premier Bettino Craxi dopo quattro giorno emana un decreto
legge d’urgenza che consente la ripresa delle trasmissioni.
Leonard Cohen pubblica l’album
“Various Positions” che contiene la canzone “Hallelujah”,
passata quasi inosservata sino alla prima cover del 1991 ed
inserita in un film di animazione “Shrek” nel 2001 da
Rufus Wainwright, compagno di Lorca
Cohen, figlia del cantautore canadese. Nemmeno la versione
di Bob Dylan del 1988 viene ricordata oggi.
La classifica della Hit Parade vede Stevie Wonder
al primo posto.
Fabrizio De André
pubblica “Crêuza de mä” il disco rottura della
tradizione cantautorale in Italiano divenuto miglior album del
decennio, nonché il quarto fra i cento album migliori di sempre.
Parte una tournée estiva di concerti che durerà quasi
tre mesi, e toccherà anche la Svizzera, per concludersi
a Cagliari agli inizi di ottobre.
Sull' Europeo,
10 marzo 1984 – a firma di Leo Merumeci compare una dichiarazione
sull'uso del dialetto genovese, dove Fabrizio De André ammette
il dialetto "per la stanchezza di scrivere in una
lingua, l'italiano, che altri usano meglio di me nella canzone.
Perché è la mia lingua, non è neolatina, ha radici
arabe e molte parole tronche. Un esperanto mercantile che capivano
tutti, dal Bosforo a Gibilterra.
1984 - Crêuza de mä -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a
una personale interpretazione
"Crêuza de mä" è un concept
album. Una storia, una vita raccontata. Per i più, ancora
oggi, non compreso come tale. È la storia della vita
di quel pescatore-marinaio che parte e vaga per il Mediterraneo
alla ricerca della sua fortuna, e che incontra gente, cose,
fatti, guerre, ricordi, speranze, tristezze e malinconie…Fabrizio
De André lo volle così. Gli ci vollero anni a pensarlo
così, navigando con la sua barca Jamin-A per il Mediterraneo,
alla ricerca di ispirazioni e sonorità diverse, visitando
e rivisitando luoghi tristi e felici, solari e bui, ricchi,
ma insolitamente poveri. E lasciando la barca da qualche parte
sulla via del ritorno.
Il testo reinterpretato
Il marinaio che torna affaticato dal mare, luogo dove non
ci si può nascondere, tanto che pure la luna vi si mostra
nuda, perché la vastità del mare ce la mostra sempre
intera, mai nascosta da alberi o dalle montagne, va a rifocillarsi
e riposarsi un po' alla taverna di Andrea e pensa agli avventori
che ci troverà, magari gente che a Lugano ha fatto i
soldi con affari poco puliti, gente di Lugano facce da tagliaborse,
quelli non conoscono il mare, quelli che della spigola preferiscono
l'ala: i mandillà, i contrabbandieri. Noi marinai proveniamo
da un posto pericoloso, noi frequentiamo i porti e lo sappiamo
bene, che la notte potremmo trovarci un coltello puntato alla
gola, un posto che voi gente di città non sapete cos'è.
E a voler fare i lavori umili e faticosi come il nostro ormai
non c'è rimasto più nessuno, a montare l’asino
c’è rimasto solo Dio: il Diavolo è in cielo e
ci si è fatto il nido. Il mondo non si riconosce più,
tutto è stravolto tanto che persino Dio è costretto
a fare lavori umili e il diavolo ha preso il suo posto lassù.
Magari dall’Andrea troveremo la tanto sognata Jamina (che descriverà
nella canzone successiva) o magari una bella figliola di buona
famiglia... Chissà cosa troveranno da mangiare, magari
pescolini nel loro vino bianco, magari l'agnello (che noi non
adoriamo, noi siamo pescatori...) magari della selvaggina, una
lepre, o più probabilmente un gatto, dal momento che
noi l'Andrea lo conosciamo... Staremo dall'Andrea fino a quando
il mattino ci sorprenderà talmente ubriachi che dopo
tutte le battute e il gozzovigliare, ci toccherà riprenderci
e con le lacrime amare negli occhi, controvoglia, per le risate
e il vino della serata, dovremo rimetterci in viaggio e ripartire
agli ordini del padrone di questa barca; saremo tanto ubriachi
che torneremo a navigare persino sopra gli scogli. Quel mattino
che da quando siamo pescatori ci costringe a prendere fra le
nostre mani la "corda" della barca o del peschereccio
già intrisa di acqua di mare e di sale, quel mattino
che ogni volta ci costringe ad essere emigranti dalla terra
al mare anche controvoglia, con i chiodi negli occhi. Quel mattino
che per noi significa gratitudine verso il mare (il garofano
ha significato di gratitudine) e gratitudine verso le ragazze
che qualcuno di noi deve lasciare la mattina per tornare al
lavoro, incamminadosi per una di quelle strette vie che portano
al mare, le Crêuza de mä.
...ma
io ne dò un'altra interpretazione:
la Crêuza
de mä è la via che ci riporta verso casa perché noi che
lavoriamo nel mare, temiamo il mare. Il mare è lavoro,
fatica, lontananza. Noi pescatori dipingiamo la nostre case
con colori sgargianti da poterle vedere da lontano e sogniamo
di tornare in fretta a casa a riposarci e morire fra le nostre
mura domestiche e i nostri affetti dai quali siamo stati a lungo
lontano, per quelle viuzze strette in salita che abbiamo costruito
fra le mura per raggiungere al più presto la nostra casa.
1984 - Â pittima
- Edizioni musicali
BMG Ricordi S.p.a.
traduzione
dal genovese e personale interpretazione
Cosa ci posso fare
Se non ho le braccia da marinaio
E se in fondo alle braccia non ho
le mani da marinaio
Ho un pugno che sembra un nido
Ho una gabbia toracica larga un dito
Giusto per nascondermi col vestito
dietro a un filo
E vado in giro a cercar soldi
A che se li tiene dopo che glieli
hanno prestati
E glieli domando timidamente, ma
in mezzo alla gente
E a chi non vuole farsene una ragione
E sembra sternutire contro il tuono
Gli mando a dire che vivere è
caro, ma a buon mercato
Io sono un pittima rispettata
E non andate in giro a dire
Che quando la vittima è uno
stracciaio gli do del mio
L’epithema, termine mutuato dal greco, è
un medicamento fastidioso, d’impiccio, fatto di garze e unguenti
da porre sopra le ferite. Nel dizionario genovese del
Casaccia del 1851 è indicato come colui
che è troppo attaccato al denaro: la pittima.
Per estensione nella antica Genova e Venezia era colui che dietro
compenso o percentuale doveva riscuotere i debiti per i creditori.
La condizione essenziale era che doveva essere reclutata fra
quei miserabili che non avevano nulla da perdere. E proprio
per questo veniva ingaggiata per la riscossione. Era facilmente
riconoscibile fra la gente perché era concesso loro di vestirsi
di rosso per farsi riconoscere e importunare i debitori anche
con urla e grida in mezzo alla gente. Era tutelata da un preciso
codice che le proteggeva nel caso in cui il debitore gli recasse
dei danni, con la condanna del debitore stesso al risarcimento.
Nella antica Venezia era anche dato loro alloggio gratuito.
Un personaggio insomma ingombrante.
Uno di quei personaggi che poteva tranquillamente far parte
dell’album Le nuvole, di cui parleremo in altro passaggio.
In realtà è una delle figure che riappaiono al
termine del viaggio del marinaio descritto in Creuza de ma
dopo la sua lunga assenza da casa. Dove al ritorno ritrova quel
sentiero dal quale è partito, la taverna dell’Andrea
dove racconta delle sue, effimere, conquiste amorose, racconta
di quel genovese voltafaccia che ha preferito per denaro servire
il sultano e degli strazi a cui ha assistito. Ma il ritorno
alla realtà stanziale gli fa ritrovare quella figura
di uomo piccolo e minuto che non ha le braccia per fare il “padrone
di mazza”, il muratore, La Pittima insomma. Il marinaio
assiste alla passeggiata domenicale delle prostitute, sino a
commuoversi durante la preparazione dell’ennesimo baule dove
conservare i suoi ricordi in vista della ennesima partenza.
Il brano è ovviamente raccontato nella lingua del marinaio,
il genovese antico, mutuato dai dizionari del Casaccia del 1851,
dove per far baciare la rima dell’ultimo verso,
Che quandu a vittima l'è
'n strassé ghe dö du mæ
Fabrizio De André fa dire alla pittima
che è disposta a dare del suo quando la vittima è
uno straccione, anziché uno stracciaio, (strassé) come
la traduzione del dialetto genovese vorrebbe.
1984 - Scipione
Cicala: un genovese di Turchia
la storia
Fu un marinaio genovese catturato
nella seconda metà del XV secolo in uno scontro tra le
flotte della Repubblica di Genova, al cui comando vi era il
padre, visconte Vincenzo, e la flotta turca. Rinnegando la sua
vita e la sua religione, Cicala divenne in seguito Gran Visir
e Serraschiere del Sultano, assumendo il nome di Sinàn
Kapudàn Pascià. Scipione Cicala nacque a Messina
nel 1545 da una nobile e facoltosa famiglia genovese il cui
capostipite, il Visconte Vincenzo, era a servizio e agli ordini
della casata genovese dei d’Oria. Catturato con il figlio Scipione
allora quindicenne dalla marina Ottomana, il visconte
riuscì a pagare il riscatto per la propria liberazione,
mentre Scipione venne trattenuto e convinto dai Turchi a ritorcersi
contro i Cristiani, non avendo altra alternativa che la messa
a morte. Entrato nell’esercito dei Giannizzeri (ovvero il corpo
militare di fanteria del sultano turco) raggiunse il grado di
funzionario e poi di ufficiale, divenendo in seguito governatore
e poi Visir dell’Impero Ottomano. Questo grazie anche all’incarico
di corsaro con il quale compì scorribande e incursioni
violente nell’Italia meridionale, razziando beni di ogni genere
con una violenza inaudita. Divenuto Terzo Visir sotto il sultano
Maometto III in guerra con l’Austria, si sposta in Ungheria
dove ottiene una importante vittoria contro le truppe austriache
e diventa quindi Gran Visir. Le sue maniere eccessivamente forti
nella conduzione delle truppe ottomane lo portano alla destituzione
del titolo, ma pochi anni dopo viene nominato Kapudan Pascià,
Ammiraglio, e si ritrova a combattere nella battaglia per la
conquista di Reggio Calabria, ma viene di nuovo sconfitto nel
1602. Lo ritroviamo in seguito al comando delle truppe ottomane
in guerra con i Persiani, ma durante la disastrosa ritirata
muore nel 1605 nella città di Diyarbakir nel sud della
Turchia. Famosissimo in Turchia, ignorato del tutto in Italia.
Le sue ingenti ricchezze accumulate negli anni vengono in fretta
in parte dilapidate e in parte assegnate al cognato. Il suo
sfarzoso palazzo è al centro oggi del più bel
quartiere Cağaloğlu di Istanbul. Cağaloğlu
significa figlio di Cicala, è il quartiere della editoria
turca che annovera la presenza dell’ufficio del Governatore
nell’ex quartier generale dell’impero Ottomano, un liceo di
studentesse, una famosa moschea. Fu voluta da Sinan Kapudan
Pascià una Hamman, il bagno turco, in modo che tutti
gli abitanti ne potessero fruire liberamente. La sua più
completa biografia si trova nel dizionario biografico
Treccani.
La lingua del Mediterraneo
Da alcune carte personali di Fabrizio
De André cantautore piene di appunti per l’elaborazione del
testo della canzone “Sinan Capudan Pascià” dedicata
appunto a Scipione Cicala, apprendiamo anche quello che potrebbe
essere stato uno dei possibili riferimenti letterari logogenetici
delle liriche: il libro di Pietro Silva “Il mediterraneo”.
Fabrizio De André ha ammesso di aver preso ispirazione per la
canzone: “…da una notizia, addirittura due righe su un volumone
sottratto alla biblioteca paterna e intitolato Mediterraneo.
Un libro edito nel 1944 in cui si parla, tra l’altro, anche
di questi venuti, di questa gente, veneziani, genovesi, rinnegati.
Sono bastate quattro righe ed è venuta fuori la storia
di Kapudàn Pascià. Non è da escludere,
dunque, che gli esiti linguistici dal mondo turco presenti in
questa canzone possano essere stati tramandati a Fabrizio De
André proprio dai suoi studi sulle vicende mediterranee di cui
si parla nel testo più che da singolarissime attestazioni
dal genovese del Settecento. Non è difficile ipotizzare,
dunque, che il lessico di ogni testo-canzone, sebbene in genovese,
possa variare leggermente proprio per esigenze interne alla
narrazione stessa. Ben più marcati e ampiamente diffusi
sono nel genovese, e nel genovese riproposto proprio da Fabrizio
De André nel testo, dei tratti provenienti dal portoghese, dal
turco, dallo spagnolo, dal francese e dal sardo. Si pensi proprio
a “sciabeccu” che, sì, mantiene parte della radice comune
“iskebeg”, ma a Genova era arrivato attraverso la lezione ispanica
“escabeche”; oppure al titolo stesso dell’album, Crêuza
de mä, tradotto di solito con “Mulattiera di mare”.
Il termine “crêuza” (o “crêusa”) proviene dal francese
“creuser”, che sta per “scavare”; il che rende molto più
l’idea del terreno impervio, ricavato a fatica, attraversato
da queste strade liminali. Le case colorate sul mare della Liguria,
che hanno una crêuza scavata fra di esse vengono riconosciute
meglio dai marinai che al largo in prossimità della riva
vogano più in fretta affinché il ‘padrone della corda
marcia d’acqua e di sale che ci lega qua’, (traduzione in
italiano di un verso del testo genovese) ovvero l’armatore,
ci riporti in quella mulattiera dal mare, a casa nostra. E qui
devo correggere praticamente tutti coloro, famosi giornalisti
e critici, che asseriscono che la crêuza è la strettoia
fra le case che porta al mare. No, è vero l’opposto,
dal mare porta velocemente il pescatore a casa propria,
in direzione inversa rispetto a quanto è stato sino ad
ora asserito e scritto. Il marinaio teme il mare, il mare è
fatica è lavoro, è lontananza ed il desiderio
del ritorno si fa realtà non appena dal largo si scorge
nella sua Genova la propria casa colorata fra le altre dipinte
con colori sgargianti, dove vorrebbe tornare ad abbracciare
i suoi affetti e morire nella sua casa. Per questa ragione non
appena sbarcato imbocca la crêuza e sale verso
casa. La filologia ha la sua importanza.
L’intuizione di una lingua mediterranea è
dunque giusta sotto questa prospettiva, e certo non può
escludere il gran numero di termini turchi ed arabi che in tutte
le lingue mediterranee (anche romanze) permane in qualche misura,
proprio a causa del gran numero di rapporti intrattenuti da
Genova con varie culture nel corso della sua storia marinaresca.
Ma tornando al genovese utilizzato
da Fabrizio De André in Crêuza de mä, nella
maggior parte dei casi, non sono delle lingue monocorde, non
si identificano con il parlato di un singolo parlante. Si tratta
di una lingua ricostruita tramite la consultazione, da parte
del cantautore, di vocabolari, lessici, dizionari e altre fonti
riprodotte più o meno fedelmente nel testo creato. Ma
non è esatto nemmeno dire che il dialetto delle canzoni
sia un genovese arcaico, filologicamente e pedissequamente ricostruito,
o propriamente settecentesco. Infatti, nei testi convivono contemporaneamente
diverse varianti: diafasiche, relative quindi a differenza nativa
linguistica, diastratiche, ovvero variazioni di espressioni
linguistiche relative a diversi ceti sociali, diatopiche, relative
alla provenienza geografica, diacroniche, ovvero mutevoli con
il tempo e gli anni, del genovese. Insomma, tanti genovesi diversi,
usi linguistici propri di vari strati sociali, varie epoche
storiche, varie zone d’origine, vari gradi d’utilizzo (formale,
informale, colto, ecc.), tutti nella stessa lingua di testo-canzone. È
come se il genovese di Fabrizio De André comprendesse in sé
tutto ciò che il genovese doveva essere stato, e questo
può avvenire proprio grazie a un genovese che nella realtà
non era stato mai nella sua interezza di lingua parlata.
Ma andiamo un po’ più nei
dettagli, premettendo che quanto scritto di seguito proviene
in parte da studi linguistici precedentemente effettuati, in
parte è scaturito dalla consultazione di numerose fonti:
lessici, dizionari, lemmari, ricettari, resoconti di viaggio
atti a ripercorrere a ritroso il complesso lavoro di studio
linguistico dialettale già operato da Fabrizio De André
per il suo genovese di canzone. Perché di vera e propria creazione
si deve parlare, più che di semplice riproduzione.
L’uso di fonti riportanti lezioni
arcaiche del dialetto genovese di Fabrizio De André è
cosa certa, non è smentibile, ed è uno dei motivi
per cui anche a un parlante genovese moderno alcuni termini
potrebbero risultare bizzarri alla pronuncia o morfologicamente
oscuri. Nella testo “Crêuza de mä”, ad esempio,
il verso: “cose da beive cose da mangiä”, il verbo “bere” è
indicato con la forma “beive”, più arcaica del recentemente
utilizzato “beje”, dove il suono semiconsonantico indicato con
“V” non è più presente. Incomprensibile alla maggior
parte dei genovesi potrebbe risultare anche la parola “Cumbi”
che sta per “Colombi”, la cui unica attestazione è presente
sul vocabolario del Casaccia aggiornato al 1951, il che non
vuol dire per forza che si tratti di una forma arcaica, ma semplicemente
di raro utilizzo. Discorso simile si potrebbe fare per il termine
“Diu” per indicare “Dio”, che nel moderno dialetto viene
riportata come forma presente nell’uso corrente, ma non troppo
frequente, quindi come attestazione colta. Quest’ultimo caso
ci mostra, inoltre, come la scelta di una variante più
datata diacronicamente o più rara diafasicamente (nel
tempo o nell’uso) non escluda in altri luoghi la presenza di
sinonimi di più recente e comune utilizzo. Per “Dio”
in “Sinàn Capudàn Pascià”, infatti,
troviamo nel verso “Giastemmandu Mumä au postu du Segnü” (“Bestemmiando
Maometto al posto del signore”) la più comune attestazione
“segnü”. A conferma ulteriore del fatto che, come già
visto per i termini turchi ed arabi di questo testo, Fabrizio
De André poteva anche cambiare leggermente la tipologia di dialetto
in base alla canzone e alle eventuali fonti ispiratrici.
Nel 1985,
l’anno del freddo polare in Italia, si toccano temperatore sotto
i meno venti in gran parte dell’Italia, coperta da eccezionali
nevicate. Spariscono le cabine telefoniche rosse da quasi tutta
la Gran Bretagna. Michael Jackson pubblica
con decine di altri artisti “We Are The World”, per la fondazione
Usa for Africa. Il gruppo palestinese Abu Nidal compie un attentato
a Fiumicino con tredici morti e decine di feriti. Ronald Reagan
incontra Gorbaciov a Ginevra. In Colombia erutta il vulcano
Nevado del Ruiz facendo 23.000 vittime. La nave Achille Lauro
viene sequestrata da un commando guerrigliero di palestinesi.
Il mostro fi Firenze uccide ancora a San Casciano Val di Pesa.
Il giornalista Giancarlo Siani viene ucciso dalla mafia. Il
terremoto di Città del Messico fa 11.000 vittime. La
corte d’Appello assolve tutti gli imputati della strage di Piazza
Fontana. Francesco Cossiga viene eletto presidente della Repubblica.
A Bruxelles cede una paratia dello stadio prima della partita
della Juventus Liverpool e muoiono 39 persone. La partita viene
ugualmente giocata.
Muore all’eta di 73 anni a Genova
Giuseppe de André, padre di Fabrizio. Dirigente
d’azienda e impegnato politicamente, diventò vicesindaco
a Genova, fondò la Fiera di Genova, dove una piazza a
lui intitolata ne ricorda la memoria.
La Repubblica
del 20 luglio 1985 lo ricorda così: “Si è spento
ieri in una clinica di Genova Giuseppe De Andrè, uno
dei personaggi più noti nella vita economica genovese
e, non solo genovese, del dopoguerra. Nato a Torino nel 1912,
laureato in lettere, si trasferì a Genova al termine
degli studi universitari. Approdato nel capoluogo ligure, si
dedicò subito all' attività politica. Più
volte eletto consigliere comunale per il Pri, De Andrè
ricoprì anche la carica di vice sindaco. Alla fine degli
Anni 50 fu il primo presidente dell' ente Fiera del Mare. Abbandonata
la militanza politica, De Andrè venne chiamato da Attilio
Monti ai vertici dell' Eridania: in questa azienda fu direttore
generale, amministratore delegato e presidente. Fu anche presidente
dell' editoriale di controllo dei quotidiani, "Resto del
Carlino" di Bologna e "Nazione" di Firenze, carica
da cui si dimise nell' 82 rompendo il lungo rapporto di collaborazione
con Attilio Monti”.
La canzone "We Are
The World" è in testa alla Hit Parade. In Italia
David Zard risponde con il disco “Volare,
Musicaitalia per l’Etiopia” alla iniziativa di
Michael Jackson. Partecipano decine di artisti italiani,
Fabrizio De André e Dori Ghezzi compresi.
Nel
1986 si apre il maxiprocesso a Palermo nell’aula bunker
appositamente allestita all’interno del carcere Ucciardone.
Berlusconi acquista la squadra di calcio del Milan. Il vino
al metanolo provoca 23 vittime in Italia. Alì Agca viene
ritenuto l’unico attentatore di Papa Giovanni Paolo II nel processo
che arriva a conclusione. A Berlino scoppia una bomba all’interno
di una discoteca frequentata da Marines Americani, provoca 3
morti e oltre 200 feriti. Esplode il reattore n 4 di Cernobyl
in Ucraina e le conseguenze della nuba radioattiva ricadono
su tutta Europa. Lo Space Shuttle esplode nella fase di decollo
e provoca la morte di tutti i sette gli astronauti. Michele
Sindona è condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio
Ambrosoli. Due giorni dopo muore nel carcere di Voghera dopo
aver bevuto un caffè avvelenato. L’Italia per la prima
volta è connessa a Internet. In gran Bretagna esplode
il morbo della mucca pazza. Il neofascista Mario Tuti è
condannato per l’attentato al treno Italicus. L’esercito libico
attacca Lampedusa con il lancio di due missili. Fernanda
Pivano pubblica il suo libro “Cos’è più
la virtù” per Rusconi Editore e cura “Bomb” di Gregory
Corso.
Madonna anche in Italia è
al primo posto delle classifiche di vendita.
Fabrizio De
André acquista una barca, Jamina, e parte per un lungo viaggio
con Mauro Pagani verso la Turchia e la Grecia. Fabrizio De André
e Dori Ghezzi sottoscrivono il perdono e la rinuncia ai risarcimenti
in favore della domanda di grazia presentata da Salvatore Cherchi
e Giulio Carta, due degli autori del sequestro subìto
in Sardegna.
Nel 1987 viene emesso il
mandato di cattura per bancarotta fraudolenta nei confronti
di Paul Marcinkus, presidente dello IOR, la banca del Vaticano,
per le indagini sul crack del Banco Ambrosiano. Negli Stati
Uniti debutta “Beautiful” ed appare per la prima volta il cartone
“I Simpson”. Un diciannovenne a bordo di piccolo Cessna atterra
indisturbato sulla Piazza Rossa a Mosca dopo un volo dalla Germania.
Margaret Thatcher si insedia al suo terzo governo nel Regno
Unito. L’alluvione in Valtellina provoca 53 morti e oltre 2000
sfollati. Nel Kosovo si assistono a scontri tra le minoranze
Serbe e il Montenegro. Ronald Reagan e Michail Gorbaèëv
firmano un trattato per l'eliminazione dei missili a medio raggio
in Europa. Si chiude dopo 22 mesi il Maxiprocesso di Palermo
contro la mafia. 19 boss all’ergastolo, 342 condanne al carcere,
114 assoluzioni per insufficienza di prove. Gianni Morandi,
Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi
vincono Sanremo con Si può dare di più. La classifica
dei dischi è capitanata da “La Bamba”.
Fabrizio De André partecipa all’inaugurazione
del Salone Nautico Internazionale a Genova e alla cerimonia
di intitolazione al padre Giuseppe De André
del piazzale del quartiere fieristico.
Nasce Fabrizia
De André, figlia di Cristiano. Fabrizio De André diventa nonno.
Nel 1988 lo studente Cesare Casella è
rapito dall'Anonima Sequestri. Sarà il rapimento più
lungo della storia con il rilascio avvenuto ben due anni dopo.
La Fiat presenta la “Tipo”. Licio Gelli viene estradato dalla
Svizzera, dove era fuggito nel 1981. Gli verrà concessa
la libertà provvisoria. Sergio Pininfarina viene eletto
presidente della Confindustria. Massimo Ranieri
vince il Festival di Sanremo con “Perdere l’amore”.
Esplode lo scandalo delle carceri d'oro, con il coinvolgimento
dei politici Franco Nicolazzi e Vittorino Colombo. Si dimette
il governo di Giovanni Goria. Al suo posto il governo del pentapartito
di Ciriaco De Mita. Il film “L’ultimo imperatore” di Bernardo
Bertolucci vince 9 premi Oscar. Carlo De Benedetti
acquisisce il controllo della Mondadori, vincendo la
guerra con la Fininvest di Silvio Berlusconi.
Achille Occhetto è eletto segretario del PCI. Viene emessa
la sentenza per la strage di Bologna e condannati all'ergastolo
gli estremisti neri Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, sua
compagna nella vita. I leader di Lotta Continua Adriano Sofri,
Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi vengono
arrestati per l'omicidio Calabresi. George W. Bush vince le
elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Un aereo della PanAm
precipita in Scozia sulla cittadina di Lockerbie causando 281
morti. Stati Uniti e Gran Bretagna accusano la Libia dell'attentato.
I Duran Duran sono in testa alle classifiche di vendita.
Leonard Cohen pubblica l’album “I’mYour
Man”, con una struggente canzone tratta dalla poesia di
Federico Garcia Lorca “Pequeño vals
vienés”. Due sole date in Italia i concerto in Teatro a Milano
e Roma.
Fabrizio De André canta con
Francesco De Gregori nella canzone “Questi
posti davanti al mare” di Ivano Fossati,
nell’album “La pianta del tè”.
Nel 1989 l’ayatollah Khomeini
condanna a morte lo scrittore Salman Rushdie per aver pubblicato
il libro I versi satanici. La sentenza della corte d'appello
per la Strage di Piazza della Loggia a Brescia assove tutti
gli imputati. A Pechino in Piazza Tienanmen si registrano proteste
degli studenti che culmineranno con l’impiego di carri armati
e fucili d’assalto dell’esercito e la morte di centinaia o migliaia
di dimostranti. I Pink Floyd suonano in Piazza San Marco a Venezia
di fronte a 200.000 persone. In Polonia nasce il governo di
Solidarnoœæ, il sindacato autonomo fondato da Lech Wa³êsa.
Cade il muro di Berlino che divide le due Germanie
sin dal 1961. Michail Gorbaèëv, fa visita a
Roma a Papa Giovanni Paolo II. In Romania si assiste alla esecuzione
televisiva pubblica del dittatore Nicolae Ceaușescu e della
moglie dopo un processo sommario di 50 minuti.
Muore
improvvisamente in estate a soli 53 anni a Bogotá Mauro
De André, fratello di Fabrizio, famoso avvocato collaboratore
di Raul Gardini e del gruppo Ferruzzi.
La Hit Parade italiana vede La Lambada dominare le classifiche
di vendita.
Fabrizio De André e
Dori Ghezzi nel mese di dicembre si uniscono
in matrimonio a Tempio Pausania. Beppe Grillo
sarà testimone di nozze.
Nel 1990
negli Stati Uniti il primo politico di colore è eletto
Governatore di uno stato. Centinaia di cittadini di Berlino
assaltano l’ex quartiere generale della Stasi, la polizia segreta
della Germania dell’Est. Viene chiusa al pubblici la Torre di
Pisa per pericolo di crollo. McDonald con un tempismo inaspettato
apre il suo primo ristorante a Mosca, dopo la caduta dell’URSS.
Gli stati dell’ex Unione Sovietica riprendono la propria autonomia.
La Lettonia ripristina la sua bandiera dei tempi prima dell’annessione.
Nella Germania dell’Est si tengono le prime elezioni libere.
Achille Occhetto segretario del PCI propone il cambio del nome
al partito chiamandolo Partito Democratico della Sinistra. L’ex
Unione Sovietica approva la proprietà privata. La parola
omosessualità viene rimossa dall’elenco delle malattie
mentali dall’OMS. Le due Germanie uniscono le loro economie,
diventando di fatto il primo potere economico europeo. A Berlino
i Pink Floyd si esibiscono in concerto, The Wall, davanti ad
oltre 180.000 persone. L’Iraq invade il Kuwait, dando luogo
di fatto alla guerra del Golfo. Si compie a Roma il delitto
Cesaroni, rimasto impunito ad oggi. Il giudice ragazzino Rosario
Livatino è ucciso dalla mafia. Giulio Andreotti ammette
l’esistenza di Gladio, la struttura parallela ai servizi segreti.
Viene scoperto dopo due anni da una precedente perquisizione
in un covo delle Brigate Rosse di Via Monte
Nevoso a Milano un archivio di documenti, fra cui lettere di
Aldo Moro e molte armi. L’Italia sottoscrive gli Accordi di
Schengen e di fatto vengono aperte le frontiere per la circolazione
dei cittadini nei Paesi dell’Europa. “Vattene Amore”
canzone di Amedeo Minghi e Mietta
spopola le classifiche di vendita.
Fabrizio
De André pubblica in settembre l’Album “Le Nuvole”,
riproponendo sul lato “B” canzoni in dialetto, genovese, napoletano
e sardo.
1990 - Ottocento - Edizioni
musicali BMG Ricordi S.p.a.
non è
una canzone... è l'album intero
Piero Milesi, collaboratore di Fabrizio De
Andrè già dal 1989, tanto tempo fa. mi regalò
un suo Cd. Mi disse che era una lavoro prezioso che aveva fatto
per Fabrizio De André. Ci sono le tracce orchestra di 800 e
Le Nuvole. Con molta soggezione mi misi ad ascoltarlo, tenendo
in mano un foglio su cui erano spiegate tutte le tracce, i tempi,
la lunghezza, gli stop ecc.ecc. Solo dopo un po’ di tempo ho
realizzato: "Ottocento" è il titolo
dell’album e "Le Nuvole" è il titolo della
traccia della canzone "Ottocento". Ovvero, in origine
l’album doveva essere intitolato "Ottocento" e la
vera canzone che ha il titolo "Ottocento" doveva intitolarsi "Le
Nuvole". Proprio le Nuvole di Aristofane.
Poi ho riascoltato bene il brano di Fabrizio De André e solo
allora ho capito. Tutte le trace dell’album "Le Nuvole",
rimandano ad usi clientelari sicuramente più diffusi
nel secolo scorso, per esempio in "Don Raffaè";
più vicini insomma ad una cultura e modi di essere e
vivere del secolo scorso; come la presenza delle streghe che
non devono entrare dal camino in "A Cimma",
sono usanze e leggende del secolo o secoli scorsi. Anche la
presenza del medico che visita i pazienti recandosi da loro
col treno e trova le bagasce nell’altra stanza, sono figure
del secolo scorso. E "Monti di Mola" non
appartiene di certo alle usanze del 900! Aggiungo poi "La
Nova Gelosia", canzone veramente dell’800 … e "La
domenica delle Salme" è il rigetto della nuova
cultura apatica del 900.
Cercate la trama della commedia
di Aristofane.
Prendiamo la trama delle Nuvole di Aristofane
e compariamola al testo della canzone "Ottocento".
Nella prima strofa è il filosofo che chiede al
ragazzo perché si sia recato da lui.
Cantami di
questo tempo
l'astio e il malcontento
di chi è
sottovento
e non vuol sentir l'odore
di questo motor
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi , femmine
e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu
Poi il contadino parla al figlio:
Figlio
bello e audace
bronzo di Versace
figlio sempre più
capace
di giocare in borsa
di stuprare in corsa tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta
di anticaglie
scatole d'argento ti regalerò
ancora il padre si sfoga con se stesso...
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti
articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante
belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle
biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar
e successivamente parla al figlio:
Figlio figlio
povero figlio
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio
ti ha perduto nel Naviglio
figlio figlio
unico sbaglio
annegato come un coniglio
Poi il padre viene aggredito
allo stesso modo in cui nella commedia il figlio picchia il
padre:
per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio
a me a me
che ti trattavo come un figlio
povero me
domani andrà meglio
ancora la considerazione
del padre che attraverso la filosofia dice a Socrate quale vorrebbe
essere il suo destino, ovvero diventare ricco e colto:
Ein klein pinzimonie
wunder matrimonie
krauten und
erbeeren
und patellen und arsellen
fischen Zanzibar
und einige krapfen
frùer vor schlafen
und erwachen
mit walzer
und Alka-Seltzer fùr
dimenticar
Un piccolo pinzimonio
splendido matrimonio
cavoli
e fragole
e patelle ed arselle
pescate a Zanzibar
e
qualche krapfen
prima di dormire
ed un risveglio con valzer
e un Alka-Seltzer per
dimenticar.
e alla fine
rinunciare alla cultura perché l’unico scopo della sua vita è
arricchirsi e non vede nella cultura il mezzo per diventarlo,
ma raggiungere il suo obiettivo, la ricchezza, solo attraverso
lo scambio di beni materiali
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle
figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati
e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle
triglie nel mar.
E per finire, ammettere che la cultura è
manovrata da quei personaggi, Le Nuvole, il filosofo, ecc. che
come diceva Fabrizio De André: “Le mie Nuvole sono invece da
intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella
nostra vita sociale, politica ed economica; sono tutti coloro
che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire
le loro posizioni di potere”.
1990 - Â cimma
- Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a
-
traduzione e personale interpretazione
Ti adesciae 'nsce l'indegu del mattino
Ti
sveglierai sull’indaco del mattino
Quindi di buon ora
sapendo che il piatto che andrai a preparare ti impegnerà
per quasi tutto il giorno.
Ch'á luxe a l'à 'n
pé' n terra e l'àtrù i mà
quando la
luce ha un piede in terra e l’altro in mare
Un antico
proverbio dei marinai recita così: Il sapere ha un piede
in terra e l’altro in mare. Potremmo azzardare che la luce della
conoscenza illumina le capacità intellettive e creative
del cuoco in procinto di dare forma alla sua opera...
Ti t'ammiâe a ou spegiu de 'n tianin
ti guarderai
allo specchio di un tegamino
…e riflettersi nello specchio
per acquisire la sicurezza di ciò che sta per realizzare.
Parliamo ora del piatto che il cuoco andrà a realizzare
: la Cima genovese è un tipico piatto della gastronomia
ligure. Questa canzone rappresenta il limite ormai oltrepassato
della follia del cuoco, geloso e innamorato della pietanza che
ha cucinato con tanta cura. Il cuoco che si alza la mattina
presto quando l’azzurro del cielo si tinge dei colori dell’alba
e inizia a preparare gli ingredienti per la sua ricetta. Questa
antica ricetta che ancora oggi contempla tutti gli ingredienti
e gli avanzi del cibo non mangiato durante la settimana, le
erbe liguri, maggiorana e rosmarino e il prebuggiùn.
Una usanza presente a Recco lo descrive come un mazzo di ortaggi,
di bietine, di cavoli primaticci e prezzemolo, un pasticcio,
insomma di erbe raccolte a mazzetto, come se fosse un aspersorio
sacro per la benedizione. Altre fonti indicano il prebuggiùn
come una zuppa fatta con le erbe e con il sedano colto nel giorno
dell’Ascensione. Il termine curiosamente deriva dalla leggenda
per la quale durante la prima crociata i seguaci di Goffredo
di Bugione nell’assedio di Gerusalemme, raccoglievano mazzetti
di erbe per preparare il cibo per il condottiero e definivano
questi mazzetti di erba ‘pro-Buglione’. Il temine storpiato
nel dialetto genovese divenne prebuggiùn. Un piatto comunque
che veniva preparato nei giorni di festa e per il quale si seguiva
un rituale ed una attenzione quasi maniacale affinchè
la tasca di carne riempita di tutti gli ingredienti non si bruciasse
durante la cottura…
carne ténia nu fâte néigra,
carne
tenera non diventare nera
…e si potesse consacrare al
cielo come un dono di devozione
cos'âtru fâ cos'âtru
dàghe a ou çé
cos'altro fare cos'altro dare al cielo
Ma prima della preparazione è necessario seguire
un rituale dopo il quale...
ti mettiâe ou brûgu
réddenu 'nte 'n cantún
metterai la scopa
(dritta) rigida in un angolo
che se
d'â cappa sgûggia 'n cuxín-a á stría
che se dalla cappa
scivola giù in cucina la strega…
…tu avrai tutto
il tempo di preparare la tua pietanza.
Ho evidenziato
questo termine (réddenu ) per far notare che
nel Casaccia il termine dritu significa diritto, in
piedi, diversamente da rigido.
a xeûa
de cuntâ 'e págge che ghe sún
a forza di contare le paglie
che ci sono
A proposito di questo ultimo verso, secondo
antiche filastrocche, genovesi e di tutta la Liguria, la strega
scendeva dalla cappa del camino durante la preparazione del
pranzo, ma era costretta a contare tutte le pagliuzze di saggina
della scopa appoggiata accanto agli alari prima di compiere
i suoi atti malvagi, dando agli occupanti della stanza il tempo
di ripararsi o fuggire. Secondo altre narrazioni meno probabili,
la strega contava i granelli di sabbia sul pavimento. Altre
usanze volevano che il cuoco battesse con il cucchiaio sul coperchio
quattro volte per scacciare la strega dalla pentola. Oppure
doveva mettersi in punta di piedi e conficcare dei legnetti
o stuzzicadenti per cucire la tasca di carne dopo aver scacciato
il malocchio, in modo che non potesse rientrare. Altre ancora
volevano che per scacciare la strega si dovesse spargere il
sale sul pavimento della cucina. Nella canzone sta a significare
che il cuoco, pur svegliandosi all’alba, deve preoccuparsi di
compiere tutti i rituali affinché il suo piatto si realizzi
come lui vuole.
Ch'ou cégu ou pèrde 'a testa l'âse
ou senté
che il chierico perde la testa e l'asino il sentiero
L’asino è lento, ma il suo incedere è
costante, è l’animale che per antonomasia non perde mai
la strada, ha uno spiccato senso dell’orientamento, una straodinaria
resistenza e sa ritrovare sempre la strada di casa. Far perdere
all’asino il suo sentiero, equivale a dire che la pietanza è
risultata talmente buona da confonderlo. Il chierico invece
deve sempre profferire serietà religiosa, per rimanere
tale. Ovvero il piatto è riuscito talmente buono che
farebbe sovvertire anche queste certezze.
Poi vegnan
a pigiàtela i câmé
poi vengono a prendertela i camerieri
E ti portano via tutti gli sforzi che hai fatto per preparala,
con la delusione di un cuoco ormai tradito dalla pietanza stessa
e augurerà ai commensali…
tucca a ou fantín à
príma coutelà
tocca allo scapolo la prima coltellata
una antica usanza ligure e toscana, nella zona di Lucca,
voleva che lo scapolo, ancora puro, tagliasse la prima fetta
della pietanza o del pane per lasciare incontaminato il piatto
o il pane stesso.
mangè mangè nu séi chi
ve mangià
mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà
…ovvero augurerà loro come minimo una indigestione...
1990 - La domenica delle salme
- Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a
una libera interpretazione
Il significato del brano La domenica
delle salme si può riassumere come la predizione della
condizione che stava, inconsapevolmente o meno, assumendo il
nostro Paese. Il senso di “non impegno” di apatia da parte della
cittadinanza italiana aveva portato ad una sorta di rassegnazione
di fronte alla impunità dei politici. Con l’unica eccezione
dell’Artista. Per stessa definizione di Fabrizio De André nella
forse sua ultima intervista telefonica: “Gli Artisti, maledizione!
Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è
uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto
più degli altri. Capisco che se non è artista,
se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro
che arriva ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è
un anticorpo che la società si crea contro il potere.
Se si integrano gli artisti, ce l'abbiamo nel culo!”. Di
quell’artista che ormai anziano ma ancora con il desiderio di
ribellione scappa dall’ospizio (divenuto anni dopo famoso, per
una sorta di chiaroveggenza, per le vicende giudiziarie del
direttore) con il desiderio di riaccendere in senso metaforico
una lampadina sugli occhi della gente, una luce che li faccia
tornare a ragionare, un po’ come l’elettricista di Paolo Conte:
(ti offro l’intelligenza degli elettricisti, così
almeno un po’ di luce avrà). Nemmeno il clochard
bruciato su una panchina a Trento aveva riacceso l’indignazione
(qualcuno ci ha visto il collegamento con le brigate rosse o
con l’università di Trento, ma ha preso una sonora cantonata).
Il significato nascosto del “Pettirosso da combattimento” è
legato al ricordo del sequestro:
Dori: “Una volta il ‘gatto'
(il “gatto” e la “volpe” erano i nomignoli dati da Dori e Fabrizio
ai due carcerieri durante il loro sequestro in Sardegna) catturò
un piccolo pettirosso e me lo diede. Dopo averlo tenuto in mano
qualche minuto, lo liberai. Era tenero e morbido, gracile ma
vivacissimo. Poco dopo il ‘gatto’ tornò e lo rivoleva.
Ci dissero allora che i pettirosso portavano male”.
Fabrizio: “Un giorno (a novembre)
gli spaghetti cucinati da loro erano particolarmente buoni.
Che ci avete messo, domandai, c’è un aroma che non abbiamo
mai sentito. - Abbiamo cucinato il vostro pettirosso, quello
porta iella. Così da oggi le cose andranno meglio, sarete
più fortunati-. Eravamo attorniati da decine di pettirossi
che venivano a beccare le briciole di pane che spargevamo per
terra mentre mangiavamo”[1].
Nel testo di questa canzone il pettirosso è
rappresentato nel desiderio di combattere e non lasciarsi sopraffare
da sventure di ogni genere, malgrado le dicerie apprese nel
loro caso dai carcerieri; in questo contesto rappresenta comunque
il desiderio di non subire ingiustizie ed angherie da parte
di nessuno, anzi di reagire all’apatia, come l’artista che fugge
dalla Baggina tenendo in mano una lampadina, simbolo della lotta
e del ragionamento che ci si aspetta possa riemergere nella
coscienza degli Italiani.
I polacchi sono rappresentati come i lavavetri
ai semafori, nella più completa indifferenza dei turisti
diretti al mare per le vacanze a bordo delle loro fiammanti
automobili nuove, affermando il nuovo consumismo e la primaria
importanza del mercato capitalistico. I polacchi che per stessa
affermazione di De André:
“…non so a che punto di umiliazione potranno
ancora arrivare per inserirsi, per essere funzionali a qualche
componente del sistema”.
Nel contempo le due Germanie senza più confini
dopo l’abbattimento del muro di Berlino erano in procinto di
riunificarsi, tanto che i tedeschi dell’ovest erano ben favorevoli
all’accorpamento intravvedendo, come del resto accadde poco
dopo, e senza la benché minima vergogna (gli abbiamo visto il
culo) la propria supremazia economica europea, non tanto una
riunificazione per i diritti dei tedeschi dell’est finalmente
recuperati, ma strettamente finalizzata alla supremazia finanziario-economica.
A proposito della scimmia del quarto reich:
“Non credo di essere il solo ad aver paura
della Germania unita e soprattutto di quei rigurgiti di antisemitismo
che continuano a precorrere l’Europa”.
In Italia nel frattempo il partito socialista,
a scapito degli ideali comunisti, si accingeva a dare alla nazione
oltre che il capo del governo (Craxi) anche il presidente della
Repubblica (Pertini), costruendo il proprio impero politico
(la piramide di Cheope) con tutti i mezzi possibili
ed a scapito delle altre forze politiche, sottraendo importanti
voti al partito comunista (con il senno del poi sappiamo quali
mezzi siano stati utilizzati, vedi Mani Pulite). La lenta e
inconsapevole situazione di un colpo di stato silenzioso esercitato
dalla malavita e dalla politica di interessi che insieme alla
assenza della più elementare morale, si sono silenziosamente
impossessati della Nazione Italia, senza nessun colpo di arma
da fuoco (non si udirono fucilate). E ancora la normalizzazione
che impedisce la presa individuale di coscienza indicando nel
tua culpa la responsabilità della Storia, adagiandosi
sulla tranquillità di un ritorno ad una vita definita
normale, anche attraverso l’appuntamento per la messa in piega
dal parrucchiere. O anche attraverso la punizione esemplare
comminata all’allora fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio,
in galera per un ideale politico e non per i reati commessi,
salvo quelli legati alla ideologia. In questo passaggio dobbiamo
evidenziare un’interpretazione del tutto errata del significato
della canzone letto altrove sino ad oggi. L’amputazione della
gamba di Renato Curcio rappresenta la condanna ad una lunga
detenzione che Fabrizio De André immaginava. Rappresenta l’impossibilità
di una ulteriore fuga, del carcerato, l’impossibilità
di tornare ad essere un uomo libero e quindi di vivere una vita
“normale”. Per sua stessa ammissione Fabrizio De André
dichiarò di essersi completamente sbagliato a chi sottolineava
la predizione che gli attribuirono nello scrivere la canzone:
“E ho sbagliato su Curcio: lo immaginavo in carcere, invece
l'hanno liberato”. Così dichiarò alla
La Stampa, 10 giugno 1994 articolo a firma Gabriele Ferraris.
Mentre c’era in quel momento chi a gran voce proclamava in un
comizio di fedeli seguaci vocianti la superiorità della
propria forza politica e (forse) umana al grido ‘la Lega ce
l’ha duro”. La condizione ormai rassegnata dell’Italiano che
si dichiara pronto a vivere (in città), a patto che non
ci siano altri spargimenti di sangue dopo le lotte e la stagione
degli attentati che lo farebbero tornare a mietere e provare
paure e soprattutto a ragionare, ma lasciandolo invece nella
tranquillità di una vita quasi inutile, semmai con le
proprie difese mutuate dalla frasi di Oswald De Andrade, nascondendo
un cannone in cortile per la propria inviolabile “sicurezza”.
Per dirlo con le parole stesse di De André:
"Il brano è nato dalla constatazione
che oggi o si accettano le nuove e non sempre limpidi regole,
o è meglio attrezzarsi con un cannone nel cortile”.
Anche se le destre ormai sulla via della inesorabile
discesa e perdita di consensi degli anni pre ’90 vedevano ancora
qualche nostalgico cantare pubblicamente le canzoni fasciste.
Ormai nella descrizione di questa Italia prendono piede i nuovi
capitalisti che con le proprie televisioni imbonitrici che diventeranno
la nuova coscienza degli Italiani, ritirati tutte le sere sul
proprio comodo divano a rimpinzarsi della pubblicità
e delle apparizioni di quei novelli artisti votati al compromesso,
mentre quelli veri che avrebbero dovuto e potuto ribellarsi
non lo fecero, né nei teatri, né pubblicamente, sebbene le loro
voci altisonanti sarebbero state facilmente udite da questa
nuova sfera di potenti. Questo passaggio a mio avviso è
riferito a Sting ed alla sua campagna a favore dell’Amazzonia
con la sua “Rainforest Foundation” fondata nel 1987, ma anche
alla sua prima apparizione nel 1985 al Palatrussardi di Milano.
Peraltro lo stesso riferimento si trova nella canzone "Jazz
Police" di Leonard Cohen nell’album I’M Your Man del
1988 sempre riferita a Sting ed alla realizzazione del primo
album da solista The Dream of the Blue Turtles.
“Tutti
sono sotto accusa, a cominciare dai cantautori, me compreso.
Abbiamo perso molte occasioni per denunciare e accusare. E dire
che avevamo voci potenti adatte per il…”.
Mentre
l’utopia di un mondo diverso e libero è ormai destinata
a scomparire, per lasciare il posto ad una nuova pace, una normalizzazione
terrificante che tutti gli italiani avevano accettato senza
rendersi davvero conto di questo colpo di Stato silenzioso che
avevano subito.
“L’italiano tace, non parla, perché ormai è
sicuro che nessuno lo starà a sentire”[2].
Salvo quell’unica voce dalla cadenza genovese che protesta
in maniera vibrante
[1] Dalla rivista settimanale ‘Gente’,
gennaio 1980 n. 2 e seguenti.
[2] Le parole fra le virgolette
in tutto il testo sono tratte da una intervista di Mario
Luzzato Fegiz, Corriere della sera, 23 settembre 1990,
salvo ulteriori specifiche.
Il regista Gabriele Salvatores,
futuro premio Oscar, dirige i video clip di “Megu Megun”
con Claudio Bisio come attore e “La
Domenica Delle Salme”, entrambi con la partecipazione di
Fabrizio De André come attore.
Su Sorrisi e canzoni
TV 4 novembre 1990 a firma Patrizia Ricci Fabrizio De
André dichiara che le nuvole non sono da intendersi come "Fenomeni
atmosferici: sono quei personaggi ingombranti e dannosi della
nostra vita civile, politica ed economica che io cerco di descrivere,
insieme ad alcune delle loro vittime, nella prima parte dell'album:
sono i personaggi che detengono il potere con tutta la loro
arroganza e i loro cattivi esempi. I protagonisti della seconda
parte sono invece i figli del popolo i quali, nella misura in
cui è loro consentito dai potenti descritti nella prima
parte, continuano tranquillamente a farsi i fatti loro, rinunciando
a quella protesta, a quella indignazione collettiva di fronte
al malgoverno, indignazione e protesta che io ritengo le condizioni
irrinunciabili per non rischiarci la democrazia. Il coro di
cicale che chiude la prima parte del disco, e al quale io stesso
mi unisco, sta appunto a significare come tali nostre proteste
e indignazioni stiano sempre più assumendo il sapore
di un vago e rassegnato cicaleccio”.
Francesco
Baccini pubblica l’album “Il pianoforte non è
il mio forte” che contiene la canzone “Genova blues” co-interpretata
da Fabrizio De André.
Nel 1991 è
l’anno dell’attacco al Iraq occupato da Saddam Hussein. Inizio
della Guerra del Golfo. Anno della occupazione di Vilnius da
parte sovietica per bloccare l’indipendenza della Lituania.
Un aereo italiano viene abbattuto in Iraq. I due piloti saranno
fatti prigionieri per settimane. Il Partito Comunista Italiano
cessa di fatto di esistere a vantaggio del Partito Democratico
di Sinistra del segretario Achille Occhetto.
L’IRA semina il terrore a Londra con due bombe in altrettanto
stazioni della affollata metro. A Livorno, nel porto avvolto
dalla nebbia, il traghetto Moby Prince entra in collisione con
una petroliera e causa 140 morti. La TV americana è orfana
di Dallas, giunto all’ultima puntata. Croazia e Slovenia dichiarano
l’indipendenza dalla Jugoslavia. Nascono il WEB e Linux.
Michail Gorbaèëv decade da presidente a seguito
di un colpo di stato. Boris Eltsin è
il nuovo presidente russo. Estonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia
e altri stati dichiarano la propria indipendenza dall’ormai
ex Unione Sovietica. A Londra muore Freddy Mercury,
leader dei Queen. Michael Jackson è leader delle classifiche.
Fabrizio De André parte in tour per decine di date in Italia
e sul finire dell’anno viene pubblicato il doppio album “Concerti
1991”. La copertina reca un’immagine di Pulcinella tratta
da un quadro di Alessandro Magnasco pittore
espressionista genovese a cavallo tra seicento e settecento,
detto il “Lissandrino”, i cui dipinti adornano
ancora oggi la residenza De André a Genova, Villa Bombrini o
Villa Paradiso.
Mauro Pagani pubblica l’album “Passa
la Bellezza” in cui Fabrizio De André co-interpreta la
canzone “Davvero Davvero”, spesso eseguita insieme
nei concerti.
Nel 1992 Boris Eltsin
leader della Russia, annuncia la fine dell’uso delle armi nucleari
puntate sugli Stati Uniti. Poco dopo George W. Bush farà
altrettanto. Il Maxiprocesso di Palermo condanna all’ergastolo
Totò Riina, Bernardo Provenzano (latitanti) e decine
di altri boss mafiosi. Si verifica il naufragio di una portacontainer
che riversa nell’oceano migliaia di paperelle di gomma contenute
in vari container. Il disastro permetterà di tracciare
le correnti oceaniche in quasi tutti il globo terrestre. Un
“mariuolo”, come definito giorni dopo da Bettino Craxi,
viene arrestato in flagranza con denaro di una tangente, presso
il “Pio Albergo Trivulzio” di Milano, meglio
conosciuto come “la Baggina”. Luca Barbarossa
vince il Festival di Sanremo. A Palermo il leader della corrente
di Giulio Andreotti, Salvo Lima, deputato europeo, viene assassinato
dalla mafia. L’Inghilterra viene battuta al torneo mondiale
di cricket dal Pakistan. Gabriele Salvatore vince l’Oscar per
il film Mediterraneo. Si acuisce la guerra in Bosnia. Apre Euro
Disney a Parigi. Il Moro di Venezia, barca da regata di Raul
Gardini viene sconfitta nella America’s cup. A Punta Raisi,
sulla autostrada per Palermo vengono uccisi con esplosivo il
Giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.
Oscar Luigi Scalfaro viene eletto Presidente
della Repubblica. Viene fatta esplodere un’auto nei pressi dell’abitazione
della madre del giudice Borsellino che viene ucciso. La Slovacchia
diviene indipendente dalla Cecoslovacchia. Viene approvato il
Trattato di Maastricht. Bill Clinton vince le elezioni negli
Stati Uniti. Bettino Craxi segretario del Partito Socialista
Italiano riceve un avviso di garanzia, in seguito alle indagini
partite dalla “Baggina”, meglio conosciute come inchiesta Mani
Pulite.
Fabrizio De André sul finire
del 1992 inizia un tour in teatro, chiamato “Uomini e Donne”,
dove canta e commenta le sue canzoni che hanno titoli di uomini
e donne, ma curiosamente la canzone “Suzanne” tradotta da Leonard
Cohen non viene mai cantata.
Il gruppo sardo dei
Tazenda pubblicano l’album “Limba” che contiene
una canzone scritta in collaborazione con Fabrizio De André:
“Pitzinnos in sa gherra”. Il retro dell’Album contiene
una nota di Fabrizio De Andrè.
Nel 1993
Carlo Azeglio Ciampi diventa presidente del consiglio.
La Camera non autorizza il luogo a procedere nei confronti di
Craxi che da lì a poco, accolta da un lancio di monetine
di fronte al suo Hotel a Roma, fuggirà ad Hammamet. A
Firenze esplode una bomba agli Uffizi che provoca 5 morti. La
Democrazia Cristiana, duramente colpita dalla inchiesta
Mani Pulite, formalmente si scioglie a favore
del costituito Partito Popolare Italiano. Viene raggiunto uno
storico accorda fra Israele e l’OLP e viene creata la
striscia di Gaza, territorio indipendente.
Prende via negli Stati Uniti il Late Late Show di David
Letterman. Il premio Nobel per la letteratura per la
prima volta viene assegnato ad una donna di colore.
Pablo Escobar, il Re della droga di Colombia, viene
ucciso a Medellin.
Fabrizio De André
procede nel tour teatrale.
Nel 1994 ad Oslo viene
trafugato il celebre dipinto l’Urlo di Edvard Munch. La Apple
lancia il primo Macintosh. La giornalista Ilaria Alpi
viene uccisa in un agguato in Somalia con il suo cameraman.
Il film sull’olocausto Schindler’s list di Steven Spielberg
vince il premio Oscar. Kurt Cobain leader dei Nirvana si suicida
con un colpo di fucile nella sua casa. Riapre ai visitatori
la Cappella Sistina, dopo anni di restauri. Il pilota Ayrton
Senna perde la vita ad Imola durante una gara di Formula 1.
Viene inaugurato il tunnel della Manica. Termina la guerra in
Jugoslavia. Le ultime truppe russe lasciano la Germania dell’Est.
L’Armata Rossa lascia Estonia e Lettonia. Helmut Kohl diventa
cancelliere in Germania. Pietro Pacciani viene condannato all’ergastolo,
per il processo al mostro di Firenze. Le elezioni
politiche vedono il centro destra presieduto da Silvio Berlusconi
insediarsi al governo con l’appoggio del Movimento Sociale Italiano..
Viene presentata la Play Station del colosso Sony. Frank
Sinatra tiene il suo ultimo concerto davanti a centomila
persone. Jovanotti scala le classifiche della Hit Parade.
Fabrizio De Andrè
annuncia entro un anno il suo prossimo disco scritto con
Ivano Fossati.
Max Manfredi, cantautore genovese,
pubblica l’album “Max” che contiene la canzone “La
Fiera della Maddalena” cantata con Fabrizio De André.
Nel 1995 si insedia il governo
tecnico di Lamberto Dini dopo il governo di Silvio Berlusconi
caduto per la Lega Nord che esce dalla maggioranza. Il movimento
Sociale Italiano di Gianfranco Fini cessa di
esistere a favore della nuova forza politica Alleanza Nazionale.
Giorgia vince il Festival di Sanremo. Nasce il motore di ricerca
Yahoo. Il film Forrest Gump vince sei Oscar.
In Cecenia si assiste al massaro di 103 persone da parte delle
truppe russe. Jacques Chirac viene eletto Presidente
della Repubblica francese. La Juventus vince di nuovo
lo scudetto. Lo Space Shuttle si aggancia in orbita alla stazione
russa Mir. La Microsoft presenta Windows 95, rivoluzionario
sistema operativo grafico per computer. Il Primo Ministro israeliano
Yitzhak Rabin viene assassinato da un estremista di destra.
Viene firmata la pace fra Bosnia ed Erzegovina. Nessun titolo
italiano è in testa alla Hit Parade.
Cristiano De André
pubblica “Cose che dimentico” nell’album “Sul
Confine” scritto per un amico da Cristiano, Fabrizio e da
Carlo Facchini.
Teresa de Sio
pubblica “Un libero cercare” con la partecipazione
vocale di Fabrizio De André.
Ricky Gianco
pubblica “Piccolo è Bello” che vede la canzone
“Navigare” co-interpretata da Fabrizio De André.
Li Troubaires de Coumboscuro
pubblicano l’album in occitano “A Toun Souléil”
che contiene la canzone “Mis Amour” cantata in lingua
provenzale-occitana da Fabrizio De André.
Al teatro Manzoni di Monza
in teatro avviene un tributo a Fabrizio De André dal titolo
“Canti Randagi” dove vari interpreti
cantano le canzoni di De André totalmente in dialetto
ed una canzone tradotta in Inglese. Ne verrà pubblicato
successivamente un CD.
Nel 1996 un devastante incendio
distrugge il teatro La Fenice a Venezia. Pietro Pacciani
in carcere con l’ergastolo per i delitti del Mostro di Firenze,
viene assolto e liberato per non aver commesso il fatto. Israele
l’OLP firmato un patto con il quale la Palestina ha diritto
ad uno stato indipendente. I ribelli ceceni attaccano il quartier
generale russo e causano oltre 70 morti e duecento feriti. Il
film “Il Postino” di Massimo Troisi si aggiudica un Oscar. L’attore
regista muore poco dopo la lavorazione della pellicola, nel
1994. L’IRA compie un attentato nel centro storico di Manchester
causando oltre 200 feriti.
Il film “Ilona llega con
la lluvia” in concorso alla 53^ mostra del cinema di Venezia,
tratto da un romanzo di Álvaro Mutis vede la
partecipazione di Fabrizio De André che canta nella colonna
sonora del film la canzone inedita “Desmedida Plegaria”
in lingua spagnola o pseudo portoghese.
Qualche
settimana dopo Fabrizio De André pubblica l’album
“Anime Salve”.
Nel 1997 il treno Pendolino
deraglia a Piacenza. Francesco Cossiga, passeggero
del treno, ne esce incolume, ma si fanno largo voci di attentato.
I Jalisse trionfano al Festival di Sanremo. Tony Blair vince
le elezioni nel Regno Unito, dopo oltre diciotto anni di governo
dei Conservatori. Il regista Marco Ferreri
muore a Parigi. La studentessa Marta Russo viene uccisa da un
colpo di pistola all’interno del campus della università
la Sapienza a Roma. Il campanile di Piazza San Marco a Venezia
viene occupato da un nucleo di nostalgici della Repubblica di
Venezia. Hong Kong smette di appartenere al Regno Unito e passa
sotto la giurisdizione cinese. Muore Madre Teresa di
Calcutta. Il terremoto in Umbria causa notevoli danni
alla basilica di San Francesco ad Assisi. Dario Fo
vince il Nobel per la Letteratura.
Fabrizio De André è
in Tour per tutto il 1997. Nell’ottobre dello stesso anno inizia
il tour nei teatri.
Nel mese di novembre esce il CD “M’innamoravo
di tutto”, che contiene una versione della “Canzone di
Marinella” cantata in duetto con Mina.
Sarà l’ultima incisione ufficiale di Fabrizio De André.
Fabrizio
De Andrè si aggiudica il “Premio
Lunezia” ad Aulla. Durante la premiazione rivela che:
“Sì è
vero, confessa Fabrizio De André: quando
sostenni l’esame d’ammissione come autore alla SIAE di Roma
nel 1964 scrissi una poesia che per metà rubacchiava
dalle "Foglie morte" di Prevert. I commissari
non ci fecero caso. Gli altri candidati non conoscevano Prevert
e avevano grossi problemi con l’ortografia".
Al premio Tenco del 1997 vengono
premiati Fabrizio De André e Jackson Browne.
Nel 1998 un aereo americano
da combattimento in addestramento in Trentino trancia un cavo
della funivia del Cermis. Muoiono 20 persone. Il film
Titanic di James Cameron vince undici premi
Oscar su quattordici totali. Marco Pantani
trionfa al Giro D’Italia di ciclismo e vince anche il Tour de
France. La Microsoft pubblica Windows 98.
Muore a Milano
Lucio Battisti.
Fabrizio De Andrè durante
un tour a Roccella Ionica, innesca involontariamente una polemica
che si trascinerà sui quotidiani di tutta Italia a proposito
di una sua frase sulla mafia.
Fabrizio De André
interrompe improvvisamente il Tour estivo e dichiarerà
nell'ottobre del 1998:
“Ho interrotto la tournée perché
stavo male, certo. Ho fatto delle indagini attraverso la Tac
e altri strumenti diagnostici. Soffro di tre ernie al disco,
una cervicale e due lombari, ma si tratta di una malattia come
un'altra. Tra dieci giorni mi opereranno. Tutti i miei problemi
nascono da una malattia congenita, ho sei vertebre lombari invece
di cinque. Ma ora, per favore, lasciatemi in pace”.
11 gennaio 1999 Fabrizio De André
muore a Milano.
Il Corriere della Sera del 12
gennaio 1999 commenterà così:
“MILANO - Fabrizio
De Andrè è morto l'altra notte all'Istituto dei
Tumori, dove era ricoverato da qualche tempo il cantautore-poeta
che ha fatto sognare e pensare tante generazioni di giovani
aveva 58 anni (ne avrebbe compiuti 59 il prossimo 18 febbraio):
il suo primo disco usci nel '58. I funerali si svolgeranno domani
in forma pubblica a Genova, la sua città, di cui aveva
cantato anche gli aspetti più torbidi. La Radio Vaticana
lo ha ricordato affermando che aveva dato voce all’inquietudine
esistenziale dell’uomo d’oggi. Veniva dall'alta borghesia, ma
ha passato la vita a denunciare le ipocrisie del vivere borghese.
Dai politici di destra e di sinistra sono venuti unanimi consensi”.
Leonard Cohen invierà questa mail
qualche giorno dopo, con la seguente frase:
Allow me to express my respects to the
memory of Fabrizio De Andre
and my gratitude for our friendship
in song.
Leonard
Cohen
Un po’ di curiosità
sul lessico dialettale genovese nei testi di Fabrizio De André
Alcuni versi nei testi in dialetto genovese tratti da antichi
proverbi o usanze.
Nella canzone "A Dumenega"
si narra di una passeggiata domenicale, ovvero:
Quandu
ä dumenega fan u gíu
Cappellin neuvu neuvu u vestiu
Cu
'a madama a madama 'n testa
O belin che festa o belin che
festa
A tûtti apreuvu ä pruccessiún
D'a Teresin-a
du Teresún
Tûtti a miâ ë figge du diàu
Quando
alla domenica fanno il giro
con il cappellino e il vestito
nuovi
oh che bella festa
tutti dietro alla processione
della Teresina del Teresun
tutti a guardare le figlie del
diavolo
Le figlie del diavolo, ovvero le prostitute vestite
a festa con cappellino con il fiocchetto in processione per
la città. Fra queste la più famosa delle maitresse
di allora, la Teresina moglie del Teresio. Il poeta
Remo Borzini, amico di Giuseppe De André ha scritto
un libro sulle case di tolleranza a Genova, nonché sulle Osterie
più rinomate della città. E poi dicono che cultura
e vizio non vanno d’accordo...
Per dare una spiegazione
storiografica corretta del testo-dialetto della canzone non
posso far altro che riprendere quanto la storia di Genova narra:
in realtà la prostituzione nella Genova marinara era
non solo tollerata, ma gestita in maniera potremmo dire esemplare.
I quartieri di Genova, da via Montalbano (oggi via Garibaldi)
alla Maddalena erano spesso ‘appaltati’ a gestori delle case
chiuse, che il più delle volte si identificavano con
la municipalità stessa. Le lavoranti, le signorine, erano
tutelate dal comune previo il pagamento di 5 genovini al giorno,
avevano libera la giornata della domenica quando in effetti
era loro consentita una passeggiata per le vie della città
e venivano visitate da un medico una volta a settimana. L’obolo
versato giornalmente contribuiva alla costruzione del nuovo
molo sul porto antico (oggi Molo Vecchio, dalla Calata Mandraccio
ai Magazzini del cotone, proprio di fronte alla Via Al Mare
Fabrizio De André) tanto che il podestà stesso al calar
del sole ordinava di suonare la campana per avvisare i clienti
di andarsene dai postriboli perché da lì a poco sarebbe
passato a riscuotere il denaro. Non è invece certo, anzi
non era decisamente così, che le prostitute lavorassero
dentro il porto. Avrebbero creato scompiglio fra i lavoratori
del porto stesso, i camalli, ed era loro proibito l’ingresso.
La tutela di queste signore-lavoratrici ormai non più
in età, diciamo per la professione, era viva anche a
Venezia, dove le prostitute erano relegate a vivere a spese
del comune, in pensione diremmo oggi, alla Cà-Rampani,
da cui oggi il termine ‘carampana’ citato anche nella Treccani.
In questo altro testo in dialetto si narra del cuoco che
si sveglia la mattina presto per preparare il piatto di carne
più famoso di Genova: La cima Genovese.
Ti t'adesciâe
'nsce l'èndegu du matin
Ch'á luxe a l'à 'n
pé 'n tèra e l'átru in mà Ti sveglierai sull'indaco
del mattino,
Quando la luce ha un piede in terra e l'altro
in mare...
Un antico proverbio dei marinai recita più
o meno così:
“Il vero marinaio ha un piede in
terra e l’altro in mare”. Inoltre, dalle alture di Genova, da
Castelletto, da Albaro, ma non solo, l’alba è di colore
azzurro indaco. É il momento in cui i pescatori salpano.
Ti mettiâe ou brûgu réddenu 'nte 'n cantún
Che
se d'â cappa a sguggia 'n cuxín-a á stria
A xeûa de
cuntâ 'e págge che ghe sún …
Metterai la scopa dritta in
un angolo,
Ché se dalla cappa scivola in cucina la strega
A forza di contare le paglie che ci sono…
Antiche credenze
recitano che se la strega tenta di entrare dal camino per sfuggire
al malocchio bisogna appoggiare agli alari una scopa di saggina,
così che sia costretta a contare tutte la pagliuzze prima
di entrare in cucina. Oppure cospargere il pavimento di sale.
Questo altro testo è tratto dal brano in genovese
“D’ä mæ Riva”, “Dalla mia riva”. Si narra di un marinaio
che prima della partenza contempla e riordina i suoi pochi averi
stipati nel suo baule.
E sun chi affacciòu
A sta bàule da mainà
E sun che a mia
Trèi
camixe de velluu
Duì cuverte u mandurlìn
E 'n caima de legnu duu
E 'nte 'na beretta neigra
A teu
fotu da fantin-a
Pe puèi baxa acùn Zena
'Nscià teu bucca in naftalin-a
E son qui affacciato
Su questo baule di marinaio
E son qui a guardare
tre camicie
di velluto
due coperte e il mandolino
e un calamaio di
legno duro
E in un berretto nero
la tua foto da ragazza
per poter baciare ancora Genova
sulla tua bocca in naftalina.
In naftalina: ma perché ?
Perché la naftalina uccide
i pidocchi e i marinai per mare al tempo non avevano, diciamo
così, tutte le comodità di cui godiamo oggi. É
quindi logico che la foto ingiallita della morosa conservata
nel berretto sapesse di naftalina.
Un altro breve testo
dalla canzone “Sidun”, scritta per la strage di Sidone
nel Libano anni ’80.
Ciao mæ 'nin
l'ereditæ
L'è ascusa
'Nte sta çittæ
Ch'a brûxa,
ch'a brûxa
Inta seia che chin-a
E in stu gran ciaeu
de feugu
Pe a teu morte piccina Ciao bambino mio
l'eredità è
nascosta
In questa città che brucia
nella sera
che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua
piccola morte
Il saluto drammatico di una madre al figlio
ucciso dopo la battaglia di Sidone nel Libano del 1982 e stritolato
dai cingoli di un carro armato. Fabrizio De André è sempre
stato molto attento e vicino ai bambini e agli adolescenti.
Senza che le ribalte giornalistiche lo sapessero, spesso si
recava nelle scuole e nei licei sollecitato a parlare dei suoi
testi ai ragazzi. La prima di queste partecipazioni in sordina è
avvenuta a Bastia, in Corsica, dove gli insegnanti utilizzavano
i suoi testi in genovese per far comprendere il “linguaggio
corso antico” tuttora parlato a Bonifacio, l’unica vera città
della Corsica dalle sembianze e modi genovesi e dove ancora
si parla il l’antico dialetto genovese. Successivamente Fabrizio
De André compose un testo in dialetto sardo per la brutalità
della guerra affrontata dai bambini. Il testo era Pitzinnos
in sa gherra, portato alla ribalta a Sanremo dai Tazenda.
Maggioranze
e minoranze
Relazione durante
il convegno al
Centro Provenzale di Coumboscuro - 27 agosto
2022:
“Chi
lavora con le mani è un operaio, chi lavora con le mani
e con la testa è un artigiano, chi lavora con le mani,
con la testa e con il cuore è un Artista” (San Francesco
d’Assisi).
“Gli artisti, maledizione! Un intellettuale
integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro
le righe e capisce quello che succede molto più degli
altri. Capisco che se non è artista, se non riesce a
trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro che arriva
ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è un anticorpo
che la società si crea contro il potere. Se si integrano
gli artisti, ce l'abbiamo nel culo!” (Fabrizio De André)
Fabrizio De André è stato un Artista, a mio giudizio
con la definizione che ne diede San Francesco d’Assisi. In tutta
la sua Opera ci ha mostrato un modo di approcciarci alle cose,
alle situazioni della vita, esplorandole da un punto di vista
diverso e soprattutto con il cuore, da una posizione che seppur
comoda, (la sua vita è stata quella di un piccolo borghese,
come amava definirsi lui), non mancava di avere più di
uno sguardo verso chi non aveva potuto beneficiare di quel filo
della fortuna che forse era capitato a lui. Verso tutti coloro
meno fortunati e meno integrati nella società.
Riprendiamo ad esempio una fra le sue prime composizioni:
“La Città Vecchia”. Qualcuno dice che gli sia
stata ispirata da Umberto Saba. E in parte potrebbe essere vero,
se leggiamo solo gli utltimi versi di entrambe le composizioni.
Io invece preferisco pensare che lui sia stato folgorato, diciamo
così, dalle parole di una poesia di Jacques Prevert:
“Embrasse Moi”.
“È buio qui, manca l’aria
L’inverno come l’estate è sempre inverno
Il sole del
buon Dio non splende qui da noi
Ha già troppo da fare
nei quartieri ricchi.”
“Nei quartieri dove il sole
del buon Dio non dà i suoi raggi, Ha già troppi
impegni per scaldar la gente d'altri paraggi”
è
evidente che questi versi siano stati scritti pensando ad un
paio di poveracci magari sul sagrato di una chiesa con un cappellino
per terra e le mani a chiedere soccorso, elemosina, oppure in
vicolo maleodorante dove avevano cercato riparo, non avendo
una casa comoda e calda. Non certo per il sindaco del borgo,
senza nulla togliere. Insomma, non proprio la Maggioranza delle
persone.
Mina nel tardo 1967 ha inciso
la “Canzone di Marinella”, regalando a Fabrizio De
André quella notorietà di cui ha goduto per tutta la
sua vita. E per combinazione questa canzone è stata proprio
l’ultima incisione di Fabrizio De André, guarda caso proprio
nel famoso duetto con Mina. Conosciamo forse tutti la trama
della canzone, di quella prostituta uccisa e gettata in un torrente,
non importa nemmeno poi tanto qule torrente o fiume. Ebbene
stiamo parlando di una prostituta che agli occhi della “gente”,
dico la Maggioranza della gente, qualla che Georges Brassens
definiva “Les Braves Gents” (ma alle brave persone
non piace che seguiamo una strada diversa dalla loro) non gode
di particolare attenzione e considerazione, proprio per il mestiere
che ha scelto, o in tanti altri casi, è obbligata a fare,
e non certo, almeno nella stra-grande maggioranza dei casi,
dalla famiglia, bensì da una maggioranza che si arroga
il potere di vessare e sfruttare persone come lei. Per fortuna
Fabrizio ha avuto l’illuminazione di regalarle almeno una morte
decente.
Mi piace ricordare i versi di Francois
de Malherbe 1555-1628, forse ispirazione per alcuni
versi della canzone:
“Ma lei era del mondo dove le più
belle cose
Hanno il peggior destino:
Da rosa ha vissuto
quanto vivono le Rose,
Lo spazio d’un mattino.”
Curiosamente
proprio Fabrizio De André in alcuni casi modificava alcune parole
della canzone, cantandoli in questo modo: il verso “ma lui che
non ti volle creder morta…” diventava in maniera più
sprezzante nei confronti del potere della maggioranza “e
invece tutti vennero a sapere, ti aveva dato un calcio nel sedere”,
a rimarcare proprio il “corpo-oggetto” buttato via dall’arroganza
di un potere superiore. E allora la figura della Rosa che ha
vissuto almeno un mattino come nella poesia di Francois de Malherbe,
ne addolcisce la morte, divenendo nei versi colei che ha vissuto
almeno un giorno come l’immenso splendore delle rose.
Se volessimo poi addentrarci ancora nell’argomento “prostitute”
non potrei fare a meno di citare il brano "Brave Margot"
di Georges Brassens, il suo grande Maestro, dove le comari del
paesino si avventarono sulla povera giovinetta Margot, ben più
avvenente di tutte loro, che aveva attirato tutti gli sguardi
degli uomini del paese. In poche parole la Bocca di Rosa di
De André, scacciata dal paese da una Maggioranza bigotta.
Ancora nel brano in genovese “A Dumenega”, è
ben più evidente lo scherno della intera popolazione
nei confronti delle prostitute che avevano accesso libero alla
città nel solo giorno della domenica e, che seppur schernite
dalla intera popolazione benestante dell’epoca e dal comandante
del porto, per via della loro “professione”, contribuivano regolarmente
e per espressa delibera del comune alle casse cittadine e al
porto. Tanto quanto le anziane prostitute di Venezia, Minoranze
relegate ormai vecchie e decrepite alla “Ca’ Rampana” per decisione
del doge e di tutto il consiglio. Ovvero le Maggioranze del
tempo, che concedevano loro il permesso del soggiorno, seppur
con il pagamento dell’obolo per l’affitto.
Per non parlare
del Carlo Martello, L’autorità suprema delle Maggioranze,
che dopo essersela spassata se la svigna lasciando la poveraccia,
simbolo dei soprusi commessi verso le minoranze, sola e senza
il corrispettivo richiesto per la sua prestazione d’amore.
Cambiando argomento, forse non tutti hanno colto la ribellione
dell’impiegato, ovvero di una Minoranza che deve essere per
forza silenziosa ed obbediente, che nel suo sogno di vendetta
getta la bomba sui gradini del tribunale sbagliando bersaglio,
elencando dapprima tutte le Autorità e quindi le Maggioranze
presenti “Al Ballo Mascherato”, sino alla frase “adesso puoi
togliermi i piedi dal collo e ti riporto a conversare con i
tuoi simili al ballo delle celebrità”, poi alla fine
mi toglierà lo sfizio di gettare la bomba.
Ancora
in “Amico Fragile”, la ribellione silenziosa di fronte agli
amici altolocati del padre che vorrebbero costringere l’Artista
ad imbracciare la chitarra e suonare per allettarli, un po’
come nei salotti romani di un tempo dove l’Artista era solo
l’accompagnatore giullare delle serate della buona borghesia.
Ma per nostra fortuna ne è nato un capolavoro, uno fra
i tanti di Fabrizio De André.
Per ritornare ai Francesi,
Villon scrisse la "Ballata degli Impiccati"
e Fabrizio De André ne ricalcò una immagine che
recita un po’ in questo modo:
“noi derelitti e prossimi
all’impiccagione scivolammo nel gelo di una morte senza abbandono
recitando l'antico credo di chi muore senza perdono: chi derise
la nostra sconfitta e ci sparse la terra sulle ossa riprendendo
tranquillo il proprio cammino, giunga anch’egli un giorno stravolto
alla fossa”.
Perdono da chi? Perdono da chi ha giudicato
dalla sua posizione di Maggioranza autoritaria, deridendo il
povero derelitto, che fa parte di una Minoranza obbligatoriamente
silenziosa a causa forse dei presunti errori commessi. Il rifiuto
dell’autorità si fa molto evidente, così come
l’anarchismo spesse volte dicharato. Ma nella sua etimologia
greca, anarkhía, ovvero assenza di governo e quindi di autorità.
Come non citare che “le nozze vanno avanti, per la gente
bagnata e per gli dei dispettosi”, mutuata dalla traduzione
di Georges Brassens di quei due poveracci che andarono sposi
sul carro da buoi, non su una cazzozza dorata seguita dai ricchi
signori rappresentanti di una ricca borghesia, già allora
di una Maggioranza che si arrogava persino il potere del benessere.
Per arrivare più tardi alla figura del secondino
in adorazione del capo della camorra cui serve diligentemente
il caffè nella sua cella, e a cui chiede aiuto dalla
sua posizione che ritiene subalterna, per far bella figura allo
sposalizio della figlia. Senza tralasciare l’impunità
che il ruolo della politica garantisce ad una Maggioranza di
potere (per questi i fetenti si tengono l’immunità) cui
tutto è permesso, persino di rubare e di arricchirsi
sul costo delle lenzuola da distribuire nelle carceri a quei
poveracci che, sì hanno sbagliato, ma non per questo
debbono essere trattati come animali.
Non tralasciando
nemmeno la figura della Pittima, una fra le tante minoranze
vessate, che pur nella sua condizione di riscossore di qualche
debito di denaro, non ha timore di farne richiesta alla luce
del sole, rimarcando forse che quelle Maggioranze che godono
la loro bella e gioiosa esistenza, forse lo fanno con i beni
altrui, non di certo meritati.
Capitolo di certo più
interessante è quello della lingua: la canzone cantata
nel dialetto (il genovese) che la Maggioranza dei genovesi non
riuscì a capire. Perché scritta in una lingua arcaica
mutuata dai vocabolari del Casaccia del 1850 e dagli scritti
ottocentesci che la Maggioranza oggi ignora. E proprio il diverso
punto di vista di Fabrizio De André ci ha permesso di goderne
la musicalità dei versi e delle parole.
“Oh
Signore! Accogli le preghiere di questo povero supplicante e
concedigli di morire avvolto nella polvere delle città,
addossato alle grandinate di una casa infame e illuminato da
tutte le stelle del firmamento. Ricorda Signore che il tuo servo
ha osservato pazientemente le leggi del branco. Non dimenticarne
il suo volto. Amen!”
“Quando Maqroll terminò
la sua invocazione restammo un momento in silenzio. V’era in
essa una così profonda virtù marinara che ci fece
sentire estranei e lontani da quel mondo che, in realtà,
era il suo e lo sarebbe stato fino alla fine dei suoi giorni.
Per l’incanto delle parole di questa smisurata preghiera, ci
rendemmo conto che il passaggio del Gabbiere al sotterraneo
mondo delle miniere era stato come una condanna che si era imposto
per scontare chissà quali oscuri errori e mancanze nei
propri doveri”. (Álvaro Mutis)
Da questi passaggi
e da altre opere di Álvaro Mutis sono tratte le ispirazione
che hanno portato alla composizione di Smisurata Preghiera,
come diceva Fabrizio De Andrè stesso:
“Raccontato
così il disco (Anime Salve) sembrerebbe incentrarsi soltanto
sul problema delle Minoranze emarginate. Credo sia riduttivo
considerarlo così. Credo che queste persone singole o
questi gruppi di persone proprio difendendo il loro diritto
a rassomigliare a se stessi senza far male a nessuno, difendono
in fin dei conti la loro libertà. Una libertà
conquistata attraverso il disagio della solitudine. La solitudine
che porta anche a delle forme di libertà straordinarie: è
faticosa, sicuramente, soprattutto quando la si vive come emarginazione
e non come scelta personale. Emarginazione a sua volta dovuta
a comportamenti da parte di singole persone o di gruppi di persone
difformi dai comportamenti della Maggioranza degli esseri umani”.
Le Maggioranze che esercitano l’emarginazione nei confronti
delle Minoranze, gli zingari ad esempio, che come Fabrizio De
André diceva:
“E’ quindi un popolo che gira il mondo
da più di 2000 anni, afflitto o affetto – io non so come
meglio dire, ma forse semplicemente affetto – da quella che
gli psicologi chiamano “dromomania”, cioè la mania dello
spostamento continuo, del viaggiare, del non fermarsi mai in
un posto. È un popolo, secondo me, che meriterebbe –
per il fatto, appunto, che gira il mondo da più di 2000
anni senza armi – meriterebbe il premio per la pace in quanto
popolo”.
E che ha ispirato a Fabrizio De André quella
canzone “Khorakanè” che proprio si rifà
anche a tradizioni in questo caso gitane descrivendo la festa
degli zingari che due volte all’anno avviene in Provenza, a
Les Saintes Marie De La Maire nel sud della Francia.
E veniamo al provenzale:
Fabrizio De André anni fa,
credo nel 1993 in una intervista ad un quotidiano, ebbe a dire:
“Quando mi hanno proposto di cantare con i Troubaires
de Coumboscuro, devo essere sincero, ignoravo io stesso che
in Italia ci fosse una minoranza linguistica provenzale. I miei
ricordi andavano a quei Trovatori “trovati” distrattamente sui
libri scolastici e poi su numerose pubblicazioni che mi sono
passate per le mani negli. Infondo il mito del Cantore errante,
della poesia spacciata per popolare, che popolare non era, perché
nessuno sapeva scrivere fra il popolo nei primi secoli del 1000,
mi ha sempre attratto.”
Ne è nata una re-interpretazione
di un brano piemontese o provenzale che come tutti sappiamo
ha inciso proprio con I Troubaires de Coumboscuro.
Un brano dalla dolcezza immacolata che per qualche sconosciuta
ragione doveva trovar posto sull’ultimo album “Anime Salve”
di Fabrizio De André, ma che poi per ragioni di spazio,
mi ha raccontato proprio Ivano Fossati, non è stato possibile
aggiungere all’ultimo capolavoro. “Belo Calho”, in
origine poi diventato quel “Mis Amour” che se anche
le Maggioranze linguistiche italiane non capiscono del tutto,
non importa poi tanto, importa ascoltare la dolcezza dei versi
e della musica che gli fa da sottofondo.
seguirà a breve
la parte relativa ad Álvaro Mutis
Il rapporto con il folklore: da "Volta
la carta" a "Disamistade": un cantautore etnografo
Edward Neill,
autore di nascita fiorentina, ma di madre genovese, si dedicò
allo studio della musicologia, e per un lungo periodo ricercò
presso gli anziani residenti in Liguria, le testimonianze, le tradizioni,
le ballate e le filastrocche che venivano tramandate da quelli che oggi
chiameremmo i cantastorie, e non solo.
Aveva un piccolo studio in
via San Luca, nel pieno centro dei carruggi di Genova, e la sua passione
era Nicolò Paganini, sul quale ha scritto e
pubblicato un gran numero di opere. Dal suo studio di Genova, con un
registratore a bobina Geloso cominciò a girare per l’entroterra
ligure e piemontese registrando antiche ballate e filastrocche dagli
anziani del posto. Poi tornava a Genova e nel suo studio ogni tanto
capitavano un certo Luigi Tenco e un certo
Fabrizio De André, due ragazzini curiosi. Al che Edward accendeva
il Geloso, faceva ascoltare i brani registrati e microfono e chitarra
in mano chiedeva di ricantarli.
In questo modo almeno sette brani
furono reincisi da Fabrizio De André ed altri tre da Luigi Tenco. Se
ne è scoperta l’esistenza solo nel 2001 quando Edward Neill è
mancato ed il suo materiale, circa ottomila registrazioni, in assenza
di eredi è giunto alla Fondazione De Ferrari.
La sua immensa nastroteca non è ancora stata del tutto ascoltata.
La grande scoperta dei brani di Luigi Tenco e Fabrizio De André ha permesso
la pubblicazione di una canzone popolare in piemontese donata alla
Fondazione Fabrizio De André stessa. Si tratta di “Maria
Giuana”, brano inciso anche da Orietta Berti nel 1974. Oltre ad
altri brani interpretati da Fabrizio De André.
Nel 2001 la casa
editrice genovese San Marco dei Giustiniani, costola
della fondazione Giorgio e Lilli Devoto, pubblica il lavoro di ricerca
effettuato da Edward Neill sin dagli anni ’60, precisamente dal 1965,
con il titolo "Rime popolari genovesi". Nel
libro troviamo una interessante favoletta recitata da queste persone
ormai anziane liguri:
Volta la carta - filastrocca
Pesci pesci,
vorta a carta e si vede li nesci,
e li nesci ‘nt’abassia,
vorta la carta si vede Lucia,
e Lucia a fia u lin,
vorta
a carta si vede Arlecchin
e la morte cun tre canti,
vorta la
carta si vede i diamanti,
i diamanti curunné a l’albergu no g’anne,
vorta a carta se vedde a morte,
a morte cua messuia,
vorta a
carta ch’a l’è finia,
vorta la carta se vedde a morte,
a morte a scure a gente,
vorta a carta e se vedde ciu niente
In realtà il libro propone molte varianti provenienti da
gran parte d’Italia.
Fabrizio De André stesso, nel libro di
Cesare G.Romana - Amico Fragile (Sperling & Kupfer)
riporta notizia di questa ricerca.
“A Genova c’erano studiosi
che si davano motlo da fare per portare alla luce reperti e misteri
della tradizione ligure: come Edward D.R. Neill che sapeva di tutto
di Bruckner e Paganini e girava l’entroterra registrando canzoni di
contadini, antichi come il mondo, per ottenere dischi preziosi e invendibili”.
A questo punto dobbiamo fare necessariamente una digressione,
per meglio inquadrare il rapporto fra Fabrizio De André e la tradizione
delle canzoni folk.
Edward Neill, musicologo ormai naturalizzato genovese,
ancor prima degli anni ’60 inizia una
ricerca delle tradizioni musicali liguri, concentrandosi prevalentemente
su Niccolò Paganini. Dal suo studio di via San Luca a Genova,
peraltro la naturale continuazione di Via del Campo, transitavano studiosi
e semplici curiosi, cui Edward mostrava le proprie ricerche. Saltuariamente
chiedeva di canticchiare le filastrocche su un piccolo registratore,
sino a quando si dotò di apparecchiature più professionali.
Fra questi visitatori approdò anche Fabrizio De André.
“Ce li possiamo immaginare: lo studioso e il cantautore, seduti
in quello studio un po' polveroso, forse con un bicchiere in mano. Caratteri
difficili, tutti e due. Ma entrambi appassionati di musica, pronti a
discutere e a confrontarsi. Edward Neill, musicologo appassionato, e
un giovane Fabrizio De André parlano di musica popolare, di canzoni
dialettali, di canti tradizionali. Fanno di più: registrano alcuni
brani, per sondare più in profondità, per capire assonanze
e richiami. Sono in tutto cinque brani. Oggi tre di questi, quelli in
cui Fabrizio usa la sua voce, stanno per essere pubblicati in un cofanetto
che uscirà ai primi di novembre (pubblicate sulla raccolta Effedia
– Sulla mia cattiva strada nel 2008). Gli inediti di De André sono sempre
un avvenimento, anche quando si tratta di versioni diverse di brani
già noti. Questi però hanno un valore particolare. ‘Perché
dimostrano’ - dice De Ferrari – ‘che l'interesse di Faber per il dialetto
e le canzoni popolari datano ad anni ben precedenti all'uscita di Creuza
de ma’. Le registrazioni che erano conservate nell'archivio di Edward
Neill sono probabilmente della metà degli anni Sessanta, forse
addirittura di qualche anno prima. Le canzoni sono "Bella se
vuoi volare", che è la rielaborazione in chiave Baistrocchi
di un pezzo tradizionale, "Bella se vuoi venire",
alla quale lo stesso De André apporta alcune variazioni. Fabrizio la
canta insieme a due donne, che si direbbero voci femminili che cantano
in qualche gruppo folcloristico. Poi c'è "Maria Giuana",
questo senza alcun dubbio la pura interpretazione di un canto popolare
piemontese, cantato da De André solo, molto noto e finito nel repertorio
dei cori di montagna dei gruppi corali, tra i quali anche il Cauriol.
Infine il vero gioiello, "Sui monti della Savoia",
scritto e cantato solo da De André: un brano che - come scrive il musicologo
Mauro Balma, ‘ha tutto il taglio della canzone d' autore’. Gli inediti
di Faber sono solo una piccola parte dei tesori ancora nascosti nell'
archivio Neill”[1].
Una ulteriore precisazione: alla morte di
Edward Neill nel 2001 si costituisce a Genova la Fondazione
De Ferrari, dell’editore Gianfranco De Ferrari e della moglie
Maria Grazia. L’intento è di conservare, raccogliere e mettere
a disposizione dei ricercatori i fondi ed il materiale culturale reperito.
La prima operazione fu l’acquisizione di tutto l’archivio di Edward
Neill costituito da oltre ottomila brani musicali fra cui, appunto,
questi inediti di Fabrizio De André, ma anche di Luigi Tenco. L’editore
si mette in contatto quindi con Dori Ghezzi e il seguito è la
pubblicazione di questi tre dei cinque inediti di Fabrizio De André.
Torniamo quindi a "Volta la carta", perché è
di questo che stiamo parlando.
Se mai Fabrizio De André riprese il
testo da una di queste filastrocche reperite presso Edward Neill, in
realtà possiamo affermare che ci sia stato un timido recupero
del testo, perché il testo di Fabrizio De André si discosta notevolmente
dall’intero testo di queste filastrocche, salvo che per una versione
qua sotto riportata, dove solo la prima strofa ricorda la composizione
di Fabrizio De André.
Caterina
Bueno
Ed a onor del vero la ballata "La
donnina che semina il grano" è stata cantata anche
da Caterina Bueno (Francesco De Gregori
la accompagnò nelle sue tounee e famosa è la
canzone "Caterina" dedicata proprio a lei) in un
suo concerto a Firenze nel 1975, poi pubblicata su disco nel 1976 nella
raccolta di canzoni folk pubblicato da Cetra (LPP302) dal titolo "Il
Trenino Della Leggera".
C'è una donna che
semina il grano
volta la carta si vede il villano
il villano
che zappa la terra
volta la carta viene la guerra
per la guerra
non c'è più soldati
a piedi scalzi son tutti scappati
Testo di Fabrizio De André
La donnina che semina il grano
volta
la carta e si vede il villano.
Il villano che zappa la terra
volta
la carta e si vede la guerra.
La guerra con tanti soldati
volta
la carta e si vede i malati.
Testo di Caterina Bueno
Altre versioni folk sono conosciute in molte parti d’Italia,
come ad esempio questa filastrocca "Angiolina", reperita nel
Veneto, in Abruzzo, in Emilia ed in altre regioni:
O Angiolina
bell’Angiolina,
innamorato io son de te,
innamorato dall'altra
sera
quando venivo a balar con te.
E la s'ha messa la veste
rosa
el corsetto di raso blu
con le scarpette con le rosette,
fatte aposta per balar.
In questo testo, oltre che il nome
della protagonista Angiolina, le scarpette con le rosette sono
diventate le scarpette blu della canzone "Volta la carta"
di Fabrizio De André.
Se poi volessimo analizzare la strofa dove
Fabrizio De André canta di Madama Doré, dovremmo prendere in considerazione
il testo della filastrocca universalmente conosciuta di cui riportiamo
una strofa in cui Fabrizio De André ribalta la situazione facendo perdere
le sei figlie a Madama Doré:
Oh quante belle figlie, Madama Dorè
Oh quante belle figlie
Se son belle me le tengo, Madama Dorè
Se son belle me le tengo.
Cielito Lindo
Nel
1993 Fabrizio De André apparve nella trasmissione Rai Cielito Lindo
cantando dal vivo la sigla della trasmissione, appunto "Cielito
Lindo", canzone del folklore messicano che risale sino al
agli anni ’80 del 19° secolo. È presente una breve nota nelle
Carte De André:
“Testo dattiloscritto del brano Cielito
Lindo; il documento contiene anche alcune annotazioni di mano di Fabrizio
De André, una delle quali intitolata Dal Folk al Rock, un’altra relativa
ad ipotesi di autonomie regionali”.
Carte De André
pag 259 comma16
Disamistade
La Disamistade, è
l’inimicizia di cui si ha notizia a partire dal 1905 a Orgosolo, nella
regione della Barbagia sarda che comprende il Supramonte, che divise
la popolazione in due famiglie contrapposte. Letteralmente in lingua
sarda la disamistade è l’inimicizia che si scatena per ragioni
di proprietà, per estensione la parola indica vendetta, offesa.
Con tutti i gradi dell’offesa. Quella per furto ad esempio di un agnello
o di una pecora, quindi offesa al patrimonio, perché l’assenza del capo
rubato indica la mancanza di sostentamento, ad esempio per il latte,
alla famiglia o ai bambini della famiglia. L’offesa del sangue, impossibile
da dimenticare, perché la famiglia dell’offeso chiede vendetta con l’omicidio
che a sua volta scatena un’altra offesa del sangue e così via,
all’infinito.
“Sos anticos prima canno s'homine baiat a dimandare
una 'emina, si no ischiata furare no lu cheriana: gli antichi prima,
quando un uomo andava a chiedere una femmina (in sposa), se non sapeva
rubare non la voleva”
(Antonio Pigliaru - Il Banditismo in Sardegna:
la vendetta barbaricina).
La disamistade è stata
trattata, spiegata, analizzata già a partire dal 1962 nel documentario
di
Libero Bizzarri e successivamente da
Gianfranco Cabiddu in un altro documentario del
1988.
Fabrizio De André prende spunto dal libro citato da Pigliaru
perché ne esiste prova nelle Carte De André citate sopra.
Carte
De André pag 216 terza riga
Ave Maria (Deus ti salvet, Maria) -
Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.
Deus
ti salvet Maria che nel canzoniere di Fabrizio De André presenta
nel titolo l’omonimia della canzone inserita nella Buona Novella è
un cantata popolare sacra della tradizione sarda. Composto in logudorese,
il dialetto/ortografia della parte centro settentrionale della Sardegna
(l’alto dialetto è il campidanese).
Il testo è
attribuito a padre Bonaventura Licheri, gesuita e poeta
di Neoneli vissuto tra il 1734 e il 1802. Recentemente è stato
scoperto il suo titolo originale risalente al 1763: Mamma Soberana.
“L’Avemaria in sardo, Fabrizio l’aveva sentita dai Tazenda,
anche Maria Carta l’aveva cantata in gallurese. E così Fabrizio
l’ha tradotta. La maggior parte delle canzoni di Fabrizio, nascono qui,
all’Agnata, di notte”[dichiarazione di Filippo Mariotti il fattore
dell'Agnata tratto da ASud’Europa settimanale Anno 4 - Numero 47 -
Palermo, 27 dicembre 2010].
Zirichiltaggia
- Edizioni musicali BMG Ricordi
S.p.a.
Seppur sia una canzone in lingua sarda che nulla
ha a che fare con le tradizioni folkloristiche, curioso è il
sottotitolo (baddu tundu) che in realtà è il ballu sardu,
un ballo della tradizione folkloristica sarda. Per stessa
dichiarazione di Fabrizio De André: "La cosa che mi ha stupito,
sono quattro anni che vivo lì in Gallura io, è che questo ballu
tundu che fanno loro è molto simile, quasi identico allo square
dance, allora è nato questo square dance che si chiama
Zirichiltaggia che vuol dire lucertolaio."
 cúmba
- Edizioni musicali BMG Ricordi S.p.a.; il Volatore S.r.l.; Nuvole S.a.s.
Colomba colombina becco di seta
serva a strofinare per terra
col marito a zonzo
Martino va a piedi con l'asino dietro [3]
fuoco
di legna anime in cielo
Végnu d'â câ du ráttu ch'oú magún oú
sliga i pê
“Cà di ratti” oppure “Cian di ratti”
sono denominazioni di varie località dell’entroterra ligure (specialmente
a levante). Prendono questo nome poiché abitate in origine dalle comunità
(famiglie) Ratto, cognome tutt'ora diffuso in riviera e nel genovese.
Ad esempio dal "Pian dei cunei” (entroterra di Chiavari) derivano
le famiglie di cognome Cuneo, di antica provenienza piemontese, e così
via. Ratti (minuscolo - toponomastico), cunei o altro ancora sta per
semplice denominazione comune di quegli insediamenti” [4].
Mis Amour (BELO CALHO)
Au jardin de moun pèro
L'ya’n tant brou pin,
Mes a-mours!
L'ya’n tant beou pin,
Damase Arbaud – ‘CHANTS POPULAIRES DE LA PROVENCE’
– Tome second - Makaire, imprimeur éditeur – 1864
Questa
canzone popolare provenzale (Mis Amour -Belo Calho) fu interpretata
in una versione pazialmente diversa nel testo, da Fabrizio De André
nel 1995 nell’album "A toun soulei" del gruppo
Li Troubaires de Coumboscuro. Come già
scritto in altre pagine doveva far parte come settimo brano dell'album
"Anime Salve".
Il soggetto di un amante che
ferisce la sua amante è
presente in Piemonte e Catalogna.
In Italia è
un cacciatore che spara a tre rondini che,
cadendo nel mare, asciugano le piume al sole
(1); in Spagna è
il figlio del re che lancia una
piccola pietra verso tre fanciulle
e che arriva
così vicino al cuore di colei che amava...
... La canzone nel suo provenzale sembra
risalire ad un periodo
abbastanza
lontano poiché il cacciatore usa ancora una
balestra.
Notiamo anche la sua paura di attraversare
il Rodano, paura legata
alla credenza popolare
per la quale qualsiasi assassino che attraversi
il fiume
viene trascinato sul fondo dall'ombra della sua
vittima
(2). Inoltre, un'altra prova evidente della
antichità di questa
composizione,
è il suo incedere incerto, a scatti, che sembra
riunire parti di altre composizioni
e metterli insieme senza arte...
(1) MARCOALDI, Canti popolari inediti, ecc.,
Le tre rondelle.
(2) Mirèio. Canto V.
Il Mirèio è
un poema narrativo in lingua provenzale, in 12 canti, composto dallo
scrittore provenzale
Frédéric. Mistral (1830-1914) tra il 1851 e il
1856 e pubblicato nel 1859. È considerato uno dei capolavori
della rinascita occitanica del secondo Ottocento
Vi sono comunque nel canzoniere di Fabrizio De André altre canzoni
che potremmo attribuire alla tradizione folk, come "Geordie",
antica ballata inglese del sedicesimo secolo. La derivazione della musica
de "Il blasfemo", tratta da una canzone popolare
folk inglese cantata da Shirley Collins, altri brani
tradotti dal francese, "Il re fa rullare i tamburi",
(Le Roi a fait battre tambour), "Fila la lana", (File
le laine).
[1] Tre canzoni inedite in un tesoro nascosto nei
vicoli -
la Repubblica.it, 17 ottobre 2008. A firma Costantino Malatto
[2] Da “asud’europa” - anno 4 n.47 -27 dicembre 2010 - testimonianza
di Filippo Mariotti, il fattore della azienda agricola di Fabrizio De
André.
[3] La figura retorica di “Martino” ricorre molto
spesso nelle filastrocche e nelle antiche ballate genovesi. In un contesto
simile a questa lirica esiste una filastrocca genovese in cui ‘Martino è
andato in Spagna per mare con il cavallo ferrato a cercare ragazzi da
maritare… ‘ (Rime popolari Genovesi, ed. San Marco dei Giustiniani,
Genova).
Gli ultimi versi della canzone pare facciano il verso a
Martino che rimane a piedi con l’asino al posto del cavallo ferrato,
proprio mentre altrove si festeggiano le anime felici degli sposi con
un fuoco ristoratore.
[4] Informazione ottenuta da una mail inviatami
da Ivano Fossati, novembre 2020.
IL SARDO, LA SARDEGNA
“Fabrizio amava i dialetti, amava più il genovese che il
sardo e gli piaceva molto anche il napoletano. Don Raffaé è in
napoletano e Fabrizio la canta benissimo. A me Don Raffaé piace da morire.
Il dialetto, diceva Fabrizio, è la lingua viva, l’italiano è
una lingua morta. Aveva ragione, la lingua locale è più
vivace, è piena di ricordi. Con me, Fabrizio parlava in Gallurese,
e non è che glielo ho insegnato io, lo capiva anche da solo,
l’ha imparato da solo. Io e Fabrizio parlavamo sia in dialetto sia italiano.
Quando ci si frequenta come ci siamo frequentati Fabrizio ed io, le
lingue si mescolano. Quando c’era qualche parola gallurese che Fabrizio
non capiva, allora io gliela spiegavo: Fabri, questo vuol dire questo,
quest’altro vuol dire questo, ecco. Se qui all’Agnata veniva qualcuno
di Genova, Fabrizio con lui parlava in genovese, gli piaceva molto il
genovese. Io non capivo un tubo e Fabrizio mi faceva la traduzione.
Il gallurese è importante per fare una battuta, per raccontare
una barzelletta che viene meglio in dialetto, in italiano stona, non è
la stessa cosa. Fabrizio parlava in gallurese con me perché non sempre
l’italiano lo capivo. Zirighiltatta è stata la prima canzone
in gallurese, l’ha messa in Rimini. Nelle Nuvole c’è Monti di
mola, che io ho aiutato a tradurre, Franciska l’ha fatta in italiano
ma doveva essere in gallurese. È mezza e mezza. Le parole di
Monti di mola gliele ho tradotte io, l’asina mustiddina è un’asina
color cenere, l’altra Franciska, è scritta in italiano ma si
ispira a una storia gallurese, come Zirighiltatta. Fabrizio ha fatto
queste canzoni dopo quattro anni che stava in Sardegna, le ha scritte
in gallurese, da solo, io non l’ho aiutato, ha fatto tutto Fabrizio.
Da quando è venuto in Sardegna, Fabrizio ha rafforzato le belle
caratteristiche del suo carattere. Fabrizio si comportava come un contadino
gallurese”[1].
La Sardegna ha rappresentato per Fabrizio De
André la buena meta, il luogo dove approdare, dove sentirsi più
contadino che musicista, come amava dire.
“La vita in Sardegna è
forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri
di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero
coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come
Paradiso. I sardi a mio parere deciderebbero meglio se fossero indipendenti
all'interno di una comunità europea e mediterranea” [2].
Se dovessimo risalire alla metà degli anni ’70, la composizione
di "Amico Fragile" avvenne proprio in Gallura, durante
una festa. La stessa decisione di acquistare la tenuta ‘per fare il
contadino’ in Sardegna è all’incirca di quegli anni. Appare quindi
logico che una persona dalla curiosità infinita come Fabrizio
De André dichiarasse un giorno:
“Quattro anni di Sardegna vuol dire
come minimo, se uno ci vive dentro, insieme, imparare il dialetto. Allora
mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia,
che vuol dire lucertolaio. È un litigio fra due pastori per questioni
di eredità” [3].
Sino, come abbiamo già scritto, al
recupero delle canzoni tradizionali come l’Ave Maria sarda di cui abbiamo
già scritto.
Sardegna sfondo di quello che oggi i giornali
chiamano l’episodio del sequestro, che tanto episodio forse non era,
ma un dramma vissuto da due persone imprigionate e in catene, altro
che “episodio”...
Sardegna protagonista ancora delle “dichiarazioni,
sottoscritte da Dori Ghezzi, di perdono e di rinuncia a risarcimenti
in favore della domanda di grazia presentata da Salvatore Cherchi e
Giulio Carta, due degli autori del sequestro subìto in Sardegna
nel 1979 da Fabrizio De André e Dori Ghezzi (Milano, 1986 gennaio 13),
come si può leggere nelle Carte De André pag.141.
Ancora
Sardegna ed i sardi che furono paragonati agli indiani per le usanze
in qualche tratto simili, come quello di ringraziare la terra per i
frutti ed il nutrimento, quella che oggi si celebra come “Giornata del
ringraziamento regionale” o festa del ringraziamento.
Dove oltre
alla canzone già commentata "Hotel Supramonte",
c’è questa descrizione:
Sopra ogni cisto da qui al mare
C'è un po' dei miei capelli
Sopra ogni sughera il disegno
Di tutti i miei coltelli [4]
Dove il cisto di Sardegna e
le sughere fanno capire anche la solitudine del pastore errante protagonista.
“Diciamo grazie alle donne di Barbagia”
“La storia del rilascio di Farouk va letta fino in fondo. E il primo
ringraziamento a mio parere, deve andare alle donne barbaricine. Sono
loro che hanno voluto la liberazione dell’ostaggio. Hanno raccolto l’appello
che Marion Kassam ha lanciato una terribile domenica nella parrocchia
di Orgosolo. Gesto coraggioso, mai accaduto prima (che io sappia), gesto
suggerito da un profondo conoscitore della Sardegna e della sua cultura,
dei suoi riti e dei suoi mezzi di comunicazione. Direi grazie anche
a Zia Caterina, la madre di Graziano Mesina. Pochi ci hanno fatto caso,
ma una sua frase ha ribaltato tutto. “Questa mamma non deve più
soffrire”, ha detto. Le ha fatto eco la madre di Matteo Boe, con una
dichiarazione che aveva il sapore di un impegno morale. Non sono sardo,
(ma quasi diciamo genovardo), ho trascorso quattro mesi in quello che
ho chiamato l’hotel Supramonte, maturato in questa terra un’esperienza
umana importante. Trascorro parte dell’anno in Gallura, qui ho una casa,
un’azienda agricola, i miei amici. Non sto a suonare il violino, a cantare
inni di sarditudine. Ho imparato a carpire i segreti di un popolo che
ha alcuni punti in comune con gli indiani d’America: colonizzazione,
silenzi, convivenza difficile con le divise. Col tempo ho interpretato
anche la diffidenza, la paura, l’abitudine a mostrarsi eccessivamente
disponibili. Ho colto anche il significato di un flusso sotterraneo:
la costante resistenziale, per usare le parole di Giovanni Lilliu. Da
questa vicenda ho tratto certezze che possono sembrare ovvietà:
il potere delle donne. Le donne che istigano il delitto, le donne che
scatenano la faida, le donne che gestiscono la famiglia e la vita dei
loro cari. Non faccio il poliziotto e nemmeno l’antropologo, ma sento
di poter dire che le donne hanno liberato Farouk. Ringraziamole dunque.
Per il resto, dunque, mi sembra persino inutile entrare nei labirinti
di quella che nel titolo di prima pagina su l’Unione è stata
definita una doppia verità. Non penso che esistano dubbi su chi
abbia liberato il bambino. Mi interrogo, ponendomi domande dettate dal
buon senso: perché Mesina è venuto da Asti fin qui?, perché ha
tuonato contro i giornali che avevano lasciato trapelare il ruolo di
emissario? Fosse stato estraneo alla vicenda, se ne sarebbe infischiato.
Invece ha reagito. Con durezza, col fegato e il timore di chi sta portando
a compimento un’operazione delicata. Ho un sospetto: è stato
lui ad usare il TG1 per annunciare all’Italia la liberazione di Farouk.
Polizia e carabinieri hanno smentito perché stavano ancora frugando
fra i monti. O no?”[5].
“A 35 anni mi sono trasferito in Gallura,
non per fuggire, ma per ritrovare la campagna. L’erba, il fieno, la
terra, quel certo tipo di luna molto meno diafano, molto più
carnale di quella che ci appare in città, tra lo smog di Milano.
E gli stronzi di vacca che diventano legno, sotto il sole. E il dialetto,
che rende più saporite anche le bestemmie più limpide”
[6].
[1] Da “asud’europa” - anno 4 n.47 -27 dicembre 2010 -
testimonianza di Filippo Mariotti, il fattore della azienda agricola
di Fabrizio de André.
[2] Il Secolo XIX
[3] Presentazione della
canzone “Zirichiltaggia” durante il tour 1979
[4] Canzone il "Canto
del servo pastore".
[5] Unione Sarda articolo firmato Fabrizio
De André - 20 ottobre 1992
[6] "Come un’anomalia”
di Roberto Cotroneo
"Faccia di cane" e "Lunfardia"
Roberto Ferri,
un caro amico musicista mancato da poco tempo, mi inviò un suo
ricordo
il 26 ottobre 2020 di questi due brani.
Con Fabrizio scrivemmo anche "Faccia
di cane" che fu portata a Sanremo dai New Trolls
che vinse il premio, per il testo, della Critica Cattolica ovvero Famiglia
Cristiana.
Senti facciamo
una cosa io ti scrivo tutto poi tu mi farai le domande se non è
chiaro.
Fabrizio non lo firmò
perché andava a Sanremo.
Dammi una settimana
di tempo ( cercherò di fare prima ) ma lo chiedo come tempo massimo.
AFFAIRE -
"FACCIA DI CANE"
Era l'anno 1985
I NEW TROLLS
si erano rivolti a Faber per avere un testo su una
loro musica. Il brano sarebbe andato a Sanremo.
Faber disse : "
io non posso ma vi darò il migliore autore in circolazione ".
Faber mi telefonò, io ero a Bologna, e mi disse " vieni
subito a Milano che c'è da fare un testo per i TROLLS".
Ricordo che era gennaio mi misi alla guida e in autostrada mi accolse
una nevicata storica che mi bloccò. Arrivai a stento. Era la
prima volta che lavoravo con Fabrizio. Ci mettemmo a lavorare. Marinella
(mia moglie) era già lì da giorni, ed io avevo portato
anche Cico, il nostro cagnetto bianco. Improvvisamente Faber disse "Il
brano si chiamerà Faccia di cane,". Io mi misi
a ridere, ma lui mi riprese dicendomi "seguimi e non te ne pentirai.
Faccia di cane è un gentiluomo come non ce ne sono più "
esordì. E cominciammo a scrivere come fosse una partita di ping
pong; una frase lui ed una frase io , poi, lui stanco, si ritirò
in camera ed io stilai l'inciso ed al suo risveglio glielo proposi,
gli andava bene ed io ne fui felice. Il brano partecipò al
Sanremo e vinse il premio della critica cattolica.
Faber non volle firmare il brano. Non per mancanza di rispetto nei miei
confronti ma perché andava a Sanremo.
LUNFARDIA
Avevo la produzione di Milva e d'accordo
con lei il progetto era di rivolgersi ai cantautori ed autori per avere
un brano che parlasse di personaggi femminili. Vista l'amicizia che
mi legava a lui chiesi a Fabrizio un brano e lui mi rispose : "Per
lei non scrivo niente" , io replicai "ma è un favore
che fai a me e non a lei" "Ok allora sì", replicò
lui," ma lo scriviamo insieme" Il brano fu scritto in più
puntate, anche al telefono. Il tutto cominciò così: Fabrizio
rivolgendosi a me "lo scriveremo in Lunfardo"
al che gli chiesi cosa fosse e lui mi rispose che era la lingua che
si parla a Buenos Aires nata dalla fusione tra dialetti italiani (i
dialetti italiani parlati dai nostri migranti colà migrati )
e la lingua spagnola. Prima lo stiliamo in Italiano poi eccoti un vocabolario
(in fotocopie ) dal Lunfardo allo Spagnolo ....praticamente una tragedia!!
Prima seduta - Parleremo di una donna che abita a San Telmo e tradita
dal marito, la notte va alla Boca a fare la bagascia per vendetta ...al
sentire la parola Dori Ghezzi disse, "Ma ti rendi conto di cosa
dirà la gente nel constatare che hai scritto solo di troie?"
...e scoppiammo tutti a ridere ...Lui poi andò in Sardegna visto
che era estate e finimmo tutto al telefono con la solita tecnica del
ping pong ovvero una frase lui ed una io...Poi io tradussi il tutto
in spagnolo e Faber con furbizia mi disse " lo lasciamo in Spagnolo
e metti qua e là qualche parola in Lunfardo " così
capiranno meglio, ed io lo feci come quando si mette il sale e il pepe
nella insalata . Io poi misi la musica e consultai un letterato italo
argentino che vive sei mesi in Italia e sei in Argentina. Avevamo fatto
solo tre errori.
Il progetto con Milva non andò avanti. Io
mi stufai perché era sempre in giro per il mondo a fare concerti. Quindi
proposi il brano a Mina che lo rifiutò, e non
mi stupii anzi ne fui contento perché a quel punto, come era successo
in precedenza, quello che lei rifiutava poi aveva successo! Il brano
che mi aveva fatto Franco Battiato ovvero Madame Bovary
( EMMA ) fu inciso da Patty Pravo. Negli anni poi Dori
Ghezzi lo propose a Celentano che decise di cantarlo
ed inserirlo nel CD "C'è sempre un motivo"
....con alla fisarmonica Richard Galliano ...e il CD vendette molto
e ne feci pure io una versione ...